Restituzione del termine: non fornita la prova della volontaria rinuncia a comparire dell’interessato

Il condannato, per avere diritto alla restituzione del termine per impugnare, non deve aver avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento e non deve aver volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. Inoltre, la l. n. 60/2005 pone a carico del giudice l’onere di compiere ogni necessaria verifica per accertare l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’interessato.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 36617/16, depositata il 2 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Milano aveva rigettato la richiesta presentata dall’indagato di restituzione del termine per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di Monza che lo aveva condannato per violazione degli artt. 186 del Consiglio di Stato e 4 della l. n. 110/1975. La Corte d’appello, giustificando la sua decisione, aveva rilevato che l’indagato aveva eletto un diverso domicilio ma era stato avvisato che in caso di modifica non comunicata all’autorità giudiziaria del domicilio, le successive notifiche sarebbero avvenute presso lo studio del difensore d’ufficio . Risultate vane le notifiche, tutte le notificazioni erano avvenute regolarmente presso il difensore d’ufficio. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato. Secondo costui la Corte aveva erroneamente ritenuto che la conoscenza del verbale di sequestro e del verbale di elezione del domicilio equivalesse alla conoscenza del processo. Le argomentazioni del giudice contrastavano con la giurisprudenza di legittimità che, per escludere la restituzione nel termine, richiede la prova positiva dell’effettiva conoscenza e della volontaria assenza dal processo. L’imputato non era a conoscenza del processo, era rintracciabile anagraficamente e non era stato contattato dal difensore di ufficio . Restituzione del termine per impugnare. Secondo la Suprema Corte il ricorso è fondato. Infatti, in riferimento all’interpretazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, nel testo previgente la riforma del 2014, va ricordato che il condannato, per avere diritto alla restituzione del termine per impugnare non deve aver avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento non deve aver volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione . Il Collegio condivide poi l’orientamento di legittimità secondo cui la l. n. 60/2005 pone a carico del giudice l’onere di compiere ogni necessaria verifica per accertare l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’interessato, non essendo sufficiente l’eventuale consapevolezza che dal comportamento posto in essere possa derivare l’inizio di un procedimento. Il rapporto professionale tra imputato e difensore. La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di evidenziare la differenza di natura e di sostanza del rapporto professionale che intercorre tra l’imputato e il difensore di fiducia da un lato, e quello d’ufficio dall’altro. Mentre nel primo caso l’imputato dimostra di essere effettivamente a conoscenza di tale procedimento, ed è del tutto ragionevole ritenere che, anche successivamente alla nomina, il perdurante rapporto professionale intercorrente tra l’imputato e il difensore continuerà a consentire al primo di mantenersi informato sugli sviluppi del procedimento e di concordare con il difensore le scelte difensive ritenute più idonee, nel secondo caso la debolezza delle cosiddette presunzioni di conoscenza” sottese alle notificazioni eseguite al difensore d’ufficio dell’imputato contumace non sono di per sé idonee a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, salvo che dagli atti non emerga, in altro modo, la conoscenza o che non dimostri che il difensore d’ufficio è riuscito a stabilire un effettivo rapporto professionale con il suo assistito . La rinuncia a comparire. Inoltre, il richiamo all’art. 175 impone al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto stesso e la consapevole rinuncia a comparire. Nel caso di specie, la Corte d’appello, non ha fornito la prova positiva della conoscenza da parte del ricorrente del processo e della sua volontaria rinuncia a comparire né che vi sia stato un effettivo contatto dell’imputato con il difensore d’ufficio. Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 marzo – 2 settembre 2016, n . 36617 Presidente Cortese Relatore Novik Rilevato in fatto 1. Con ordinanza emessa il 17 luglio 2015, la Corte di appello di Milano ha rigettato la richiesta presentata da C.A. di restituzione nel termine per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di Monza il 17 ottobre 2012, irrevocabile il 28 luglio 2013, che lo ha condannato alla pena di giustizia per violazioni degli articoli 186 CdS e 4 legge 110/75. A sostegno dell’istanza, C. aveva dedotto l’irritualità delle notifiche per essere avvenute presso il difensore di ufficio. 2. A ragione della decisione, la corte di appello rilevava che al momento dell’accertamento di reati l’indagato aveva eletto domicilio presso la famiglia A.F. in OMISSIS , indicando anche il nominativo sul citofono M. . L’indagato era stato avvisato che in caso di modifica non comunicata all’autorità giudiziaria del domicilio, le successive notifiche sarebbero avvenute presso lo studio del difensore d’ufficio, contestualmente nominato nella persona dell’avvocato Marzia Barberis, di cui erano stati indicati il recapito telefonico e l’indirizzo dello studio. Risultate vane le notifiche, tutte le notificazioni erano avvenute regolarmente presso il difensore di ufficio. 3. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso a questa Corte di Cassazione C.A. , chiedendone l’annullamento per violazione di legge. Secondo il ricorrente, la corte aveva erroneamente ritenuto che la conoscenza del verbale di sequestro e del verbale di elezione di domicilio equivalesse alla conoscenza del processo. Le argomentazioni del giudice contrastavano con la giurisprudenza di legittimità che, per escludere la restituzione nel termine, richiede la prova positiva dell’effettiva conoscenza e della volontaria assenza dal processo cita la sentenza n. 6736 del 30/1/2014 . L’imputato non era a conoscenza del processo, era rintracciabile anagraficamente e non era stato contattato dal difensore di ufficio. 