Segretario comunale e sindaco complici nel falsificare il rendiconto di bilancio

Ai fini del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo quello destinato ad assolvere ad una funzione attestativa o probatoria esterna con riflessi diretti nei rapporti tra P.A. e privati, ma anche i cd. atti interni destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24878/17 depositata il 19 maggio. Il caso. La Corte d’appello di Torino dichiarava estinti per prescrizione i reati ascritti al segretario comunale e al sindaco di un piccolo comune astigiano per aver falsificato il rendiconto di bilancio dell’ente per gli anni 2005 e 2006. Le due donne ricorrono per la cassazione della sentenza. Falso in atto pubblico. La Corte di legittimità afferma in primo luogo che il bilancio di un Comune, in quanto ente pubblico territoriale, è un atto pubblico che promana dal consiglio comunale ma che ha valenza anche esterna rappresentando non un mero risultato economico della gestione dell’ente ma l’illustrazione degli scopi amministrativi e politici perseguiti dallo stesso. Tale atto può dunque essere oggetto di falsificazione, sia materiale che ideologica come nel caso di specie . Ma anche i singoli atti prodromici all’approvazione possono essere frutto di un falso. La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di sottolineare la rilevanza dei falsi che attendono agli atti interni di un procedimento amministrativo, posto che, ai fini del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo quello destinato ad assolvere ad una funzione attestativa o probatoria esterna con riflessi diretti nei rapporti tra P.A. e privati, ma anche i cd. atti interni e dunque quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo. Ciò premesso, la sentenza impugnata risulta erronea nella parte in cui ha dedotto la responsabilità delle due imputate anche per i rendiconti successivi a quelli per cui era accertato il falso relativi agli anni dal 2002 al 2004 . La sentenza deve dunque essere cassata e le due imputate devono essere assolte per non aver commesso il fatto. Per questo motivo, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 14 marzo – 19 maggio 2017, n. 24878 Presidente Lapalorcia – Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1 - Con sentenza del 16 dicembre 2015, la Corte di appello di Torino, per quanto qui di interesse, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Asti che aveva ritenuto M.G. e Lucia A.E. colpevoli dei reati loro ascritti ai capi I ed L della rubrica, dichiarava gli stessi estinti per prescrizione, confermando le statuizioni civili poste a loro carico. Gli addebiti erano i seguenti - al capo I, il delitto di cui agli artt. 110, 48 e 479 cod. pen., per avere, la prima, quale segretario comunale del Comune di e quale esecutrice materiale del fatto, la seconda, quale sindaco del medesimo comune, nel ruolo di istigatore, predisposto il bilancio comunale in modo da appostare le somme ricevute a titolo di mutuo dalla Cassa depositi e prestiti nel titolo terzo delle entrate extra-tributarie piuttosto che nel titolo quinto dei prestiti, appunto inducendo così in errore il consiglio comunale che approvava il rendiconto 2005 così attestandone la veridicità, e ciò contrariamente al vero - al capo L, il delitto previsto dagli artt. 110, 48 e 479 cod. pen., perché, nelle qualità e nei ruoli già indicati, e con le medesime condotte, inducevano il consiglio comunale ad approvare il rendiconto 2006, così attestandone la sua veridicità, nonostante l’indicata falsità. Fatti commessi rispettivamente il omissis ed il omissis . La Corte territoriale riteneva - che non sussistesse la lamentata immutazione dell’accusa per il fatto che il Tribunale aveva ritenuto che le imputate avessero agito in concorso con i consiglieri senza quindi indurli in errore posto che la loro condotta era rimasta, per il resto, identica a quanto loro contestato - che le dichiarazioni raccolte del successivo sindaco eletto nel maggio 2006, del consulente del pubblico ministero, del nuovo segretario comunale, di esponenti dell’amministrazione comunale, di dipendenti della medesima ed i documenti acquisiti avevano consentito di appurare i fatti, l’irregolare appostazione delle somme percepite a mutuo, una condotta già consumata in occasione della redazione ed approvazione dei precedenti rendiconti, dal 2002 al 2004 - che erano infondate le censure relative alla misura della provvisionale a favore della parte civile, il Comune di . 