Possibile la messa alla prova per l’imputato extracomunitario

In tema di ingresso e/o permanenza di extracomunitari e quindi di immigrazione clandestina, l’ordinamento vigente non prescrive ipotesi speciali e/o in peius per la concessione della sospensione processuale e della messa alla prova per l’imputato straniero così, va valutata la tipologia della condotta e la relativa compatibilità con la ratio dell’istituto processual-penalistico.

E’, quindi, illegittima, e va annullata, la sentenza di merito laddove, stante soltanto la negazione delle proprie responsabilità e l’affermazione di avere agito in stato di necessità, venga respinta l’istanza di sospensione del processo e di ammissione alla prova, per l’imputato. Il principio si argomenta dalla sentenza della Corte di Cassazione Sez. Prima Penale n. 40512, decisa il 9 maggio e depositata il 6 settembre 2017. Il caso. Un soggetto minorenne veniva processato e condannato per ingresso e permanenza illegale di extracomunitari, commessi in acque libiche, territoriali ed italiane. In sede di appello, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale dei minorenni, veniva rideterminata la pena detentiva e pecuniaria, per effetto di circostanze attenuanti generiche e diminuenti, sostituendo la custodia cautelare col collocamento in comunità e rigettando, invece, l’istanza di sospensione del processo e di ammissione alla messa alla prova, peraltro già rigettata in primo grado, per non avere l’imputato ammesso le proprie responsabilità ed, anzi, per avere affermato di avere agito in stato di necessità. La detenzione e le misure alternative la condotta dell’agente. In primis, vanno richiamati gli artt. 2, 3 e 24 Cost., 98, 110, 114 e 168 bis c.p., 464 quater e 586 c.p.p., 28 e 29 d.P.R. n. 448/1988, 27 d.lgs. n. 272/1989, 12, comma 3, 3- bis e 3- ter d.lgs. 25-07-1998 n. 286 nonché la l. 28-04-2014 n. 67. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di illecito, responsabilità, diritti, potestà. Prima facie , si potrebbe pensare ad una sorta di antigiuridicità assoluta, in re ipsa , della condotta di un soggetto extracomunitario che violi le norme italiane in subiecta materia . Apparentemente, quindi, bisognerebbe stabilire se a una pena possa essere rideterminata in appello b possa essere rideterminata la pena rigettando ulteriori richieste dell’imputato c si possa impugnare, in sede di Cassazione, uno stesso punto della questione già rigettato in primo ed in secondo grado. In realtà, in via preliminare, sul piano procedurale, la principale osservazione inerisce la possibilità del ricorso, per saltum , esclusivamente avverso l’ordinanza che sospende e che da inizio alla prova Cass. Sez. IV 18-06-2002 n. 34169 in caso di rigetto, invece, è ammesso l’appello Cass. Sez. Un. 31-03-2016 n. 33216, Sez. II 08-03-2016 n. 11683 e 21-05-2009 n. 35937, Sez. V 09-05-2006 n. 21181 . Sotto il profilo formale, due le osservazioni da effettuare. La prima sulla possibilità di concedere la sospensione del processo e la messa alla prova anche a colui che, minorenne all’epoca dei fatti, sia divenuto maggiorenne Cass. Sez. IV 04-04-2003 n. 23864 . La seconda, anche quale sub-osservazione, sui presupposti per la concessione della sospensione del processo e della messa alla prova. Sul punto, spetta al giudice di merito, ed è suo onere preciso, valutare se il fatto sia occasionale o indice di un sistema di vita, dunque l’evoluzione della personalità e l’effettiva possibilità di rieducazione e di reinserimento sociale dell’imputato tale decisione, peraltro, è insindacabile in sede di legittimità se fornita di adeguata motivazione Cass. Sez. I 05-03-2013 n. 13370 e 09-04-2003 n. 19532 . Segnatamente, va detto, però, che la confessione o la parziale ammissione dell’addebito, pur essendo sintomo di ravvedimento Cass. Sez. III 06-06-2008 n. 27754 , non è presupposto necessario per la concessione della sospensione del processo e della messa alla prova ciò, ovviamente, purchè l’imputato non neghi le evidenze fattuali certe e non finisca per contestare la stessa funzione della messa alla prova. A riguardo, è da notare, peraltro, la nullità di un’ordinanza giudiziale di concessione della sospensione del processo e della messa alla prova a fronte di una relazione negativa degli Uffici del Servizio Sociale Cass. Sez. IV 20-06-2014 n. 32178 . De iure condito , l’ammissione alla messa alla prova” non richiede, sic et simpliciter, meramente l’altissima probabilità del futuro comportamento corretto e rispettoso della legge, da parte del reo, senza valutazione contestualizzata della condotta di quest’ultimo. In altri termini, non è possibile anticipare, in altra fase procedimentale, l’accertamento delle eventuali responsabilità dell’imputato e va ricordato, peraltro, il carattere provvisorio di quanto accertato in tale altra fase Cass. Sez. V 23-02-2015 n. 24011 . Rebus sic stantibus , è irrilevante che l’imputato sia divenuto, in pendenza del procedimento penale, maggiorenne altresì, è indifferente l’avere agito, o meno, in concorso con altri soggetti nonché la nazionalità del presunto reo. In termini di dinamiche”, pertanto, il diritto costituzionale finisce per prevale re su quello pubblico e, segnatamente, il diritto penale speciale su quello generale. Decisione Censurabile il rigetto immotivato”. In ambito di rapporti tra Stato ed immigrati, il magistrato italiano è tenuto a valutare, attentamente, il comportamento dell’imputato, nelle sue caratteristiche essenziali contrariamente a quanto sostenuto da App. Catania 10-06-2016 n. 45, non sussiste, infatti, alcuna responsabilità presupposta e, quindi, non è necessaria l’ammissione della propria colpevolezza, da parte dell’imputato, onde poter beneficiare della sospensione del processo per la messa alla prova. Ergo, il ricorso va accolto, con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 maggio – 6 settembre 2017, n. 40512 Presidente Di Tomassi – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, emessa il 10 - 28 giugno 2016, la Corte di appello di Catania, Sezione minorenni, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale per i minorenni di Catania il 9 marzo 2016, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e la diminuente ex art. 98 cod. pen. in regime di prevalenza sulle aggravanti ritenute, ha rideterminato la pena irrogata a carico di M.B. , imputato appellante, in quella di anni due e mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000.000,00 un milione di multa, in relazione al reato previsto e punito dagli artt. 110 cod. pen., nonché 12, comma 3, lett. a , b , c e d , comma 3-bis e comma 3-ter, d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ritenuto come commesso in territorio libico, in acque antistanti la Libia, in acque internazionali ed in acque territoriali italiane, ai danni dello Stato Italiano, fino al omissis , con contestuale sostituzione della misura cautelare custodiale a cui era assoggettato l’imputato con quella del collocamento in comunità, mentre ha rigettato l’istanza di sospensione del processo per far luogo alla prova e quella di concessione della sospensione condizionale della pena inflitta. Per quanto qui primariamente rileva, la Corte territoriale ha rigettato l’istanza di ammissione del M. alla messa alla prova ritenendo mancante con riferimento alla sfera dell’imputato la consapevolezza dell’antigiuridicità del comportamento tenuto, in quanto lo stesso aveva insistito nel negare la sua responsabilità adducendo lo stato di necessità, quando invece l’istituto presupponeva proprio l’acquisita contezza della penale responsabilità dell’imputato e la consapevolezza piena da parte dello stesso dell’antigiuridicità del comportamento tenuto, oltre ad una prognosi di elevatissima probabilità di futuro comportamento corretto e rispettoso della legge. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore del M. chiedendone l’annullamento e prospettando a sostegno del mezzo due motivi. 2.1 Con il primo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 168-bis e ss. cod. pen., 464-bis e ss. cod. proc. pen. e della I. 28 aprile 2014, n. 67, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito aveva formulato una valutazione giuridicamente erronea non rilevando che la confessione non costituiva presupposto essenziale per la pronuncia del provvedimento di sospensione del processo con ammissione alla messa alla prova. Alla stregua anche della pregressa interpretazione dell’istituto doveva, al contrario, notarsi come non si esigesse l’ammissione del fatto da parte dell’imputato, la quale non faceva parte dei requisiti per l’accesso al suddetto procedimento. Anzi, a ben vedere, la confessione risultava incompatibile con l’istituto stesso, in quanto, in ipotesi di revoca dell’ordinanza di sospensione, il procedimento avrebbe ripreso il suo corso e, pertanto, l’imposizione dell’ammissione di responsabilità avrebbe inciso sulle garanzie sostanziali e processuali riservate all’imputato. Inoltre, pur con le differenze tra i due istituti, avrebbe dovuto valere per la messa alla prova quanto era previsto per l’affidamento in prova al servizio sociale, istituto in relazione a cui non era richiesta l’ammissione degli addebiti. Naturalmente, tale puntualizzazione non escludeva che un’eventuale confessione potesse essere valutata dal giudice, ma ciò che era rilevante era la serietà della volontà dell’imputato di intraprendere un percorso di risocializzazione, con la verifica positiva dell’accettazione della sentenza e della sanzione inflitta, in quanto ciò che assumeva rilievo decisorio era l’evoluzione della personalità successivamente al reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento nel tessuto sociale. Tali principi avrebbero dovuto, secondo il ricorrente, ricevere applicazione nel caso di specie, posto che con riferimento all’imputato erano state rassegnate relazioni ottime, sia sulla personalità che sull’impegno lavorativo, nel periodo in cui era stato ristretto nell’IPM di , e del pari erano state positive le relazioni degli assistenti sociali, le quali avevano evidenziato anche la sua indole buona tali atti, però, non erano stati presi in alcuna considerazione dalla Corte etnea. 2.2. Con il secondo motivo si lamenta contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., egualmente in ordine al rigetto dell’istanza di sospensione del processo e di ammissione alla messa alla prova dell’imputato. Ad avviso del ricorrente, i giudici di merito erano anche incorsi in vizio nella motivazione della sentenza nella parte in cui avevano rigettato l’istanza di ammissione alla messa alla prova la sentenza risultava del tutto incongruente nelle risultanze decisorie, in quanto aveva dato per assodato che il M. non avesse mostrato evidenti segni di rivisitazione critica del fatto reato e che non avesse i requisiti necessari per un positivo reinserimento, in contrasto con l’orientamento fornito dalle relazioni redatte dai servizi sociali dell’IPM dopo più di dieci mesi di osservazione. 3. Il Procuratore generale si è espresso per l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ai giudici di merito per nuovo esame della questione relativa alla messa alla prova del M. , inadeguata appalesandosi la motivazione fornita sul punto nella sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è, per quanto di ragione, fondato e va accolto nei sensi che seguono. 2. La Sezione minorenni della Corte di appello di Catania ha raggiunto l’approdo già ricordato in primo luogo descrivendo i caratteri fondamentali dell’istituto della messa alla prova dell’imputato minorenne, come regolato dagli artt. 28 e 29 d.P.R. n. 448 del 1988, e poi osservando che da tale disciplina si desumeva che, pur presupponendo essa l’assenza di dubbi sulla colpevolezza dell’imputato, con la sua applicazione lo Stato rinunciava all’affermazione della responsabilità dello stesso imputato allorché si prospettava la probabile rieducazione del soggetto ed il suo reinserimento sociale. Da tale base i giudici di merito hanno tratto la conseguenza che per ammettere il soggetto alla messa alla prova occorreva l’evenienza di un’altissima probabilità del suo futuro comportamento corretto e rispettoso ella legge, presupponendosi, quindi, oltre alla pena responsabilità dell’imputato la piena consapevolezza da parte sua dell’antigiuridicità del comportamento tenuto. Attese queste coordinate, nel caso di specie, tale consapevolezza era dalla Corte territoriale ritenuta mancante a cagione del fatto che il M. aveva addotto, a sua discolpa, lo stato di necessità negando la sua responsabilità e la difesa dell’imputato aveva chiesto l’assoluzione, così assumendo una posizione incompatibile con la messa alla prova, dal momento che la sospensione del processo che seguiva a tale ammissione era finalizzata, in ipotesi di favorevole svolgimento della messa alla prova, all’estinzione del reato, non alla pronuncia di assoluzione. 