Ricusa tutti i giudici, compresi quelli di Cassazione, ma è inutile, se il provvedimento impugnato non è ricorribile

Il provvedimento reiettivo della richiesta di sospensione dell’esecuzione è un provvedimento interlocutorio, pertanto, non è ricorribile né altrimenti impugnabile in quanto nessuna norma ne prevede l’autonoma impugnabilità.

Il caso. Nelle more della decisione della Corte di cassazione e della Corte EDU sui ricorsi presentati adducendo l’abnormità delle condanne inflitte e il grave pregiudizio patito dal ricorrente quanto a libertà personale e libertà associativa, il Procuratore generale aveva emesso un provvedimento di unificazione di pene concorrenti. Proposto l’incidente di esecuzione, veniva respinto dalla Corte d’Appello, quale Giudice dell’esecuzione, che rigettava, altresì, l’istanza finalizzata ad ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione. La Corte d’Appello motivava la propria decisione rilevando l’insussistenza della probabile fondatezza dell’impugnazione proposta avverso il proprio provvedimento motivato e privo di vizi nonché generante in concreto alcun pregiudizio per l’istante che si era da tempo reso latitante. Il ricorrente impugnava il provvedimento davanti alla Corte di Cassazione chiedendone l’annullamento nonché la sospensione dell’esecuzione per invalida costituzione del Collegio giudicante, oltre che per il carattere abnorme dell’ordinanza emessa in assoluta carenza di potere giurisdizionale. Dichiarava altresì di ricusare i magistrati componenti il Collegio di merito. Con memoria successiva venivano ricusati altresì il presidente e i componenti del Collegio giudicante innanzi alla Corte di Cassazione. La Quinta Sezione Penale ne ha però dichiarata l’inammissibilità. Presunti profili di illegittimità costituzionale. Nel ricorso si paventa un’eccezione di incostituzionalità della disciplina dell’esecuzione nella parte in cui – là dove il giudice sia chiamato ad esprimere un giudizio di merito, idoneo ad incidere in modo diretto e sostanziale su un bene primario dell’individuo costituzionalmente tutelato come la libertà personale – non prevede l’obbligo di dare avviso alle parti della fissazione dell’udienza camerale. La Suprema Corte esclude qualsiasi profilo di incostituzionalità ricostruendo natura e disciplina del giudizio di legittimità anche di esecuzione alla luce dei principi sovranazionali e costituzionali. Anatomia del procedimento di esecuzione davanti alla Corte di legittimità. Il procedimento di esecuzione penale nella fase di legittimità deve essere trattato in udienza camerale non partecipata dove il contraddittorio è svolto in via cartolare mediante la proposizione del ricorso, della requisitoria scritta del Procuratore generale, di eventuali memorie di replica e in assenza delle parti in udienza. Tale assenza non pregiudica l’effettività della difesa e del confronto dialettico potendo le rispettive posizioni essere proposte ed illustrate per iscritto. Il materia di esecuzione non è prevista la presenza dei difensori nella Camera di Consiglio avanti la Corte di Cassazione perché l’osservanza delle forme previste dall’art. 127 codice di rito fissazione data d’udienza, avviso alle parti, partecipazione facoltativa delle parti riguarda solo i casi espressamente stabiliti, tra i quali non rientra la materia dell’esecuzione. Una palese deroga è quella stabilita dall’art. 611 c.p.p. per il procedimento in Camera di Consiglio davanti alla Corte di Cassazione. La Corte Costituzionale sent. n. 80/2011 ha osservato che il Giudice di legittimità, per le sue caratteristiche e perché votato alla soluzione di questioni di diritto, non richiede necessariamente la garanzia della pubblicità dell’udienza. Libero accesso ratio e limiti. L’accesso libero in aula, consentito alle parti e ad ogni cittadino, costituisce un principio connaturato all’ordinamento democratico. Detto accesso, infatti, permette il controllo immediato sullo svolgimento delle attività processuali scongiura la possibilità di una giustizia segreta e contribuisce a preservare la fiducia nei giudici e a realizzare l’equità del processo