Il “parapetto” cede e l’operaio cade giù: è responsabilità del datore di lavoro

In materia di sicurezza e di posizione di garanzia del datore di lavoro, questi non può invocare la propria legittima aspettativa” circa la diligenza del lavoratore quando non abbia, per propria colpa, impedito l’evento lesivo, laddove l’infortunato abbia operato in condizioni di pericolo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 39058/16 depositata il 20 settembre. Il caso. L’imputato veniva condannato con doppia conforme per lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno di un soggetto cui erano stati dati in subappalto alcuni lavori. Gli era stata contestata, invero, la violazione dell’art. 97, d.lgs. n. 81/2008, per non avere, in qualità di datore di lavoro dell’impresa affidataria, vigilato sull’applicazione delle disposizioni e prescrizioni contenuti nel piano di sicurezza e di coordinamento. In particolare, aveva fatto realizzare una struttura, c.d. parapetto realizzato a mensola metallica , non prevista dal piano di sicurezza. La stessa veniva utilizzata dal lavoratore, ma cedeva a causa del peso dello stesso. L’imputato ricorreva per cassazione deducendo che la condotta del lavoratore dovesse ritenersi colposa, in quando l’iniziativa di utilizzare la passerella era stata da lui presa autonomamente. Tale circostanza, pertanto, spezzava il nesso causale intercorrente tra la condotta contestata e l’evento, escludendo la sua responsabilità. Posizione di garanzia del datore di lavoro. La Corte di legittimità, tuttavia, condividendo il ragionamento di quella di merito, ha affermato che la responsabilità dell’imputato è stata correttamente fondata sulla posizione di garanzia dallo stesso ricoperta, anche nella qualità di datore di lavoro dell’impresa affidataria dei lavori. Egli avrebbe, infatti, violato il suo obbligo di coordinare quotidianamente gli interventi e di vigilare sull’uso delle strutture messe a disposizione dei lavoratori. A maggior ragione, quando, come nel caso di specie, lo stesso aveva predisposto una struttura” non prevista dal piano di sicurezza, senza prendere contatti con il coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori. La normativa di riferimento. D’altronde, la norma di cui all’art. 97 d.lgs. n. 81/2008 dispone proprio che gli obblighi derivanti dall’articolo 26 [] sono riferiti anche al datore di lavoro dell’impresa affidataria . Si tratta, più specificamente, di obblighi di verifica della idoneità delle società appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori commissionati, nonché di informazione sui rischi specifici esistenti nel luogo in cui sono destinati ad operare. Legittima aspettativa” del datore di lavoro. Fermi restando tali obblighi, tuttavia, il dovere di vigilanza del datore di lavoro si combina con la legittima aspettativa che lo stesso fa sull’osservanza, da parte dei lavoratori, delle misure antinfortunistiche. Nondimeno, tale affidamento è ammissibile e, quindi, legittimo solo quando il datore di lavoro non sia incorso in nessuna violazione degli obblighi posti a suo carico. E quindi, evidentemente, non è invocabile l’altrui condotta imprudente, ossia il non rispetto da parte di altri delle regole precauzionali imposte ove vi sia un’ulteriore inosservanza da parte di chi invoca il predetto principio. Nessuna responsabilità se il datore di lavoro non viola nessun obbligo. In sostanza, quindi, per andare esente da responsabilità, il principio della legittima aspettativa opera solamente quando il datore di lavoro si sia adoperato per non mancare in nessuno degli obblighi impostigli ex lege . Al contrario, laddove versi in re illicita , per non avere per negligenza, impedito l’evento lesivo, il datore di lavoro colpevole” non può appellarsi al principio della legittima aspettativa della diligenza altrui.