2.1. È da aggiungere che la della Corte di appello, una volta esclusa la fondatezza del gravame proposto dal M. in ordine alla mancata sua ammissione alla messa alla prova, ha scrutinato anche le altre doglianze ed ha confermato la sussistenza della prova piena del concorso dell’imputato minorenne nel delitto di cui all’art. 12 d. lgs. n. 286 del 1998 oggetto di contestazione, ha escluso l’evenienza per la sua posizione del dedotto stato di necessità ed ha negato il riconoscimento all’appellante dell’attenuante, ex art. 114 cod. pen., della minima partecipazione del medesimo al reato, mentre ha accolto il motivo inerente alla valutazione di prevalenza della circostanza attenuante della minore età e delle attenuanti generiche sulle contestate e ritenute aggravanti, così procedendo al nuovo computo della pena ridotta da quella di anni quattro di reclusione ed Euro 2.120.000,00 di multa a quella di anni due, mesi quattro di reclusione ed Euro 1.000,000,00 di multa , senza però accedere all’istanza di concessione della sospensione condizionale. 2.2. Le ulteriori statuizioni ora richiamate e le ragioni poste dalla Corte territoriale a fondamento delle stesse non hanno formato oggetto di doglianza in questa sede, essendosi l’impugnazione concentrata nel censurare la sola reiezione dell’istanza di sospensione del processo con messa alla prova. 3. Affrontando questo unico tema dedotto, occorre premettere il rilievo che, nel corso dello svolgimento del processo a carico di soggetto minorenne, celebrato secondo le norme stabilite innanzi tutto dal d.P.R. n. 448 del 1988, il riferimento alla violazione di legge operato dal ricorrente indicando gli artt. 168 e ss. cod. pen., 464-bis e ss. cod. proc. pen. e la l. 28 aprile 2014, n. 67 normativa che disciplina la messa alla prova riguardante imputati maggiorenni va inteso comunque in relazione agli artt. 28 e 29 d.P.R. n. 448 del 1998 cit. E, sotto il profilo procedimentale, si osserva che correttamente il ricorrente, dopo avere appellato con la decisione di primo grado l’ordinanza che gli aveva negato l’ammissione alla messa alla prova, a fronte del rigetto dell’appello sul punto, ha proposto sulla stessa questione ricorso in questa sede invero, per la messa alla prova regolata dagli artt. 28 e 29 d.P.R. n. 448 del 1988, è pacifica l’interpretazione secondo cui l’ordinanza di cui al comma 3 dell’art. 28 cit., che ammette il ricorso immediato per cassazione, è quella che dispone la sospensione e dà inizio alla prova, mentre l’ordinanza reiettiva va impugnata con la sentenza, con gli effetti che seguono v. per tutte Sez. 4, n. 34169 del 18/06/2002, dep. 2003, Tenerelli, Rv. 225953, secondo cui l’ordinanza con la quale il tribunale per i minorenni rigetta l’istanza di messa alla prova dell’imputato con contestuale sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 28 cit. non è impugnabile autonomamente, ma solo congiuntamente alla sentenza che definisce il giudizio . Tale opzione ordinamentale determina l’esigenza che, pur dovendo di norma l’istituto della messa alla prova afferire al primo grado per assicurare la massima limitazione del contatto tra minore e giustizia penale, sia necessario ammettere la stessa in appello ove, all’esito del controllo della decisione del giudice di primo grado, si accerti che sia stata ingiustificatamente respinta la richiesta di sospensione con messa alla prova Sez. 2, n. 11683 del 08/03/2016, I, Rv. 266352 Sez. 2, n. 35937 del 21/05/2009, S.I. Rv 245592 Sez. 5, n. 21181 del 09/05/2006, Rizzi, Rv 234206 . Non spiega alcun effetto il rilievo che il M. , minore di età all’epoca del fatto, successivamente sia divenuta maggiorenne si è già chiarito Sez. 4, n. 23864 del 04/04/2003, Orlati, Rv. 225587 e si ribadisce che, in tema di processo minorile, è applicabile la misura della sospensione del processo e di messa alla prova, prevista dall’art. 28 cit., anche a coloro i quali, infradiciottenni al momento della commissione del reato, siano diventati maggiorenni alla data del suddetto provvedimento di