L’ambito di operatività della cd. confisca allargata

La cd. confisca allargata è fondata sul requisito della disponibilità diretta o indiretta dell’interessato dei beni da sottoporre a provvedimento ablatorio e della sproporzione tra il valore di siffatti beni ed il reddito dichiarato o comunque riferibile all’attività economica svolta.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 33334/17 depositata il 10 luglio. La vicenda. La Corte d’Appello rigettava l’opposizione di due coniugi avverso il provvedimento con cui era stata disposta la confisca di diversi beni mobili, immobili e aziendali intestati al marito o alla moglie ma comunque a lui riferibili, a seguito di condanna definitiva dell’uomo per il delitto di usura. La sentenza della Corte territoriale viene impugnata in Cassazione. Confisca allargata. L’art. 12- sexies d.l. n. 306/1992, convertito in l. n. 356/1992, prevede la cd. confisca allargata, istituto fondato sul requisito della disponibilità diretta o indiretta dell’interessato dei beni da sottoporre a provvedimento ablatorio e la sproporzione tra il valore di siffatti beni e il reddito dichiarato o comunque riferibile all’attività economica svolta, comprese le risorse economiche eventualmente sottratte all’erario mediante evasione fiscale. La giurisprudenza ha ulteriormente sviluppato tale ragionamento giungendo ad affermare che i termini di raffronto dello squilibrio tra reddito dichiarato e guadagni collegabili all’attività, ai fini della confisca allargata, è indipendente da ogni vincolo di pertinenzialità con il reato. In conclusione, avendo la Corte territoriale correttamente applicato tali principi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 febbraio – 10 luglio 2017, numero 33334 Presidente Novik – Relatore Bonito Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. La Corte di appello di Catanzaro, con ordinanza del 23 gennaio 2015, rigettava l’opposizione, proposta dai coniugi C.D. e D.C.A. , avverso il provvedimento con il quale la corte distrettuale, il precedente 17 luglio 2013, in seguito alla condanna, con sentenza resa in secondo grado divenuta irrevocabile il 1 ottobre 2009, del C. medesimo per il delitto di usura, aveva disposto la confisca, ai sensi dell’art. 12 sexies dl 306/1992, conv. in l. 356/1992, di beni immobili, mobili ed aziendali intestati all’opponente ovvero intestati alla moglie e ritenuti al riferibili al marito. 2. Avverso detto provvedimento ricorrono per cassazione entrambi gli interessati, assistiti dagli avvocati Nicola Cantafora e Giovanni Vecchio, investiti con procura speciale, denunciandone la illegittimità per violazione dell’art. 12 sexies citato in riferimento, in particolare A. ai criteri utilizzati per ritenere la sproporzione tra fonti reddituali in godimento dei confiscati e valore dei beni ablati, là dove sarebbe stata parcellizzata la relativa valutazione alla dimensione temporale dell’anno in cui i singoli beni vennero acquisiti e non già alla capacità patrimoniale complessiva in quel dato momento B. alla omessa valutazione delle prove difensive favorevoli ai ricorrenti come, soprattutto, la consulenza tecnica di parte e la disponibilità certa di somme maggiori di quelle denunciate in sede di dichiarazione dei redditi collegate all’attività economica esercitata giacché elusiva dell’imposizione fiscale C. all’omessa considerazione degli scoperti bancari D. alle precise considerazioni sviluppate difensivamente in relazione all’acquisto delle autovetturet della società D.C. Legnami di D.C.A. e della Athena Immobiliare E. alle deduzioni difensive circa i beni per i quali risultava pienamente giustificata, quanto meno in parte, la legittima provenienza delle disponibilità impiegate. 3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede concludeva per il rigetto del ricorso, evidenziando la congruità delle motivazioni sviluppate dalla corte territoriale in ordine ad ogni requisito richiesto dalla disciplina in materia con puntuali riferimenti temporali ed ai beni interessati dal provvedimento. 