Il termine per la querela decorre dalla nomina del curatore speciale

In tema di violenza sessuale in danno di vittima inferma di mente, la nomina del curatore speciale per la presentazione della querela avviene sempre su richiesta del pubblico ministero e mai su istanza di parte, e il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno della nomina del curatore, con la conseguenza che, in qualunque momento, anteriore alla prescrizione del reato, il curatore venga nominato, è da tale momento soltanto che il termine comincia a decorrere, senza alcuna considerazione del momento in cui fu commesso il reato e di quello in cui se ne ebbe notizia.

Lo ha confermato la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3085, depositata il 23 gennaio 2017. La presentazione personale della querela La materia della formalità della querela trova la propria disciplina nell’art. 337 c.p.p Tale condizione di procedibilità dell’azione penale può essere validamente rispettata in base ad una differente regolamentazione, a seconda che la relativa presentazione avvenga personalmente ad opera del querelante, oppure per mezzo di terzi o mediante il servizio postale. Orbene, nella prima ipotesi querela sporta personalmente , il soggetto che propone la querela deve essere sempre identificato dal Pubblico Ufficiale, per ovvie esigenze di certezza in ordine alla provenienza dell’atto. Nello specifico, la dichiarazione di querela può essere proposta per iscritto, anche in carta non bollata c.d. carta semplice , oppure oralmente. Ove la querela sia sporta oralmente, deve peraltro essere redatto un verbale scritto, che va firmato dal querelante oltre che, ovviamente, dai Pubblici Ufficiali verbalizzanti art. 357, comma 2, lett. a, c.p.p. . L’identificazione del soggetto deve inoltre essere effettuata anche nel caso in cui la querela sia oggetto di remissione art. 340 c.p.p. allo stesso modo, deve essere compiutamente identificato pure chi accetta la predetta remissione. e la querela spedita per posta o presentata mediante terzi. Diverso è il caso in cui la dichiarazione di querela sia inviata per mezzo del servizio postale, oppure sia presentata da soggetti terzi rispetto a quello che intende manifestare la volontà di procedere in ordine ad un fatto previsto dalla legge come reato. In tale ipotesi, infatti, la sottoscrizione del querelante deve essere oggetto di specifica autenticazione da parte del Pubblico Ufficiale che riceve la querela. La testimonianza della persona offesa La sentenza in commento verte in tema di reati sessuali. Come è noto, in generale, nel nostro sistema processuale manca una specifica normativa dettata a tutela della vittima-testimone, la cui posizione viene sostanzialmente equiparata a quella di qualsiasi altro teste che debba essere escusso, e ciò ad eccezione delle sole regole dettate in tema di audizione del minore le quali, pertanto, possono ritenersi uniche eccezioni in materia. Tali regole infatti limitano, in considerazione della necessità di tutelare soggetti in condizioni di maggiore debolezza psichica, il diritto al pieno contraddittorio dell’imputato che, in sede dibattimentale, trova la sua espressione nella cross-examination di ciascuna fonte di prova orale. La decisività della deposizione dibattimentale, se da un lato esalta il principio del pieno contraddittorio nella formazione della prova dinanzi al Giudice, dall’altro espone la vittima del reato al pericolo di maggiori pressioni o sollecitazioni, al fine di ottenere una più o meno completa ritrattazione, aumentando così notevolmente la possibilità che, alle sofferenze patite al momento della consumazione dell’episodio delittuoso, ne seguano altre, ancor più penose, nel periodo antecedente l’audizione dibattimentale od anche in sede di incidente probatorio. deve essere scevra da contraddizioni logiche. Ciò premesso sul piano generale, ci si è chiesti se ed in che termini la testimonianza della persona offesa specie nel caso di delitti contro la libertà sessuale possa essere ritenuta attendibile e credibile, in particolare nelle ipotesi in cui si tratti dell’unica prova diretta della riferita violenza. Uno degli aspetti più rilevanti della riforma dei reati sessuali intervenuta con la legge n. 66/1996 è consistito nella eliminazione della distinzione tra violenza carnale ed atti di libidine a differenza di quanto avviene in altre legislazioni penali europee, fra cui ad esempio quella spagnola, che ancora distingue fra aggressioni, abusi e molestie sessuali , sicché l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 609 bis c.p. sussiste ogni qual volta che un