Il GUP deve valutare l’inutilità del dibattimento e non l’innocenza dell’imputato

Il Giudice dell’udienza preliminare nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425, comma 3, c.p.p. deve valutare, sotto il profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio, non potendo procedere a valutazioni di merito del materiale probatorio ed esprimere, quindi, un giudizio di colpevolezza dell’imputato ed essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate.

Così la Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 851/18, depositata l’11 gennaio, coglie l’occasione per ribadire principi di fondamentale importanza in materia sul tema dell’udienza preliminare, con particolare riferimento alle regole di giudizio che debbono osservarsi per la pronuncia di proscioglimento. Il fatto. Il G.U.P. presso il Tribunale di Bologna dichiarava sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato nei riguardi di tre soggetti, accusati del reato di omicidio colposo perché, rispettivamente nella qualità di legale rappresentante il primo e di operatori socio sanitari i secondi, per colpa consistita in negligenza ed imperizia, nonostante il maltempo, veniva consentito che un paziente fosse accompagnato sul terrazzo della propria camera a fumare, ove veniva lasciato da solo su una poltrona. Nel tentativo di rialzarsi e rientrare in camera, il paziente cadeva rovinosamente al suolo e, a seguito delle lesioni personali di una certa rilevanza riportate, perdeva la vita dopo un prolungato allettamento. Avverso tale provvedimento ricorre per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bologna, deducendo, tra vari motivi di doglianza, la violazione di legge con riguardo all’inosservanza degli artt. 111 Cost., 125 e 425 c.p.p., nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Invero, ad avviso del ricorrente gli elementi di prova raccolti in fase di indagini preliminari avrebbero fornito pieno riscontro all’ipotesi accusatoria ciò posto, la sentenza di non luogo a procedere pronunciata all’esito dell’udienza preliminare sarebbe palesemente contraria ai principi di legge posti alla base di quanto disposto dagli artt. 125 e 425 c.p.p., tema sul quale la giurisprudenza di legittimità è ormai granitica nel ritenere che la decisione del GUP, di natura strettamente processuale, deve seguire il criterio di valutazione dell’inutilità del dibattimento e non dell’innocenza dell’imputato. Nel caso di specie, secondo la pubblica accusa, il Decidente avrebbe del tutto pretermesso ogni ponderazione circa i possibili sviluppi della fase dibattimentale. Il ricorso della pubblica accusa è fondato. I Giudici di legittimità condividono le censure sollevate dalla parte ricorrente. In effetti, la sentenza oggetto di gravame non risulta essere stata formulata secondo le regole dettate dall’art. 425 c.p.p. il giudicante, esorbitando dai poteri conferiti, ha proceduto ad una valutazione di merito circa la colpevolezza degli imputati senza neppure una furtiva osservazione sulla sostenibilità dell’accusa in dibattimento. Sul punto, rammentano gli Ermellini che il costante dictum della Corte di Cassazione impone che il GUP, nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, ex art. 425, comma 3, c.p.p. deve valutare, sotto il profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio, non potendo procedere a valutazioni di merito del materiale probatorio ed esprimere, quindi, un giudizio di colpevolezza dell’imputato ed essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate. Alla stregua di tale ricostruzione, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Bologna per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 novembre 2017 – 11 gennaio 2018, n. 851 Presidente Romis – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Il GUP del Tribunale di Bologna, con la sentenza n. 1374/17 emessa in data 17/05/2017, depositata in data 24/05/2017, dichiarava non doversi procedere perché il fatto non costituisce reato nei confronti degli imputati C.G. , D.J.J.R. e B.F. p.p. n. 5625/16 r.g.n.r. n. 3811/17 r.g. g.i.p. indagati per il reato p. e p. dagli artt. 40 cpv., 110, 589 cod. pen. perché, in concorso tra