cfr. Convenzione europea diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali . Il libero accesso può essere limitato solo in presenza di particolari ragioni giustificatrici a condizione che siano obiettive e razionali. In particolare è nella fase dell’istruzione probatoria, specie se trattasi dell’assunzione di prove dichiarative, che si apprezza tale funzione. Al contrario, quando il giudice deve soltanto” risolvere questioni giuridiche – come avviene emblematicamente nella fase processuale davanti al giudice di legittimità – la predetta esigenza si attenua fortemente. La Corte Costituzionale sent. n. 109/2015 ha osservato che la regolamentazione del codice di rito di tale fase non si scontra con i principi stabiliti dalla Convenzione EDU né con il principio di pubblicità dei giudizi recepito in Costituzione, tutti riferibili, infatti, ai processi penali di cognizione oppure a quelli di esecuzione celebrati davanti al giudice dell’esecuzione nei gradi di merito. Ricorso inammissibile perché il provvedimento non è decisorio. Nel merito dell’impugnazione proposta, la Suprema Corte osserva che il provvedimento reiettivo della richiesta di sospensione dell’esecuzione di ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione non è ricorribile perché si tratta di un provvedimento interlocutorio e nessuna norma ne prevede l’autonoma impugnabilità. Neppure è consentito estendere rimedi impugnatori previsti per altri provvedimenti giurisdizionali o estenderne la ricorribilità sotto il profilo dell’incidenza sulla libertà personale ostandovi il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Secondo il principio di tassatività possono essere oggetto di impugnazione soltanto i provvedimenti del giudice penale che la legge espressamente dichiari impugnabili inoltre, sono sempre ricorribili per cassazione i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze. In questo ampio ventaglio, nulla è previsto per il provvedimento negativo sull’istanza di sospensione dell’esecuzione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 settembre – 4 dicembre 2017, n. 54503 Presidente Cortese – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 21 dicembre 2015 la Corte d’Appello di Milano, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, proposta nell’interesse di P.G.P.M.M. , volta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione e dell’ordinanza con cui la stessa Corte in data 27/10/2015 aveva respinto l’incidente di esecuzione proposto avverso il provvedimento di unificazione di pene concorrenti n. 1398/14 SIEP del 22/5/2015, emesso dal locale Procuratore Generale, nelle more della decisione della Corte di cassazione e della Corte EDU sui ricorsi proposti dal predetto condannato a ragione della dedotta abnormità delle condanne inflitte e del grave pregiudizio subito alle libertà personali e associative del ricorrente. 1.1 A fondamento della decisione la Corte distrettuale rilevava l’insussistenza della probabile fondatezza dell’impugnazione proposta avverso il proprio provvedimento del 27/10/2015 siccome correttamente motivato e privo di vizi e non foriero di alcun pregiudizio per l’istante resosi da tempo latitante. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso il P.G. a mezzo del difensore per chiederne l’annullamento e la sospensione dell’esecuzione per l’invalida costituzione del collegio giudicante ed il carattere abnorme dell’ordinanza, emessa in assoluta carenza di potere giurisdizionale. Dopo avere dichiarato di intendere ricusare i magistrati componenti il collegio giudicante di merito, nonché i loro colleghi dr.i C. e P. , ha quindi articolato i seguenti motivi a nullità dell’ordinanza per invalida costituzione del collegio che ha pronunciato senza instaurare il contraddittorio con il richiedente per la mancata notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza al difensore ed allo stesso e per l’incompatibilità del presidente relatore del procedimento, in quanto ricusato. Il procedimento per incidente di esecuzione, assegnato ad un collegio composto dalla dr.ssa M. , dalla dr.ssa C. quale presidente e dai giudici a latere dott.ri