qualunque atto di natura sessuale sia compiuto con violenza. L’unificazione delle fattispecie risponde a giustificazioni di carattere sia astratto che tecnico sotto il primo profilo, infatti, è rispondente all’esigenza di affermare il principio assoluto di inviolabilità del corpo umano e della pari gravità di ogni condotta lesiva del predetto bene, attribuendosi maggiore rilevanza alla dignità della persona, sicché la mutata oggettività giuridica del reato e l’unicità del bene giuridico protetto, la libertà sessuale corollario del più ampio diritto alla libertà personale, impongono di riconoscere la natura illecita a qualunque violazione del diritto alla libera estrinsecazione della propria sessualità a prescindere dalle concrete modalità esecutive della condotta.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 ottobre 2016 – 23 gennaio 2017, n. 3085 Presidente Amoresano – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Milano ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale il tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di L.P. perché l’azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela in ordine al reato di cui agli artt. 609-bis 1 e 2 comma, n. 1 61 n. 5 del codice penale art. 36 L. 5 febbraio 1992 n. 104, perché, avendo conosciuto la persona offesa, G.V. , nata il omissis , tramite il sito incontri , dopo averla frequentata per qualche giorno, abusando delle sue condizioni di inferiorità fisio-psichica insufficienza mentale di grado medio con disformismo e difficoltà relazionale ed invalida all’80% , la costringeva con forza a subire atti sessuali consistiti in ripetute penetrazioni, anche anali, con eiaculazione ed in particolare dopo aver concordato con la ragazza un incontro, la conduceva a bordo della propria autovettura nei pressi di una cascina isolata e lì, dopo averla iniziata a baciare con il suo consenso, le chiedeva di avere rapporti sessuali, ed al suo rifiuto, le usava violenza afferrandola con forza alle spalle per sdraiarla sul sedile dell’autovettura ove la denudava parzialmente e la penetrava prima in vagina e poi analmente nonostante la contraria manifestazione espressa di volontà della persona offesa che durante il rapporto violento non smetteva di piangere. In data successiva inoltre, avendo riconquistato la fiducia della persona offesa, concordavano una nuova uscita, ed anche in quella occasione, dopo averla accompagnata con la sua autovettura nei pressi di una cascina isolata, alla sua richiesta di avere rapporti sessuali, seguita dal rifiuto della parte offesa, la prendeva con forza per farla sdraiare sul sedile della sua autovettura al fine di avere nuovamente rapporti sessuali. Evento questo non verificatosi per l’energica reazione della vittima che iniziava ad aggredirlo fisicamente colpendolo con calci e riuscendo ad allontanarsi dall’autovettura. Con le aggravanti - di aver agito approfittando di circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la difesa privata violenza o comunque induzione all’atto sessuale avvenuta in un posto isolato di un parco pubblico - di aver commesso il fatto in danno di persona affetta da handicap psichico. In omissis . 2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 606, comma 1, lettere b ed e , del codice di procedura penale per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 121 del codice penale e 338 del codice di procedura penale nonché l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione su punti decisivi per il giudizio. Sostiene il ricorrente che la persona offesa dal reato, maggiorenne, è affetta da insufficienza mentale di grado medio con dismorfismi e difficoltà relazionali, con conseguente accertata invalidità permanente all’80%, come risulta dalle certificazioni mediche in atti. Il procedimento penale prese avvio dalla querela sporta in data 19 novembre 2013 per conto della vittima dal padre di questa, G.M. . All’atto della querela, il querelante non era stato preventivamente nominato curatore speciale della figlia. In sede di udienza preliminare, su richiesta del pubblico ministero, il Gup nominò G.M. curatore speciale della figlia e, successivamente, quest’ultimo provvide a presentare apposita querela. Il Tribunale ha ritenuto tardiva quest’ultima nomina e conseguentemente la querela sporta, affermando che la richiesta di nomina del curatore speciale non potrebbe essere avanzata dal pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari a procedimento già avviato, bensì dovrebbe essere avanzata all’atto dell’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro e non oltre. Il ricorrente si duole di siffatta statuizione ritenendola palesemente contraria al disposto degli artt. 121 del codice penale e 338 del codice di procedura penale che non prevedono alcun termine iniziale per il deposito della richiesta di nomina del curatore speciale da parte del pubblico ministero. 3. L’imputato, tramite il difensore, ha fatto pervenire memoria con la quale osserva che il tribunale, attraverso un ragionamento assolutamente logico e per niente contraddittorio, ha affermato che il pubblico ministero deve procedere con la richiesta al giudice per le indagini preliminari di nomina di un curatore speciale in un momento più prossimo possibile all’avvenuta conoscenza della notizia di reato, al fine di evitare un arbitrario ed assolutamente ingiustificabile potere della pubblica accusa che, così facendo, porterebbe a dilatare sine die il termine per la proposizione e per l’esercizio della personalissimo diritto di querela, concludendo che assai poco convincente e persuasiva sarebbe l’ulteriore critica formulata dal ricorrente nei confronti della sentenza impugnata, laddove afferma che lo stesso articolo 338 del codice di procedura penale disciplina e si applica alle fattispecie speculari a quelle oggetto del presente giudizio, quando invece il tribunale, con ampia motivazione, ha stimato inapplicabile al caso di specie tale ultima disposizione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il tribunale di Milano ha ritenuto la tardività della querela presentata dal curatore speciale nominato dal giudice dell’udienza preliminare a seguito dell’esercizio dell’azione penale, affermando che tardiva doveva parimenti ritenersi la nomina del curatore speciale perché intervenuta a procedimento già avviato ed essendo perciò irrilevante, in tal caso, il principio secondo il quale la notifica del provvedimento di nomina del curatore speciale determina la decorrenza del termine per la presentazione della querela da parte del curatore stesso. Il tribunale ha ragionato nel senso che, qualora si riconoscesse la facoltà di presentare la richiesta di nomina del curatore speciale a procedimento già avviato, senza un preciso dies ad quem, si verificherebbe un’ingiustificata dilatazione del termine di proposizione della querela, che sarebbe rimesso alla discrezionalità del pubblico ministero, con la conseguenza che la nomina del curatore speciale deve essere richiesta su iniziativa esclusiva del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari all’atto dell’iscrizione della notizia di reato e non oltre, in modo che la decorrenza del termine per la proposizione della querela coincida il più possibile con la scoperta del fatto di reato. Secondo il tribunale, tale assunto troverebbe peraltro conferma nell’articolo 338, comma 5, del codice di procedura penale che disciplina l’ipotesi in cui sopravvenga - per l’integrazione ex post dei relativi presupposti - la necessità della designazione di un curatore speciale quando l’atto querelatorio sia già stato tempestivamente presentato dalla persona offesa. Solo in tal caso, quindi, il legislatore consentirebbe che la nomina del curatore speciale avvenga a procedimento già avviato purché, peraltro, sia già stata previamente, e in modo tempestivo, presentata querela. Nel caso di specie, l’invalidità della persona offesa era stata diagnosticata fin dal dicembre del 2007. G.M. o i genitori congiuntamente potevano quindi perfettamente attivare da tempo una procedura di curatela, che avrebbe loro consentito di sporgere legittimamente querela per conto della figlia G.V. . E nemmeno si è trattato, aggiunge il tribunale, di un’invalidità che ha determinato un disvelamento del fatto di reato in un tempo anche di molto successivo rispetto alla sua commissione. In tale ipotesi la ratio sottesa all’articolo 338 del codice di procedura penale consentirebbe infatti di proporre richiesta di nomina del curatore speciale al momento del disvelamento stesso e far conseguentemente decorrere dalla notifica del provvedimento di nomina i termini per la presentazione della querela, indipendentemente dal momento di realizzazione del fatto di reato. Nel caso di specie, invece, i genitori di G.V. erano venuti a conoscenza dell’evento quasi nell’immediatezza della sua commissione, avendo la persona offesa loro mostrato un video, avente ad oggetto le violenze sessuali subite. In ogni caso, dalle modalità con cui la persona offesa era entrata in contatto con l’imputato tramite il sito di incontri e all’insaputa dei genitori, è risultato, ad avviso del tribunale, che la stessa fosse in grado di accedere al predetto sito, di attivare autonomamente la procedura di iscrizione e di creazione del profilo personale e di intrattenere delle relazioni virtuali con altri utenti del sito, cosicché sarebbe stato quantomeno opportuno un accertamento della prospettata invalidità, in modo da verificare se la persona offesa necessitasse effettivamente di un curatore speciale per la querela, con la conseguenza che, in assenza di un accertamento in tal senso, risulterebbe addirittura incerta la stessa necessità di nomina di un curatore speciale. 