Il pubblico ufficiale non può accedere a sistemi informatici per finalità “sentimentali”

Nell’ipotesi in cui un soggetto, nella sua funzione di pubblico ufficiale, acceda o si mantenga in un sistema informatico o telematico per scopi privati e dunque estranei a quelli per cui la facoltà di accesso gli è attribuita, si configura il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico di cui all’art. 615-ter c.p

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 1021/18, depositata il 12 gennaio. Il caso. Il GUP del Tribunale di Napoli pronunciava la sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’indagato per il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico di cui all’art. 615- ter c.p Avverso la sentenza ricorre il Procuratore della Repubblica, denunciando che le ricerche poste in essere dall’indagato nella sua funzione di carabiniere, tramite accesso a sistema telematico, non erano state in alcun modo ricondotte ad esigenze investigative e pertanto, in base agli atti, dovevano ritenersi volte ad ottenere informazioni circa la sua relazione sentimentale con la compagna. L’accesso abusivo. Il Supremo Collegio ribadisce l’orientamento consolidato per cui si configura il reato di cui all’art. 615- ter c.p. qualora un pubblico ufficiale, pur non violando un sistema informatico o telematico protetto, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni estranee rispetto a quelle che gli consentirebbero l’accesso. Pertanto, la Suprema Corte riconosce che la motivazione resa dal Giudice impugnato non può considerarsi condivisibile ed adeguata, atteso che non viene neanche indicato, nel tessuto argomentativo della motivazione, da quali atti di indagine emerga la circostanza che le ricerche effettuate dall’indagato, tramite l’accesso al sistema informatico protetto, dei quattro nominativi indicati nel capo di imputazione potessero esser ricondotte ad esigenze investigative collegate alla sua funzione di carabiniere in servizio, e non già – come ipotizzato dalla pubblica accusa – a necessità di ricerca di informazioni privatistiche” collegate alla sua relazione sentimentale . La Corte dunque annulla la sentenza impugnata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 29 novembre 2017 – 12 gennaio 2018, n. 1021 Presidente Settembre – Relatore Borrelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Napoli in data 13.12.2016 nei confronti del predetto imputato per il reato di cui all’art. 615 ter, secondo comma, cod. pen., si è pronunciato non luogo a procedere. Avverso la predetta sentenza ricorre il Procuratore della Repubblica, affidando la sua impugnativa ad una unica doglianza. 1.1 Denunzia il P.m. ricorrente vizio argomentativo in relazione alla predetta sentenza liberatoria. Evidenzia la parte ricorrente che neanche nella memoria difensiva dell’imputato emergono elementi di valutazione tali da far ritenere che le ricerche, tramite l’accesso al sistema informatico protetto, dei quattro nominativi indicati nel capo di imputazione potessero esser ricondotte ad esigenze investigative collegate alla sua funzione di carabiniere in servizio presso la stazione di omissis e non già a necessità di ricerca di informazioni collegate alla sua relazione sentimentale con la M Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. 2.1 Occorre qui ricordare - per quanto interessa la soluzione delle questioni prospettate nel ricorso introduttivo - l’importante arresto giurisprudenziale rappresentato dalla sentenza resa a Sezioni Unite da questa Corte Sez. U, Sentenza n. 41210 del 18/05/2017 Ud. dep. 08/09/2017 Rv. 271061 che ha affermato il principio secondo cui integra il delitto previsto dall’art. 615-ter, secondo comma, n. 1, cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita cfr. anche, nello stesso senso Sez. 5, Sentenza n. 33311 del 13/06/2016 Ud. dep. 29/07/2016 Rv. 267403 . Alla luce delle affermazioni della giurisprudenza di legittimità ora ricordate e di cui, anche nella odierna sede decisoria, questo Collegio intende fornire continuità applicativa , la motivazione resa dal giudice impugnato non può considerarsi condivisibile ed adeguata, atteso che non viene neanche indicato, nel tessuto argomentativo della motivazione, da quali atti di indagine emerga la circostanza che le ricerche effettuate dall’indagato, tramite l’accesso al sistema informatico protetto, dei quattro nominativi indicati nel capo di imputazione potessero esser ricondotte ad esigenze investigative collegate alla sua funzione di carabiniere in servizio presso la stazione di Casale di Principe, e non già - come ipotizzato dalla pubblica accusa - a necessità di ricerca di informazioni privatistiche collegate alla sua relazione sentimentale con la M Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata per un nuovo esame della vicenda che tenga in considerazione i principi esegetici qui di nuovo riaffermati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame.