Condannata la madre che portando la figlia all’estero viola i diritti del padre

Ingiustificabile il comportamento della madre che allontana la figlia dal padre portandola all’estero. Il genitore che vuole modificare il luogo di vita del minorenne non può procedere all’insaputa dell’atro genitore e se non ottiene il consenso deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria.

Sul punto la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 2671/18, depositata il 22 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello di Torino confermava la decisione di merito e condannava l’appellante ex art. 574- bis c.p. Sottrazione e trattenimento di minore all'estero per aver sottratto la figlia minorenne alla responsabilità del padre conducendola e trattenendola in Romania, paese di origine della medesima. Avverso la decisione di merito ricorre la condannata sostenendo che il suo comportamento fosse giustificato dal fatto che sin dalla nascita la bambina viveva tra Romania e Italia con il consenso del padre, e il trasferimento definitivo era avvenuto in seguito alla rottura della convivenza con quest’ultimo e per motivi economici. Leso l’esercizio della potestà genitoriale. La Suprema Corte ha premesso che l’elemento specializzante contenuto nell’art. 574- bis c.p. è il trattenimento del minorenne all’estero per un periodo tale da produrre un effettivo impedimento per l’esercizio della potestà genitoriale. La violazione di quanto prescritto nel citato articolo si concretizza quando il genitore che vuole modificare il luogo di vita del minorenne proceda all’insaputa dell’atro genitore. Infatti, secondo la Corte, se non si ottiene il consenso dell’atro genitore bisognerebbe rivolgersi all’Autorità giudiziaria perché il fatto stesso delle compromissione dell’armonico esercizio delle prerogative genitoriali lede l’interesse protetto dalla norma incriminatrice la limitazione di tali prerogative può derivare solo da una loro diversa distribuzione secondo una specifica valutazione degli interessi rilevanti formulata dall’Autorità giudiziaria competente. Per questi motivi la Corte ha ritenuto infondata la censura della ricorrente e dichiarato il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 ottobre 2017 – 22 gennaio 2018, n. 2671 Presidente Petruzzellis – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 1028/2017 la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Torino a T.A. ex art. 574-bis cod. pen. per avere sottratto la figlia minorenne S. alla responsabilità genitoriale del padre F.V. conducendola e trattenendola all’Estero contro la volontà di lui. 2. Nel ricorso di T. si chiede annullarsi la sentenza per a erronea applicazione dell’art. 574 bis cod. pen. evidenziando che la figlia sin dalla nascita era vissuta tra la Romania e l’Italia con il consenso del padre e di avere deciso di trasferirsi con lei, per qualche mese, presso la famiglia d’origine in Romania per potere così, dopo la rottura dei rapporti con il F. , sopravvivere economicamente b erronea applicazione dell’ultimo comma dell’art. 574-bis cod. pen. per avere immotivatamente applicato la sanzione accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale, pur mancando il presupposto della commissione del fatto in danno del figlio minore richiesto dalla norma. Considerato in diritto 1. L’art. 574 cod. pen., comma 2, tutela l’esercizio della responsabilità genitoriale, che è violato quando l’agente, contro la volontà dell’avente diritto, sottragga o trattenga un minorenne. L’art. 574 bis, comma 1, cod. pen. si distingue dall’art. 574 cod. pen. per l’elemento specializzante costituito dalla conduzione o dal trattenimento del minorenne fuori dal territorio dello Stato, per un tempo che produca un effettivo impedimento per l’esercizio delle diverse manifestazioni della potestà da parte del soggetto legittimato Sez. 6, n. 45266 del 14/10/2014, Rv. 261011 Sez. 6,.n. 45871 del 15 maggio 2012, non mass. . Il primo motivo di ricorso non contesta la ricostruzione dei fatti compiuta nella sentenza impugnata pag. 3 l’imputata decise unilateralmente di portare la figlia minore con sé all’Estero, prima in Romania, dove si trattenne dall’aprile al giugno 2011, e poi negli Stati Uniti, dove rimase dal 18 ottobre 2011 al 16 gennaio 2011, senza il consenso del padre della stessa . Quel che assume è che la figlia è vissuta sia in Italia sia in Romania con il consenso del padre e che, solo dopo il deterioramento del rapporto di convivenza con F. , ella per sottrarre sé e la figlia da quella situazione di disagio e di elevata tensione si era recata presso la madre in Romania pagg.2-3 del ricorso e F. denunciò il OMISSIS la sottrazione della figlia. Ma il genitore che si propone di modificare il luogo di vita del minorenne non può procedere all’insaputa dell’altro genitore e, se non ne ottiene il consenso, deve rivolgersi all’Autorità giudiziaria Sez. 6, n. 33452 del 08/05/2014, Rv. 2599160 Sez. 6, n. 21441 del 18/02/2008, Rv. 239880 perché il fatto stesso della compromissione dell’armonico esercizio delle prerogative genitoriali lede l’interesse protetto dalla norma l’incriminatrice la limitazione di tali prerogative può derivare solo da una loro diversa distribuzione secondo una specifica valutazione degli interessi rilevanti formulata dalla Autorità giudiziaria competente Sez. 6, n. 17679 del 31/03/2016, Rv. 267315 . Da quanto precede deriva che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. 2. Circa il secondo motivo di ricorso, deve registrarsi che nella sentenza impugnata manca una motivazione della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale che nell’art. 574-bis, comma 2, cod. pen. è fondata sul presupposto che il fatto sia stato commesso in danno del figlio minorenne . Tuttavia, va rilevato che, in ogni caso, l’art. 34 cod. pen. fa derivare dalla condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale fra i quali indubbiamente rientra il reato ex art. 574 bis cod. pen. che sia commesso da un genitore esercente la potestà genitoriale la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta quale è stata applicata nella fattispecie . Ne deriva che il motivo di ricorso risulta inammissibile per mancanza di concreto interesse perché, comunque, la necessaria applicazione dell’art. 34 cod. pen. conduce a un risultato equiparabile a quello contestato dal ricorrente. 3. Dalla inammissibilità del ricorso deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, a favore della cassa delle ammende, della somma che è congruo determinare in Euro 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 in favore dalla cassa delle ammende.