4. Il Procuratore generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta ha chiesto l’accoglimento del ricorso ritenendo che la notificazione effettuata al difensore di ufficio, nominato domiciliatario in fase pre-processuale non è idonea di per sé a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento in capo all’imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate. 2. In punto di fatto, è incontestato che il ricorrente nell’ambito del procedimento ha eletto domicilio non già, come indicato dal Procuratore generale presso il difensore di ufficio, bensì presso un soggetto identificato, tale A.F. , con il quale aveva pregressi rapporti. 3. In punto di diritto, in ordine all’interpretazione dell’art. 175 cod. proc. pen., comma 2, nel testo previgente la riforma del 2014, vanno ribaditi i principi di seguito indicati. Il condannato, per avere diritto alla restituzione del termine per impugnare 1 non deve avere avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento 2 non deve avere volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. Questo Collegio condivide e fa proprio l’orientamento di legittimità secondo cui la L. 22 aprile 2005, n. 60, nel testo vigente al tempo del procedimento, pone a carico del giudice l’onere di compiere ogni necessaria verifica per accertare l’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dell’interessato, non essendo sufficiente la eventuale consapevolezza che dal comportamento posto in essere possa derivare l’inizio di un procedimento. Sul punto, occorre ricordare i capisaldi che la CEDU ha posto nella nota sentenza Sejdovic del 1/3/2006 perché il processo svolto in contumacia possa essere considerato equo a vi è diniego di giustizia quando una persona condannata in absentia non può ottenere in seguito che una giurisdizione deliberi nuovamente, dopo averlo sentito, sul fondamento dell’accusa, in fatto e in diritto, quando non è accertato che egli ha rinunciato al proprio diritto di comparire e di difendersi Colozza già cit., p. 15, 29 Einhorn c. Francia dec. , n 71555/01, 33, CEDH 2001-XI Krombach c. Francia, n 29731/96, 85, CEDH 2001-II Somogyi c. Italia, n 67972/01, 66, CEDH 2004-IV , o che aveva l’intenzione di sottrarsi alla giustizia Medenica già cit., 55 b è necessario che i mezzi processuali offerti dal diritto e dalla prassi interni si rivelino effettivi se l’imputato non ha né rinunciato a comparire e a difendersi, né ha avuto l’intenzione di sottrarsi alla giustizia Somogyi già cit., 67 c il rifiuto di riaprire un procedimento che si è svolto in contumacia in assenza di qualsiasi indicazione che l’imputato aveva rinunciato al suo diritto di comparire è stato considerato come un flagrante diniego di giustizia , il che corrisponde alla nozione di procedimento manifestamente contrario alle disposizioni dell’articolo 6 o ai principi in esso enunciati Stoichkov già cit., 54-58 d quando non si trattava di un imputato che ha ricevuto una notifica ad personam, la rinuncia a comparire e a difendersi non poteva essere dedotta dalla semplice qualità di latitante , fondata su una presunzione sprovvista di una sufficiente base fattuale Colozza già cit., pp. 14-15, 28 . Non è quindi sufficiente a ipotizzare la conoscenza del processo dalla notifica di atti del processo al difensore di ufficio. La giurisprudenza di legittimità ha già messo in luce la diversità di natura e di sostanza del rapporto professionale che intercorre tra l’imputato e il difensore di fiducia da un lato, e quello d’ufficio dall’altro. Mentre nel primo caso l’imputato dimostra di essere effettivamente a conoscenza di tale procedimento, ed è del tutto ragionevole ritenere che, anche successivamente alla nomina, il perdurante rapporto professionale intercorrente tra l’imputato e il difensore di fiducia continuerà a consentire al primo di mantenersi informato sugli sviluppi del procedimento e di concordare con il difensore le scelte difensive ritenute più idonee ferma restando, comunque, la possibilità di vincere tale presunzione attraverso un’idonea prova in contrario-, nel secondo caso l’intrinseca debolezza delle cosiddette presunzioni di conoscenza sottese alle notificazioni eseguite al difensore d’ufficio dell’imputato contumace non sono di per sé idonee a dimostrare l’effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento da parte dell’imputato, salvo che dagli atti non emerga in altro modo la conoscenza o che non si dimostri che il difensore d’ufficio è riuscito a stabilire un effettivo rapporto professionale con il suo assistito Sez. 1, Sentenza n. 11009 del 2015, con citazione di precedenti conformi . 4. Il richiamato art. 175 inoltre impone al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto stesso e la consapevole rinuncia a comparire/impugnare Cass., 14262/2006 rv. 233614 Cass. 9104/2006, rv. 233611 . In ordine a questo ultimo requisito, questa Corte, con giurisprudenza costante, ha statuito che la rinuncia può consistere in un comportamento concludente, purché inequivoco e rigorosamente accertato dal giudice con ogni necessaria diligenza sent. Corte eur. dir. uomo 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia sent. Corte eur. dir. uomo, 16 ottobre 2002, Einhorn c. Francia Cass., Sez. 1, 9 marzo 2006, n. 14272, Coppola, rv. 233516 Cass., Sez. 3, 1 febbraio 2006, n. 13215, Morgillo ed altri, rv. 233640 Cass., Sez. 5, 18 gennaio 2006, n. 6381, Picuti, rv. 234003 Cass., Sez. 5, 13 aprile 2005, n. 19363, Braidic, rv. 231698 . 5. Nel caso in esame, la corte di appello, fermando l’esame al dato formale della correttezza delle notifiche, non ha fornito la prova positiva della conoscenza da parte del ricorrente del processo e della sua volontaria rinuncia a comparire né che vi sia stato un effettivo contatto dell’imputato con il difensore di ufficio. Il provvedimento impugnato deve di conseguenza essere annullato con rinvio alla Corte di appello di Milano, perché proceda a nuovo esame valutando se negli atti vi sono altri elementi per ritenere che il ricorrente abbia avuto effettiva conoscenza del decreto di condanna. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Milano.