loro, nelle rispettive qualità, C.G. di legale rappresentante e D.J.J.R. e B.F. di operatori socio-sanitari della Casa di Riposo omissis , per colpa consistita in negligenza ed imperizia, quanto a C.G. nell’omesso doveroso controllo in ordine alla applicazione dei protocolli che regolano i servizi di assistenza nella casa residenziale per anziani e per gli operatori in servizio presso la predetta struttura, D.J.J.R. e B.F. nella omessa continua sorveglianza e vigilanza dei residenti e in specie, di L.A. , la quale in data omissis , nonostante il maltempo, si rivolgeva al D.J. e al B. , al momento entrambi in servizio al piano, per farsi accompagnare, come di consuetudine, a fumare in esterno sul terrazzo della propria camera, dove veniva effettivamente condotta e lasciata da sola su una poltrona, salvo poi alzarsi per fare ritorno in camera rovinando a terra, in ciò riportando, a seguito della caduta, lesioni personali consistite in ferita lacero contusa del cuoio cappelluto in regione occipitale che ne aggravavano le condizioni cliniche generali ed un trauma osseo -frattura del DI che la costringevano ad un prolungato allettamento che ne cagionava la morte. In omissis . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bologna, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. a. Violazione di legge art. 606, comma 1, lettera c cod. proc. pen. con riferimento alla inosservanza degli artt. 111, comma 6, Cost., 125, comma 3, e 425, commi 1 e 3, cod. proc. pen. . Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen. . Gli elementi di prova raccolti durante la fase delle indagini preliminari hanno fornito, ad avviso del ricorrente, pieno riscontro all’ipotesi accusatoria compendiata nel capo di imputazione. Il PG ricorda i fatti come emersi e lamenta che la motivazione del provvedimento impugnato sia carente e illogica, e non corrisponda ai criteri ai quali, ai sensi degli artt. 125, comma 3, e 425, comma 3, cod. proc. pen. deve attenersi la sentenza di non luogo a procedere pronunciata all’esito dell’udienza preliminare. Viene riportata ampia giurisprudenza di questa Corte di legittimità ed evidenziato che anche dopo le modifiche apportate all’art. 425 cod. proc. pen. dalle leggi 105/1993 e 479/1999, la decisione del giudice dell’udienza preliminare ha conservato natura processuale , in quanto il criterio di valutazione non deve essere l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilità del dibattimento. Con la conseguenza che tale giudice ha il potere di emettere sentenza di improcedibilità non quando ritenga l’innocenza dell’imputato, ma nei casi in cui non vi sia una prevedibile possibilità che il dibattimento possa sfociare in una diversa soluzione. L’indirizzo di questa Corte di legittimità viene ricordato trova piena conferma nelle decisioni della Corte Costituzionale, che, per quanto riconoscano che l’udienza preliminare ha perduto le caratteristiche di sommarietà che inizialmente la connotavano, affermano tuttavia che la decisione del Giudice dell’udienza preliminare resta pur sempre una valutazione di merito sulla consistenza dell’accusa, consistente in una prognosi sulla sua possibilità di successo nella fase dibattimentale il richiamo è alla sentenza n. 335/2002 della Corte Costituzionale . Per il PG ricorrente, invece, il giudice dell’udienza preliminare di Bologna, nonostante un formale richiamo agli indirizzi dei massimi organi giurisdizionali, entra, di fatto, prepotentemente nel merito della valutazione di non colpevolezza, dimenticandosi di quali potrebbero essere i prevedibili sviluppi del dibattimento. Ci si duole pertanto dell’erronea applicazione della regola di giudizio di cui all’art. 425 cod. proc. pen. e del fatto che il giudice abbia esorbitato dai propri poteri, procedendo come detto ad una valutazione di merito ed esprimendo un giudizio circa la colpevolezza degli imputati, anziché limitarsi ad accertare la sostenibilità dell’accusa in dibattimento. Tale approccio metodologico errato si evincerebbe anche dalle espressioni utilizzate dal giudice a quo, che evocano per l’appunto la valutazione definitiva delle responsabilità degli imputati. Il PG ricorrente, peraltro, rievocati