Una lite con la compagna, per quanto violenta, non giustifica l’evasione dai domiciliari

Perchè si configuri lo stato di necessità che costringe il condannato alla misura cautelare della detenzione domiciliare ad abbandonare il proprio domicilio, è necessario, ai sensi dell’art. 54 c.p., un pericolo attuale di danno grave alla persona.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6429/17 depositata il 10 febbraio. Il caso. La Corte di appello di Ancona confermava la condanna inflitta ad un soggetto per il reato di evasione dalla detenzione domiciliare. Il condannato proponeva ricorso in Cassazione, adducendo il vizio di motivazione e la violazione di legge relativamente alla configurabilità dell’evasione il ricorrente, infatti, a seguito di una violenta lite , era stato scacciato di casa dalla convivente . Contro ciò, nulla aveva potuto, andandosi quindi a configurare lo stato di necessità, ex art. 54 c.p. Non per questo però poteva desumersi la sussistenza dell’elemento psicologico o alcun motivo valido per considerare la effettiva volontà di quest’ultimo di violare la misura cautelare, mancando appena 27 giorni alla definitiva espiazione della pena. Il soggetto, tra le altre cose, aveva atteso l’arrivo dei Carabinieri, immediatamente allertati dalla donna, a circa 50 metri di distanza dall’abitazione da cui era stato scacciato. L’evasione dalla detenzione domiciliare per andare dai Carabinieri. La Corte di Cassazione parte dalla questione della configurabilità del reato di evasione, quando la condotta consiste nel volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e nella presentazione presso la stazione dei Carabinieri, al fine di essere ricondotto in carcere. Risulta, in tal proposito, prevalere la soluzione della configurabilità ex plurimis sentenza n. 8614/16 e n. 11679/12 . La sottrazione alla sfera di vigilanza degli organi di controllo. Per quanto riguarda il caso di specie, però, ci sono differenze con la fattispecie appena delineata l’imputato non si è diretto dai Carabinieri, ma è stato ritrovato nei pressi dell’abitazione. E il ritrovamento ad opera dell’autorità di polizia è avvenuto solo grazie alla segnalazione di un terzo la compagna . In quest’ipotesi, infatti, non si può escludere la configurazione di una reale sottrazione dell’imputato alla sfera di vigilanza degli organi di controllo . Il dubbio stato di necessità. Tra l’altro, sarebbe anche dubbia la ragione per cui vi sarebbe stato pericolo di danno grave alla persona, e successiva integrazione dello stato di necessità ex art. 54 c.p., qualora l’imputato fosse rimasto nel domicilio adibito a luogo di detenzione per il breve tempo necessario all’arrivo dei Carabinieri. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 gennaio 2017 – 10 febbraio 2017, n. 6429 Presidente Carcano – Relatore Corbo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza emessa il 17 febbraio 2014, la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Ascoli Piceno che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia D.P.M. con riferimento al reato di evasione dalla detenzione domiciliare, commesso in data omissis . 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe, l’avvocato Alessandro Angelozzi, quale difensore di fiducia del S., con due distinti atti. Nel primo atto, datato 27 marzo 2014, si lamenta violazione di legge, in riferimento all’art. 54 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. pen., avendo riguardo all’omessa motivazione circa la necessità per l’imputato di abbandonare l’abitazione presso la quale era in corso la detenzione domiciliare. Si deduce che il D.P. era stato scacciato di casa dalla convivente, all’esito di una violenta lite, ed era rimasto a circa 50 metri dall’abitazione in attesa dei Carabinieri, immediatamente allertati dalla donna, e che nulla la sentenza ha detto su tale condizione, integrante lo stato di necessità, omettendo anche di considerare che l’imputato non aveva altre ragioni per violare formalmente la misura, atteso che mancavano 27 giorni alla definitiva espiazione della pena. Nel secondo atto, datato 31 luglio 2014, si lamenta violazione di legge, in riferimento all’art. 385 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. pen., avendo riguardo all’omessa motivazione circa il difetto dell’elemento psicologico, desumibile dalle medesime circostanze fattuali esposte per addurre lo stato di necessità. In data 6 dicembre 2016, l’avvocato Angelozzi ha depositato memoria, con la quale ha richiamato le circostanze fattuali precedentemente esposte ed ha invocato l’applicazione del principio accolto da Sez. 6, n. 33266 del 05/07/2016. 3. Il ricorso è infondato. Effettivamente controversa è la questione circa l’integrazione del reato di evasione in caso di condotta di volontario allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare e di presentazione presso la stazione dei Carabinieri ancorché per chiedere di essere ricondotto in carcere, anche se risulta nettamente prevalere la soluzione che ravvisa la configurabilità dell’illecito penale cfr., nel senso della configurabilità del reato, tra le tante, Sez. 6, n. 8614 del 25/02/2016, Cantiello, Rv. 266508, e Sez. 6, n. 11679 del 21/03/2012, Fedele, Rv. 252192 nel senso opposto, Sez. 6, n. 43791 del 09/10/2013, Somaio, Rv. 257487, nonché Sez. 6, n. 33266 del 05/07/2016, citata dalla difesa . Tuttavia, nel caso di specie, la fattispecie presenta tratti distintivi caratterizzanti secondo quanto indicato nella sentenza impugnata e non contestato nel ricorso, l’imputato, dopo la lite con la convivente, si è limitato ad allontanarsi dal luogo di detenzione domiciliare, ed è stato ritrovato a circa 50 metri di distanza da quell’abitazione dai Carabinieri, intervenuti perché chiamati dalla convivente. In questa ipotesi, infatti, diversamente da quella indicata in precedenza, non può affermarsi l’assenza di una reale sottrazione dell’imputato alla sfera di vigilanza degli organi di controllo e, dunque, di una sostanziale soluzione di continuità dello stato di restrizione del medesimo l’allontanamento del D.P. dal luogo di detenzione non è stato seguito dalla spontanea presentazione dello stesso presso l’autorità di polizia e nemmeno da una personale richiesta di intervento indirizzata a quest’ultima, in quanto i Carabinieri sono risultati edotti della vicenda solo perché informati da altra persona. Né, d’altro canto, è stato in qualche modo allegato per quale ragione la permanenza nel domicilio adibito a luogo di detenzione, in attesa dell’arrivo dell’autorità di polizia avrebbe determinato un pericolo attuale di un danno grave alla persona, nei termini richiesti dall’art. 54 cod. pen. per l’integrazione dello stato di necessità. 4. All’infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.