Basta una banconota per l’istigazione alla corruzione

Definitiva la condanna nei confronti di un detenuto che ha proposto 50 euro a un assistente della Polizia penitenziaria. Suo obiettivo era ottenere un trattamento di favore nelle assunzioni lavorative all’interno della casa circondariale.

Anche una sola banconota può costare una condanna per istigazione alla corruzione”. Esemplare la condanna nei confronti di un detenuto che ha offerto 50 euro a un agente per vedersi favorito nella corsa a un’assunzione lavorativa all’interno della casa circondariale. Cassazione, sentenza n. 31878, sez. VI Penale depositata il 3 luglio 2017 Serietà. Intransigenti si son mostrati i giudici, sia in Tribunale che in Corte d’Appello l’uomo, di origine romene, detenuto nel carcere di Torino, è stato punito con quattordici mesi di reclusione per istigazione alla corruzione . Egli ha offerto la somma di 50 euro a un assistente di Polizia penitenziaria per convincerlo a riservargli un trattamento preferenziale nella assunzione interna alla casa circondariale . A chiudere la vicenda, ribadendo le valutazioni compiute in secondo grado, sono ora i giudici della Cassazione. Anche per loro è legittimo parlare di istigazione alla corruzione , non essendoci dubbi sulla serietà della proposta fatta dal detenuto. Respinte, di conseguenza, le obiezioni proposte dal difensore dello straniero. Ad avviso dei magistrati, difatti, l’offerta doveva considerarsi seria ed effettiva non solo per le modalità pratiche con cui era stata avanzata ma anche per il fatto che essa era stata rivolta proprio alla persona che aveva la materiale ed effettiva possibilità di alterare l’ordine della graduatoria relativa ai lavori possibili in carcere.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 giugno – 3 luglio 2017, n. 31879 Presidente Rotundo – Relatore Gianesini Ritenuto in fatto e considerato in diritto - ritenuto che il Difensore di P.A. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di TORINO ha confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla pena di un anno e due mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 322, secondo comma cod. pen. per avere offerto la somma di 50 Euro ad un Assistente di Polizia Penitenziaria per indurlo a riservargli un trattamento preferenziale nella assunzione lavorativa interna alla Casa Circondariale di - ritenuto che il ricorrente ha dedotto vizi di motivazione per non avere la Corte adeguatamente approfondito il tema della serietà della proposta dell’imputato in riferimento alle condizioni dell’offerente e del tempo e luogo in cui l’episodio si era collocato - considerato che il ricorso è stato proposto per motivi manifestamente infondati in quanto la Corte ha specificamente affrontato il tema sollevato dal ricorrente con l’osservazione che l’offerta doveva considerarsi seria ed effettiva non solo per le modalità pratiche con le quali era stata avanzata ma anche in considerazione del fatto che la stessa era stata rivolta proprio a colui che aveva la materiale ed effettiva possibilità di alterare, nel senso richiesto dall’imputato, l’ordine della graduatoria tramite l’inserimento di dati alterati - considerato conseguentemente che il ricorso va dichiarato inammissibile con le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di millecinquecento Euro a favore della cassa delle ammende.