Parenti serpenti: se il reato passa dagli SMS

La causa di non punibilità della reciprocità prevista per il reato di ingiuria non è estendibile al reato di molestia e disturbo tramite mezzo telefonico.

Il caso. Condannato per aver arrecato molestia e disturbo al proprio fratello inviando numerosi SMS Short Message Service sul telefono cellulare dello stesso, l’imputato impugnava la sentenza sfavorevole tramite appello che veniva trasmesso alla Corte di Cassazione, in virtù della norma che dispone che la sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda è inappellabile. L’antefatto. Tra i fratelli erano insorte gravi questioni relative alla gestione del patrimonio familiare e vi era una forte conflittualità. Il Tribunale in fatto rilevava che i messaggi telefonici erano molti ma non idonei ad incutere timore. Le offese, inoltre, erano reciproche e, conseguentemente, il Tribunale assolveva l’imputato dall’accusa di minacce e ingiurie per insussistenza del fatto, condannandolo invece per molestie e disturbo per mezzo del telefono. La difesa censurava la sentenza tramite appello deducendo la revoca della costituzione di parte civile che non aveva quantificato i danni nelle conclusioni scritte ritualmente depositate e assumeva che l’invio di SMS non potesse integrare il reato addebitato, infine, asseriva la contraddittorietà della sentenza che riconosceva la causa di non punibilità della reciprocità per l’ingiuria ma non per le molestie telefoniche. Nessuna revoca di costituzione di parte civile. La parte civile presentava le conclusioni scritte davanti al Tribunale di merito pur non quantificando precisamente il danno per cui era richiesto il risarcimento. Sul punto la Suprema corte ha ribadito che l’omessa quantificazione dei danni richiesti dalla parte civile non produce alcuna nullità né determina la revoca implicita della costituzione di parte civile il giudice infatti può pronunciare condanna generica al risarcimento dei danni. L’invio di SMS può integrare reato di molestie telefoniche. L’invio ripetuto di SMS integra molestia commessa con il mezzo del telefono e i messaggi non possono essere equiparati a messaggi epistolari perché il destinatario ne subisce la ricezione sia de auditu ” che de visu ” e li percepisce con corrispondente turbamento della quiete e della tranquillità psichica in un tempo antecedente all’individuazione del mittente. Quest’ultimo pertanto realizza l’obiettivo di arrecare disturbo al ricevente. Ingiurie reciproche. Riconosciuta la reciprocità delle ingiurie tra imputato e persona offesa, il Tribunale assolveva dall’imputazione di ingiurie applicando la causa di non punibilità della ritorsione e provocazione”. La difesa sosteneva che analogo trattamento sarebbe dovuto conseguire per il reato di molestie, in una sorta di applicazione analogica della causa di non punibilità. In un precedente della Cassazione, all’uopo evocato dalla difesa dell’imputato, si era sostenuto che la reciprocità o ritorsione nelle molestie rende non configurabile il reato di molestie o disturbo alle persone” perché difetterebbe la tipicità della condotta richiesta cioè la connotazione della stessa in termini di petulanza” o caratterizzata da altro biasimevole motivo. La causa di non punibilità è speciale. La Suprema Corte non condivide tale interpretazione argomentando nel senso che qualora si ritenesse che la reciprocità delle ingiurie effettuate tramite telefono determini sempre la mancanza della petulanza o di altro biasimevole motivo si opererebbe di fatto un’estensione della causa di non punibilità ad altra fattispecie incriminatrice diversa da quella per la quale il legislatore l’ha prevista. La causa di non punibilità in parola è eccezionale e riservata al solo delitto di ingiuria. Il fatto rimane illecito e non è scriminato. La natura della causa di non punibilità è eccezionale e il fondamento razionale della previsione è quello di una rinuncia alla potestà punitiva da parte dell’ordinamento penale in considerazione del fatto che, in seguito alla ritorsione, la diatriba tra i contendenti può ritenersi chiusa e la pena non è razionalmente