sospensione. Inoltre, si rileva che per la stessa messa alla prova di imputato maggiorenne pur a fronte di un dettato normativo obiettivamente meno limpido - l’art. 464-quater, comma 7, cod. proc. pen. - l’interpretazione, secondo le linee alfine prescelte dalla Corte nella sua composizione più autorevole Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, Rv. 267237 , ha affermato che l’ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova non è immediatamente impugnabile, ma è appellabile unitamente alla sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 586 cod. proc. pen., in quanto l’art. 464-quater cit. nel prevedere il ricorso per cassazione si riferisce unicamente al provvedimento con cui il giudice, in accoglimento della richiesta dell’imputato, abbia disposto la sospensione del procedimento con la messa alla prova. 4. In ordine alla questione sollevata con il ricorso - ponendo al centro dell’analisi la disciplina di cui agli artt. 28 e 29 d.P.R. n. 448 del 1988, ma non trascurando i possibili riflessi che la molto più articolata normativa sostanziale artt. 168 bis - 168 quater cod. pen. e processuale artt. 464 quater - 464 novies cod. proc. pen. dettata dal Capo II della l. n. 67 del 2014 con l’introduzione dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati maggiorenni è suscettibile di determinare nell’approfondimento delle caratteristiche dal primo istituto, sempre tenendo conto delle peculiarità che caratterizzano le due figure in relazione ai diversi destinatari della rispettiva disciplina - è da considerare che l’elaborazione relativa alla messa alla prova nel giudizio minorile muove dal concetto secondo cui l’ammissione a tale istituto dell’imputato con sospensione del processo è subordinata al vaglio discrezionale del giudice di merito relativamente all’effettiva possibilità di rieducazione e di inserimento del soggetto nella vita sociale e costituisce la manifestazione di un giudizio prognostico che resta insindacabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da adeguata motivazione, giudizio da formularsi in base a vari indicatori che riguardano sia il reato contestato come commesso, sia la personalità del reo, secondo quanto risulta anche con riferimento all’epoca successiva al fatto oggetto di processo sull’argomento cfr. Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255267 Sez. 1, n. 19532 del 09/04/2003, De Nardo, Rv. 224810 . In questa chiave è stato anche osservato che l’ammissione alla sospensione del processo con messa alla prova presuppone un giudizio prognostico positivo sulla rieducazione del minore, per la cui formulazione occorre anche valutare se il fatto contestato debba considerarsi un episodio del tutto occasionale oppure sia l’indice sintomatico di un sistema di vita, che faccia escludere un giudizio positivo sull’evoluzione della personalità del minore verso modelli socialmente adeguati. Ed in tale prospettiva non si è mancato di specificare che, fermo restando che la sospensione del processo con messa alla prova non presuppone la confessione del minorenne, rileva invece acclarare se l’imputato che chiede o, comunque, condivide la scelta della messa alla prova - in una vicenda processuale dove, nell’alveo della giurisdizione penale ancora in itinere, sussistano elementi che facciano propendere, allo stato, per l’accertamento di una ipotesi di reato colpevolmente commessa da persona minorenne, da reputarsi capace d’intendere e di volere in relazione al fatto specifico contestatogli - non assuma un atteggiamento che neghi in modo frontale le evidenze fattuali, pur ridimensionando o riqualificando l’episodio e non si ponga, rispetto all’oggetto dell’accadimento contestato, come una sorta di vittima ingiustamente perseguitata, così da qualificare implicitamente la vicenda processuale come un atto non dovuto si traggono elementi in tal senso da Sez. 4, n. 32125 del 20/06/2014, D.R., Rv. 262241 Sez. 5, n. 14035 del 07/12/2012, dep. 2013, G., Rv. 256772 Sez. 4, n. 23355 del 12/04/2013, C., Rv. 255521 . Nella cornice delineata va letto, dunque, l’indirizzo affermato da Sez. 3, n. 27754 del 06/06/2008, A, Rv. 240825 secondo cui, nel processo minorile, al fine dell’ammissione dell’imputato al beneficio della sospensione