4. Il 2 febbraio 2017 i ricorrenti, con atto sottoscritto dall’avvocato Giovanni Aricò, nella qualità di sostituto processuale dell’avvocato Giovanni Vecchio, depositavano note di replica alla requisitoria del P.G., in particolare insistendo nelle ragioni già diffusamente sviluppate col ricorso principale, ulteriormente deducendo al fine di dimostrarne la mancata considerazione da parte del rappresentante della pubblica accusa. In tali contesti richiamavano altresì l’atto difensivo cospicue pronunce di legittimità, testualmente riportate là dove coerenti con le tesi difensive, evidenziando, infine, che la consumazione del reato per il quale è intervenuta condanna risale al 2000, mentre le acquisizioni patrimoniali sottoposte a confisca risalgono al periodo 1986/1996, circostanza questa idonea a giustificare un accoglimento quanto meno parziale della doglianza difensiva, tenuto contro di significativi arresti di legittimità al riguardo, del tutto favorevoli alle tesi difensive. 5. Il ricorso è infondato. 5.1 La confisca cosiddetta allargata , di cui all’art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992, numero 356, ha come requisito principale la disponibilità diretta o indiretta dell’interessato dei beni da sottoporre al provvedimento ablatorio ed il loro valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato ovvero riferibile all’attività economica dal medesimo esercitata, in esso includendo le risorse economiche eventualmente sottratte all’erario mediante condotte di evasione fiscale in quanto comunque collegate ad una attività economica lecita. In tale senso si è espresso l’insegnamento di legittimità, nel suo più autorevole livello Sez. U, numero 33451 del 29/05/2014, Rv. 260247 pure citata dalla stessa difesa . Siffatta sproporzione, inoltre, secondo disposto normativo, non deve risultare lecitamente giustificata. I termini di raffronto dello squilibrio sono pertanto fissati dal reddito dichiarato e dai guadagni collegabili alle attività economiche in riferimento al momento dei singoli acquisti ed al valore delle acquisizioni di volta in volta maturate così SS. UU. 17.12.2003, numero 920, Montella, Rv. 226490 indipendentemente da qualsivoglia vincolo di pertinenzialità tra acquisto e reato SS.UU. cit. rv. 226491 v. Corte cost., ord. 29 gennaio 1996, numero 18 . La presunzione detta di illecita accumulazione patrimoniale opera, infine, anche in riferimento ai beni intestati al coniuge ove non risulti la riconducibilità dell’acquisto ai redditi derivanti dall’attività di lavoro svolta da quest’ultimo così da ultimo Cass., sez. 2, numero 4479 del 3.12.2009, Lo Bianco, rv. 243278 . 5.2 Tanto premesso sul piano dei principi e tornando, come di necessità, al caso concreto, osserva il Collegio che la Corte territoriale ha fatto di essi applicazione corretta, con provvedimento esaustivamente e logicamente argomentato, nel quale si dà atto sia delle ragioni difensive che di quelle articolare dalla consulenza di parte. Molto valorizzando infatti, legittimamente, la perizia di ufficio, la corte territoriale, ha ritenuto dimostrata la sproporzione tra redditi dichiarati o derivanti dalle attività economiche e le acquisizioni o gli incrementi patrimoniali riferibili al condannato ed al coniuge, valutati nello specifico tenendo conto dei diversi periodi temporali. Orbene, a fronte delle coerenti motivazioni impugnate, la difesa ricorrente oppone considerazioni e valutazioni meramente alternative, tra queste comprendendo il rilievo, tipicamente di merito, in ordine alla distanza temporale tra talune acquisizioni e tempo del reato. Ha poi la corte di merito correttamente considerato gli scoperti bancari che, in quanto tali, non possono certo trasformarsi in utilità, rimanendo mere disponibilità attive di valenza debitoria, ed ogni deduzioni difensiva, a partire dai periodi presi in esame, decorrenti non già dal 1986, come assunto dalla difesa, ma dal 1989, ed inoltre puntualmente richiamando i beni confiscati, i periodi di acquisizione e la evidente sproporzione tra il valore di queste ed i redditi familiari accertati ed accertabili nei correlati periodi. 6. Il ricorso va, in conclusione rigettato ed i ricorrenti condannati, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali. P.T.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.