Proprietario del bene confiscato estraneo al giudizio: può promuovere incidente di esecuzione prima dell’irrevocabilità della sentenza?

Il terzo, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, può chiedere al giudice della cognizione la restituzione del bene sequestrato e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame qualora sia stata erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa va qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame

Così le Sezioni Unite della S.C. con la sentenza n. 48126/17, depositata il 19 ottobre. Il caso. La Corte di Appello di Napoli, pur rideterminando la pena, confermava nel merito la sentenza con cui il Giudice di prime cure aveva affermato la penale responsabilità di R.M. per il reato di cui all’art. 12- quinquies l. n. 356/92 con la statuizione di condanna era stata, inoltre, disposta la confisca delle quote societarie formalmente intestate a terzi soggetti moglie e figlia dell’imputato ma ritenute in realtà nella concreta disponibilità di R.M La Corte territoriale aveva altresì rigettato la richiesta presentata dalle terze interessate e finalizzata alla restituzione delle quote societarie, sia in sede di prima istanza e, quindi, de plano che dopo la successiva e rituale opposizione. A seguito di tale ultima decisione le terze interessate ricorrevano per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale dell’ordinanza de qua . La I sez. Penale della Corte di Cassazione, assegnataria del ricorso, ne rimetteva la trattazione alle Sezioni Unite, rilevando che, preliminarmente alla decisione dello stesso, si appalesava quale necessaria la risoluzione della questione procedurale relativa alla legittimazione dei terzi rimasti estranei al giudizio di cognizione, ma pur intestatari del bene confiscato, ad esperire incidente di esecuzione anche prima della irrevocabilità della sentenza contenente la statuizione di confisca. Il contrasto giurisprudenziale rilevato. La Corte di Appello si era attenuta alla giurisprudenza secondo la quale il terzo rimasto estraneo al giudizio di cognizione e che intenda far valere la proprietà del bene confiscato, può chiedere la restituzione dello stesso attraverso l’esperimento dell’incidente di esecuzione, e ciò anche in presenza di sentenza non irrevocabile, potendo chiedere tale restituzione allo stesso giudice della cognizione. Tale orientamento rilevano i Giudici della prima sezione risulta, tuttavia, in contrasto con altro indirizzo giurisprudenziale sulla cui scorta, invece, il terzo proprietario del bene, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, non ha legittimazione a promuovere incidente di esecuzione prima del passaggio in giudicato della sentenza, potendosi egli rivolgere al giudice dell’esecuzione solo dopo che la sentenza con cui è stata disposta la confisca sia divenuta irrevocabile. La questione di diritto ed il duplice orientamento di legittimità. La questione la cui risoluzione è stata devoluta alle Sezioni Unite è se il terzo, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, proprietario del bene del quale sia stata disposta, con sentenza, la confisca, sia legittimato a promuovere incidente di esecuzione prima della irrevocabilità della sentenza stessa . Per un primo filone giurisprudenziale, il terzo titolare del bene oggetto di misura ablativa, in quanto estraneo al procedimento penale, può esperire, nel corso delle fasi del giudizio di cognizione, solo il rimedio previsto dall’art. 263 c.p.p. egli, cioè, può presentare richiesta di restituzione al giudice procedente che deciderà de plano avverso tale decisione l’interessato potrà proporre opposizione dinanzi al medesimo giudice. In contrapposizione a tale orientamento, altra parte della giurisprudenza ha invece negato al terzo la possibilità di esperire incidente di esecuzione nel corso dello svolgimento della fase di cognizione, essendo lo stesso improponibile in presenza di una sentenza non definitiva il terzo potrà far valere i propri diritti sui beni sequestrati davanti alla autorità giudiziaria procedente e, in caso di rigetto, potrà attivare il processo cautelare reale rivolgendosi al Tribunale del riesame solo dopo la definitività della sentenza, l’ extraneus potrà quindi far valere, con incidente di esecuzione, i propri diritti sulla cosa confiscata. La decisione delle Sezioni Unite. Il Supremo Consesso, aderendo al secondo orientamento di legittimità, ha risolto la suddetta questione di diritto, affermando il principio secondo il quale Il terzo, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, può chiedere al giudice della cognizione la restituzione del bene sequestrato e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame qualora sia stata erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa va qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame . Donde, in altri termini, le Sezioni Unite hanno ritenuto che non sia consentito, in pendenza del processo di cognizione, instaurare la procedura dell’incidente di esecuzione chiedendone la soluzione allo stesso giudice.