giustificata. Non si tratta perciò di una scriminante che presuppone la legittimità delle ingiurie reciproche ma di una causa di non punibilità la cui applicazione concreta è rimessa alla valutazione del giudice. La condotta, in altri termini, rimane illecita ma il legislatore sceglie di non punirla secondo un giudizio di opportunità. Ne deriva che la norma secondo cui la sentenza di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio civile di danni relativamente all’accertamento che il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è scriminato non si applica al caso dell’assoluzione pronunciata per riconoscimento dell’operatività di una causa di non punibilità. Diversamente, le condotte scriminate elidono l’antigiuridicità con l’intero ordinamento rendendo inapplicabile ogni tipo di sanzione anche civile e operano in forza della obiettiva esistenza, anche se sconosciute o ritenute inesistenti. In ogni caso permane l’illecito civile aquiliano. Sebbene la norma sulla ritorsione e provocazione escluda la punibilità in sede penale dei reati di ingiuria permane l’illecito civile e l’obbligazione risarcitoria ove ne sia derivato un danno ingiusto al soggetto leso, da far valere secondo i parametri dell’illecito aquiliano. Si è affermato che per la sussistenza della responsabilità aquiliana non è necessario ravvisare l’equiparazione tra illecito e reato né l’esistenza di una causa di non punibilità esclude la configurabilità dell’illecito aquiliano. Per risarcire il danno non patrimoniale non è necessario che sussista un reato. È ius receptum che il danno non patrimoniale conseguente all’ingiusta lesione di un interesse della persona, costituzionalmente garantito, non è soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 codice penale in altri termini, la risarcibilità del danno non patrimoniale non presuppone la qualificabilità del fatto illecito come reato. Il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale contenuto nel codice penale – come è stato rilevato dalla giurisprudenza – può essere riferito anche alle previsioni della Costituzione che è entrata in vigore successivamente al codice penale. Nella Costituzione, infatti, vi è riconoscimento di diritti inviolabili inerenti la persona non aventi natura economica ma che esigono tutela e tale modo di approcciare i diritti fondamentali configura un caso determinato dalla legge quella gerarchicamente preminente di riparazione del danno non patrimoniale. La sentenza non è contraddittoria perché il riconoscimento della reciprocità non si estende alle molestie telefoniche. Stante la non estendibilità della causa di non punibilità prevista, ai fini penali, dal legislatore esclusivamente in relazione al delitto di ingiuria, la reciprocità non può assumere rilevanza per il diverso reato di molestie. Ne deriva la confutazione dell’assunto difensivo secondo cui la motivazione della sentenza sarebbe contraddittoria nella parte in cui riconosce la reciprocità per escludere la tipicità del reato di ingiuria con conseguente assoluzione dell’imputato mentre condanna lo stesso per il reato di molestie o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, perché a tale fattispecie non è estendibile la causa di non punibilità specifica prevista dal legislatore.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 maggio – 23 giugno 2016, n. 26312 Presidente Siotto – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma dichiarava C.S. colpevole della contravvenzione di cui all'art. 660 cod. pen. e lo condannava alla pena di euro 200 di ammenda, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile C.C Secondo l'imputazione, C.S. aveva arrecato molestia e disturbo a C.C. inviando numerosi SMS sul telefono cellulare in uso allo stesso. Tra i due fratelli erano insorte gravi questioni relative alla gestione del patrimonio familiare e una forte conflittualità. Il Giudice rilevava che gli SMS erano molti, ma non erano in grado di incutere timore nei confronti del destinatario, mentre le offese erano reciproche assolveva, pertanto, l'imputato dalle imputazioni di minaccia e ingiurie per insussistenza del fatto. 