P. e Pa. , quest’ultimo quale supplente, in assenza di senza alcuna preventiva comunicazione, era stato trattato e deciso da una Corte in diversa composizione e con la presidenza del dott. Ma.Ma.Ma. , quest’ultimo incompatibile per avere pronunciato l’ultima sentenza di merito a carico del ricorrente. Inoltre, si era proceduto d’ufficio, omettendo di comunicare al difensore la fissazione dell’udienza camerale ed il parere reso dal Procuratore Generale, in violazione delle norme sul contraddittorio e sul giusto processo ed impedendo all’istante di formulare istanza di ricusazione del dr. Ma. , con la conseguente nullità degli atti e dell’ordinanza, sebbene nell’interesse del P.G. si fosse soltanto depositato il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 27/10/2015 con istanza di sospensione della sua esecutività che la Corte di appello avrebbe dovuto limitarsi a trasmettere alla Corte di cassazione senza poterla decidere. Inoltre, la competenza a pronunciarsi sull’incidente di esecuzione, che spetta allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento ai sensi dell’art. 666, comma 7, cod. procomma pen., va intesa riferita al medesimo ufficio e non alla persona fisica del giudice e tale regola è stata violata nel caso di specie con la conseguente nullità assoluta ed insanabile del procedimento e del provvedimento definitorio dello stesso Cass. pen., 28.4.2010, n. 18734 Cass. pen., 11.6.2008, n. 240812 Cass., S.U., 20.7.1994, n. 14 e con l’abnormità dell’atto sul piano funzionale Cass., pen., 6.3.2009, n. 23178 Cass. pen., 7.10.2004, n. 43451 . b Nullità dell’ordinanza e degli atti per incompatibilità del giudice relatore ricusato, che aveva già conosciuto il procedimento di cognizione all’esito del quale era stata pronunciata l’ultima sentenza di merito, la cui pena era confluita nel cumulo impugnato con incidente di esecuzione. L’aver omesso di prendere atto dei motivi di impugnazione, afferenti l’invalida costituzione dell’organo giudicante manifesta il fumus persecutionis , ovvero l’interesse personale del dr. Ma. a danneggiare con ogni mezzo l’istante, anche tenuto conto delle anomale procedure adottate per prevenire la sua ricusazione, sintomo di ostilità e grave inimicizia. L’impugnata decisione ha ignorato la richiesta di rimessione degli atti al P.G. presso la Cassazione, nonché al Ministro della Giustizia, quali titolari dell’azione disciplinare, non altrimenti esercitabile, per procedere nei confronti del dr. Ma. anche per la violazione dei criteri sulla distribuzione degli affari, stabiliti dalla circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2014/2016, con particolare riferimento agli artt. 52 e segg., relativi alla precostituzione del giudice. Inoltre, lo stesso magistrato ha svolto una triplice funzione, quale giudice di merito, giudice dell’esecuzione e giudice dell’istanza di sospensione del provvedimento di rigetto dell’incidente di esecuzione, dimostrando nei fatti che egli aveva già espresso valutazioni pregiudicanti i successivi giudizi resi. Per tali ragioni con motivazione tautologica l’ordinanza afferma che il precedente provvedimento era congruamente e correttamente motivato senza prendere in esame alcuna delle quindici questioni dedotte. c Eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, dell’art. 665, comma 1 e dell’art. 666, comma 7, cod. procomma pen. in relazione agli artt. 111, 1 e 2 Cost. ed all’art. 6 CEDU. L’art. 34 contrasta con la Costituzione nella parte in cui non prevede l’obbligo di astensione del giudice dell’esecuzione laddove abbia conosciuto e/o partecipato al giudizio di cognizione. Si deve ritenere valido, quantomeno per analogia, il principio reso dalle Sezioni Unite, con la sentenza 26 giugno 2014, n. 36847, secondo cui è sempre configurabile l’incompatibilità a giudicare un imputato, quando il giudice abbia in una precedente sentenza espresso anche incidentalmente valutazioni di merito in ordine alla sua responsabilità. Lo stesso va detto quanto alla eccepita legittimità costituzionale dell’art. 665, comma 1 cod. procomma pen., che non limita l’attribuzione della competenza in