Il detenuto sottoposto ai domiciliari è punibile per evasione se si allontana dal luogo di lavoro

Si configura il delitto di evasione - e non la meno grave ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte ex art. 276 c.p.p. - nel caso in cui la persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari si allontani dal luogo in cui è autorizzata a svolgere attività lavorativa.

Il fatto. Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2687/18, depositata il 22 gennaio, decidendo sul ricorso presentato dalla difesa avverso la pronuncia con cui la Corte d’Appello di Palermo confermava la condanna dell’imputato per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari. La Corte territoriale aveva ritenuto integrato il delitto poiché l’imputato aveva lasciato anticipatamente il luogo di lavoro per far rientro a casa in assenza di apposita autorizzazione del giudice competente, ritenendo irrilevante il fatto che, avvertito telefonicamente del controllo da parte dei Carabinieri, aveva immediatamente fatto ritorno sul luogo di lavoro. Evasione. Il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente contesta la sussistenza del delitto, viene dichiarato infondato. La Corte territoriale ha infatti correttamente argomentato sul punto precisando che si configura il delitto di evasione e non la meno grave ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte art. 276 c.p.p. nel caso in cui la persona sottoposta alla misura dei domiciliari si allontani dal luogo in cui è autorizzata a svolgere attività lavorativa. L’autorizzazione del detenuto ristretto ai domiciliari a lavorare al di fuori delle mura domestiche non comporta infatti una sospensione del regime della misure restrittiva ma deve essere intesa come mera sostituzione temporanea del luogo di custodia. Inoltre, la sentenza impugnata risulta aver correttamente motivato anche in merito alla sussistenza dell’elemento soggettivo, che nel caso dell’evasione dagli arresti domiciliari tramite allontanamento dal luogo in cui il detenuto è autorizzato a prestare l’attività lavorativa, è individuato nel dolo generico consistente nella consapevolezza dell’allontanamento in assenza di autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato l’allontanamento medesimo. Tenuità del fatto. Risulta fondata invece la censura con cui il ricorrente si duole il rigetto dell’istanza di proscioglimento ex art. 131- bis c.p Il Collegio precisa infatti che il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è precluso dalla sussistenza di precedenti penali e ribadisce che i requisiti per l’applicazione della norma invocata hanno natura e struttura oggettiva e operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo . Accogliendo infine anche la doglianza relativa alla mancata applicazione delle attenuanti generiche, la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 ottobre 2017 – 22 gennaio 2018, n. 2687 Presidente Carcano – Relatore D’Arcangelo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in data 12 gennaio 2015 dal Tribunale di Palermo che ha condannato l’imputato appellante G.M. per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari commesso in data 21 settembre 2012 in Palermo. 2. L’avvocato Domenico Trinceri, difensore di G.M. , ricorre per cassazione avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo quattro motivi. 3. Con il primo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione agli artt. 385 cod. pen. e 192 cod. proc. pen Nell’atto di appello la difesa aveva, infatti, argomentato la non configurabilità del reato di evasione nel caso di rientro anticipato nel domicilio, rispetto al normale orario di lavoro esterno svolto dall’imputato con regolare autorizzazione. La Corte di appello di Palermo, tuttavia, nella sentenza impugnata aveva ritenuto che la condotta dell’imputato, consistita nel lasciare il luogo di lavoro per far rientro al suo domicilio, per completare i preparativi per un viaggio con la moglie gravemente ammalata, in assenza di apposita autorizzazione del giudice competente, integrava il delitto di evasione. Il provvedimento autorizzatorio, tuttavia, non prescriveva all’imputato di comunicare telefonicamente l’orario di entrata e di uscita e la dicitura entro le successive 18.30 aveva indotto nell’imputato il convincimento della legittimità del proprio operato. La sentenza impugnata non aveva, peraltro, motivato in ordine al dolo del delitto contestato. 4. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla rigetto dell’istanza di proscioglimento dell’imputato ai sensi articolo 131 bis cod. pen La Corte di appello di Palermo, infatti, aveva disatteso tale istanza, valorizzando come ostativi i soli precedenti penali dell’imputato tale affermazione si rivelava, peraltro, contraddittoria con altro punto della sentenza, nel quale si ritenevano comprensibili le giustificazioni addotte dal G. . 5. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine all’ingiustificato diniego della concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 385, quarto comma, cod. pen., atteso che l’imputato, appreso del controllo, aveva immediatamente fatto rientro sul luogo di lavoro, consegnandosi ai carabinieri intervenuti in loco. 6. Con il quarto motivo, da ultimo, il ricorrente censura la omissione della motivazione della pronuncia impugnata in ordine alle circostanze attenuanti generiche, pur motivatamente richieste nell’atto di appello. Nel procedimento principale, pur in presenza di tale pendenza, infatti, non era stato applicato alcun aggravamento della misura degli arresti domiciliari ed il Tribunale di Sorveglianza aveva ritenuto di concedere al G. i benefici penitenziari. La Corte di appello, inoltre, aveva obliterato, nella delibazione relativa alla concessione della attenuanti generiche, l’esame della documentazione acquisita alla udienza del 17 novembre 2016 relativa alle condizioni di salute della moglie dell’imputato. 