La condannata è disoccupata: viene meno la funzione risocializzante dell’affidamento in prova?

Lo svolgimento di un attività lavorativa, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più generale giudizio sulla richiesta di affidamento in prova ex art. 47 ord. pen., non costituisce, da solo, qualora mancante, condizione ostativa dell’applicabilità della misura alternativa, trattandosi di un parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice.

Così la Suprema Corte con sentenza n. 46553/17, depositata il 10 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza dichiarava cessata la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in esecuzione nei confronti della condannata. Ritenevano i Giudici che avendo la condannata interrotto la ricerca di un’occupazione, a seguito della conclusione dell’attività lavorativa precedente, non vi erano più i requisiti della misura alternativa necessari per l’idoneità funzionale a contribuire al recupero del reo. Inoltre il Tribunale di Sorveglianza modificava tale misura con la detenzione domiciliare. Ricorre in Cassazione la condannata censurando la ritenuta necessità dell’attualità di un’occupazione lavorativa come requisito indispensabile ai fini della concessione del beneficio della misura alternativa di affidamento in prova al servizio sociale, rilevando, inoltre, di aver comunque continuato a cercare lavoro e a svolgere attività di volontariato dopo la cessazione dell’impiego precedente. Requisiti del beneficio della misura alternativa. La Suprema Corte ha rilevato che l’ordinanza impugnata non si sia uniformata al principio di diritto secondo il quale la prospettiva attuale di un lavoro stabile o l’attività lavorativa già disponibile non sono requisiti necessari per l’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, potendo il condannato fruire del beneficio anche se non abbia un lavoro ma si impegni con attività socialmente utili. Per questo motivo l’ordinanza impugnata deve essere annullata in quando la situazione di disoccupazione temporanea della condannata non è idonea ad escludere la funzione risocializzante della misura alternativa prescritta. La Suprema Corte rinvia per un nuovo esame nel merito al Tribunale di Sorveglianza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 maggio – 10 ottobre 2017 , n. 46553 Presidente Mazzei – Relatore Sandrini Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, con ordinanza in data 13.09.2016, dichiarava cessata la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale in esecuzione nei confronti di M.A. , sul presupposto che la condannata aveva terminato, alla data del 31.10.2015, l’attività lavorativa, senza reperire - malgrado la ricerca - una successiva occupazione, proseguendo soltanto un’attività di volontariato riteneva pertanto venuti meno i requisiti della misura alternativa, con riguardo alla sua idoneità funzionale a contribuire al recupero sociale del reo, ammettendo la M. alla misura più gravosa della detenzione domiciliare. 2. Ricorre per cassazione M.A. , a mezzo del difensore, deducendo vizio di motivazione del provvedimento impugnato, censurando la ritenuta necessità dell’attualità di un’occupazione lavorativa come requisito indispensabile al fine della concessione del beneficio di cui all’art. 47 ord.pen. rileva che la ricerca di una nuova attività di lavoro non si era mai interrotta, che la ricorrente aveva continuato a svolgere attività di volontariato e non aveva mai violato le prescrizioni della misura alternativa, seguendo corsi di addestramento e conseguendo certificazioni. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha presentato conclusioni scritte, con cui chiede l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 2. Questa Corte ha affermato in modo costante il principio per cui la sussistenza di un’attività lavorativa già disponibile, o comunque la prospettiva attuale di un lavoro stabile, non costituiscono requisiti necessari per l’ammissione alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, potendo il condannato fruire del beneficio anche quando non riesca a reperire un’occupazione lavorativa ma si impegni in un’attività socialmente utile di tipo volontaristico Sez. 1 n. 18939 del 26/02/2013, Rv. 256024 Sez. 1 n. 26789 del 18/06/2009, Rv. 244735 lo svolgimento di attività lavorativa, infatti, pur rappresentando un mezzo di reinserimento sociale valutabile nel più generale giudizio sulla richiesta di affidamento in prova ex art. 47 ord.pen., non costituisce, da sola, qualora mancante, condizione ostativa all’applicabilità della misura alternativa, trattandosi di un parametro apprezzabile unitamente agli altri elementi sottoposti alla valutazione del giudice Sez. 1 n. 5076 del 21/09/1999, Rv. 214424 . 3. L’ordinanza impugnata non si è uniformata a tale principio di diritto e ha, con motivazione contraddittoria, negato la permanenza delle condizioni per l’ammissione della ricorrente all’affidamento in prova al servizio sociale, pur dando atto, sulla scorta delle risultanze della relazione UEPE, che la M. , dopo la cessazione dell’attività lavorativa, aveva cercato - senza trovarla - una nuova occupazione, proseguendo comunque uno strutturato programma di volontariato consistente, secondo quanto emerge dal ricorso, nell’opera prestata presso la Misericordia di . L’affermazione del Tribunale di sorveglianza secondo cui la venuta meno anche per ragioni incolpevoli dell’attività lavorativa deve ritenersi ex se idonea ad escludere la funzione risocializzante della misura alternativa di cui all’art. 47 ord.pen., senza valutarne la surrogabilità con l’attività di volontariato in concreto prestata dalla M. e senza tener conto di altri indici positivi emergenti dagli atti, si rivela perciò giuridicamente erronea e deve essere cassata. 4. L’ordinanza impugnata deve conseguentemente essere annullata, con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Firenze per nuovo esame da condursi in conformità al principio di diritto sopra enunciato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Firenze.