sede di incidente di esecuzione al solo ufficio del Giudice di primo o secondo grado, in diversa composizione, rispetto al giudice quale persona fisica che ha deliberato la sentenza da eseguire, in ossequio al principio di terzietà e delle norme poste a presidio della sua imparzialità. Del pari anche l’art. 666, comma 7, cod.proc.pen. è incostituzionale, nella parte in cui, laddove il giudice sia chiamato ad esprimere un giudizio di merito, idoneo ad incidere in modo diretto e sostanziale su un bene primario dell’individuo, costituzionalmente tutelato, quale la libertà personale, non prevede l’obbligo di dare avviso alle parti della fissazione dell’udienza camerale, in base ai principi generali fissati dagli artt. 127 cod. procomma pen., 111 comma 1 e 2 Cost. e 6, § 1, CEDU, nonché di giudicare in diversa composizione. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. Giulio Romano, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. 4. Con memoria pervenuta in data 12 settembre 2017 la difesa ha eccepito la nullità della fissazione dell’udienza non partecipata davanti alla Corte di cassazione in materia di incidente di esecuzione, per il quale vi è obbligo di procedere con modalità che consentano l’intervento dei difensori e delle parti ha altresì dedotto la nullità degli avvisi per carenza di requisiti informativi o per contrasto, contraddittorietà o assenza delle richieste del P.g. rispetto alla precedente requisitoria scritta di altro sostituto Procuratore generale, che aveva concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato. Ha poi lamentato la tardiva iscrizione a ruolo del procedimento e l’errata separata trattazione del procedimento sub n. 2062/17 R.g. che doveva essere esaminato congiuntamente, previa riunione e rinvio di entrambi a nuovo ruolo. 5. Con successiva memoria pervenuta in data odierna il ricorrente ed il suo difensore hanno rappresentato l’incompatibilità del presidente e dei componenti del presente collegio giudicante della Corte di cassazione, nei confronti dei quali hanno proposto ricusazione. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile perché proposto per avversare provvedimento non impugnabile. 1.In primo luogo, è opportuno premettere che l’istanza di ricusazione proposta nei confronti dei componenti il Collegio della Corte di cassazione, cui è stato assegnato il procedimento, con ordinanza emessa prima della deliberazione è stata dichiarata inammissibile dalla quinta sezione penale di questa Corte. 2. Altrettanto in via preliminare deve escludersi che negli atti prodromici alla trattazione del procedimento sia ravvisabile alcun profilo di nullità o di irregolarità, in quanto, a norma dell’art. 611 cod. procomma pen., il procedimento di esecuzione penale nella fase di legittimità deve essere trattato in udienza camerale non partecipata, che consente lo svolgimento del contraddittorio in via cartolare mediante proposizione del ricorso, della requisitoria scritta dal P.g., di eventuali memorie di replica, senza la comparizione delle parti in udienza, la cui assenza non pregiudica l’effettività della difesa e del confronto dialettico per la possibilità di proporre ed illustrare per iscritto le rispettive posizioni. Questa Corte ha già affermato al riguardo il condivisibile principio secondo il quale In materia di esecuzione non è prevista la presenza dei difensori nella camera di consiglio avanti alla Corte di Cassazione poiché l’osservanza delle forme previste dall’art. 127 cod. procomma pen. è prevista solo in casi espressamente stabiliti, tra i quali non rientra la materia dell’esecuzione sez. 1, n. 3760 del 21/06/1995, Trame, rv. 202436 . Al riguardo meritano di essere richiamati anche i rilievi interpretativi della giurisprudenza costituzionale C. cost. sent. n. 80/2011 in tema di trattazione in udienza camerale del ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione perché riguardanti più in generale la fisionomia del giudizio legittimità, delineata dal legislatore. Si è affermato che tale giudizio, per le sue caratteristiche e perché deputato alla soluzione di questioni di diritto, non pretende in