3. L’articolo 338, comma 1, del codice di procedura penale, senza discostarsi da quanto prevedeva l’articolo 11, comma 1, del codice di procedura penale del 1930, stabilisce che, nel caso previsto dall’articolo 121 del codice penale nel caso cioè di persona minore degli anni 14 o inferma di mente e manchi chi ne abbia la rappresentanza ovvero quando il rappresentante si trovi in conflitto di interessi con la persona infraquattordicenne o inferma di mente il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno in cui è notificato al curatore speciale il provvedimento di nomina. Il tribunale dubita del fatto che tale regula iuris possa essere osservata come criterio di carattere generale e, al fine di evitare un’ingiustificata dilatazione del termine di proposizione della querela, che sarebbe altrimenti rimesso alla discrezionalità del pubblico ministero, ritiene che - siccome la nomina del curatore speciale deve essere richiesta, di regola, su iniziativa esclusiva del pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari - detta nomina debba essere richiesta all’atto dell’iscrizione della notizia di reato e non oltre, in modo che la decorrenza del termine per la proposizione della querela coincida il più possibile con la scoperta del fatto di reato. Tale assetto interpretativo troverebbe conferma nell’articolo 338, comma 5, del codice di procedura penale che disciplina l’ipotesi in cui sopravvenga - per l’integrazione ex post dei relativi presupposti - la necessità della designazione di un curatore speciale quando l’atto querelatorio sia già stato tempestivamente presentato dalla persona offesa. Solo in tal caso, quindi, il legislatore consentirebbe che la nomina del curatore speciale avvenga a procedimento già avviato purché, peraltro, sia già stata previamente, e in modo tempestivo, presentata querela. Nel pervenire a tale conclusione, il tribunale ha operato una indebita interpretazione restrittiva del primo comma dell’art. 338 del codice di procedura penale ed ha attribuito al quinto comma dello stesso articolo una valenza interpretativa ultronea rispetto alla ratio della disposizione. Il primo comma dell’articolo 338 del codice di procedura penale è infatti chiaro nel disporre che il termine per la proposizione della querela decorre dal giorno in cui è notificato al curatore speciale il provvedimento di nomina. Sebbene auspicabile de iure condendo il varo di una disciplina diretta a fissare un termine per il pubblico ministero di attivarsi nel senso pronosticato dal tribunale, occorre focalizzare la prospettiva giuridica su due aspetti che, nella soluzione del caso specifico, non possono essere pretermessi. Occorre cioè considerare, da un lato, che la materia attiene alla tutela di soggetti deboli e vulnerabili minori di età infraquattordicenni ed infermi di mente nell’esercizio di un diritto personalissimo, con la conseguenza che una disciplina processuale, diversa da quella attuale, che dovesse limitare, attraverso la previsione di odiose preclusioni, le tutele di detti soggetti si porrebbe in insanabile contrasto con i principi costituzionali articoli 2, 3 e 24 Cost. . Dall’altro lato, va ricordato che la proposizione di querela da parte di soggetto non legittimato equivale a mancanza di querela Sez. 2, n. 2670 del 05/10/1982, dep. 1983, Laezza, Rv. 158091 , evenienza che comporta, ai sensi dell’articolo 345 del codice di procedura penale, la declaratoria di improcedibilità che non impedisce l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto contro la medesima persona se in seguito sia proposta querela, in quanto il divieto del ne bis in idem non è applicabile alla sentenza con la quale sia dichiarato il difetto di una condizione di procedibilità Sez. 5, n. 4636 del 23/10/2013, dep. 2014, Ammannati, Rv. 258714 . A questo proposito l’articolo 649 del codice di procedura penale fa infatti salvo quanto previsto, per quanto qui interessa, dall’articolo 345 stesso codice. Fermi questi principi, occorre considerare, per il governo del caso di specie, che il giudice dell’udienza preliminare non ha fatto altro che purgare , su richiesta del pubblico ministero, una situazione che, in caso contrario, avrebbe richiesto una pronuncia di improcedibilità, che lo stesso giudice avrebbe dovuto adottare con una sentenza di non luogo a procedere, cui avrebbe fatto seguito la richiesta di nomina di un curatore speciale e la riproposizione dell’azione penale a seguito della querela da parte del curatore, il tutto in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo. Al cospetto perciò della mancanza di un termine per l’attivazione della procedura di nomina del curatore speciale, il giudice dell’udienza preliminare lo ha correttamente nominato, su richiesta del pubblico ministero, e ha disposto il rinvio a giudizio dell’imputato in presenza a questo punto di una valida e tempestiva querela. Ciò, tra l’altro, spiega la ragione per la quale il disposto di cui al quinto comma dell’art. 338 cod. proc. pen. non può valere a precludere la possibilità che la querela, previa nomina del curatore speciale, intervenga prima di una declaratoria di improcedibilità, qualora sia già in corso un processo. Le due disposizioni sono quindi tra loro indipendenti e, a livello interpretativo, non interferiscono né collidono tra loro ed il quinto comma non restringe gli spazi di operatività del primo comma dell’art. 338 del codice di rito. 4. A questi esiti era già giunta la giurisprudenza di legittimità sotto il vigore del codice abrogato che, come già anticipato, conteneva principi del tutto analoghi rispetto a quelli declinati con il codice di rito vigente, essendo stato affermato l’orientamento, che va ribadito, secondo il quale la nomina del curatore speciale per la presentazione della querela, nel caso in cui la persona offesa dal reato sia minore degli anni quattordici o inferma di mente e non vi sia chi ne abbia la rappresentanza, avviene sempre su richiesta del pubblico ministero e mai su istanza di parte, e il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno della nomina del curatore con la conseguenza che, in qualunque momento, anteriore alla prescrizione del reato, il curatore venga nominato, è da tale momento soltanto che il termine comincia a decorrere, senza alcuna considerazione del momento in cui fu commesso il reato e di quello in cui se ne ebbe notizia Sez. 1, n. 848 del 16/05/1966, Scibilia, Rv. 102692 . Peraltro, questa Sezione ha già affermato lo stesso principio in un caso del tutto analogo Sez. 3, n. 47388 del 07/10/2014, R., non mass. . Ne consegue che, in presenza della nomina del curatore speciale e di una querela validamente e tempestivamente da costui proposta, non poteva il tribunale dichiarare non doversi procedere per difetto ab origine della querela pag. 3 della sentenza impugnata . 5. Il sindacato invece sull’esistenza della patologia legittimante la nomina del curatore speciale poteva essere esercitato dal tribunale stesso, qualora avesse ritenuto errata la valutazione del giudice dell’udienza preliminare e non sufficiente quanto il tribunale ha dato comunque per accertato, come si evince dal testo del provvedimento impugnato, e cioè che come risulta dalle certificazioni mediche agli atti, G.V. è affetta da insufficienza mentale di grado medio con dismorfismi e difficoltà relazionali, con conseguente accertata invalidità permanente all’80% . Sul punto è il caso di ricordare, facendo tesoro di un risalente ma ancora valido insegnamento della giurisprudenza di legittimità, che l’infermità mentale richiesta dall’art. 121 cod. pen. per la nomina di un curatore speciale per l’esercizio del diritto di querela si riferisce ad un’incapacità di fatto ad esercitare quel diritto nel quale la persona offesa versi a cagione d’infermità psichica, e sono da considerarsi in tale stato non solo le persone che si trovino nelle condizioni per essere dichiarate interdette o inabilitate in dipendenza di una malattia di mente, ma tutti i soggetti che sono affetti da malattia mentale e quindi sono incapaci di comprendere l’importanza giuridica o morale della querela e di volere tale atto Sez. 3, n. 883 del 21/04/1969, Buglivazzi, Rv. 112101 . Siffatto accertamento, se del caso, il tribunale avrebbe dovuto compiere celebrando il processo e non pretendere che l’incombente fosse stato espletato dal precedente giudice il quale aveva, dal canto suo, superato la questione sulla base delle certificazioni mediche in atti, disattendendo anche la richiesta del pubblico ministero di disporre eventuale perizia. 6. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al tribunale di Milano per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gi atti al Tribunale di Milano.