2. Proponeva appello - trasmesso a questa Corte - il difensore di C.S., deducendo l'avvenuta revoca della parte civile in effetti, la parte civile costituita non aveva quantificato i danni, rimettendosi alle determinazioni di giustizia, in violazione dell'art. 523, comma 2, cod. proc. pen., con conseguente effetto di revoca della costituzione. In un secondo motivo l'appellante deduceva l'insussistenza del reato di molestie in primo luogo l'invio di SMS non può integrare il reato in secondo luogo la condanna era contraddittoria con il riconoscimento della reciprocità delle offese. In un terzo motivo l'appellante lamentava la mancata delimitazione temporale della condotta contestata. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 1. Preliminarmente occorre dar conto che la prescrizione del reato contestato non è maturata alla data odierna. In effetti, l'imputazione, nell'indicare l'epoca di commissione del reato dal 18/10/2008 a tutt'oggi , lo contesta proseguito fino al 4/5/2010, data di emissione del decreto di citazione a giudizio né emerge la cessazione della condotta contestata in epoca precedente, tenuto conto che, in una querela presentata successivamente, l'8/6/2010, la persona offesa denunciava che le condotte moleste erano proseguite anche successivamente. Nel calcolo della prescrizione si deve tenere conto di una sospensione della durata di anni uno e giorni sei da essa discende la tempestività della pronuncia del Giudice di merito, emessa prima della decorrenza dei termine e la non maturazione durata massima di prescrizione ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. pen 2. II primo motivo di ricorso è infondato. Si deve rimarcare che la parte civile ha presentato le conclusioni scritte davanti al Giudice del merito, pur non quantificando con precisione il danno per il quale ha chiesto il risarcimento. La giurisprudenza costante di questa Corte insegna che l'omessa quantificazione, nelle conclusioni scritte, dei danni richiesti dalla parte civile a titolo di risarcimento, non produce alcuna nullità, né comporta la revoca implicita della costituzione, ben potendo il giudice pronunciare condanna generica al risarcimento Sez. 6, n. 27500 del 15/04/2009 - dep. 06/07/2009, P.C. in proc. Morrone e altri, Rv. 244526 Sez. 5, n. 20475 del 14/02/2002 - dep. 24/05/2002, Avini, Rv. 221906 in effetti, l'esercizio dell'azione civile ha come unica condizione essenziale la richiesta di risarcimento, la cui entità può essere precisata in altra sede dalla stessa parte o rimessa alla prudente valutazione del giudice Sez. 4, n. 13195 del 30/11/2004 - dep. 12/04/2005, Dorgnak ed altri, Rv. 231212 . 3. Quanto ai motivi concernenti il merito dell'imputazione, l'invio di SMS può integrare la condotta di cui all'art. 660 cod. pen., come più volte ribadito da questa Corte si tratta, infatti, di molestia commessa col mezzo dei telefono e gli SMS non possono essere assimilati a messaggi di tipo epistolare, in quanto il destinatario di essi è costretto, sia de auditu che de visu , a percepirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psichica, prima di poterne individuare il mittente, il quale in tal modo realizza l'obiettivo di recare disturbo al destinatario Sez. 1, n. 30294 dei 24/06/2011 - dep. 29/07/2011, Donato, Rv. 250912 Sez. 1, n. 10983 del 22/02/2011 - dep. 16/03/2011, Posti, Rv. 249879 Sez. 3, n. 28680 del 26/03/2004 - dep. 01/07/2004, Modena, Rv. 229464 . 4. II ricorrente censura la motivazione come contraddittoria in quanto, pur riconoscendo la reciprocità delle ingiurie tra imputato e persona offesa, tanto da assolvere il primo dall'imputazione di ingiuria ex art. 594 cod. pen., applicando la causa di non punibilità di cui all'art. 599 comma 1, cod. pen., ha ritenuto tuttavia sussistente la contravvenzione contestata. Il ricorrente invoca un precedente di questa Corte, secondo cui non è configurabile il reato di molestia o disturbo alle persone di cui all'art. 660 cod. pen. allorché vi sia reciprocità o ritorsione delle molestie, in quanto in tal caso non ricorre la condotta tipica descritta dalla norma, e cioè la sua connotazione per petulanza o altro biasimevole motivo , alla quale è subordinata l'illiceità penale del fatto Sez. 1, n. 26303 del 06/05/2004 - dep. 10/06/2004, Pirastru, Rv. 228207 anche in quel caso, si era di fronte a reciproci messaggi e comunicazioni scambiati per mezzo di apparecchio di telefonia mobile. La prospettazione non può essere accolta. In effetti, se si ritenesse che, in caso di reciprocità delle ingiurie effettuate con il mezzo telefonico, venga sempre a mancare la petulanza o altro biasimevole motivo richiesto dalla norma incriminatrice delle molestie, si opererebbe di fatto un'estensione della causa di non punibilità in questione ad un'altra fattispecie incriminatrice, contro l'evidente volontà dei legislatore che, appunto, ha limitato la previsione eccezionale al reato di ingiuria. Soprattutto, l'estensione della causa di non punibilità al reato di molestie sembra non cogliere la natura della previsione normativa un caso eccezionale di rinunzia alla potestà punitiva da parte dell'ordinamento in ragione della considerazione che, data la lieve entità del fatto, in seguito alla ritorsione la partita tra i contendenti può ritenersi chiusa e la pena non appare più giustificata. Non si tratta, quindi, di scriminante che presuppone la legittimità delle ingiurie reciproche e, non a caso, la sua applicazione è rimessa alla valutazione discrezionale dei giudice, sulla base di una considerazione del fatto che è insindacabile davanti a questa Corte. Tale natura comporta, quindi, che la condotta non punita rimanga illecita cosicché la previsione di cui all'art. 652 cod. proc. pen. - per la quale la sentenza di assoluzione ha efficacia di giudicato nell'ambito del giudizio civile di danni relativamente all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una legittima facoltà - non è applicabile nel caso in cui la sentenza di assoluzione sia pronunciata per il riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 599 cod. pen., la quale, escludendo la punibilità dei reati di ingiuria e diffamazione, non ne esclude la natura di illecito civile e l'esistenza dell'obbligazione risarcitoria, ove ne sia derivato un danno, che può essere fatta valere innanzi al giudice civile Sez. 5, n. 11090 dei 07/01/2015 - dep. 16/03/2015, P.C. in proc. Decarli, Rv. 263037 . In effetti, la giurisprudenza di questa Corte in sede civile - anche se riferita all'ipotesi della provocazione - afferma che tale esimente esclude la punibilità dei reati di ingiuria e di diffamazione, non anche la natura di illecito civile dei fatto e la conseguente obbligazione risarcitoria dei danno subito dal soggetto leso Sez. 3, Sentenza n. 23366 del 15/12/2004, Rv. 579084 Sez. 3, Sentenza n. 8911 del 17/08/1995, Rv. 493680 , ricordando che non è vero che per la sussistenza dell'obbligazione di cui all'art. 2043 cod. civ. sia in linea generale necessaria la ravvisabilità di un reato nel fatto illecito in questione né che l'esistenza di una scriminante penale basti ad escludere la configurabilità della fattispecie di cui all'art. 2043 cod. civ. e richiamando la più recente giurisprudenza di questa Corte secondo cui il danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona, costituzionalmente garantito, non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 cod. pen., e non presuppone, pertanto, la qualificabilità dei fatto illecito come reato, giacché il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, anche alle previsioni della Legge fondamentale, ove si consideri che il riconoscimento, nella Costituzione, dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale . Quanto fin qui esposto dimostra che l'autore delle ingiurie - anche se esse sono reciproche - può senza dubbio agire per petulanza o per altro biasimevole motivo , rilevante ai sensi dell'art. 660 cod. pen Il giudice dei merito ha ritenuto che tale motivo fosse sussistente, mentre il ricorrente - esponendo in questa sede i motivi che lo avevano indotto ad inviare i numerosi SMS molesti - avanza considerazioni in fatto che questa Corte non può valutare. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.