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 14 luglio – 20 settembre 2016, n. 39058 Presidente Blaiotta – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia confermava quella di primo grado con la quale F.O., nella qualità di datore di lavoro dell'impresa Ditta Fortuna s.r.l. affidataria dei lavori all'interno di un cantiere edile, è stato ritenuto responsabile del reato di lesioni colpose aggravato dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno del lavoratore autonomo J. H. B. L., che durante i lavori di muratura e posa di una trave di legno all'interno di un edificio privo di copertura, utilizzando dei parapetti a mensola metallica precedentemente installati, precipitava per circa 6 metri, riportando gravo lesioni fatto risalente al 15 gennaio 2009 . Al F., nella qualità sopra indicata, è stato addebitato la violazione dell'art. 97, comma 1, d.lgs 81/2008 per non avere, in qualità di datore di lavoro dell'impresa affidataria, vigilato sull'applicazione delle disposizioni e delle prescrizioni del Piano di sicurezza e coordinamento nello specifico gli è stato addebitato di essere intervenuto autonomamente nella organizzazione del cantiere senza prendere contatti con il coordinatore realizzando una struttura, ovverossia il cd. parapetto , non prevista dal PSC e dal POS, montata senza il rispetto dei canoni di sicurezza, inidonea a sostenere il peso del lavoratore, omettendo di vigilare affinchè i lavoratori non vi facessero improprio ricorso. In tale situazione si verificava che la parte offesa, per effettuare la rasatura del tetto, utilizzava il predetto parapetto, che cedeva, determinandone la caduta da un'altezza di 6 metri. Propone ricorso il F. articolando quattro motivi con ampi riferimenti a quelli proposti in appello. Con il primo motivo lamenta I' omessa motivazione con riferimento ai motivi proposti in appello che contestavano la responsabilità del F. evidenziando che l'iniziativa di utilizzare la passarella posta sulla parete esterna del muro era stata assunta in via autonoma dall'artigiano. Con il secondo motivo si duole del travisamento delle prove testimoniali e la manifesta illogicità della motivazione sia con riferimento al momento in cui era stata montata la predetta passarella che doveva fungere da parassassi sia sulla circostanza dirimente che l'imputato aveva ribadito che i lavori dovevano essere eseguiti dall'interno, senza utilizzare quel presidio. Con il terzo motivo si duole dell'erronea applicazione dell'art. 97, comma 1, legge 81/2008, risultando dagli atti processuali essere stati attuati tutti i presidi previsti dal PSC e dal POS, venendo così a mancare, a causa della condotta colposa del lavoratore, il nesso causale tra la condotta contestata e l'evento. Con il quarto motivo lamenta l'erronea applicazione della legge penale in relazione al trattamento sanzionatorio. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. Va anzitutto premesso che il ricorrente non contesta la ricostruzione della dinamica dell'infortunio, a seguito dei quale il lavoratore autonomo, riportava le lesioni indicate in atti, e, pertanto, deve ritenersi acclarato che E.K. B. L., privo di cinture di sicurezza, durante i lavori di muratura e posa in opera di una trave in legno, precipitava per circa 6 metri da un parapetto a mensola metallica, inidoneo a sostenere le sollecitazioni dovute al passaggio sullo stesso da parte del lavoratore. Il ricorrente non contesta neanche di essere intervenuto autonomamente nell'organizzazione dei cantiere realizzando la struttura in questione non prevista dal PSC e dal POS, senza prendere contatti con il coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori, assolto in primo grado. L'assunto difensivo poggia, invece, sulla circostanza che l'iniziativa di eseguire i lavori utilizzando la passarella sulla parte esterna del muro, pur essendo presente un regolare ponteggio dal lato interno del muro, sia stata assunta imprevedibilmente dal lavoratore, disattendendo le direttive impartite dall'imputato. Si tratta di censure infondate a fronte di sentenza corretta e satisfattivamente motivata. Non corrisponde al vero, infatti, che la Corte di merito si sia sottratta al compito di fornire risposta ai dettagliati motivi di impugnazione, tutti rivolti in sostanza ad avvalorare la tesi della condotta abnorme dei lavoratore. Il giudice di appello, in conformità a quello di primo grado, e coerentemente al capo d'imputazione, ha fondato la responsabilità del F. sulla violazione dell'art. 97 d.lgs 81/2008, richiamando la posizione di garanzia ricoperta dallo stesso, nella qualità