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 20 luglio 19 ottobre 2017, n. 48126 Presidente Canzio Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 27 ottobre 2015, ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con la quale M.R. era stato ritenuto colpevole del delitto di cui all’art. 12-quinquies d.l. n. 306 del 1992, conv. dalla legge n. 356 del 1992. La Corte territoriale ha mitigato il trattamento sanzionatorio, disapplicando la contestata recidiva e riconoscendo le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza. Con la sentenza di primo grado integralmente confermata sul punto , era stata disposta, tra l’altro, la confisca delle quote societarie della s.a.s. Cocò Bellezza e Benessere di M.A. & amp C., quote ritenute nella reale disponibilità dell’imputato, anche se intestate, per Euro 7.000, alla predetta M. e, per Euro 3.000, a Mu.Ri. figlia, la prima e moglie, la seconda, del suddetto , persone non imputate nel procedimento de quo. 2. Con provvedimento emesso de piano in data 15 marzo 2016, ai sensi degli artt. 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen., la Corte territoriale ha rigettato la richiesta presentata nell’interesse di M.A. e Mu.Ri. tendente alla restituzione delle predette quote. 3. Avverso detta decisione hanno proposto opposizione la M. e la Mu. , sostenendo, nella qualità di terze interessate, che le quote societarie in questione non erano servite, né erano state destinate a commettere il reato ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, contestato al M. né di tale reato esse costituivano il prodotto o il profitto. 4. Anche tale opposizione è stata rigettata dalla medesima Corte, ai sensi degli artt. 667, comma 4, e 666, comma 6, cod. proc. pen., con ordinanza in data 9 giugno 2016. In particolare la Corte di appello, nel suo secondo provvedimento, ha osservato che i motivi dedotti con l’atto di opposizione erano iterativi delle argomentazioni già spese nell’interesse delle due donne possidenza di redditi idonei a giustificare l’acquisto delle quote, anteriorità della data di acquisto di tali quote rispetto a quella di commissione dei reati contestati al M. , mancanza di prova dell’utilizzo di proventi illeciti per il finanziamento e la costituzione della società . Unica nuova circostanza fatta valere da M.A. e Mu.Ri. consisteva nella affermazione che, al momento della costituzione della società, esse non avevano provveduto al versamento del capitale sociale. Tale assunto risultava smentito per tabulas, atteso che l’atto notarile attesta, con chiarezza, l’avvenuto versamento contestuale della somma di Euro 10.000. 4.1. È da rilevare che la confisca disposta con la sentenza di primo grado era stata preceduta da provvedimento di sequestro preventivo, emesso ai sensi dell’art. 12 sexies del d.l. sopra indicato nella fase delle indagini preliminari, in considerazione della ritenuta sproporzione tra i redditi complessivi delle due donne e il valore delle quote. 4.2. Tale giudizio è stato poi sempre ribadito in occasione delle successive disamine, in considerazione del risultato economico scaturente dall’analisi dei flussi finanziari, in entrata e in uscita, del nucleo familiare del M. , risultato che presentava un saldo negativo pari ad Euro 22.383,27 e, dunque, una sproporzione di rilievo, tale da giustificare la adozione della misura prevista dall’art. 12-sexies. 5. La richiesta di restituzione e la successiva opposizione pur rigettate erano state, tuttavia, ritenute dalla Corte partenopea ammissibili, in considerazione di quanto affermato dalla più risalente giurisprudenza di legittimità, la quale sostiene che, in caso di confisca disposta con sentenza, mentre l’imputato può impugnare la decisione ai sensi dell’art. 579, comma 3, cod. proc. pen., il terzo intestatario del bene, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, non ha altra via per far valere i propri diritti che proporre incidente di esecuzione, anche prima del passaggio in giudicato della sentenza, potendo lo stesso, secondo tale tesi, rivolgersi direttamente e immediatamente - al giudice della cognizione, il quale decide applicando analogicamente la procedura prevista per l’incidente di esecuzione. 6. M.A. e Mu.Ri. , con il patrocinio del difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione avverso la citata ordinanza del 9 giugno 2016 della Corte di appello di Napoli, sostenendo che il rigetto dell’opposizione, presentata avverso il precedente provvedimento de piano del 15 marzo 2016, è stato assunto in violazione di legge - per inosservanza degli artt. 33, 178, comma 1, lett. a , 179 cod. proc. pen. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 111 Cost. e 125 cod. proc. pen. - ed è connotato da mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Le ricorrenti sostengono in sintesi che le quote della società non sono in alcun modo riferibili all’imputato M.R. si imporrebbe pertanto l’adozione di un provvedimento di immediata revoca della confisca e di conseguente restituzione delle quote alle reali proprietarie. 7. Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso. 8. Il ricorso è stato assegnato alla prima Sezione Penale che, con ordinanza in data 21 febbraio 2017, ne ha rimesso la trattazione alle Sezioni Unite. 