Le modalità dell’azione incidono sulla determinazione del reato di estorsione

La Suprema Corte si pronuncia in merito alla possibilità, nel caso di specie, di riqualificare il reato di estorsione aggravata nel delitto meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza e minaccia.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 48763/17, depositata il 24 ottobre. Il caso. Il GIP, recependo l’accordo delle parti ai sensi dell’art 444 c.p.p., aveva riqualificato i fatti dell’originaria imputazione di tentata estorsione aggravata in quelli di esercizio arbitrario delle proprie ragione ex art. 393, comma 2, c.p Il Procuratore Generale della Corte d’Appello ha proposto ricorso in Cassazione lamentando che il Giudice di merito abbia commesso violazione di legge ritenendo che la fattispecie fosse riconducibile ad un delitto meno grave dando rilievo solo al rapporto debitorio tra le parti senza tener conto delle modalità dell’offesa riportate nel capo di imputazione. Rilevanza delle modalità dell’azione. La Cassazione ha evidenziato che i delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza e minaccia e quello di estorsione si distinguono non solo in relazione all’esistenza o meno di una legittima pretesa e dunque alla rilevazione dell’elemento soggettivo quale volontà di soddisfare detta pretesa, ma anche in relazione alle modalità dell’azione. . Dette modalità, secondo la S.C., determinano il delitto di estorsione quando sono considerate indice rilevatore delle volontà dell’agente di attuare un comportamento intimidatorio che va al di là di ogni ragionevole intento di far valere un preteso diritto. Inoltre la Corte ha rilevato che gli atti di violenza e minaccia, oggetto di accusa, venivano posti in essere dagli imputati anche nei confronti di terzi estranei al rapporto debitorio, non potendo quindi riferirsi al delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni che si estrinseca solo con riguardo alle parti del rapporto contrattuale. Per questi motivi la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la rivalutazione di tutti gli elementi di fatto con eventuale riqualificazione della pena.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 – 25 ottobre 2017, numero 48763 Presidente Fiandanese – Relatore Aielli Premesso in fatto 1. Con sentenza del 19/12/2016 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani emetteva sentenza ex art. 444 cod. procomma penumero , nei confronti di P.S. e P.A. e, riqualificati i fatti di cui all’originaria imputazione tentata estorsione aggravata , in quelli di esercizio arbitrario delle proprie ragioni art. 393 comma 2 c.p. e lesioni volontarie aggravate art. 582 comma 2, 585, 576 numero 1 c.p. , riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, ritenuto il vincolo della continuazione, applicava la pena di mesi sei di reclusione ciascuno, con concessione del beneficio della sospensione condizionale. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore generale della presso la Corte d’appello di Palermo il quale eccepisce il vizio di violazione di legge art. 606 lett. b c.p.p., in relazione all’art. 629 c.p. per avere il giudice di merito ritenuto sussistente, nel caso di specie, il delitto meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni aggravato, in luogo di quello di tentata estorsione, valorizzando la mera esistenza del rapporto creditorio pregresso tra le parti, anziché tener conto delle modalità dell’offesa per come riportate nel capo di imputazione. 3. Il Sostituto Procuratore generale della Corte di Cassazione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Va premesso che l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti recepito dal giudice, può essere denunciata in sede di legittimità in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, lett. b cod. procomma penumero In altre parole l’erroneo nomen iuris della fattispecie ha riflessi immediati anche sulla validità della sentenza di patteggiamento emanata nello stesso contesto S.U. 5/2000, 215825 Sez. 5, numero 14314/2010, Rv. 246709, Sez. 2 numero 36/2011, rv. 249488 . È stato precisato che l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere però limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità inoltre, anche in questo caso, la verifica sull’osservanza della previsione contenuta nell’art. 444, comma secondo, c.p.p., deve essere compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso. Sez. 6, 15009/2008,rv. 254865 . Date queste premesse, nel caso di specie, il giudice mostra di avere recepito l’accordo della parti, in ordine alla diversa qualificazione giuridica dei fatti ai sensi dell’art. 393 c.p., rispetto all’originaria imputazione di tentata estorsione, dando rilievo esclusivo all’esistenza del rapporto debitorio tra le parti, ritenendo perciò solo che i P. avessero agito, sia pure arbitrariamente, per il soddisfacimento del proprio diritto. Ebbene tale conclusione si profila erronea dovendosi in proposito ricordare che i delitti di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza e minaccia alle persone e quello di estorsione si distinguono non già solo in relazione all’esistenza o meno di una legittima pretesa e dunque alla rilevazione dell’elemento soggettivo quale volontà di soddisfare detta pretesa, ma anche in relazione alle modalità dell’azione che non rimangono del tutto indifferenti ai fini delle qualificazione giuridica del fatto costituendo esse stesse indice rivelatore dell’effettiva volontà dell’agente che allorquando si manifesti in forme di tale forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un preteso diritto, determinano la ricorrenza del delitto di estorsione Sez. 2, numero 1921 del 18/12/2015, Rv. 265643 Sez. 2, numero 8096 del 04/02/2016, Rv. 266203 Sez. 2, numero 44657 del 08/10/2015, Rv. 265316 Sez. 1, numero 32795 del 02/07/2014, Rv. 261291 Sez. 6, numero 17785 del 25/03/2015, Rv. 263255 tanto più che, nel caso di specie, i plurimi atti di violenza e minaccia venivano posti in essere dagli imputati anche nei confronti di soggetti terzi, estranei al rapporto debitorio, dato con il quale il giudice di merito non si è in alcun modo confrontato, posto che il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si estrinseca solo con riguardo alle parti del rapporto contrattuale Sez. 2, numero 11453/2016, rv. 267123 Sez. 2, numero 45300,/2015, rv.264967 Sez. 2, numero 16658/2014, rv. 259555 . Da ciò discende la necessità di una nuova valutazione di tutti gli elementi di fatto, con eventuale rimodulazione della pena, del giudizio sulle attenuanti generiche e del beneficio concesso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Trapani per l’ulteriore corso.