Presenta una patente straniera falsa per la conversione, ma dà la colpa ai parenti in patria

La Corte di Cassazione viene chiamata a pronunciarsi su una questione relativa alla falsificazione, e al successivo uso, di una patente di guida straniera, affrontando il profilo della consapevolezza o meno nell’imputato del falso.

È il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 39536/17 depositata il 29 agosto. Il caso. Un cittadino libanese, al fine di ottenere la conversione della patente di guida ottenuta in patria, presentava alla motorizzazione civile una patente falsa, così come la traduzione legalizzata dall’Ambasciata italiana in Libano. Veniva dunque tratto in giudizio per falso in certificazione e uso di atto falso, ma il GUP ne pronunciava il proscioglimento. Dalle prove era infatti emerso che la falsificazione era stata realizzata dai parenti dell’imputato in Libano, posto che l’uomo era effettivamente titolare di una patente di guida in patria, e dunque il successivo uso del documento falso era scusabile per la sua buona fede. Il PM ricorre dunque in Cassazione per la contraddittorietà della pronuncia. Motivazione contraddittoria. La Corte di legittimità ritiene fondato il gravame sottolineando come, effettivamente, la sentenza impugnata sia viziata da contraddittorietà posto che il GUP aveva, da un lato, posto in evidenza il disinteresse dell’imputato a falsificare la patente di cui era comunque in possesso in Libano, dall’altro, l’incomprensibile azione di falsificazione della patente, asseritamente smarrita posto che l’imputato avrebbe potuto chiederne un duplicato. Mettendo inoltre in evidenza il fatto che il GUP si sia limitato a valutare gli elementi probatori senza prendere in considerazione l’opportunità di procedere al dibattimento, la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Verona.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 giugno – 29 agosto 2017, n. 39536 Presidente Lapalorcia – Relatore Gorjan Ritenuto in fatto Il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Verona con la sentenza impugnata, resa a sensi dell’art. 425 cod. proc. pen. il 24 - 25.5.2016, ha prosciolto Y.S. da delitti di falso in certificazione - patente - per non aver commesso il fatto e per l’uso di atto falso perché il fatto non costituisce reato. Era accaduto che lo Y. , cittadino libanese, per ottenere la conversione della sua patente di guida libanese in quella italiana presentasse patente libanese falsificata e falsificata pure la traduzione legalizzata dall’Ambasciata italiana in Libano contraffacendone il sigillo. Il G.i.p., rilevato che in effetto l’imputato risultava in possesso di patente libanese, ancorché emessa in data diversa rispetto a quella presentata in origine ed oggetto del presente procedimento, pronunziava sentenza di proscioglimento ritenendo che la condotta di falsificazione dei documenti - patente e traduzione legalizzata - non fosse riconducibile all’imputato bensì a suoi parenti in Libano, mentre l’uso di detti atti falsi in Italia da parte dell’imputato fosse avvenuto in buona fede poiché all’oscuro della falsificazione. Avverso la citata sentenza resa dal G.i.p. di Verona ha proposto ricorso per cassazione il P.M. presso il medesimo Tribunale,rilevando come concorresse vizio di motivazione per contraddittorietà poiché il Giudice, dopo aver dato atto della probabile non conoscenza,da parte dell’imputato della falsificazione, fatta in Libano dai parenti, dei documenti poi da lui presentati alla Motorizzazione civile, metteva in evidenza come sussisteva interesse ad anticipare la data di rilascio della patente in Libano per ottenere più agevolmente la conversione in Italia. All’odierna udienza camerale,nessuno compariva per l’imputato, mentre il P.G. concludeva per l’annullamento della decisione impugnata. Ritenuto in diritto Il ricorso proposto dal P.M. di Verona s’appalesa fondato e va accolto con conseguente annullamento della sentenza impugnata e rinvio del procedimento al Tribunale di Verona per nuovo esame. In effetto sussiste nella sentenza la contraddittorietà sottolineata dal P.M. impugnante. Difatti,da un lato,il G.u.p. scaligero pone in evidenza il disinteresse dell’imputato a falsificare la patente,di cui in effetto era titolare,mentre dall’altro rileva e la scarsa comprensibilità dell’azione di falsificare patente, asseritamente, smarrita invece che ottenerne duplicato,e come sussisteva preciso interesse ad antedatare il rilascio di patente libanese per ottenerne più agevolmente la conversione in patente italiana. Interesse che il P.M. impugnante lumeggia nella circostanza che la conversione era possibile solo per patente rilasciata in Libano prima che l’imputato prendesse residenza in Italia poiché successivamente ad un tanto,il rilascio di patente italiana era possibile solo a seguito del superamento dell’apposito esame. In effetto il G.u.p. scaligero ha operato una valutazione degli elementi probatori e non già s’è limitato alla valutazione dell’opportunità di procedere al dibattimento siccome previsto dall’art. 425 cod. proc. pen In tale prospettiva dovevano esser apprezzati gli elementi contrastanti con la versione fornita dall’imputato per risolvere la contraddittorietà,come visto, palesata dalla sentenza impugnata. Dunque concorrendo il vizio denunziato la sentenza va annullata e la questione rimessa al G.u.p. presso il Tribunale di Verona per nuovo esame. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Verona - Giudice per l’udienza preliminare - per nuovo esame.