8.1. Rileva la Sezione rimettente che, preliminare alla decisione del ricorso, appare la questione relativa alla legittimazione dei terzi, rimasti estranei al giudizio di cognizione, ma pur intestatari del bene confiscato, ad esperire incidente di esecuzione, anche prima della irrevocabilità della sentenza che contenga la statuizione di confisca. La Corte napoletana si è attenuta alla giurisprudenza prevalente, sostenendo che, a differenza dell’imputato, il quale, ai sensi dell’art. 579, comma 3, cod. proc. pen., può impugnare la confisca disposta con sentenza, il terzo rimasto estraneo al giudizio di cognizione, che intenda far valere la proprietà del bene confiscato e la propria estraneità al reato , può chiedere, pur non essendo legittimato ad impugnare la sentenza, la restituzione del bene confiscato, attraverso l’esperimento dell’incidente di esecuzione e ciò anche in presenza di sentenza non irrevocabile, potendo egli chiedere tale restituzione allo stesso giudice della cognizione, che decide applicando, in via analogica, la procedura prevista per l’incidente di esecuzione. 8.2. Tale filone interpretativo, rileva la Prima Sezione, è in contrasto con altro orientamento che ritiene che il terzo proprietario del bene, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, non ha legittimazione alcuna a promuovere incidente di esecuzione prima del passaggio in giudicato della sentenza, potendosi egli rivolgere al giudice dell’esecuzione solo dopo che sia divenuta irrevocabile la sentenza con cui è stata disposta la confisca. 9. Con decreto del 15 maggio 2017, il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite, fissando per la trattazione la odierna udienza. 10. In data 16 giugno 2017, il Sostituto Procuratore generale ha depositato una seconda requisitoria scritta, sostitutiva della precedente, con la quale, ribadite le motivazioni giustificative della richiesta di rigetto del ricorso, è specificamente intervenuto sulla questione rimessa al vaglio delle Sezioni Unite. Al proposito ha ritenuto il requirente di condividere la tesi che ammette il terzo estraneo a proporre incidente di esecuzione innanzi al giudice della cognizione, ancor prima della eventuale definitività della sentenza che ha disposto la confisca ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. n. 306 del 1992 ciò in considerazione del fatto che una tale procedura è prevista nel procedimento di prevenzione, nel quale, ancor prima della definitività del provvedimento, al terzo estraneo tale facoltà è riconosciuta. Il che si giustifica, non solo allo scopo di garantire la piena e tempestiva tutela del terzo stesso, ma anche allo scopo di assicurare la eventuale acquisizione da parte dello Stato del bene confiscato, libero da ogni ipotetico gravame, che potrebbe, in futuro, essere opposto. Tali principi, si sostiene nella requisitoria, ben potrebbero essere valorizzati come parametro generale di riferimento per la disciplina della materia oggetto dell’esame delle Sezioni unite. Considerato in diritto 1. La questione controversa, la cui soluzione appare preliminare alla decisione del ricorso proposto nell’interesse di M.A. e Mu.Ri. , può essere così sintetizzata Se il terzo, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, proprietario del bene del quale sia stata disposta, con sentenza, la confisca, sia legittimato a promuovere incidente di esecuzione prima della irrevocabilità della sentenza stessa . 2. Per un primo filone giurisprudenziale si tratta di quello seguito dalla Corte di appello di Napoli , il terzo, titolare del bene oggetto del sequestro preventivo e, quindi, di confisca, in quanto estraneo al procedimento penale, può esperire, nel corso delle fasi del giudizio di cognizione, solo il rimedio previsto dall’art. 263 cod. proc. pen. Egli può presentare richiesta di restituzione al giudice procedente, che deciderà con ordinanza de plano, avverso la quale l’interessato può proporre opposizione Sez. 2, n. 14146 del 14/03/2001, Chiazzese, Rv. 218641 Sez. 1, n. 2684 del 12/06/1991, Pini, Rv. 187679 . La procedura da applicare viene individuata, per via analogica, in quella di cui agli artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen. Il giudice che ha la disponibilità del procedimento, quindi, decide senza formalità, con ordinanza comunicata al Pubblico Ministero e notificata all’interessato . Avverso la predetta ordinanza, non essendo esperibile l’appello ex art. 322-bis cod. proc. pen., si può solo proporre opposizione innanzi al medesimo giudice. 2.1. E ciò in quanto la sentenza contenente l’ordine di confisca della cosa sequestrata, fa stato unicamente nei confronti dei soggetti che hanno partecipato al procedimento di cognizione, conclusosi con la sentenza stessa. Ed è pur vero che essa non riguarda il terzo che non ha rivestito la qualità di parte in quel procedimento come anche desumibile dal disposto dell’art. 676, comma 2, che rinvia all’applicazione dell’art. 263, comma 3, in caso di controversia sulla proprietà delle cose confiscate con provvedimento definitivo , ma è altrettanto vero che proprio quella sentenza determina un mutamento di status della res che il terzo rivendica. In sintesi, si assume che la tutela sostanziale dei diritti del terzo estraneo deve necessariamente trovare spazio nell’ordinamento, con la conseguenza che, proprio perché non è previsto alcun mezzo di impugnazione del rigetto di istanza di restituzione avanzata dal predetto soggetto non avendo costui il diritto di impugnare la sentenza per il capo riguardante la misura di sicurezza patrimoniale, a norma dell’art. 579, comma 3, cod. proc. pen. , deve necessariamente essere estesa in suo favore, e per via analogica, la possibilità di proporre opposizione, così come accade per gli incidenti di esecuzione, a mente dell’art. 667, comma 4, secondo periodo. Sarebbe, in tal modo, garantito il contraddittorio, nel rispetto della procedura ex art. 666. Non costituirebbe ostacolo all’adozione di tale procedura il fatto che un provvedimento esecutivo ancora non sia venuto ad esistenza. 2.2. In altre parole, poiché il terzo, in quanto estraneo al procedimento, non può far valere nel procedimento stesso le sue ragioni tramite uno strumento impugnatorio, a lui non rimarrebbero che due possibilità la prima è quella di chiedere la restituzione del bene al giudice della cognizione, il quale decide applicando analogicamente la procedura dell’incidente di esecuzione, decidendo de piano, ed avverso tale decisione deve essere proposta opposizione e poi eventualmente ricorso per cassazione oppure, può attendere che diventi definitiva la sentenza e poi proporre incidente di esecuzione, che, deciso in camera di consiglio, dà adito a presentare prima l’opposizione e poi il ricorso per cassazione così Sez. 1, n. 42107 del 30/10/2008, Banca Antonveneta S.p.A., Rv. 241844. 3. In linea con tale giurisprudenza si collocano altre pronunzie, relative, non più ai beni del terzo oggetto di confisca, ma ai beni del medesimo soggetto l’extraneus caduti in sequestro. La ratio, tuttavia, appare la stessa e medesimo il rimedio individuato, vale a dire l’incidente di esecuzione. Così la risalente sentenza della Sez. 5, n. 3018 del 30/09/1993, Bartke, Rv. 195238, ha affermato che contro i provvedimenti concernenti la restituzione delle cose sequestrate emessi de piano dal giudice a norma dell’art. 263 cod. proc. pen. non è previsto alcun mezzo di impugnazione, e deve pertanto ritenersi consentito l’incidente di esecuzione nelle forme di cui all’art. 666 stesso codice, la cui proponibilità non può ritenersi preclusa dalla pendenza del giudizio di appello. Ad essa hanno fatto seguito Sez. 1, n. 26329 del 11/06/2008, Potito, Rv. 240872 e Sez. 5, n. 32262 del 09/02/2015, Rocchi, Rv. 264253. Questa ultima pronunzia, dopo avere affermato che non è appellabile ex art. 322-bis l’ordinanza adottata dal giudice nella fase del giudizio con la quale sia stata rigettata la richiesta di restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio avanzata da terzi interessati, ha sostenuto in motivazione il principio per cui i terzi interessati, che non sono parte del giudizio, sono unicamente legittimati a promuovere l’incidente di esecuzione per far valere le proprie ragioni, in linea con il disposto previsto dall’art. 263, comma 6, cod. proc. pen 4. A fronte di tale orientamento si pongono alcune più recenti pronunzie che negano al terzo la possibilità di esperire incidente di esecuzione nel corso dello svolgimento della fase di cognizione. 4.1. Si ritiene infatti impossibile che sia disposta la restituzione delle cose delle quali è stata ordinata la confisca con sentenza di condanna, così come si ritiene improponibile incidente di esecuzione in presenza di una sentenza non definitiva. A ciò si opporrebbe la corretta interpretazione del comma 3 dell’art. 323 cod. proc. pen Pertanto, se è concesso al terzo, nel corso delle indagini preliminari e durante il giudizio di primo grado, far valere davanti alla autorità giudiziaria che procede i propri diritti sui beni sequestrati, ciò deve ritenersi non possibile quando sia intervenuta una sentenza non irrevocabile e dunque sino al suo passaggio in giudicato , in quanto non si può chiedere al giudice della cognizione, durante la pendenza del processo e al di fuori dello stesso, di porre in discussione la statuizione di confisca ciò, per altro, nell’interesse di un soggetto terzo, vale a dire un soggetto che non è parte del rapporto processuale instaurato dinanzi al giudice della cognizione . Viene conseguentemente precisato che, solo dopo la definitività della sentenza, l’extraneus potrà far valere - con incidente di esecuzione - i propri diritti sulla cosa confiscata. 4.2. In tali termini si esprimono Sez. 2, n. 5380 del 10/01/2015, Purificato, Rv. 262283 Sez. 6, n. 40388 del 26/05/2009, Armenise, Rv. 245473 Sez. 1, n. 8533 del 09/01/2013, Zhugri, Rv. 254927 Sez. 1, n. 47312 del 11/11/2011, Lazzoi, Rv. 251415. Invero, anche se, con l’incidente di esecuzione, non possono certamente essere rivalutate le ragioni della confisca, il terzo può tuttavia dimostrare ex post la sussistenza del diritto di proprietà sul bene e l’assenza di ogni addebito di negligenza. 4.3. Tale linea interpretativa risulta poi essere stata seguita da Sez. 2, n. 49371 del 21/07/2016, Martinetti, Rv. 268354 e da Sez. 2, n. 5806 del 18/01/2017, preceduta dalla non massimata Sez. 2, n. 29904 del 26/05/2016, Buongiorno, e seguita da Sez. 2, n. 5806 del 18/01/2017, D’Alonzo, Rv. 269239. 