in ricorso i principi fissati dalla giurisprudenza sulla posizione di garanzia rivestita, rispettivamente, dal legate rappresentante delle residenze sanitarie per anziani, dal direttore sanitario, dal responsabile infermieristico, dagli operatori socio-sanitari, con particolare riferimento agli obblighi di cui all’art. 40 cpv, comma 2, cod. pen. rileva come il legale rappresentante di Villa Silvia S.p.A., Gabriele C. , cosi come i due operatori socio-sanitari di turno al plano in cui era ospitata la L. al momento dei fatti, D.J.J.R. e B.F. , rivestissero una posizione di garanzia rispetto alla anziana ospite deceduta. Ebbene, ci si duole, rispetto a questo punto, della mancata valutazione da parte del GUP dell’esistenza di tale posizione di garanzia, con conseguente assoluta non menzione nella motivazione, di due documenti essenziali ai fini del decidere presenti in atti, totalmente trascurati dal decidente 1. il contratto di spedalità tra la struttura omissis S.p.A. e A.A. per conto della di lui anziana madre , contratto che, tra le condizioni di soggiorno , prevedeva a carico della struttura una assistenza tutelare diurna e notturna che consiste nella cura della persona e nel fornire supporto ed assistenza nello svolgimento delle attività quotidiane ed aiuto nell’assunzione dei pasti 2. un documento interno della struttura prodotto con memoria difensiva dal difensore dei due operatori dal quale si ricava, senza dubbio alcuno, che i tre imputati erano a conoscenza della non autosufficienza motoria della L. . Di tutto ciò si lamenta il GUP non ha dato conto nella motivazione. Si evidenzia che il omissis , per stessa ammissione dell’operatore D.J. , la signora L. fu lasciata da sola sul terrazzo perlomeno per il tempo di 20 minuti, di per sé sufficiente alla concretizzazione del pericolo che sarebbe dovuto essere ben prevedibile da coloro che rivestivano una posizione di garanzia e che ben erano a conoscenza della necessità di una specifica protezione di derivazione anche contrattuale di quella non autosufficienza. Appare opportuno per il PG ricorrente richiamare, a riprova della manifesta illogicità della motivazione, taluni brevi ma significativi passaggi, relativi a circostanze che avrebbero dovuto convincere il decidente circa l’opportunità della rimessione della vicenda alla fase dibattimentale, con la formazione della prova improntata al principio del contraddittorio, come costituzionalmente garantito 1. Non è del resto trascurabile che all’origine della vicenda sia stata proprio l’esigenza rappresentata dalla L. , ed assecondata dai familiari, di poter uscire in terrazzo anche per fumare pag. 3 sentenza, sub 8 . 2. è emerso che l’accompagnamento della anziana ospite sul terrazzo avveniva su espressa domanda della stessa e dei suoi familiari, tanto è vero che era stata richiesta la disponibilità di una camera singola prospiciente il terrazzo dove la L. si tratteneva pag. 4 sentenza, sub 9 . 3. È innegabile che tale richiesta esuli dal contenuto tipico dell’assistenza e delle sue modalità concrete di esercizio, essendo intuibile che, a differenza di quanto accade nella stanza dove è disponibile il campanello per le emergenze, tale dispositivo non è presente nel terrazzo, né è previsto che debba essere colà installato pag. 4 sentenza, sub 9 . 4. Ciò posto, resta da chiarire se l’accompagnamento della signora fatto, si ripete, di per sé consentito e anzi richiesto dalla stessa ospite che sotto questo profilo era idonea ad esprimere un valido consenso sia stato attuato con modalità incongrue ovvero per un periodo tale da poter oggettivamente concretizzare uno stato di abbandono pag. 4 sentenza, sub 10 . Considerazioni, quelle da ultimo trascritte, che il PG ricorrente afferma essere in aperto conflitto con le risultanze delle indagini svolte dal competente nucleo specializzato il richiamo è alle informative in data 11/12/2015 ed in data 4/3/2016 dei N.A.S. di Bologna . Il GUP si lamenta in ricorso si esprime circa l’idoneità dell’anziana donna ad esprimere un valido consenso , quasi a voler evidenziare un evento di natura eccezionale, al di fuori di una normale prassi di vita quotidiana di