Giudice dichiara nullo il decreto di citazione diretta: l’ordinanza è abnorme

È abnorme l’atto del giudice del dibattimento che disponga la nullità del decreto di citazione diretta e la restituzione degli atti al PM ritenendo desumibile in fatto” la contestazione di un reato per cui è richiesta la celebrazione dell’udienza preliminare.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 55516/17, depositata il 13 dicembre. Il caso. Tre imputati per reati tributari si vedevano citati in giudizio davanti al giudice monocratico per rispondere di tre distinte ipotesi tributarie. In udienza proponevano eccezione avverso il decreto di citazione assumendo la sua nullità in quanto trattarsi di fattispecie che, in fatto”, richiedevano la fissazione dell’udienza preliminare. Il Tribunale, con ordinanza, accoglieva l’eccezione difensiva, dichiarava la nullità del decreto di citazione diretta e ordinava la restituzione degli atti al PM. Avverso tale decisione il Procuratore della Repubblica ricorreva davanti alla Corte di cassazione deducendo l’abnormità del provvedimento che provocava una regressione del procedimento, regressione indebita e ingiustificata. L’atto del giudice monocratico è abnorme? Gli atti a disposizione del giudice monocratico per decidere in ordine alla eccezione difensiva erano il decreto di sequestro preventivo, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il decreto di citazione a giudizio. Dalla ricognizione del materiale a disposizione, il PM ricorrente osserva che non sia evincibile la descrizione in fatto” anche della contestazione di sottrazione fraudolenta fattispecie che richiede la fissazione dell’udienza preliminare non essendovi alcun riferimento né al dolo specifico richiesto dalla fattispecie astratta né alcun riferimento ad una procedura di riscossione coattiva avviata o da avviarsi in relazione ad un avvenuto accertamento fiscale né ad atti simulati o fraudolenti compiuti ed idonei a vanificare la procedura di riscossione coattiva. Gli unici reati in contestazione, infatti, erano l’omesso versamento IVA, la dichiarazione infedele, commessi secondo modalità esecutive e spazio-temporali diverse. A fronte di tale stato di cose, il giudice non avrebbe indicato da quale dei diversi capi di imputazione era desumibile il diverso delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte delitto la cui contestazione avrebbe richiesto la celebrazione dell’udienza preliminare con l’effetto di determinare una regressione del procedimento e correlata impossibilità per il PM di reiterare l’esercizio dell’azione penale nelle forme originariamente prescelte e in relazione alle originarie contestazioni attesa la declaratoria di nullità del decreto di citazione. In breve il giudice monocratico avrebbe emesso un provvedimento abnorme esplicando un potere al di fuori dai casi consentiti e delle ipotesi previste determinando, in definitiva, un’anomala regressione procedimentale. Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, con requisitoria scritta, mostra di aderire alla tesi del ricorrente e osserva che se pure la nullità del decreto di citazione diretta sia in astratto prevista dall’ordinamento per il caso di un giudizio che venga disposto senza il preventivo espletamento dell’udienza preliminare in caso di reati che l’avrebbero necessitata, nel caso di specie tale potere è stato esercitato illegittimamente perché il Tribunale ha ritenuto configurabile una contestazione non compresa del capo di imputazione mentre avrebbe dovuto operare secondo le regole che disciplinano la contestazione suppletiva. Lo statuto dell’atto abnorme. Con una pronuncia risalente le Sezioni Unite hanno chiarito in cosa consista l’atto abnorme. Tale patologia dell’atto processuale sussiste non solo quando il provvedimento, per la sua singolarità e per stranezza del contenuto, risulta avulso dall’ordinamento processuale ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. Sia il profilo funzionale dell’atto che quello strutturale possono condurre ad un giudizio di abnormità sotto il primo profilo quando l’atto, pur non estraneo all’ordinamento, determini una stasi del processo e l’impossibilità di conseguirlo sotto il profilo strutturale quando l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale. Uno sviamento di potere? Nel caso in esame il giudice