via necessaria la garanzia della pubblicità dell’udienza. Il controllo immediato sullo svolgimento delle attività processuali, reso possibile dal libero accesso all’aula di udienza consentito alle parti e ad ogni cittadino, costituisce un principio connaturato ad un ordinamento democratico, la cui limitazione può avvenire solo in presenza di particolari ragioni giustificative, purché obiettive e razionali esso scongiura la possibilità di una giustizia segreta e contribuisce a preservare la fiducia nei giudici, realizzando lo scopo dell’art. 6, paragrafo 1, della CEDU, ovvero l’equità del processo. Tale funzione si apprezza quando il giudice sia chiamato ad assumere prove, specialmente se dichiarative, e comunque ad accertare o ricostruire fatti, ma l’esigenza sottesa si attenua grandemente allorché al giudice competa soltanto risolvere questioni giuridiche, come accade nella fase processuale davanti alla Corte di cassazione, la cui regolamentazione ai sensi dell’art. 611 cod. procomma pen. non confligge con i principi stabiliti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 6, né con il precetto della pubblicità dei giudizi, recepito dalla Costituzione, ma riferibili ai processi penali di cognizione, oppure di esecuzione celebrati davanti al giudice dell’esecuzione nei gradi di merito C.cost., sentenza n. 109 del 2015 . Alla luce di tali principi resta escluso che la disciplina dettata dall’art. 611 cod. procomma pen. sia censurabile per incostituzionalità o contrasto con i precetti della Convenzione EDU. Né è dato ravvisare alcun profilo di nullità a ragione della lamentata tardiva iscrizione a ruolo del procedimento e della separata trattazione del procedimento rispetto a quello sub n. 2062/17 R.g., posto che i provvedimenti che dispongono o negano la riunione di procedimenti, aventi natura meramente ordinatoria e non definendo il thema decidendum, sono sottratti ad ogni forma di impugnazione perché riguardano soltanto la distribuzione interna degli affari sez. 3, n. 37378 del 09/07/2015, Di Martino, rv. 265088 sez. 1, n. 27958 del 20/01/2014, Zahid e altri, rv. 262252 . Inoltre, sfugge nelle allegazioni del ricorrente la specifica deduzione dei pregiudizi che subirebbe la sua difesa dalla trattazione separata dei procedimenti, nonostante gli stessi siano stati fissati alla stessa udienza camerale. 3. Tanto premesso, quanto al merito dell’impugnazione, s’impone il dirimente rilievo secondo il quale il provvedimento reiettivo della richiesta di sospensione dell’esecuzione di ordinanza resa dal giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. procomma pen., comma 7, ovvero dal magistrato o dal tribunale di sorveglianza ai sensi del combinato disposto della medesima norma e del successivo art. 678 cod. procomma pen., non è ricorribile, perché non è un provvedimento decisorio, ma soltanto interlocutorio e nessuna norma ne prevede una autonoma impugnabilità. Non è consentito nemmeno, in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, estendere al caso in questione rimedi impugnatori previsti in relazione ad altri provvedimenti giurisdizionali, o sostenerne la ricorribilità sotto il profilo della incidenza sulla libertà personale, che resta pregiudicata o comunque limitata soltanto dalla condanna irrevocabile a pena detentiva ex multis sez. 1, n. 5896 del 12/11/1996, Cecotto, rv. 206241 sez. 1, n. 29024 del 24/06/2003, Di Bari, rv. 225203 sez. 1, n. 24372 del 11/05/2005, Lang, rv. 232395 sez. 1, n. 29565 del 11/07/2008, Valentini, n.m. sez. 1, n. 8846 del 17/02/2010, Maietta, rv. 246634 sez. 1, n. 30310 del 31/03/2011, De Bernardis, n.m. sez. 1, n. 54594 del 15/04/2016, De Stefano, rv. 268549 . A tali principi ritiene il Collegio di dover aderire anche per la mancata deduzione di qualsiasi argomentazione contraria, che consenta di approdare a soluzione difforme. Al rilievo della non ricorribilità dell’ordinanza, preclusivo di ogni ulteriore apprezzamento pertinente al proposto ricorso, seguono la declaratoria di cui all’art. 591 cod. procomma pen., comma 1, lett. b , e, di diritto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle Ammende.