7. Il ricorso deve essere accolto, in quanto fondato, nei limiti che di seguito si precisano. 8. Infondato si rivela il primo motivo di ricorso. Nella sentenza impugnata si rileva che l’imputato, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari presso la propria abitazione in Corleone, era stato ammesso a svolgere attività lavorativa dalle ore 7.30 alle ore 18.30 nei giorni dispari della settimana ed alle ore 12 del 21 settembre 2014 non era stato trovato dai Carabinieri presso la sede della attività lavorativa autorizzata. L’imputato, raggiunto telefonicamente, aveva, tuttavia, fatto immediato rientro sul luogo di lavoro ed aveva dichiarato che si era dovuto recare a casa per completare i preparativi di un viaggio che avrebbe dovuto intraprendere con la propria moglie, gravemente ammalata, in ragione delle condizioni di salute della stessa. La Corte di appello di Palermo ha, tuttavia, rilevato correttamente che integra il delitto di evasione e non l’ipotesi di trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 cod. proc. pen., l’allontanamento della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari dal luogo in cui è autorizzata a svolgere l’attività lavorativa ex plurimis Sez. 6, n. 3882 del 14/01/2010, Dierna, Rv. 245811 . Nel caso di autorizzazione del detenuto agli arresti domiciliari a lavorare fuori delle mura domestiche, non si ha, infatti, una sospensione del regime degli arresti domiciliari ma una semplice sostituzione temporanea del luogo di custodia. Parimenti la Corte di appello ha congruamente motivato in ordine alla sussistenza del dolo di evasione, rilevando il carattere volontario dell’allontanamento posto in essere dal G. che, pur avendo addotto giustificazioni comprensibili, non aveva, tuttavia, chiesto una apposita autorizzazione al giudice competente. Secondo un consolidato orientamento, dal quale non vi è ragione per discostarsi, del resto, l’evasione consistente nell’allontanamento del detenuto agli arresti domiciliari dal luogo in cui è autorizzato a svolgere attività lavorativa richiede il dolo generico, caratterizzato dalla consapevolezza di allontanarsi in assenza della necessaria autorizzazione, a nulla rilevando i motivi che hanno determinato la condotta dell’agente ex multis Sez 6, n. 19218 del 08/05/2012, Rapillo, Rv. 252876 . 9. Infondato si rivela anche il terzo motivo di ricorso, relativo alla violazione di legge ed al vizio di motivazione in ordine all’ingiustificato diniego della concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 385, quarto comma, cod. pen., atteso che l’imputato, appreso del controllo, aveva immediatamente fatto rientro sul luogo di lavoro, consegnandosi ai carabinieri intervenuti in loco. La Corte di appello ha, infatti, motivato il diniego dell’applicazione di tale attenuante richiamando il consolidato orientamento interpretativo secondo il quale la circostanza prevista dall’art. 385, quarto comma, cod. pen., a favore dell’evaso che si costituisca in carcere, non è applicabile nel caso di ritorno volontario nel luogo degli arresti domiciliari da parte del soggetto che se ne sia allontanato ex plurímis Sez. 6, n. 37386 del 13/06/2003, Boschi, Rv. 226795 , essendo indispensabile che lo stesso si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurlo in carcere Sez. 6, n. 25602 del 22/05/2008, Graffieti, Rv. 240368 Sez. 6, n. 19645 del 18/02/2004, Grasso, Rv. 228317 . 10. Fondato si rivela, invece, il secondo motivo di ricorso relativo alla violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla rigetto dell’istanza di proscioglimento dell’imputato ai sensi articolo 131-bis cod. pen Il motivo deve, infatti, essere accolto in quanto il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non è precluso dall’esistenza di precedenti penali gravanti sull’imputato, atteso che i parametri di valutazione di cui all’art. 131-bis cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo Sez. 3, n. 35757 del 23/11/2016 Ud. dep. 20/07/2017 , Sacco, Rv. 270948 Sez. 5, n. 45533 del 22/07/2016, Bianchini, Rv. 268307 Sez. 4, n. 7905 del 07/01/2016, Vinci, Rv. 266065 . 11. Con il quarto motivo il ricorrente censura, da ultimo, la omissione della pronuncia impugnata in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, pur motivatamente richieste nell’atto di appello. Anche tale motivo di ricorso deve essere accolto. La sentenza della Corte territoriale, infatti, non ha argomentato in ordine a tale motivo specificamente dedotto nell’atto di appello, peraltro deducendo elementi di novità rispetto a quelli prospettati in primo grado, e lo stesso involge apprezzamenti di merito che non possono essere svolti in sede di legittimità. 12. Alla stregua di tali rilievi deve, pertanto, disporsi l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo perché provveda ad un nuovo giudizio al fine di colmare, nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito, le indicate lacune della motivazione impugnata. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego dell’art. 131-bis cod. pen. e delle attenuanti generiche e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.