4.4. Dette pronunzie hanno sottolineato, da un lato, che l’eventuale riconoscimento del diritto del terzo a reclamare la restituzione della res, anche dopo la pronuncia di primo grado ma prima del passaggio in giudicato della sentenza , potrebbe determinare una situazione di contrasto con la pronuncia - successiva e definitiva - scaturente dall’esito del processo di cognizione e ciò potrebbe, oltretutto, compromettere la possibilità della materiale apprensione del bene e dunque la sua stessa confiscabilità dall’altro, che, comunque, il terzo non rimane privo di tutela, atteso che lo stesso può ricorrere, al fine di ottenere la restituzione di quanto in sequestro se ne dimostri la proprietà a durante le indagini preliminari e nel corso del giudizio di primo grado, rivolgendosi al giudice procedente b dopo la pronuncia della sentenza definitiva di condanna, rivolgendosi al giudice dell’esecuzione, mediante la procedura prevista per gli incidenti di esecuzione. Si è in sintesi osservato che sarebbe irrazionale ritenere possibile, in presenza di una procedura che ha disposto la confisca sulla base della evidenza delle prove raccolte, ammettere che un terzo possa determinare la contestuale instaurazione di un separato iter procedimentale, che ben potrebbe dare luogo ad un paralizzante contrasto di decisioni. Le sentenze in esame hanno, per altro, esplicitamente sostenuto che tali forme di tutela sono coerenti tanto con i principi costituzionali, quanto con la normativa della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, poiché esse incidono soltanto sui modi e sui tempi nei quali il terzo può far valere i propri diritti sui beni, non certo sulla possibilità di tutela dei diritti stessi. 5. Ma proprio della costituzionalità di tale assetto normativo ha recentemente dubitato la Prima Sezione di questa Corte che, con ordinanza n. 8317 del 14/1/2016, Gatto, ha rimesso al vaglio della Corte Costituzionale la disciplina positiva che non riconosce al terzo estraneo al giudizio di cognizione il diritto di impugnare la sentenza che ha disposto la confisca di suoi beni. 5.1. La Prima Sezione ha sollevato la questione - con riferimento agli artt. 3, 24, 42, 111 e 117 Cost. - delle norme di cui agli artt. 573, 579, comma 3, e 593 cod. proc. pen., nella parte in cui dette disposizioni non consentono al terzo estraneo al reato, ma titolare formale del diritto di proprietà sui beni confiscati, di proporre appello avverso la sentenza di primo grado, relativamente al capo contenente la statuizione di confisca. Nel caso di specie - riguardante la confisca ex art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 di numerosi beni formalmente intestati a terzi, ma ritenuti, in tesi di accusa, nella disponibilità di alcuni imputati - era stato proposto ricorso in cassazione da parte dei terzi interessati, intestatari dei beni, che avevano impugnato la declaratoria di inammissibilità dell’appello, pronunziata dal giudice di secondo grado con conseguente conferma delle statuizioni di confisca emesse in prime cure , sul presupposto della mancanza da parte dei terzi proprietari dei beni confiscati della legittimità ad impugnare il capo della sentenza relativo alle misure di sicurezza patrimoniali. La Prima Sezione ha speso un argomento di carattere sistematico, comparando la posizione del terzo intestatario del bene raggiunto da un provvedimento di sequestro funzionale a confisca allargata ex art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 il caso portato alla sua attenzione e quello del terzo sottoposto, invece, a sequestro funzionale a confisca di prevenzione. La posizione dei due soggetti è stata ritenuta sovrapponibile da un punto di vista sostanziale, ma divaricata da un punto di vista formale, atteso che, in entrambe le ipotesi di confisca, chi appare titolare del bene si proclama estraneo alla situazione di fatto, oggettiva e soggettiva, che ha determinato l’intervento dell’autorità giudiziaria la commissione di un reato, ovvero la condizione di pericolosità che giustifica la misura di prevenzione . I margini di tutela riconosciuti al proprietario del bene sono, però diversi, atteso che, mentre in sede di prevenzione, è previsto un vero e proprio diritto del terzo a partecipare al procedimento e un suo autonomo potere di impugnazione del provvedimento conclusivo del giudizio di primo grado cfr. art. 23, commi 2 e 3, e art. 27, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 , in sede di confisca ex art. 12-sexies, è semplicemente consentita la possibilità di proporre impugnazione avverso il sequestro, ma solo nel corso delle indagini preliminari, ovvero di presentare istanza fuori udienza, tesa alla restituzione del bene nel corso del giudizio non è però riconosciuta la facoltà di proporre appello avverso la decisione di primo grado. In realtà, lo strumento dell’incidente di esecuzione, cui può far ricorso il terzo interessato solo dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, è, per sua natura, inidoneo a garantire la pienezza dei diritti difensivi. Tale strumento, infatti, realizza solo in via mediata il diritto alla prova del soggetto istante e risulta indubbiamente influenzato dalla esistenza della decisione irrevocabile posta a monte, nel cui ambito ben potrebbero essere state presi in esame - senza contraddittorio effettivo con il titolare formale del diritto di proprietà - profili di ricostruzione probatoria e valutativi rilevanti anche in rapporto alla condizione giuridica del terzo, in potenziale violazione del principio del contraddittorio inteso come garanzia partecipativa del soggetto interessato ai momenti di elaborazione probatoria . Da qui la sospetta violazione dell’art. 111 Cost Inoltre, si osserva, la tutela da accordare al terzo, soprattutto in ragione delle norme convenzionali, deve avere il carattere della tempestività oltre che quello dell’effettività , laddove l’incidente di esecuzione presuppone, ovviamente, la definitività di una sentenza emessa, oltretutto, inter alios. 