una struttura per anziani, come se chiedere di potersi spostare una o due volte al giorno sul terrazzo, per giunta in periodo estivo, potesse dare luogo a prestazione estranea al contratto di spedalità. A fronte delle responsabilità gravanti sul legale rappresentante e sugli operatori socio-sanitari della struttura, di certo al corrente della non autosufficienza motoria della anziana ospite, appare inequivoco per il ricorrente l’obbligo della sorveglianza cosi come da contratto per tutto il tempo durante il quale non era imprevedibile che la donna medesima potesse avere delle necessità ed essere bisognosa di tutela, quando, appunto, era sul balcone senza campanello e mentre iniziava a scatenarsi un temporale estivo. La mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione e la non corrispondenza degli argomenti svolti in sentenza ai criteri imposti dagli artt. 125 e 425 cod. proc. pen. imporrebbero, perciò, l’annullamento del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati sono fondati e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Bologna per l’ulteriore corso. Ed invero, come lamenta il ricorrente, la sentenza impugnata non appare essere stata emessa nel rispetto della regola di giudizio di cui all’art. 425 cod. proc. pen Fondato, in altri termini, è il rilievo che il giudice dell’udienza preliminare abbia esorbitato dai propri poteri, procedendo ad una valutazione di merito ed esprimendo, di fatto, un giudizio circa la colpevolezza degli imputati, anziché limitarsi ad accertare la sostenibilità dell’accusa in dibattimento. 2. Va ricordato, sul punto, il costante dictum di questa Corte di legittimità secondo cui il giudice dell’udienza preliminare nel pronunciare sentenza di non luogo a procedere, a norma dell’art. 425, comma terzo, cod. proc. pen., deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio, non potendo procedere a valutazioni di merito del materiale probatorio ed esprimere, quindi, un giudizio di colpevolezza dell’imputato ed essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate Sez. 2, n. 48831 del 14/11/2013, Maida, Rv. 257645 cfr. anche, sez. 4 n. 26410 del 18/4/2007, Giganti ed altri, Rv. 236800 Sez. 3, n. 39401 del 21/3/2013, Nar-ducci e altri, Rv. 256848 Sez. 6, n. 5049 del 27/11/2012 dep. il 2013, Cappello e altri, Rv. 254241 Sez. 5 n. 22864 del 15/5/2009, Giacomin, Rv. 244202 . Non pare condivisibile il dictum di altre pronunce, costituenti recente e minoritario orientamento, come Sez. 6 n. 33763/2015, che, pur cercando di rimanere nell’alveo della previsione normativa, ma non riuscendovi del tutto, hanno ritenuto di accentuare il potere del giudice dell’udienza preliminare ritenendo che lo stesso sia chiamato ad una valutazione di effettiva consistenza del materiale probatorio posto a fondamento dell’accusa , eventualmente avvalendosi dei suoi poteri di integrazione delle indagini, e, all’esito, ove ritenga l’esistenza di una minima possibilità di colpevolezza dell’imputato, deve disporre il rinvio a giudizio dell’imputato, salvo che vi siano concrete ragioni per ritenere che il materiale individuato, o ragionevolmente acquisibile in dibattimento, non consenta in alcun modo di provare la sua colpevolezza Sez. 6, n. 33763 del 30/04/2015, P.M. in proc. Quintavalle, Rv. 264427 conf. Sez. 6, n. 3726 del 29/09/2015 dep. il 2016, P.M. in Proc. Di Gaetano, Rv. 266132 . In realtà, anche tale orientamento non può ignorare che il discrimine tra la scelta del rinvio a giudizio e quella della sentenza di non luogo a procedere risiede nella valutazione che la prospettazione accusatoria sia suscettibile o meno di essere definitivamente provata in dibattimento si parla di verificare l’esistenza di una minima possibilità di colpevolezza dell’imputato . Ciò che lo distingue rispetto al preferibile orientamento maggioritario è l’aggettivazione rispetto al materiale probatorio, laddove il richiedere al GUP di valutare la effettiva consistenza del materiale probatorio posto a fondamento dell’accusa e la sua capacità di tenuta in dibattimento, essendo tale condizione necessaria a giustificare la sottoposizione al processo Sez. 6, n. 17951 del 13/10/2015 dep. il 