La richiesta di affidamento in prova è inammissibile se priva dell’elezione di domicilio

La richiesta di misure alternative alla detenzione deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione o elezione di domicilio del condannato non detenuto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4425/18, depositata il 30 gennaio. Il caso. Il Tribunale di Perugia, in funzione di giudice di sorveglianza, dichiarava l’inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali proposta da un condannato in assenza di rituale dichiarazione o elezione di domicilio. La pronuncia viene impugnata in Cassazione deducendo violazione di legge processuale. Afferma infatti il ricorrente che la mancanza di dichiarazione e/o elezione di domicilio non poteva essere rilevata d’ufficio, ma richiedeva la fissazione di udienza in camera di consiglio. Necessità dell’elezione di domicilio. Il ricorso si rivela infondato. Il Collegio respinge infatti ogni censura al provvedimento impugnato in quanto il Tribunale si è conformato al costante orientamento di legittimità secondo cui la richiesta di misure alternative alla detenzione deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione o elezione d domicilio da parte del condannato non detenuto. Il principio vale anche nel caso in cui l’istanza venga presentata dal difensore, mentre non trova applicazione solo per il condannato latitante o irreperibile. Si tratta di un approdo interpretativo fondato sulla peculiare struttura del procedimento di sorveglianza che, salvo espresse eccezioni, risponde alle regole del procedimento di esecuzione nel quale è dunque indubbiamente applicabile il procedimento de plano ex art. 666, comma 2, c.p.p. Procedimento di esecuzione per la verifica delle condizioni di legge dell’obbligo di effettuare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con la domanda con cui chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento di competenza della magistratura di sorveglianza. Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 dicembre 2017 – 30 gennaio 2018, n. 4425 Presidente Tardio – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con il decreto indicato in epigrafe, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Perugia dichiarava inammissibile l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale avanzata da L.M. in difetto di rituale dichiarazione o elezione di domicilio ai sensi dell’art. 677, comma 2 bis, cod. proc. pen 2. Ricorre per cassazione il difensore di L.M. , deducendo violazione di legge processuale. La mancanza di dichiarazione e/o elezione di domicilio da parte dell’interessato non poteva essere rilevata de piano, ma richiedeva la fissazione di udienza in camera di Consiglio davanti al Tribunale di Sorveglianza al fine di permettere all’interessato di comparire e di rilasciare tale dichiarazione. Il ricorrente conclude per l’annullamento del decreto impugnato. 3. Il Procuratore Generale dott. Giulio Romano, con la requisitoria scritta, conclude per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. La decisione assunta dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza poggia sull’opzione già operata dalle Sezioni unite quando hanno specificato che la richiesta di misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell’art. 656, comma sesto, cod. proc. pen., deve essere corredata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato non detenuto e, ciò, anche se essa venga presentata dal difensore, con la specificazione che il principio non trova applicazione soltanto per il condannato latitante o irreperibile Sez. U, n. 18775 del 17/12/2009, dep. 2010, Mammoliti, Rv. 246720 . Anche recentemente, è stato ribadito che l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena e di misura alternativa alla detenzione, ai sensi dell’art. 656, comma sesto, cod. proc. pen., deve essere corredata, a pena di inammissibilità, anche se presentata dal difensore, dalla dichiarazione o dalla elezione di domicilio effettuata dal condannato, che non sia detenuto, irreperibile o latitante. Sez. 1, n. 30779 del 13/01/2016 - dep. 19/07/2016, Medeot, Rv. 267407 . Tale approdo è stato raggiunto all’esito della complessiva analisi del procedimento di sorveglianza che è regolato, atteso l’espresso richiamo contenuto nell’art. 678 cod. proc. pen., dalle disposizioni degli artt. 666 e 667 cod. proc. pen. previste per il procedimento di esecuzione, ad eccezione di alcune previsioni particolari, certamente applicandosi, nei congrui casi, il procedimento de plano di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., applicabile anche alla verifica fra le condizioni di legge dell’obbligo, posto, a pena di inammissibilità, a carico del condannato non detenuto dall’art. 677, comma 2 bis, cod. proc. pen., di effettuare la dichiarazione o l’elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza . Si è sottolineato che tale obbligo sussiste anche nelle ipotesi di cui all’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., norma che esige, senza distinguere tra domanda presentata direttamente dal condannato ovvero dal suo difensore, che l’istanza avente ad oggetto la concessione di una misura alternativa sia corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, fra cui la dichiarazione od elezione di domicilio, senza possibilità della sua integrazione successiva, prevedendosi al comma 6 dell’art. 656 cod. proc. pen. tale possibilità soltanto per l’integrazione della documentazione , non anche delle indicazioni . Non emergendo né essendo stata eccepita la irreperibilità del condannato al momento della presentazione dell’istanza la circostanza che lo stesso sia stato dichiarato irreperibile dopo l’emissione dell’ordinanza in questa sede impugnata non permette di retrodatare tale condizione ad un’epoca precedente , esattamente il Presidente del Tribunale ha adottato il provvedimento impugnato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.