Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza dei macchinari utilizzati dagli operai

Il datore di lavoro ha l’obbligo di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all’uso di una macchina, a meno che questa non presenti un vizio occulto.

Così si è espressa la Suprema Corte con la sentenza n. 44327/16 depositata il 19 ottobre. Il caso. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado che vedeva l’imputato condannato per il reato di cui all’art. 590 c.p. in riferimento ad un infortunio sul lavoro occorso presso uno dei cantieri edili dell’impresa di cui l’imputato era titolare. Gli veniva contestato di aver agito senza adottare le necessarie misure di sicurezza, mettendo a disposizione di un lavoratore un macchinario non conforme alle normative di sicurezza, nonché omettendo di prendere le misure necessarie all’utilizzo in sicurezza dell’apparecchiatura e di fornire al dipendente le necessarie informazioni e istruzioni. L’imputato ricorre dunque per la cassazione della sentenza, lamentando che la Corte territoriale ha errato nell’escludere l’abnormità del comportamento del lavoratore che aveva utilizzato un macchinario pur avvedendosi dell’assenza della protezione mobile della zona di taglio della macchina e nel ritenere viceversa che un comportamento disattento e negligente come quello tenuto dall’operaio non abbia interrotto il nesso causale tra la condotta attribuita all’operaio e l’evento lesivo. Gli obblighi in capo al datore di lavoro. L’art. 71 d.lgs. n. 81/2008 fa obbligo al datore di lavoro di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all’uso di una macchina, a meno che questa non presenti un vizio occulto. Nel caso di specie il rischio era conosciuto o conoscibile dal datore di lavoro, ma non è stato adeguatamente fronteggiato, in quanto i lavoratori procedevano comunemente a protezione aperta per questione di ritmi. Da ciò si desume che l’imputato, pur mettendo a disposizione degli operatori un’apparecchiatura provvista di un dispositivo di sicurezza e pur risultando che tale dispositivo venisse in alcuni casi rimosso dai dipendenti, non agiva in modo da scongiurare il rischio che costoro potessero rimuovere detto dispositivo e posizionare le dita in corrispondenza della zona di taglio. Dunque, il rischio poteva essere ridotto tempestivamente osservando la dovuta diligenza. Il datore di lavoro è responsabile delle lesioni occorse all’operaio in conseguenza dell’uso del macchinario il quale ha esposto i lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto realizzatosi. Il comportamento dell’operaio non è abnorme. La Corte di merito ha correttamente escluso che il comportamento dell’operaio potesse considerarsi abnorme e idoneo a interrompere il nesso causale tra la condotta contestata all’imputato e l’evento lesivo le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore ed all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro . La Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 settembre – 19 ottobre 2016, n. 44327 Presidente Blaiotta – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Genova, 3 Sezione penale, con sentenza resa in data 14 ottobre 2015, confermava la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Savona il 2 luglio 2014, con la quale G.A. era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di cui all'art. 590 cod.pen., con violazione degli artt. 70, comma 1, 71, comma 1 e 4 lettera a , nn. 1 e 3, 73, comma 1, e 18, comma 1 lettera f , D.Lgs. n. 81/2008, contestato all'A. in riferimento a un infortunio sul lavoro occorso in data 5 giugno 2009 presso uno dei cantieri edili dell'impresa di cui l'A. era titolare. L'infortunio si verificava ai danni di M.R., dipendente della suddetta impresa, nella quale l'A. rivestiva la qualità di datore di lavoro. II R. era impegnato, al momento del sinistro, nel taglio di alcuni tondini di ferro, impiegando a tal fine una cesoia marca Si//a S.r./. modello S.26 durante l'operazione, il R. aveva utilizzato il macchinario pur essendosi avveduto del sollevamento dell'apposita protezione mobile della zona di taglio della macchina, la quale però in tal modo funzionava più speditamente grazie all'elusione del dispositivo di interbiocco. A un tratto, a causa dell'assenza della suddetta protezione mobile, l'operaio infilava inavvertitamente il dito all'interno dei meccanismo, così da subire l'amputazione della falange distale dei primo dito della mano destra lesioni giudicate guaribili in 55 giorni. All'A. é contestato di avere agito, nella sua qualità datoriale, senza adottare le necessarie misure di sicurezza, con particolare riguardo a quelle dianzi richiamate, mettendo a disposizione dei lavoratore un macchinario non conforme alle normative di sicurezza, nonché omettendo di prendere le misure necessarie all'utilizzo in sicurezza dell'apparecchiatura e di fornire al R. le necessarie informazioni e istruzioni. La sentenza d'appello, a fronte dei motivi di doglianza dell'imputato, escludeva in particolare che il sinistro fosse dovuto a comportamento abnorme dei dipendente, non potendosi qualificare come tale la condotta del R., pur imprudente e disattenta ciò che non esime l'imputato, nella ridetta qualità, dalle sue responsabilità datoriali connesse al fatto che egli, titolare di posizione di garanzia in tema di sicurezza dei lavoro, non ottemperava alle suddette prescrizioni e in tal modo non impediva il verificarsi dell'infortunio pur avendone l'obbligo giuridico. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre l'A II ricorso, da lui personalmente sottoscritto, é articolato in un singolo motivo, teso a contestare violazione di legge e vizio di motivazione nella detta pronunzia di condanna. In atteso che le caratteristiche stesse del macchinario comprendevano il dispositivo di protezione che nella specie era stato manomesso. 2. In proposito, va ricordato che il datore di lavoro é responsabile delle lesioni occorse all'operaio in conseguenza dell'uso del macchinario, il quale, pur non presentando alcun difetto di costruzione o di montaggio, per come in concreto utilizzato ha comunque esposto i lavoratori a rischi del tipo di quello in concreto realizzatosi Sez. 4, n. 22819 del 23/04/2015, Baiguini, Rv. 263498 in motivazione la Corte ha precisato che il datore di lavoro é tenuto ad accertare la compatibilità dei dispositivi di sicurezza adottati, i quali, pur se sofisticati, potrebbero rilevarsi insufficienti in ragione delle modalità con cui la macchina é in concreto utilizzata . Orbene, nel caso di specie, il fatto stesso che fosse presente sulla cesoia una protezione mobile in corrispondenza della zona taglio, e che a fronte di ciò fosse frequente per come emerso in dibattimento che tale protezione venisse manomessa dagli operai per ragioni di speditezza, rende evidente che il rischio poteva essere ridotto tempestivamente osservando la dovuta diligenza. 3. In tale quadro, la Corte territoriale ha correttamente escluso che il comportamento dei R. potesse considerarsi abnorme e idoneo a interrompere il nesso causale fra la condotta contestata all'A. e l'evento lesivo invero, le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, sicché la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore ed all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. In proposito, alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità sul punto, deve considerarsi che é interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento é interruttivo per restare al lessico tradizionale non perché eccezionale ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri . Nella specie, é di tutta evidenza che la condotta dei R. si inseriva invece pienamente, e in modo tutt'altro che imprevedibile o eccentrico, nell'area di rischio affidata alla gestione dell'A., nella sua qualità datoriale da un lato perché questi, sul piano generale, era affidatario in base al già richiamato art. 71 D.Lgs. n. 81/2008 della posizione di garanzia connessa al dovere di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all'utilizzazione di una macchina dall'altro perché proprio il rischio di un utilizzo inidoneo dei macchinario era a sua volta prevedibile ed evitabile, sia per l'esistenza del dispositivo di sicurezza più volte descritto, sia per il fatto che la prassi di rimuovere detto dispositivo risultava non sporadica. 4. Al rigetto dei ricorso consegue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.