2016, P.M., P.C. in proc. Barone e altri, Rv. 267310 conf. Sez. 6, n. 7748 del 11/11/2015 dep. il 2016, Pg in proc. D’Angelo, Rv. 266157 pare sottendere un’attività valutativa della prova che va oltre il ruolo di udienza-filtro proprio dell’udienza preliminare. Pertanto, ad avviso del Collegio, va qui riaffermato e ribadito il principio per cui, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere, il criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non è l’innocenza dell’imputato, ma l’inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi probatori contraddittori od insufficienti, conseguendone, come si dirà, che, in casi come quello che ci occupa, in cui si è di fronte a diverse ed opposte valutazioni tecniche, non spetta al GUP decidere quale perizia sia maggiormente attendibile, dovendo egli solo verificare se gli elementi acquisiti a carico dell’imputato risultino irrimediabilmente insufficienti o contraddittori, in ragione di eventuali manifeste incongruenze del contributo dell’esperto posto a sostegno dell’accusa o dell’errata piattaforma fattuale assunta ovvero della palese insipienza tecnica del metodo o dell’elaborazione così la recente Sez. 4, n. 32574 del 12/7/2016, P.C. in proc. Trimarchi e altri, Rv. 267457 conf. Sez. 5, n. 54957 del 14/9/2016, P.M. in proc. Fernandez, Rv. 268629 . 3. Tale impostazione deriva dalla considerazione che l’istituto dell’udienza preliminare, nella sua struttura fondamentale, è sostanzialmente rimasto immutato anche dopo le varie novelle di cui alle leggi n. 105/1993 e n. 479/1999 che hanno fatto seguito al codice Vassalli del 1989. È rimasta, infatti, la sua specifica funzione di filtro, per evitare inutili passaggi alla fase dibattimentale e, quindi, nei casi in cui il giudizio di proscioglimento sia ritenuto non superabile in dibattimento è possibile l’epilogo decisorio previsto dall’art. 425. La norma è stata sottoposta al vaglio del giudice delle leggi, che ha avuto modo di evidenziare che l’apprezzamento del merito che il giudice è chiamato a compiere all’esito della udienza preliminare non si sviluppa secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento così Corte Costituzionale, sentenza 15 marzo 1996 n. 71 . E nel solco della pronuncia dei giudici costituzionali si è da tempo assestata la giurisprudenza di questa Suprema Corte subito dopo la riforma del 1999 tra le tante, oltre a quelle citate in precedenza, Sez. 6, n. 42275 del 16/11/2001, Acampora, Rv. 221303 Sez. Un. 30/10/2002 n. 39915, Vottari, Rv. 222602 . In tali pronunce si è specificato che il controllo in sede di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 deve mirare solo a verificare l’osservanza del criterio prognostico adottato dal GUP nell’escludere la sostenibilità dell’accusa in giudizio e nell’ambito della competenza propria della fase dell’udienza preliminare ovvero quella di procedere ad una valutazione sommaria delle fonti di prova offerte dal P.M. e dalle parti tra le tante, Sez. 5 n. 15364 del 18/3/2010, Caradonna e altri, Rv. 246874 Sez. 6 n. 33921 del 17/7/2012, Rolla, Rv. 253127 e, più di recente, Sez. 2, n. 5669 del 28/1/2014, Schiaffino e altri, Rv. 258211 . Occorre ulteriormente precisare che la valutazione del giudice dell’udienza preliminare non può prescindere da quella della rilevanza penale dei fatti come ascritti. Sul punto è costante, infatti, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità nel senso di ritenere che vada dichiarato immediatamente il proscioglimento l’inesistenza del fatto, l’irrilevanza penale, il non averlo l’imputato commesso se ne risultano i presupposti dagli atti in modo incontrovertibile, tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale. Necessita, in altri termini, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti e senza necessità di ulteriori accertamenti ex plurimis Sez. 6, n. 5438/2012, Rv. 252407, Tucci Sez. Un., n. 17179/2002, Conti, Rv. 221403 Sez. Un, n. 35490/2009, Tettamanti, rv. 244273 . E laddove tale accertamento sia possibile in udienza preliminare sulla base degli atti, il giudice deve emettere sentenza di non luogo a procedere, essendo superflua la fase dibattimentale. Né