del processo e messa alla prova, la confessione o la parziale ammissione dell’addebito da parte del minore rappresenta un elemento sintomatico da cui desumerne il ravvedimento, necessario per formulare un giudizio prognostico positivo sulla sua rieducazione e sull’evoluzione della personalità verso un costruttivo reinserimento sociale. Il Collegio, nel solco di tali linee, ritiene di dover soprattutto puntualizzare che la confessione, se integra un elemento certamente utile per pervenire alla valutazione prognostica favorevole all’evoluzione della personalità dell’imputato verso il suo reinserimento, non costituisce presupposto necessario per deliberare l’accesso alla messa alla prova, potendo tale prognosi favorevole essere formulata anche in mancanza dell’espressa ammissione dell’addebito, sempre che la condotta dell’indagato o imputato non trasmodi nella corriva negazione delle evidenze fattuali certe e, sottraendosi alla leale collaborazione nel processo, finisca per determinare la contestazione da parte sua della stessa funzione della messa alla prova che, nell’alveo di quel processo, gli viene offerta come opportunità di reinserimento sociale, impregiudicata la verifica conclusiva, ancora da compiersi funditus, dell’ipotesi accusatoria verifica che lo stesso ordinamento, all’art. 29, con il richiamo ai successivi sviluppi previsti dagli artt. 32 e 33 d.P.R. n. 448 del 1988, presuppone in ipotesi di esito negativo della prova . Del resto, sul carattere comunque provvisorio dell’accertamento di responsabilità, siccome inserito nella complessa valutazione prognostica, naturalmente sulla scorta degli elementi di prova già valutabili, vanno richiamate, pur con la dovuta cautela, le sottolineature che l’elaborazione susseguente all’introduzione della messa alla prova dell’imputato maggiorenne ha operate cfr. la motivazione di Sez. 5, n. 24011 del 23/02/2015, B., Rv. 263777 circa il punto che, al momento della determinazione sull’ammissione alla messa alla prova, risolvendosi la valutazione giudiziale nell’accertamento dell’insussistenza, allo stato degli atti, dei presupposti di una pronuncia ex art. 129 cod. proc. pen., l’attribuzione del fatto-reato al richiedente non esige l’ammissione del fatto da parte dell’indagato od imputato, ammissione che resta dunque estranea al novero dei requisiti della sospensione del procedimento con messa alla prova delineati dalla legge n. 67 del 2014. Nella stessa direzione, non sembra superfluo come si sia ritenuto che la sentenza di proscioglimento per esito positivo della messa alla prova, di cui all’art. 464 septies cod. proc. pen., non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità, sicché essa non può essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale cfr. Sez. 2, n. 53648 del 05/10/2016, M., Rv. 268635 . Ed appare anche opportuno ricordare, sul punto, le considerazioni svolte dalle Sezioni unite della Corte nel già citato arresto Sez. U, n. 33216 del 31/03/2016, Rigacci, cit. che, pur inerendo alla messa alla prova introdotta dalla l. n. 67 del 2014, forniscono indicazioni che appaiono avere portata più vasta al fine di fissare la portata della valutazione prognostica operata dal giudice di merito nella fase di ammissibilità alla messa alla prova allorché evidenziano che il giudice seppure in base ad un accertamento sommario, anticipa un criptoprocesso sul fatto, sull’autore e sulle conseguenze della messa alla prova , con il conseguente spostamento in sede di cognizione degli aspetti relativi al profilo trattamentale e per alcuni profili esecutivo, sino alla pronuncia in sede di cognizione, all’esito della positiva conclusione dellàesecuzione della messa alla prova, della sentenza dichiarativa dell’estinzione del reato in caso di esito positivo. E si avverte che proprio l’anticipazione di tali fasi al momento della cognizione concreta una novità nel sistema processuale e, nel contempo, dimostra con chiarezza i limiti di un tale accertamento sul fatto con finalità specialpreventive e le particolari esigenze difensive dell’imputato rispetto alle scelte che il giudice adotta in questo contesto . In conclusione, ferma restando l’indubbia valenza dell’ammissione piena dei fatti quale elemento sintomatico al fine della formulazione del giudizio prognostico sull’evoluzione della personalità dell’imputato verso un costruttivo reinserimento sociale, essa non integra presupposto necessario nell’articolato senso già chiarito, occorrendo nel giudizio da compiersi allo stato degli atti onde pervenire alla valutazione sulla possibilità di rieducazione del minore per la formulazione di tale valutazione occorre tener conto della complessiva condotta dell’imputato o indagato e di tutti gli elementi provenienti dall’osservazione dello stesso al fine di apprezzare conclusivamente se il fatto contestato debba considerarsi un episodio del tutto occasionale oppure sia l’indice sintomatico di un sistema di vita e, quindi, per determinare se sussista la concreta probabilità dell’evoluzione della personalità del minore verso modelli socialmente adeguati. 5. La Corte territoriale, non attenendosi a tale principio, ha invece preso le mosse dal postulato che per accedere alla sospensione con messa alla prova fosse necessaria l’acquisizione della certa colpevolezza dell’imputato e, su tale premessa, occorresse la sua sostanziale e piena ammissione di colpevolezza sicché anche l’avere dedotto il M. lo stato di necessità, in un quadro fattuale comunque chiaramente ammissivo delle condotte oggetto di imputazione, è stato ritenuto dai giudici di merito pregiudizialmente preclusivo all’ammissione del medesimo alla messa alla prova. La stessa attività difensiva in favore dell’imputato, concretatasi nella richiesta di assoluzione quando - rigettata l’istanza di sospensione del processo con messa alla prova, celebratosi il processo e svolta la discussione - il difensore ha chiesto la sua assoluzione è stata, ex post, letta dai giudici di merito in funzione contestativa della responsabilità e, quindi, in chiave escludente l’ammissione del M. alla messa alla prova. Entrambi gli argomenti non possono essere condivisi né la necessità dell’ammissione degli addebiti, intesa come confessione piena, a fronte di una responsabilità presupposta come già acclarata, né l’inquadramento della stessa attività defensionale, peraltro susseguente al rigetto dell’istanza di ammissione alla messa alla prova. Così determinandosi la Corte di merito ha erroneamente applicato la disciplina di cui all’art. 28 cit. ed ha fornito una motivazione carente per supportare la statuizione di rigetto dell’ammissione alla messa alla prova. Il pregiudiziale rigetto dell’istanza così assunto ha conseguentemente implicato la mancata considerazione del contenuto e delle conclusioni delle relazioni dei servizi sociali nelle more acquisite agli atti, essendo esse state reputate per la conclusione negativa raggiunta ultronee in ordine alla prospettiva - da doversi altrimenti coltivare - della redazione del progetto di intervento elaborato dai Servizi minorili dell’Amministrazione della Giustizia, in collaborazione con i Servizi socio-assistenziali degli enti locali, richiesto dall’art. 27 d. lgs. n. 272 del 1989 progetto di cui poi il giudice avrebbe dovuto tener conto cfr. Sez. 4, n. 32178 del 20/06/2014, B, Rv. 260317, che ha affermato essere nulla l’ordinanza con la quale il giudice dispone la sospensione del processo e la messa alla prova dell’imputato, in presenza di relazione negativa degli Uffici del Servizio Sociale per i minorenni e con progetto d’intervento da questi ultimi compilato in esecuzione di disposizione del giudicante . 5. In considerazione dell’emerso vizio, la sentenza impugnata va, pertanto, annullata con esclusivo riguardo alla statuizione di rigetto dell’istanza di sospensione del processo con messa alla prova va quindi disposto il rinvio per nuovo esame sul punto alla Sezione per i minorenni della Corte di appello di Catania in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto dianzi affermato. Deve essere, infine, disposta l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi dell’art. 52 d. lgs. n. 196 del 2003. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al diniego della messa alla prova, e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Catania, Sezione per i minorenni, in diversa composizione. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d. lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.