monocratico ha esercitato un potere che in astratto gli è attribuito dal codice di procedura penale ma al di fuori dai casi consentiti e dalle ipotesi previste e al di là di ogni ragionevole limite. Il giudice monocratico infatti ha ritenuto configurabile in fatto” la contestazione di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, non essendo tale reato contestato formalmente nell’originario decreto di citazione a giudizio dove compaiono altre ipotesi di delitti tributari. Dalla lettura dei capi di imputazione non emergeva alcun elemento caratterizzante il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ma, secondo la Suprema Corte, anche laddove fossero emersi elementi in tal senso, il giudice non avrebbe potuto dichiarare la nullità del decreto di citazione con conseguente restituzione degli atti al PM e determinando, in definitiva, una indebita regressione del procedimento. Invero è stato precluso altresì al PM di insistere sulle originarie imputazioni il rifiuto da parte del giudice monocratico di celebrare l’udienza impedisce il successivo ricorso alle contestazioni suppletive. L’ordinanza è stata annullata senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale per l’ulteriore corso del processo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 novembre – 13 dicembre 2017, n. 55516 Presidente Rosi – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 13.02.2017, emessa in sede di udienza, il giudice del tribunale di Teramo, in accoglimento dell’eccezione della difesa degli imputati con cui veniva richiesta la nullità del decreto emesso ex art. 552 cod. proc. pen. in quanto non preceduto da udienza preliminare, ritenuto che dalla descrizione in fatto si evincesse altresì la contestazione del reato di cui all’art. 11, d. lgs. n. 74 del 2000, nella forma aggravata prevista dall’ultimo periodo di cui al co. 1, dichiarava la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la restituzione degli atti al P.M. 2. Contro l’ordinanza emessa all’udienza dal giudice monocratico, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di TERAMO, prospettando un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c , c.p.p., sotto il profilo dell’abnormità del provvedimento impugnato, attesa l’indebita ed ingiustificata regressione del procedimento che ne sarebbe conseguita. In sintesi, sostiene il Procuratore della Repubblica ricorrente, che gli unici atti a disposizione del giudice per valutare la fondatezza dell’eccezione difensiva erano rappresentati, in ragione della fase processuale in cui l’eccezione era stata sollevata, dal decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP in data 27.12.2013, dall’avviso ex art. 415 bis c.p.p. emesso il 23.06.2016 ed, infine, dal decreto di citazione a giudizio emesso il 18.07.2016 orbene, da nessuno di tali atti sarebbe evincibile, osserva il P.M. ricorrente, la descrizione in fatto anche della contestazione di sottrazione fraudolenta ex art. 11, d. lgs. n. 74 del 2000, non essendovi alcun riferimento né al dolo specifico normativamente richiesto dalla fattispecie astratta né ad una procedura di riscossione coattiva avviata e/ da avviarsi in relazione ad un avvenuto accertamento fiscale né ad atti simulati e/o fraudolenti compiuti ed idonei a vanificare la procedura di riscossione coattiva gli unici reati oggetto di contestazione, infatti, erano costituiti dal delitto di cui all’art. 10 ter, d. lgs. n. 74 del 2000 capo a , dal delitto di cui all’art. 4, d. lgs. citato capo b e, infine, ancora dal delitto di cui all’art. 4, d. lgs. citato capo c , commessi secondo le modalità esecutive e spazio - temporali meglio descritte in ciascuno dei predetti capi di imputazione il giudice, dunque, non solo non avrebbe nemmeno indicato da quale dei tre capi di imputazione era desumibile anche la contestazione in fatto del delitto di cui all’art. 11 citato, ma avrebbe desunto un fatto nuovo dalla stessa contestazione in fatto ciò avrebbe determinato un’indebita ed ingiustificata regressione del procedimento con conseguente impossibilità per il P.M. di reiterare l’esercizio dell’azione penale nelle forme originariamente prescelte ed in relazione alle originarie contestazioni, attesa l’intervenuta declaratoria id nullità del decreto di citazione a giudizio si verserebbe, pertanto, in un’ipotesi di provvedimento abnorme, essendosi trattato della manifestazione di un potere esplicato al di fuori del casi consentiti e delle ipotesi previste, determinando di fatto un’anomala regressione del procedimento. 3. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data 20.09.2017, il P.G. presso la S.C. ha chiesto l’accoglimento del ricorso in particolare, osserva il P.G., seppure il provvedimento adottato sia in astratto previsto dal vigente ordinamento processuale ove il decreto di citazione diretta a giudizio venga emesso senza il preventivo espletamento dell’udienza preliminare in caso di reati che l’avrebbero necessitata, tuttavia, nel caso in esame, detto potere sarebbe stato esercitato illegittimamente, atteso che il tribunale ha ritenuto configurabile una contestazione non compresa nell’originario decreto di citazione a giudizio, per la quale è prevista l’udienza preliminare, dichiarando quindi la nullità del predetto decreto di citazione diretta a giudizio, mentre avrebbe dovuto provvedere secondo le regole della contestazione suppletiva, così determinando un’indebita regressione del procedimento l’atto emesso sarebbe quindi affetto da abnormità. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. 5. Ed invero, sin dall’arresto giurisprudenziale espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, è affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo Sez. U, n. 17 del 10/12/1997 - dep. 12/02/1998, Di Battista, Rv. 209603 . 6. Nel caso in esame, il giudice monocratico, investito della questione relativa al mancato esperimento dell’udienza preliminare in relazione a reato per il quale la stessa sarebbe stata necessaria art. 11, d. lgs. n. 74 del 2000 , ha esercitato in astratto un potere attribuitogli dal vigente codice di procedura penale, ma al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. Come, infatti, correttamente evidenziato dal P.M. ricorrente e dal P.G. presso questa Corte, la dichiarata nullità del decreto di citazione a giudizio seguiva la asserita configurabilità della contestazione in fatto del predetto delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, non essendo tale reato formalmente oggetto di contestazione da parte nell’originario decreto di citazione a giudizio, dove compiono solo i delitti di omesso versamento IVA e di dichiarazione infedele. Nulla legittimava il giudice del dibattimento, in quella fase, ad esercitare il potere pur legittimamente conferitogli dal vigente codice di rito, atteso che, non soltanto dalla lettura dei capi di imputazione non risulta emergere alcuno degli elementi caratterizzanti tale reato, ma quand’anche ciò fosse risultato, il giudice non avrebbe potuto dichiarare la nullità del decreto di citazione a giudizio restituendo gli atti al P.M Ciò, infatti, determina una indebita regressione del processo, atteso che, così operando, il giudice ha precluso al pubblico ministero di insistere sulla originaria imputazione, in quanto il rifiuto del giudice di celebrare l’udienza impedisce anche il successivo ricorso a contestazioni suppletive, come disciplinate dall’art. 521-bis, cod. proc. pen. arg. a contrario da Sez. 1, n. 10666 del 27/01/2015 - dep. 12/03/2015, P.M. in proc. Comparone, Rv. 262694 . 7. Deve, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto È abnorme in quanto determina una indebita regressione del processo, il provvedimento del giudice del dibattimento il quale, investito dell’esercizio dell’azione penale mediante decreto di citazione diretta a giudizio per reati che non prevedono la celebrazione dell’udienza preliminare, disponga, ritenendo desumibile in fatto anche la contestazione di un reato per cui detta udienza preliminare è richiesta, la restituzione degli atti al pubblico ministero In motivazione, la Corte ha evidenziato che ove si ammettesse tale possibilità, si precluderebbe al pubblico ministero di insistere sulla originaria imputazione, in quanto il rifiuto del giudice di celebrare l’udienza impedirebbe anche il successivo ricorso a contestazioni suppletive, come disciplinate dall’art. 521-bis, cod. proc. pen. . 8. L’impugnata ordinanza dev’essere, conclusivamente, annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al tribunale di Teramo per l’ulteriore corso. P.Q.M. La Corte annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Teramo per l’ulteriore corso.