l’obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell’orizzonte prospettico del giudice rispetto all’epilogo decisionale, attraverso gli strumenti di integrazione probatoria previsti dagli artt. 421-bis e 422 bis cod. proc. pen., hanno attribuito al medesimo il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della innocenza colpevolezza dell’imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e comunque di idoneità degli elementi probatori art. 425, co. 3 è sempre e comunque diretta a determinare, all’esito di una delibazione di tipo prognostico, divenuta più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la sostenibilità dell’accusa in giudizio e, con essa, l’effettiva, potenziale, utilità del dibattimento Sez. U, Sentenza n. 39915 del 30/10/2002, Vottari . Ciò importa che ove in seno all’udienza preliminare emergano prove che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all’assoluzione dell’imputato, il proscioglimento deve essere pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti Sez. 4, n. 43483 del 06/10/2009, Pontessilli, Rv. 245464 . 4. Orbene, precisati i principi giuridici di riferimento cui il Collegio ritiene di attenersi, nel caso in esame il GUP bolognese, effettivamente, va oltre quelli che sono i limiti dell’udienza preliminare e, con una sentenza, peraltro scarna, che non dà conto in maniera adeguata dell’intero compendio probatorio acquisito, si spinge sul terreno della sussistenza o meno del reato e della colpevolezza degli imputati. Fondatamente il PG ricorrente rileva che tale approccio metodologico errato si evince anche dalle espressioni utilizzate dal giudice, che evocano per l’appunto la valutazione definitiva delle responsabilità degli imputati. Così, ad esempio, al punto 13 della sentenza impugnata ove si legge è da escludere che nella condotta del D.J. siano ravvisabili profili di negligenza. Alle medesime conclusioni, si direbbe a fortiori, deve pervenirsi per la B. , che si è limitata a soccorrere la L. una volta appreso della sua caduta. Per le stesse ragioni debbono escludersi profili di negligenza in capo al C. , posto che non sono rilevabili deficit assistenziali imputabili all’organizzazione della struttura . O, ancora, al punto 9 della motivazione ff. 3-4 sentenza In realtà, il tema di decisione verte sui limiti di continuità assistenziale che si assumono violati da parte del legale rappresentante da un lato e dei due operatori dall’altro, ed in particolare se fosse configurabile un obbligo di assistenza e vigilanza nei confronti della anziana donna anche nei brevi periodi nei quali la stessa, su sua richiesta, si trovava in terrazzo a fumare . Ed ancora Non sono infatti in discussione né la congruità dell’assistenza prestata alla L. , ne l’inosservanza del previsto rapporto tra pazienti ospitati e personale in servizio 1 10 . Risalta subito una contraddizione letterale della motivazione, laddove dapprima si afferma che debba essere valutata la configurabilità di un obbligo gravante sul legale rappresentante e sui due operatori, di assistenza e vigilanza nei riguardi della anziana ospite non autosufficiente anche quando non era nella stanza, per poi sostenere come indiscussa la congruità dell’assistenza. Come ricordato, in tutte le pronunce di legittimità in materia, si evidenzia che l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi legittimanti una sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen., devono avere caratteristiche tali da non poter ritenersi ragionevolmente superabili in giudizio, derivandone che il giudice dell’udienza preliminare può pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato solo in presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito. Ebbene, questa non appare essere la situazione che si desume dal tessuto motivazionale del provvedimento impugnato, un cui esame approfondito ne rende palese gli elementi di assoluta contraddittorietà. Fondato, appare, anche il rilievo del PG ricorrente della mancata valutazione da parte del GUP, con conseguente assoluta non menzione nella motivazione, di due documenti essenziali ai fini del decidere presenti in atti, totalmente trascurati dal decidente 1. il contratto