Condomino “rumoroso” condannato per disturbo della quiete pubblica

Ai fini dell’accertamento del superamento della soglia di tollerabilità necessario per la sussistenza del reato di cui all’art. 659 c.p. Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone , il giudice non deve necessariamente procedere attraverso una perizia o una consulenza tecnica.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9361/18, depositata il 1° marzo. Il fatto. Il Tribunale di Genova riconosceva l’imputato responsabile del reato di cui all’art. 659 c.p. Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone per aver disturbato il riposo dei condomini attraverso rumori, urla e schiamazzi in orario notturno. L’imputato ricorre in Cassazione deducendo il mancato esame del livello di tollerabilità dei rumori prodotti. Sussistenza del reato. Il Collegio ricorda che il reato previsto dall’art. 659 c.p. si configura, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, nel caso in cui le emissione sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità. L’interesse tutelato dalla norma è quello della tutela della quiete pubblica, essendo dunque irrilevante il numero di persone che si sono in concreto lamentate. È invece necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettività . Ai fini dell’accertamento del supermento della soglia della normale tollerabilità non è necessario effettuare una perizia o una consulenza tecnica, potendo il giudice formare il proprio convincimento sulla base dei elementi probatori di diversa natura, in primis , sulle dichiarazioni di chi è in grado di riferire dettagli sulla vicenda. Nel caso di specie il giudice ha dunque correttamente accertato la propagazione eccessiva delle urla e dei rumori prodotti dall’imputato sulla base delle dichiarazioni rese da un carabiniere che si trovava a passare lungo la strada sottostante all’edificio condominiale. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 febbraio 2017 – 1 marzo 2018, n. 9361 Presidente Savani – Relatore Galterio Ritenuto in fatto Con sentenza in data 2.11.2015 il Tribunale di Genova, nel ritenere C.A. responsabile del reato di cui all’articolo 659 c.p. per avere mediante rumori, urla e schiamazzi durante l’orario notturno all’interno di un edificio condominiale disturbato il riposo dei condomini, lo ha condannato alla pena di 100,00 di ammenda. Avverso la suddetta pronuncia l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore ricorso in Cassazione articolando un unico motivo con il quale lamenta, in relazione al vizio di manifesta illogicità della motivazione e di violazione della legge penale riferito all’articolo 659 cod.pen., il mancato esame del livello di tollerabilità dei rumori prodotti dall’imputato, ovverosia l’idoneità ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non emerso da alcuna delle deposizioni raccolte e perciò sul punto integralmente travisate e ciò nondimeno configurante elemento costitutivo della contravvenzione ascrittagli, avente natura di reato di pericolo concreto. Sostiene al riguardo il ricorrente che del tutto carente è la dimostrazione e l’analisi dei dati fattuali integranti la fattispecie criminosa, quali l’ubicazione della fonte sonora con particolare riferimento al fatto se la stessa si trovi in luogo isolato o invece densamente abitato, l’esistenza di eventuali rumori di fondo volti ad elidere o ad amplificare la risonanza delle emissioni sonore contestate, la costanza e l’intensità delle medesime. Considerato in diritto Il reato di cui all’articolo 659, comma 1 cod.pen. si configura secondo l’univoca interpretazione di questa Corte come reato di pericolo presunto, occorrendo ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa che le emissioni sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità, indipendentemente da quanti se ne possano in concreto lamentare cfr. Sez. 1, n. 7748, 28 febbraio 2012 Sez. 1, n. 44905, 2 dicembre 2011, Sez. 1, n. 246, 7 gennaio 2008 Sez. 1, n. 40393, 14 ottobre 2004 Sez. 3, n. 27366, 6 luglio 2001 Sez. 1, n. 1284, 13 febbraio 1997 Sez. 1, n. 12418, 17 dicembre 1994 . Essendo invero l’interesse tutelato dal legislatore quello della pubblica quiete, la quale implica di per sé l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005 - dep. 31/01/2006, Giusti, Rv. 23329001 . È stato affermato, in ordine all’accertamento della fattispecie criminosa, che non è necessario che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità sia effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011 - dep. 25/05/2011, Torna, Rv. 25041701 , occorrendo ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Nella specie, l’accertamento della propagazione effettiva delle urla dell’imputato, che si trovava all’interno di un edificio condominiale, accompagnate da rumori riconducibili a rottura di vetri o di oggetti, si fonda sulla dichiarazione resa dall’appuntato F. che li aveva sentiti sin dalla strada dove si trovava a camminare e che, perciò, aveva richiesto l’intervento delle forze dell’ordine. Correttamente, pertanto il Tribunale genovese ha ritenuto la sussistenza del reato, desumendo dalla diffusività del rumore, percepibile al di fuori dell’edificio da cui proveniva, la sua la capacità di propagarsi all’interno dell’intero stabile condominiale, arrecando così potenziale disturbo ad un numero indeterminato di persone, costituite dai condomini residenti e da chiunque altro si trovasse in quel frangente nell’immobile, e non soltanto agli occupanti degli appartamenti ubicati in prossimità del luogo in cui il prevenuto stava dando sfogo ai suoi impeti iracondi. L’idoneità offensiva della condotta posta in essere dal C. è peraltro evidenziata, oltre che dall’intensità delle emissioni sonore, altresì dal contesto temporale del fatto, verificatosi in pieno orario notturno, con conseguente inequivoco disturbo al riposo delle persone in conformità alla fattispecie tipica delineata dall’articolo 659 c.p Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato, con le statuizioni consequenziali in ordine alle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.