5.2. Orbene, pur in pendenza della appena ricordata questione di costituzionalità e impregiudicato il futuro orientamento del Giudice delle leggi, compete nondimeno alle Sezioni Unite il compito di affrontare e risolvere il quesito ad esse sottoposto. 6. Ritengono le Sezioni Unite che non sia consentito, in pendenza del processo di cognizione, instaurare la procedura dell’incidente di esecuzione, chiedendone la soluzione allo stesso giudice. 6.1. Acutamente la citata sentenza D’Alonzo Sez. 2, n. 5806 del 2017 usa criticamente, a proposito della posizione seguita dalla avversa giurisprudenza, l’espressione procedimento parallelo con riferimento alla procedura dell’incidente di esecuzione che il terzo potrebbe promuovere - secondo la tesi che non si condivide - per far valere il suo diritto di proprietà nell’ambito di un procedimento pendente che non lo vede tra le parti. La differenza tra procedimento incidentale e procedimento parallelo è evidente. Il primo si inserisce, per così dire, parenteticamente, nel procedimento principale, tendendo a definire una questione certamente interna a questo, ma la cui soluzione non incide sul merito della decisione da assumere esempio classico è costituito dalle procedure cautelari, personali o reali, che hanno ad oggetto lo status libertatis, ovvero la disponibilità - ma non la proprietà - della res il secondo ha il medesimo oggetto del procedimento altro principale o meglio originario e tende all’accertamento della medesima questione di diritto. Nel caso in esame contemporanea pendenza innanzi al medesimo giudice del processo di cognizione e dell’incidente di esecuzione , dovrebbe addirittura parlarsi di procedimenti convergenti più che paralleli , in quanto l’oggetto è il medesimo, ma le parti sono differenti l’imputato, nel primo, il terzo estraneo al processo di cognizione, nel secondo. E inoltre la procedura che ha per protagonista il terzo è fondata anche su elementi diversi e non vede la partecipazione degli imputati del processo principale o originario . 6.2. Il possibile esito di decisioni contrastanti assunte, oltretutto, dal medesimo giudice è innegabile. E già tale considerazione dovrebbe orientare l’interprete che voglia essere rispettoso della coerenza del sistema . Va poi rimarcato che la competenza del giudice dell’esecuzione è competenza funzionale, non esercitabile, quindi, da chi non è chiamato a svolgere quello specifico ruolo. 6.3. Ma a tale argomento se ne aggiunge un altro, per così dire, di carattere strutturale. Non si vede invero perché e come possa essere affidata al giudice della cognizione la procedura che il legislatore prevede per l’incidente di esecuzione non si vede in qual modo chi ancora deve emettere una sentenza, ovvero ha già emesso una sentenza che non ha il carattere della definitività, possa comportarsi come se tale sentenza fosse venuta ad esistenza e fosse divenuta irrevocabile. L’incidente di esecuzione consente infatti la verifica del titolo esecutivo derivante dalla sentenza di condanna, si colloca nell’ambito del c.d. rapporto punitivo e viene attivato per l’esecuzione e nell’esecuzione della sentenza irrevocabile. 6.4. Ciò a tacere del fatto che, nel caso in cui la fattispecie addebitata all’imputato sia quella di cui all’art. 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992, come nel caso in esame, l’oggetto dell’accertamento del processo di cognizione è costituito proprio dalla individuazione del reale proprietario di un bene che, in ipotesi di accusa, è solo fittiziamente intestato ad altri. Orbene se, come frequentemente accade, l’intestatario del bene è, a sua volta, imputato/indagato nel medesimo procedimento a titolo di concorso con quello che si sospetta sia il reale dominus del bene, nessuna questione si pone ma, se ciò non è, non si vede come chi è stato fuori dal processo possa incidere sul thema probandum dello stesso. 6.5. L’interprete non può creare ex nihilo percorsi procedurali anomali, operando un trapianto da una procedura all’altra e snaturando, in tal modo, la funzione e la natura del giudice della cognizione. Colgono dunque nel segno quelle pronunzie Sez. 2, n. 5380 del 2015, Purificato Sez. 2 n. 5806 del 2017, D’Alonzo e le altre sopra citate che criticano in radice la giurisprudenza seguita ed applicata dalla Corte di appello di Napoli, che ha dato luogo al presente procedimento. Va pertanto affermato con nettezza che il terzo estraneo potrà ricorrere alla procedura dell’incidente di esecuzione solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca. 7. Non per questo, tuttavia, è da ritenere che lo stesso rimanga privo di tutela durante il corso del procedimento di cognizione. Si è infatti visto come il terzo possa, durante la fase delle indagini