di spedalità tra la struttura omissis S.p.A. e il sig. A.A. per conto della di lui anziana madre , contratto che, tra le condizioni di soggiorno , la Pubblica Accusa aveva sottolineato prevedere a carico della struttura una assistenza tutelare diurna e notturna che consiste nella cura della persona e nel fornire supporto ed assistenza nello svolgimento delle attività quotidiane ed aiuto nell’assunzione dei pasti 2. il documento interno della struttura prodotto con memoria difensiva dal difensore dei due operatori dal quale si ricava, senza dubbio alcuno, che i tre imputati erano a conoscenza della non autosufficienza motoria della L. . I punti focali su cui la sentenza appare evasiva e di cui dovranno essere valutati i possibili sviluppi dibattimentali è. 1. se sussistessero e in caso positivo in che modo, al momento dell’ingresso dell’anziana persona offesa, sia l’amministrazione della struttura sanitaria, che il relativo personale sanitario, ne fossero stati informati ed avvertiti delle precarie condizioni motorie, in particolare a livello degli arti inferiori 2. se la L. palesasse una situazione per cui gli spostamenti, anche minimi, durante la permanenza nella struttura, necessitavano di assistenza continuativa e di vigile controllo 3. se, come parrebbe desumersi dall’allegata movimentazione giornaliera del omissis prodotta dalla difesa di D.J. e B. in allegato a memoria difensiva a seguito di chiusura delle indagini e dalle foto in atti, la L. fosse stata classificata dalla amministrazione della struttura come non autosufficiente e se detta documentazione fosse nella disponibilità degli operatori socio-sanitari 4. se e quanto tempo, il omissis , la L. , dopo essere stata accompagnata dal personale della struttura sanitaria sul terrazzo della propria camera, come avveniva quotidianamente, per consumare il pranzo, leggere il giornale e fumare una sigaretta, venne lasciata sola e in relazione a ciò se fosse stata predisposta qualche cautela specifica, laddove pare acclarato che il terrazzo non presentasse dispositivi di sicurezza o possibilità di chiamare, se la porta della camera lasciata fosse chiusa o aperta, se risulti o possa risultare da un approfondimento dibattimentale se, allorquando la stessa, essendo nel frattempo venuto a piovere, aveva deciso di rientrare, avesse o meno, come si assume, ripetutamente cercato di chiamare, inutilmente, un operatore sanitario. Il GIP bolognese ha esaminato, in parte, le risultanze probatorie in atti circa tali evenienze, ma lo ha fatto entrando nel merito, pronunciando la sentenza di non luogo a procedere, mentre doveva valutare la prevedibile possibilità o meno che in dibattimento si potesse, invece, pervenire ad una diversa soluzione. E, va ribadito, doveva dar conto che l’eventuale insufficienza e la contraddittorietà degli elementi che legittimano la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 425, co. 3 cod. proc. pen. avesse caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 33921 del 17/07/2012, P.C. in proc. Rolla, Rv. 253127 . L’esistenza di un quadro probatorio non univoco, per la contraddittorietà degli elementi che vanno a comporlo o per la loro incompiutezza non può giustificare la sentenza di non luogo a procedere se non quando sia ragionevolmente prevedibile che gli stessi siano destinati a rimanere tali all’esito del giudizio in tal senso, ex multis, Sez. 4, n. 47169 del 8/11/2007, P.C. in proc. Castellano e altro, Rv. 238251 Sez. 2, n. 35178 del 3/7/2008, P.M. in proc. Trunetti, Rv. 242092 Sez. 6, n. 33921 del 17/7/2012, P.C. in proc. Rolla, Rv. 253127 . In definitiva, è esattamente questo il canone sul quale la giurisprudenza di questa Corte di legittimità richiama da sempre l’attenzione valutare se la presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità ed alternatività di soluzioni valutative possa essere superata attraverso le verifiche e gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza operare valutazioni di tipo sostanziale che spettano, nella predetta fase, al giudice naturale Sez. 6, n. 6765 del 24/1/2014, Pmt in proc. Luchi e altri, Rv. 258806 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bologna.