di datore di lavoro dell'impresa affidataria dei lavori e la violazione dell'obbligo gravante sullo stesso di garantire il coordinamento quotidiano degli interventi e la vigilanza sull'utilizzo di strutture adeguate, anche con riferimento agli artt. 94 e 95 stesso decreto espressamente richiamati. Sotto tale ultimo profilo è stato sottolineato il ruolo direttivo dallo stesso di fatto assunto anche nei confronti dei lavoratori autonomi cui aveva subappaltato parte delle lavorazioni. Tale impostazione è condivisibile ed in linea con il dettato normativo. L'art. 97 d.lgs 81/2008 prevede un ruolo chiave del datore di lavoro della impresa affidataria nella verifica delle condizioni di sicurezza per lo svolgimento delle attività e di controllo ed intervento sui piani operativi di sicurezza, imponendogli un dovere di vigilanza non solo rispetto ai propri dipendenti ma anche rispetto ai lavoratori autonomi operanti all'interno del cantiere. Nel caso in esame è stato accertato che fu proprio il F. a creare la situazione di pericolo, che è all'origine dell'infortunio, realizzando una struttura non prevista dal PSC e dal POS il cd. parapetto a mensola , senza assumere contatti con il coordinatore, inidonea a sorreggere il peso del lavoratore. Parimenti è stato accertato che l'imputato non controllò che i lavoratori non si avvalessero di quella struttura per l'esecuzione delle opere loro affidate. In questa prospettiva la tesi difensiva che valorizza la condotta colposa del lavoratore, sostenendo l'abnormità della iniziativa assunta dallo stesso di utilizzare il parapetto per l'esecuzione dell'opera di rasatura del tetto, in violazione delle direttive impartite dall'imputato, tralascia di considerare la portata effettiva del dovere di vigilanza sull'osservanza dei doveri incombenti sul lavoratore ed il legittimo affidamento che egli può fare sull'osservanza delle misure antinfortunistiche da parte del lavoratore. Sul punto va precisato che il dovere di vigilanza del datore di lavoro, si intreccia con il legittimo affidamento che egli può fare sull'osservanza delle misure antinfortunistiche da parte del lavoratore solo nella ipotesi in cui lo stesso non è incorso in alcuna violazione degli obblighi posti a suo carico. Il principio di affidamento non è perciò invocabile allorchè l'altrui condotta imprudente, ossia il non rispetto da parte di altri delle regole precauzionali imposte, si innesti sull'inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio ossia allorchè l'altrui condotta imprudente abbia la sua causa proprio nel non rispetto delle norme di prudenza, o specifiche o comuni, da parte di chi vorrebbe che quel principio operasse. Per l'effetto, per andare esente da responsabilità, il datore di lavoro in colpa non potrebbe invocare la legittima aspettativa riposta nella doverosa diligenza del lavoratore, giacchè questa non rileva allorchè chi la invoca versi in re illecita, per non avere, per negligenza, impedito l'evento lesivo, che è conseguito dall'avere l'infortunato operato sul luogo di lavoro in condizioni di pericolo in termini, Sezione IV, 19 aprile 2005, Spinosa ed altro, rv.231736 . I principi sopra indicati sono stati correttamente applicati dai giudici di merito, i quali hanno concordemente affermato che la condotta posta in essere dal F. realizzando una struttura non prevista dal PSC e dal POS e omettendo la dovuta vigilanza affichè i lavoratori non vi facessero ricorso costituisce violazione del dovere primario di vigilanza in relazione alle condizioni di sicurezza dei cantiere a lui attribuito dalla legge sia per la sua qualità di datore di lavoro dell'impresa affidataria art. 97 d.lgs 81/2008 sia per il ruolo direttivo dallo stesso di fatto assunto anche nei confronti dei lavoratori autonomi cui aveva subappaltato parte delle lavorazioni. Parimenti infondata è la censura sul trattamento sanzionatorio, essendo stata motivatamente esclusa, con riferimento ai precedenti penali, la concessione delle attenuanti generiche e l'entità della pena, alla luce del grave grado di colpa e della generale incuria nella gestione del cantiere. Per le ragioni che precedono il ricorso va rigettato. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.