preliminari e fino alla pronunzia della sentenza di primo grado, adire il tribunale del riesame ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen Resta da chiedersi se lo stesso rimedio egli possa esperire pur dopo la pronunzia di sentenze non definitive. Si è già osservato cfr. supra, 3 come Sez. 5, n. 32262 del 09/02/2015, Rocchi, Rv. 264253 preceduta da Sez. 1, n. 26329 del 11/06/2008, Potito, Rv. 240872 e dalla più antica Sez. 5, n. 3018 del 30/09/1993, Bartke, Rv. 195238 abbia sostenuto che non è appellabile ex art. 322-bis cod. proc. pen. l’ordinanza, adottata dal giudice nella fase del giudizio, con la quale sia stata rigettata la richiesta di restituzione delle cose sottoposte a sequestro, avanzata da terzi interessati e da ciò ha dedotto che costoro hanno a disposizione la procedura dell’incidente di esecuzione per far valere le proprie ragioni . 8. Esiste tuttavia un contrastante orientamento rappresentato da Sez. 3, n. 39715 del 06/10/2010, Pignatelli, Rv. 248624 Sez. 3, n. 42362 del 18/09/2013, Ariano, Rv. 256976 Sez. 1, n. 12769 del 12/02/2016, Verde, Rv. 266691 , in base al quale, facendo leva proprio sul non intervenuto passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la confisca e dunque sulla non irrevocabilità della stessa , si rileva che detta pronunzia, proprio per la sua non definitività, non ha affatto mutato il titolo giuridico dell’ablazione, che continua ad essere rappresentato dall’originario provvedimento di sequestro. Il bene, insomma, finché la sentenza non diviene irrevocabile, è indisponibile, non perché confiscato, ma perché sequestrato. È infatti sulla base di tale provvedimento cautelare che il terzo è stato spossessato e continua ad essere privato della disponibilità del bene. La pronunzia che ne dispone rectius ne potrebbe disporre il trasferimento di proprietà allo Stato scii. la confisca è, per così dire, sub condicione essa in tanto assumerà giuridica esistenza e pratica efficacia in quanto e solo se la sentenza divenga irrevocabile e, si intende, se la statuizione di confisca venga confermata . 8.1. Dunque, si sostiene, il terzo, rimasto estraneo al giudizio di cognizione ben può far valere il proprio diritto alla restituzione dei beni che gli sono stati cautelativamente sottratti. Ma ciò non potrà fare avvalendosi del dettato di cui all’art. 579, comma 3, cod. proc. pen., sia perché non è parte, sia perché ciò che egli può impugnare non è la confisca eventuale del bene, ma il diniego alla restituzione dello stesso che, allo stato, è vincolato in base al provvedimento di sequestro. Per il terzo insomma l’appello cautelare costituisce l’unico rimedio attivabile per contestare il vincolo gravante sui beni fino al passaggio in giudicato della confisca, posto che solo in quel momento egli sarebbe legittimato a contestare il merito del provvedimento ablativo mediante la proposizione di apposito incidente di esecuzione nelle forme dell’art. 676 del codice di rito. In capo al terzo intestatario del bene sussiste senza dubbio l’interesse a contestare il permanere delle condizioni giustificative del vincolo egli è estraneo al processo, non certo al sequestro e ciò anche quando sia intervenuta sentenza - non irrevocabile - che abbia disposto la confisca. E dunque il fatto che sia intervenuta tale sentenza evidentemente di condanna , con la quale, fra l’altro, è stata ordinata la confisca della res di proprietà del terzo, non muta il titolo giuridico in base al quale il bene è - in quel momento - sottoposto a vincolo reale titolo costituito fino al passaggio in giudicato della sentenza dal sequestro preventivo. D’altronde, come è stato osservato cfr. sentenza Pignatelli, cit. , l’appello al tribunale del riesame è rimedio di carattere generale per tutti i provvedimenti diversi da quello impositivo della misura. 8.2. Ebbene, proprio la natura incidentale del procedimento cautelare consente di ritenere che esso possa essere attivato anche nel corso del processo di cognizione. Esso infatti non interferisce con il thema decidendum rimesso al giudice, ma incide su di un aspetto che prima si è definito parentetico e che dunque non vincola e non rischia di contraddire la decisione definitiva del giudicante. Prova di ciò è costituita, per quel che riguarda le misure cautelari personali, dal fatto che, anche in pendenza del processo di cognizione e persino dopo la pronunzia di sentenza di condanna in primo o in secondo grado , l’imputato può chiedere che sia rivalutata la sua posizione in relazione allo status libertatis e, in caso di risposta ritenuta insoddisfacente, può ricorrere al tribunale del riesame. Non si vede per qual motivo ciò non debba essere possibile per quel che riguarda le misure cautelari reali, con specifico riferimento al sequestro preventivo, posto che, da un lato, ricorre la eadem ratio dall’altro non può essere di ostacolo il dettato dell’art. 586, commi 1 e 2, cod. proc. pen., proprio per la natura incidentale della questione cautelare dall’altro ancora, la peculiarità della posizione del terzo intestatario estraneo rispetto al procedimento di cognizione, ma destinatario del provvedimento di sequestro , ne implica il coinvolgimento cfr. art. 263, comma 2, cod. proc. pen. e ne legittima la figura di istante-appellante-ricorrente. 