L’imprudenza del dipendente non salva il datore di lavoro

In materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento, anche quando sia riconducibile all’area di rischio propria delle lavorazioni svolte. In tal senso, il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore e le sue conseguenze presentino caratteri di eccezionalità, abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 16123/17 depositata il 30 marzo. La vicenda sottostante Un dipendente assunto in nero” alle dipendenze di una ditta di commercio all’ingrosso di legname, durante lavori di taglio di arbusti con una motosega, in zona impervia di montagna, cadeva da un costone alto circa 8 metri impattando sull’asfalto sottostante e subendo lesioni gravissime che ne cagionavano, di lì a poco, la morte. Il giovane straniero, appena ventenne, non aveva ricevuto alcuna informazione sui rischi che correva né alcuna attività di formazione. Inoltre il datore di lavoro non risultava nemmeno aver redatto alcun documento di valutazione dei rischi. Ne conseguiva la condanna del medesimo per omicidio colposo e per la contravvenzione di cui all’art. 29 d.lgs. n. 81/2008. e quella processuale. Avverso la sentenza di condanna a 3 anni di reclusione e 4 mesi di arresto irrogata dal Tribunale ricorreva in appello l’imputato, deducendo sia l’insussistenza di un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente, che la palese condotta colposa posta in essere dal giovane, poi malauguratamente deceduto in seguito ad una rovinosa quanto imprevedibile caduta dall’alto. La Corte d’appello di Trieste, presa visione delle dichiarazioni testimoniali assunte in primo grado e dei documenti prodotti, che comprovavano giorni e tempi di svolgimento dell’attività lavorativa da parte del giovane, riteneva per contro pienamente dimostrato lo svolgimento di una attività lavorativa in nero, quanto palesi gli inadempimenti del datori di lavoro, causalmente collegati all’evento mortale. Alla conferma della condanna resa da parte della Corte d’appello seguiva immediato ricorso per cassazione del difensore dell’imputato, che deduceva la sussistenza di un vizio di motivazione della impugnata sentenza, laddove la stessa non aveva rilevato come il sinistro mortale fosse stato conseguenza esclusiva di una gravissima negligenza del lavoratore. Quest’ultimo, infatti, contravvenendo a specifica disposizione impartita dal titolare di non salire sugli alberi, si era spostato da un albero all’altro in totale sprezzo del pericolo, sino ad incorrere nella caduta con le note conseguenze mortali. Con altro motivo, si doleva il ricorrente della eccessività del trattamento sanzionatorio. La soluzione resa dagli Ermellini. Rileva la Cassazione come sia ormai assolutamente consolidato il principio per cui, in tema di sicurezza sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria delle lavorazioni svolte dal dipendente. La conseguenza è che il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità solo nelle ipotesi in cui il comportamento del lavoratore e le sue conseguenze presentino i caratteri della eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute. La mera condotta colposa, per quanto macroscopica del dipendente, non assurge dunque di per sé ad elemento tale da escludere la penale responsabilità del datore di lavoro. Ciò è tanto più vero allorché, come nel caso in esame, la condotta colposa del dipendente possa ragionevolmente essere considerata conseguenza diretta degli inadempimenti del datore di lavoro agli obblighi informativi e formativi verso quel dipendente. La condanna viene, dunque, confermata in sede di legittimità anche nella severità del trattamento sanzionatorio, inflitto dai giudici di merito, che consegue necessariamente alla gravita del fatto morte di un giovane di venti anni , così come alla rilevanza delle violazioni poste in essere dal datore di lavoro assunzione di un dipendente in nero”, completa omissione del prescritto documento di valutazione dei rischi, totale inadempimento degli obblighi di informazione e formazione del dipendente .

Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, sentenza 16 novembre 2016 – 30 marzo 2017, n. 16123 Presidente Romis – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25/5/2015 la Corte di Appello di Trieste confermava la pronuncia di condanna di primo grado emessa a carico di B.A. per il delitto di cui all’art. 589 cod. pen. per omicidio colposo in danno di M.S. , nonché per la contravvenzione di cui agli artt. 29, comma 1, 55 d.lgs. 81 del 2008 acc. in Tramonti di Sotto il 1/6/2012, decesso del 7/6/2012 . Con la sentenza veniva anche confermata la pena di anni tre di reclusione per l’omicidio e mesi quattro di arresto per la contravvenzione, nonché ribadite le statuizioni di condanna civili. All’imputato, in qualità di titolare della omonima ditta di commercio all’ingrosso di legname, era stato addebitato di avere fatto svolgere al lavoratore M. , assunto irregolarmente e privo di formazione professionale, lavori di taglio arbusti in zona impervia di montagna, senza predisporre l’adozione di misure di sicurezza e un servizio di primo soccorso, tenuto conto che nella zona non vi era campo per telefoni cellulari. In tale contesto il lavoratore, mentre si trovava con una motosega a tagliare arbusti su un costone ad altezza di circa 8 mt., scivolava impattando violentemente sull’asfalto e riportando lesioni che lo conducevano a morte. Osservava la Corte di merito che, contrariamente alla tesi sostenuta dall’imputato, il M. era un vero e proprio dipendente assunto in nero ciò lo si desumeva non solo dalle deposizioni testimoniali, ma anche dalla documentazione attestante i giorni e gli orari di lavoro svolti dalla vittima. La palese violazione delle norme prevenzionali che avevano consentito il concretizzarsi del rischio, imponevano la conferma della condanna, non solo per l’omicidio colposo, quanto anche per la contravvenzione di cui all’art. 29 d.lgs. 81 del 2008, non avendo il B. , datore di lavoro, elaborato il documento di valutazione dei rischi. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando il vizio della motivazione laddove il giudice di merito non aveva rilevato che l’infortunio era stato il frutto di una grave negligenza del lavoratore il quale, nonostante gli fosse stato impartito l’ordine di non salire sugli alberi, si spostava da un albero ad un altro in modo spericolato e senza utilizzare scarpe idonee. Ha lamentato, inoltre la eccessività del trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Questa Corte ha più volte ribadito che, in materia di infortuni sul lavoro, la condotta incauta del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute ex plurimis, Sez. 4, n. 21587 del 23/03/2007, Rv. 236721 Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013, dep. 2014, Rv. 259313 Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Rv. 259227 Sez. 4, n. 7267 del 10/11/2009, dep. 23/02/2010, Rv. 246695 . Nel caso in esame, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, il M. ha patito l’infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro consistente taglio arbusti in zona di montagna. Pertanto non ha posto in essere alcun comportamento anomalo tale da poter essere qualificato come abnorme ed idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta omissiva dell’imputato e l’evento. 3. Peraltro, anche volendo per mera ipotesi ritenere connotata da imprudenza la condotta della vittima, va tenuto conto che si trattava di lavoratore assunto in nero, il rischio del cui lavoro non era stato valutato e che non aveva avuto alcuna formazione ed informazione. Pertanto opererebbe il principio già sancito da questa Corte, secondo il quale Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi Sez. 4, Sentenza n. 39765 del 19/05/2015, Vallani, Rv. 265178 . 4. Quanto al trattamento sanzionatorio, la corte di merito ha ritenuto l’imputato non meritevole delle attenuanti generiche e diminuzioni di pena, tenuto conto della gravità delle modalità del fatto, che aveva mietuto come vittima un giovane di venti anni nonché in ragione dei precedenti penali sul B. gravanti. La coerenza e logicità della motivazione rendono anche su tale punto incensurabile la sentenza. Si impone per quanto detto il rigetto del ricorso a cui consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.