2 - Propongono distinti ricorsi le imputate, a mezzo dei rispettivi difensori. 2 - 1 - L’Avv. Ugo Colonna, per M.G. , con l’unico motivo, deduce la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 110, 479 cod. pen., 192 cod. proc. pen., 227 e ss. TU enti locali n. 267/2000 , ed il difetto di motivazione in relazione alla declaratoria di responsabilità della M. . La ricorrente era cessata dalla carica di segretario del Comune di dal gennaio 2006 e, quindi, prima che il bilancio fosse redatto, bilancio che, peraltro, era stato approvato, mesi dopo, nella medesima forma, dai consiglieri comunali nonostante che il nuovo segretario avesse rilevato le anomalie. La ricorrente non aveva in alcun modo partecipato alla redazione del progetto di bilancio relativo al 2005 e tantomeno a quello del 2006. Aveva errato la Corte ritenendo che tale condotta potesse ricavarsi dal fatto che i precedenti rendiconti, alla cui stesura la M. aveva dato il proprio contributo, presentassero le medesime falsità, perché, in tal modo, non si era, affatto, individuato la condotta che la ricorrente avrebbe posto in essere per determinare la falsità anche dei rendiconti degli anni 2005 e 2006. Si doveva inoltre considerare il fatto che le appostazioni irregolari avrebbero ben potuto essere modificate in sede di approvazione dei bilanci ed anche nel corso della loro redazione. 2 - 2 - L’Avv. Enrico Rabino, per A.L., con l’unico motivo, deduce la violazione di legge, ed in particolare degli artt. 110, 479 cod. pen., 192, 521 cod. proc. pen. e del testo unico enti locali, ed il vizio della motivazione in riferimento alla dichiarata responsabilità della prevenuta. L’avere ritenuto che la ricorrente non avesse indotto in errore, istigando la segretaria comunale, i consiglieri comunali ma avesse agito in concorso con gli stessi, aveva prodotto un mutamento dell’accusa, determinando la nullità della decisione ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen La Corte territoriale non aveva poi tenuto conto del fatto che l’art. 153 TU enti locali non prevede che il sindaco possa ingerirsi nel procedimento di redazione del bilancio che è nella diretta responsabilità del responsabile del servizio finanziario dell’ente e, sul piano politico, dell’assessore a ciò delegato. Si era poi accertato che il segretario comunale che aveva sostituito la M. aveva segnalato le irregolarità contabili, con lettera del 15 marzo 2006, e che la ricorrente aveva chiesto spiegazioni al responsabile del servizio, con missiva dell’Il aprile 2006. Il servizio aveva risposto con nota del 20 aprile 2006 e la Giunta aveva deciso di inviare il carteggio alla Procura della Corte dei Conti il 26 aprile 2006. Prima dell’approvazione del bilancio l’amministrazione era stata sostituita con regolari elezioni. Considerato in diritto I ricorsi proposti nell’interesse delle imputate sono fondati. 1 - Non vi è innanzitutto dubbio che il bilancio di un ente pubblico territoriale, quale è un Comune, sia un atto pubblico così espressamente Sez. 5, n. 2091 del 26/09/1995, Savino, Rv. 202656 perché promana dal consiglio comunale ed è un atto anche a valenza esterna e, per quanto attiene al bilancio consuntivo nel caso di specie di questo si tratta , illustra quali siano state le spese sostenute e gli introiti realizzati, finendo per rappresentare non il mero risultato economico dell’ente nell’anno precedente ma anche l’illustrazione degli scopi amministrativi e politici perseguiti dall’amministrazione. In quanto documento rappresentativo di dati è del tutto evidente che possa essere oggetto di falsificazione sia materiale, sia ideologica. Nel caso di specie l’avere appostato la somma ricevuta dalla Cassa depositi e prestiti come entrata extratributaria e, quindi, come ricavo, piuttosto che come prestito, qual era, costituisce un’ipotesi di falsità ideologica, in quanto si occulta il fatto che la somma pervenuta dovrà essere restituita, modificando così il risultato economico dell’ente. 2 - Il bilancio consuntivo dell’ente comunale perviene alla sua definitiva approvazione da parte del consiglio ad esito di una procedura che è disciplinata nel Testo unico degli enti locali, agli artt. 227 e seguenti, ed è evidente che il procedimento comporta una serie di atti interni che possono a loro volta essere il frutto di un falso, materiale o ideologico. Questa Corte ha già più volte confermato la rilevanza dei falsi che attengono agli atti interni di un procedimento amministrativo Sez. 5, n. 9368 del 19/11/2013, Budetta, Rv. 258952 Sez. 5, n. 4322 del 06/11/2012, Camera, Rv. 254388 , ricordando che, ai fini della configurazione del reato di falso ideologico in atto pubblico, costituisce atto pubblico non solo l’atto destinato ad assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed immediati nei rapporti tra privati e P.A., ma anche gli atti cosiddetti interni cioè sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, sia quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale - conforme o meno allo schema tipico ponendosi come necessario presupposto di momenti procedurali successivi. Era pertanto possibile pervenire alla declaratoria di responsabilità delle prevenute anche nel caso in cui, accertato il fatto storico che costoro non avevano contribuito ad approvare i rendiconti relativi agli anni 2005 e 2006 perché non erano più in carica, si fosse potuto dimostrare che costoro avevano formato o concorso a formare atti interni al procedimento che aveva determinato le falsità contenute nell’atto finale. 2 - Tutto ciò premesso in diritto, l’argomentazione della Corte territoriale, nel confermare la condanna delle prevenute a risarcire il danno alla costituita parte civile i delitti erano estinti per prescrizione , è del tutto carente quando ritiene di individuare le condotte concretamente ascrivibili alle imputate. La Corte territoriale, infatti, ha dedotto la loro responsabilità esclusivamente dalla circostanza che i rendiconti degli anni precedenti, dal 2002 al 2004, erano affetti dal medesimo falso constatato anche nei due rendiconti successivi. Non tenendo però conto del fatto che il precedente bilancio si pone, nei confronti del successivo, in corso di redazione, come un presupposto, sostanzialmente come un atto preparatorio senza, quindi, rilievo penale che ne fornirà solo lo schema di partenza. Altrimenti opinando si perverrebbe alla conclusione, palesemente incongrua, che, formato un atto pubblico falso, il responsabile risponderebbe, in concorso e non ai sensi dell’art. 48 cod. pen., la cui ricorrenza è stata esclusa nella presente fattispecie , non solo del falso a cui avrebbe fornito il proprio diretto contributo ma, anche, di tutti i successivi, ed analoghi, falsi, commessi anche a distanza di anni, da altri soggetti nella piena consapevolezza di consumarli. A tale ultimo proposito, poi, manifestamente infondato è l’argomento della parte civile che assume come l’approvazione del rendiconto con l’appostazione falsa da parte della nuova amministrazione comunale fosse necessitata , visto che è del tutto pacifico, invece, che, una volta che si era accertato che le somme ricevute a prestito erano confluite in una voce diversa da quella propria, il rendiconto doveva essere corretto ed approvato depurandolo da tale falsità, eventualmente correggendo anche le errate registrazioni in contabilità. 3 - Ne consegue che non emergendo dagli atti, e non avendo entrambi i giudici del merito, individuato alcun atto, alcuna disposizione, ad opera delle due imputate il segretario comunale M. si era dimessa alla fine di gennaio 2006 e, così, il periodo in cui avrebbe potuto agire era assai ristretto del sindaco A. sono stati riferiti i soli interventi successivi al rilievo delle anomalie da parte del nuovo segretario comunale, interventi che avrebbero, al più, dovuto impedire l’approvazione del rendiconto nella forma, falsa, adottata degli anni precedenti , che consenta di affermare che, nel corso della formazione del rendiconto dell’anno 2005 quanto al rendiconto dell’anno 2006, formato nel primo semestre del 2007, le stesse erano da mesi lontane dal municipio , costoro abbiano contribuito a redigerlo mantenendo la falsa appostazione indicata in imputazione, le imputate M. ed A. vanno assolte per non avere commesso il fatto rivelandosi inutile un rinvio per nuovo esame posto che la dettagliata ricostruzione degli accadimenti da parte dei giudici del merito esclude che si possa, con un nuovo giudizio, individuare quel che non si era prima accertato, un positivo contributo delle imputate alla formazione dei rendiconti 2005 e 2006 . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere le imputate commesso il fatto.