9. Tutto ciò premesso, va affermato che erroneamente M.A. e Mu.Ri. hanno proposto incidente di esecuzione e che altrettanto erroneamente la Corte di appello di Napoli ha ritenuto di dover decidere adottando la relativa procedura. 10. È tuttavia legittimo interrogarsi sul potere-dovere del giudice di riqualificare correttamente, ai sensi del comma 5 dell’art. 568 cod. proc. pen., come appello cautelare l’incidente di esecuzione erroneamente proposto, dando così al terzo la possibilità concreta di tutelare i suoi interessi. Orbene è vero che l’opposizione ai provvedimenti del giudice dell’esecuzione prevista dagli artt. 667, comma 4, e 676, comma 1, cod. proc. pen. non ha natura di mezzo di impugnazione Sez. U, n. 3026 del 25/01/2002, Caspar Hawke, Rv. 220577 , ma è altrettanto vero che la norma che sancisce l’ammissibilità della impugnazione indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte che l’ha proposta costituisce espressione di un più ampio principio, in base al quale spetta al giudice dare l’esatta qualificazione dell’atto sottoposto al suo esame tra le tante, Sez. 5, n. 4111, del 26/10/2000, dep. 2001, Biancardo, Rv. 217935 . Si tratta invero di un criterio di carattere generale, che deve conseguentemente trovare applicazione anche in relazione a quegli atti di parte che, pur non essendo qualificabili impugnazioni in senso stretto, siano comunque diretti ad ottenere rimedio a determinate situazioni, cioè ad ottenere - in contraddittorio - una decisione favorevole al proponente. E così è stato ritenuto Sez. 5, n. 2790, del 27/11/1995, Leasinvestement s.r.l., Rv. 203585 che la richiesta di restituzione dei beni sottoposti a sequestro conservativo non preventivo, dunque , non essendo prevista dalle norme vigenti, dovesse essere qualificata come impugnazione del provvedimento applicativo della misura cautelare, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen Ed ancora è stato ritenuto si tratta della appena ricordata sentenza Biancardo del 2000 che, avendo l’imputato rappresentato di essere rimasto contumace in giudizio, pur in assenza di formale dichiarazione, lamentando, inoltre, la omessa notifica della sentenza, l’atto da lui proposto, pur essendo formalmente qualificabile come istanza di restituzione in termini, fosse diretto, in realtà, a denunciare la non irrevocabilità del titolo e la volontà dell’interessato di far valere la situazione descritta. Conseguentemente, la Corte di cassazione ebbe a ritenere corretto l’operato del giudice di merito, che aveva qualificato l’istanza quale incidente di esecuzione. Nel caso in esame, per altro, l’atto da convertire non solo è scorrettamente qualificato dunque soggettivamente carente , ma è anche - in base a quel che si è premesso - oggettivamente improponibile, mentre l’atto in cui esso sarebbe convertibile è quello previsto dall’ordinamento, l’unico possibile l’appello cautelare . Si tratta dunque di un’ordinaria attività di ortopedia procedimentale che contribuisce a dare coerenza al sistema, atteso che il principio del potius ut valeat quam ut pereat vige anche nel settore processualpenalistico. Ne consegue che il giudice incompetente deve trasmettere gli atti a quello che ritiene essere competente. La Corte partenopea, pertanto, avrebbe dovuto riqualificare come appello cautelare l’opposizione erroneamente proposta con le modalità dell’incidente di esecuzione e trasmettere gli atti al giudice di cui al comma 1-bis dell’art. 322-bis del codice di rito. 11. Con riferimento al quesito sottoposto alle Sezioni Unite, va pertanto enunciato il seguente principio di diritto Il terzo, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, può chiedere al giudice della cognizione la restituzione del bene sequestrato e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame. Qualora sia stata erroneamente proposta opposizione mediante incidente di esecuzione, questa va qualificata come appello e trasmessa al tribunale del riesame . 12. Nel caso in esame, tuttavia, si deve prendere atto che, medio tempore, la sentenza nei confronti di M.R. è divenuta definitiva, a seguito della pronunzia della Quarta Sezione di questa Corte, che, in data 30/11/2016, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato sent. n. 1325 del 30/11/2016, dep. 12/01/2017 , dando, in tal modo, carattere di definitività alla disposta confisca delle quote della s.a.s. Cocò Bellezza e Benessere di M.A. & amp C., quote formalmente intestate ad M.A. e alla madre moglie del condannato Mu.Ri. . Il titolo ablativo, dunque, è ormai la confisca. Pertanto, nessuna riqualificazione è possibile, non derivando, ormai, il vincolo da una misura cautelare reale. Ne consegue che i ricorsi vanno dichiarati inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse. Le ricorrenti non vanno, tuttavia, condannate al pagamento delle spese del procedimento, né al versamento di somma in favore della cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria in quanto la mancanza di interesse è sopravvenuta alla proposizione del ricorso cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 2000 Sez. U, n. 7, del 25/06/1997, Chiappetta, Rv. 208166 Sez. U, n. 31524, del 14/07/2004, Litteri, Rv. 228168 . P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse.