Manutenzione sul citofono: condannato comunque per la mancata risposta alla polizia

Nessuna giustificazione per l’uomo che, costretto ai domiciliari, è risultato assente in occasione di un controllo. Inutile il richiamo al malfunzionamento del citofono. Decisivo il fatto che l’intervento sull’impianto sia stato effettuato diversi giorni dopo.

Citofono fuori servizio. Così l’uomo, costretto agli arresti domiciliari, prova a giustificare la sua mancata risposta in occasione di un controllo da parte della polizia giudiziaria. A inchiodarlo, però, è la data in cui è stato effettuato l’intervento di manutenzione sull’impianto del palazzo Cassazione, sentenza n. 49052/17, sez. VI Penale, depositata oggi . Lavori. Nessun dubbio hanno manifestato i giudici del Tribunale e quelli della Corte d’appello è evidente il reato di evasione dagli arresti domiciliari . Inequivocabile è ritenuto il fatto che l’uomo non abbia aperto né risposto alla polizia giudiziaria, che più volte aveva cercato un contatto tramite il citofono. La pronuncia di condanna viene però contestata, a sorpresa, dalla Procura, che richiama, soprattutto, nel ricorso in Cassazione il dato relativo ai lavori di manutenzione sul citofono . In sostanza, secondo la Procura è plausibile la versione data dall’uomo, che aveva spiegato di non aver sentito, al momento del controllo, il suono del campanello, pur trovandosi all’interno della propria abitazione . Ogni possibile giustificazione viene però spazzata via, osservano i giudici del ‘Palazzaccio’, dalla constatazione che è stato sì eseguito un intervento sull’impianto citofonico – intervento consistente, peraltro, in una mera manutenzione – ma a distanza di diversi giorni dall’accertamento dell’assenza dell’uomo . Venuto meno il cardine della linea difensiva, è inevitabile la conferma definitiva della condanna per il reato di evasione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 giugno – 25 ottobre 2017, n. 49052 Presidente Conti – Relatore Mogini Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Procuratore Generale della Repubblica di Cagliari ricorre avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Cagliari in data 14/6/2016 ha confermato quella di primo grado che aveva condannato De. Pi. per il reato di evasione dagli arresti domiciliari. 2. Il Procuratore Generale ricorrente censura la sentenza impugnata per i seguenti motivi A violazione dell'art. 533 cod. proc. pen. e vizi di motivazione per avere la Corte territoriale omesso di attribuire valenza liberatoria alla prova documentale fornita dall'imputato circa l'esecuzione nel giorno dell'accertamento del delitto in questione di lavori di manutenzione del campanello del citofono dell'abitazione del prevenuto, ciò che determinerebbe l'esistenza di un ragionevole dubbio circa la fondatezza della ricostruzione alternativa dei fatti offerta dallo stesso imputato, secondo cui egli non aveva sentito al momento del controllo il suono del campanello pur trovandosi egli all'interno della sua abitazione B erronea applicazione dell'art. 131 bis cod. pen. e vizi di motivazione in riferimento al diniego della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto sul rilievo che la particolare natura del reato di evasione in relazione al bene giuridico tutelato impongono un vaglio rigoroso delle modalità e delle circostanze del fatto, allorché la Corte territoriale avrebbe dovuto valorizzare la circostanza che neppure il p.m. aveva ritenuto la condotta connotata da gravità, non avendo egli chiesto l'aggravamento del trattamento cautelare dell'imputato, e che il Tribunale di Sorveglianza di Cagliari non aveva ritenuto il fatto ostativo alla dichiarata estinzione delle pene inflitte al De. con precedente sentenza di condanna per delitti di coltivazione e detenzione a fini di spaccio di stupefacenti. 3. Il ricorso del pubblico ministero è inammissibile, poiché manifestamente infondato. L'impugnata sentenza di condanna, conforme a quella di primo grado, evidenzia infatti una motivazione tutt'altro che illogica sia in punto di responsabilità con specifico riferimento al predicato guasto dell'impianto citofonico, laddove valorizza la circostanza che l'intervento eseguito su quell'impianto, peraltro consistente nella mera manutenzione, risulta essere stato realizzato a distanza di diversi giorni dall'accertamento del fatto di evasione, in data 27/2/2010 , sia in punto di diniego della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. il riferimento della Corte territoriale alla peculiare fattispecie di reato di cui all'art. 385 cod. pen. appare chiaramente funzionale a giustificare l'esame rigoroso dei presupposti, ritenuti nel caso inesistenti con puntuale motivazione, dell'applicazione del citato art. 131 bis . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.