Impeccabili copie del pass disabili, inevitabile la condanna per contraffazione

Realizzare riproduzioni fotostatiche dell’originale del pass disabili” e la loro esposizione sui propri veicoli integra il reato di falsità materiale tutte le volte in cui tali documenti siano idonei ad ingannare il pubblico ufficiale.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 38816/17 depositata il 4 agosto. Il caso. L’imputato, condannato in primo grado in ordine al reato di contraffazione della concessione parcheggi invalidi per aver apposto sulle sue autovetture le fotocopie dell’originale, ricorreva in appello dove riconosciutagli la circostanza del danno di speciale tenuità, i Giudici confermavano nel resto la pronuncia resa dal Tribunale di Milano. L’imputato ricorre per cassazione deducendo il fatto che i documenti da lui prodotti non erano idonei a trarre in inganno il pubblico ufficiale. Pass disabili falso. Gli Ermellini, a tal proposito, ribadiscono che secondo un orientamento giurisprudenziale integrano il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazioni amministrative la riproduzione fotostatica dell’originale del pass disabili” attribuito ad altri e l’esposizione di tale falso sul proprio veicolo, allorché il relativo documento abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale, non presentandosi come mera riproduzione fotostatica . Nella fattispecie il reato può ritenersi integrato, in ordine alla realizzazione da parte dell’imputato di perfette riproduzioni plastificate e a colori , con l’apposizione ingannevole dello stemma comunale, idonee, dunque, ad ingannare il pubblico ufficiale. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 maggio – 4 agosto 2017, n. 38816 Presidente Diotallevi - Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 21 dicembre 2015, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa in data 10 febbraio 2014 dal Tribunale della stessa città, ha riconosciuto la circostanza del danno di speciale tenuità, fermo restando il giudizio di equivalenza con le aggravanti contestate, ed ha ridotto la pena, confermando nel resto la pronuncia impugnata, con cui M.G. , in atti generalizzato, è stato condannato per il reato di contraffazione della concessione parcheggi invalidi mediante formazione di due fotocopie dell’originale, che aveva apposto sulle autovetture in suo uso, nonché per il reato di truffa ai danni del Comune, per aver apposto i ticket su entrambe le auto parcheggiate, traendo in errore gli agenti accertatori sulla regolarità dei pass e conseguendo un profitto illecito. Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi 1 erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di considerare che i documenti erano stati prodotti con tecnica di stampa digitale difforme da quella in litografia, che caratterizza i moduli originali, così da essere inidonei a trarre in inganno 2 erronea applicazione della legge penale l’insussistenza del reato di falso di cui al capo A della rubrica farebbe venir meno la contestazione di cui al capo B, atteso che l’esposizione di un documento inidoneo a trarre in inganno non consentirebbe la consumazione della truffa per l’inidoneità del mezzo a trarre in inganno. Peraltro, al più si sarebbe realizzato un tentativo di truffa, non avendo l’esposizione della copia sortito alcun effetto 3 mancanza di motivazione in merito alla richiesta di dichiarazione dell’irrilevanza del fatto, trattandosi di episodio di oggettiva scarsissima rilevanza sul piano penale e su quello sociale. All’odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto 1 Il ricorso va rigettato. 1.1 Quanto al primo motivo, con cui il ricorrente censura la sussistenza del reato di falso ascrittogli, va affermato che la Corte territoriale ha adeguatamente motivato al riguardo cfr. f. 2 e 3 , rimarcando che la riproduzione dei pass teneva luogo dell’originale e non era stata utilizzata come fotocopia. In particolare, la Corte d’appello ha sottolineato che si trattava non di fotocopie ma di perfette riproduzioni plastificate e a colori, con l’ingannevole apposizione dello stemma comunale, la cui idoneità ad ingannare era stata provata sul campo un pubblico ufficiale e non già un utente della strada, che pure ne aveva avuto uno in visione, si era accorto dell’inganno solo per avere notato la riferibilità all’imputato di entrambi i mezzi , ove erano stati esposti i due pass. Così argomentando la Corte d’appello si è conformata all’orientamento di questa Corte Sez. 5, n. 8900 del 19.1.2016, Rv. 267711 secondo cui integrano il reato di falsità materiale commessa dal privato in autorizzazioni amministrative artt. 477 e 482 cod. pen. la riproduzione fotostatica dell’originale di un permesso di parcheggio riservato ad invalidi , attribuito ad altri, e l’esposizione di tale falso permesso sul proprio veicolo, allorché il relativo documento abbia l’apparenza e sia utilizzato come originale, non presentandosi come mera riproduzione fotostatica. 1.2 Anche il secondo motivo, relativo all’asserita insussistenza della truffa, non può trovare accoglimento, dal momento che poggia sul presupposto dell’innocuità del falso, avente ad oggetto i pass, di contro esclusa dai giudici di merito. Né può essere esaminata in questa sede la censura in ordine alla ritenuta qualificazione del reato di cui al capo B quale truffa consumata anziché tentata, atteso che tale doglianza non risulta proposta in sede di appello, sicché non è deducibile con il ricorso per cassazione. 1.3 Riguardo al terzo motivo, deve osservarsi che la doglianza, concernente l’asserita omessa motivazione da parte del giudice di primo grado sull’irrilevanza del fatto, è stata formulata in sede di appello in modo del tutto generico, essendosi l’appellante limitato ad affermare la lievità del danno, ammesso e non concesso che non si ritenga la sua irrilevanza”. In quanto generica e, dunque, originariamente inammissibile, tale censura poteva non essere presa in considerazione dal giudice di merito, con la conseguenza che essa non può essere oggetto di ricorso per cassazione cfr., ex multis, Sez. 3, n. 10709 del 25.11.2014, Rv 262700, sull’inammissibilità dei motivi di impugnazione generici, pur quando il giudice dell’impugnazione non pronunci in concreto la sanzione dell’inammissibilità . 2 Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.