Offese sessiste alla moglie dinanzi alle figlie: episodi sporadici e cade l’accusa di maltrattamenti

Azzerata la condanna a nove mesi di reclusione, decisa in appello. Decisiva la mancanza dell’abitualità nelle condotte tenute dall’uomo nei confronti della compagna. Nessun dubbio sulle offese a sfondo sessuale, ma gli episodi contestati son solo tre, e si sono verificati in un breve arco temporale.

Parole pesantissime, quelle utilizzate all’indirizzo della moglie. A rendere ancora più grave la vicenda, poi, il fatto che spettatrici siano state le figlie minori della coppia. Nonostante tutto, però, l’uomo riesce a uscire pulito dal procedimento giudiziario. Decisiva la constatazione che gli episodi contestati siano stati solo tre, e ricompresi in un arco temporale di neanche un mese Cassazione, sentenza n. 24375/16, sezione Sesta Penale, depositata il 10 giugno . Offese. In prima battuta l’uomo – un cittadino albanese, trasferitosi in Italia – viene accusato di atti persecutori ai danni della moglie. Poi, però, le offese a ripetizione rivolte alla donna – e tutte a sfondo sessuale – vengono rivalutate come semplice ingiuria , però commessa alla presenza delle tre figlie minori della coppia. E quest’ultimo particolare giustifica anche la contestazione del reato di maltrattamenti nei confronti delle bambine. Posizione sicuramente delicata, quella dell’uomo, che, difatti, viene condannato a nove mesi di reclusione . In appello viene sancita la sua responsabilità sia per il reato di ingiuria che per quello di maltrattamenti . Episodi. Secondo il legale che difende l’uomo, però, è stato trascurato un particolare fondamentale le condotte negative nei confronti della moglie sono state assolutamente sporadiche. Quindi, mancando il requisito dell’abitualità , è impossibile, sostiene l’avvocato, parlare di maltrattamenti . Questa obiezione è valutata come plausibile dai Magistrati della Cassazione. In premessa viene ribadita la gravità del comportamento tenuto dall’uomo, soprattutto tenendo presente che il delitto di maltrattamenti può concretizzarsi anche nei confronti dei figli, allorquando la condotta sia rivolta contro la madre ma abbia ricadute sui minori , vittime, indirettamente, di uno stato di sofferenza e di umiliazione . In questa vicenda, però, è emerso che le condotte, consistite in pesante offese a sfondo sessuale all’indirizzo della donna, venivano poste in essere durante il periodo in cui lei e le figlie erano ospitate in una ‘Comunità’, in un arco temporale brevissimo dal 12 dicembre al 7 gennaio , e in sole tre occasioni , cioè nel corso di una telefonata e durante gli incontri presso la ‘Comunità’ . Per i giudici è evidente la mancanza del requisito dell’abitualità . E ciò fa cadere l’accusa di maltrattamenti in famiglia.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 6 aprile – 10 giugno 2016, n. 24375 Presidente Ippolito – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza dei Tribunale di Milano del 7 marzo 2011, la Corte d'appello di Milano ha rideterminato in mesi nove di reclusione la pena inflitta a S.I. in relazione ai reati di ingiuria, così modificata l'originaria contestazione di atti persecutori, commesso in danno di A.I. capo 1 e di maltrattamenti in danno delle tre figlie capo 2 A sostegno dei rigetto dei motivi di ricorso, la Corte ha evidenziato a che, contrariamente a quanto eccepito, le dichiarazioni della persona offesa sono lineari e precise b che la sequela di ingiurie nei confronti della moglie alla presenza delle figlie minori nonché degli educatori e delle altre madri e, dunque, la sistematica condotta denigratoria della figura materna - comprovate dalle dichiarazioni della madre e dei testi D.C. e B. della comunità casa Letizia e dal documento del 12 gennaio 2010 a firma della B. - hanno cagionato alle piccole sofferenze e penose condizioni di vita, in costante ansia al momento di dover uscire con il padre, integranti il reato di cui all'art. 572 cod. pen., che prescinde da una volontà vessatoria diretta nei confronti dei figli minori che ne siano vittime. 2. Ricorre avverso la sentenza l'Avv. Giulio Santagostino, difensore di fiducia di S.I., e ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi 2.1. violazione di legge penale in relazione all'art. 572 cod. pen., stante il difetto del requisito della abitualità, in quanto trattasi di tre episodi isolati 2.2. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, là dove i Giudici di merito hanno escluso la sussistenza dell'abitualità con riferimento al reato di atti persecutori e, contraddittoriamente, ravvisato il reato di maltrattamenti che presuppone il medesimo requisito dell'abitualità in più, nel periodo in cui avvenivano le condotte, le figlie si trovavano in comunità e dunque gli incontri con il padre erano sporadici la Corte non specifica in cosa si siano sostanziate le diverse circostanze e la costanza con la quale le condotte denigratorie venivano poste in essere dall'imputato manca, comunque, il dolo di cagionare sofferenze alle figlie, essendo le condotte denigratorie rivolte esclusivamente verso la moglie. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. Deve essere inoltre rilevata ex officio la sopravvenuta abrogazione dei reato di ingiuria. 2. E' infondata la doglianza con la quale il ricorrente lamenta il difetto del dolo del reato, sul presupposto che le condotte denigratorie venivano rivolte esclusivamente verso la ex moglie e non anche verso le figlie - secondo la contestazione - uniche persone offese dei reato ex art. 572 cod. pen. Ed invero, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, il delitto di maltrattamenti può essere configurato anche nei confronti dei figli allorquando la condotta sia rivolta contro la sola convivente e madre dei minori, in quanto lo stato di sofferenza e di umiliazione delle vittime non deve necessariamente collegarsi a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo, ma può derivare anche da un clima generalmente instaurato all'interno di una comunità in conseguenza di atti di sopraffazione indistintamente e variamente commessi a carico delle persone sottoposte al potere dei soggetto attivo, i quali ne siano tutti consapevoli, a prescindere dall'entità numerica degli atti vessatori e dalla loro riferibilità ad uno qualsiasi dei soggetti passivi. In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito ha affermato la responsabilità dell'imputato, in ordine al delitto di cui all'art. 572 cod. pen., anche nei confronti dei figli minori, pur riconoscendo che gli atti di violenza fisica erano stati indirizzati solo alla convivente, avendo evidenziato con congrua valutazione di merito, incensurabile in sede di legittimità, le ricadute dei comportamento dei genitore sui minori, i quali avevano timore persino di andare a scuola per non poter difendere adeguatamente la propria madre e, quindi, assistevano agli atti vessatori dei padre, ivi comprese le minacce di morte indirizzate alla madre Sez. 5, n. 41142 del 22/10/2010, C., Rv. 248904 . D'altronde, nel delitto di maltrattamenti in famiglia, il dolo è generico, sicchè non si richiede che l'agente sia animato da alcun fine di maltrattare la vittima, bastando la coscienza e volontà di sottoporre la stessa alla propria condotta abitualmente offensiva Sez. 6, n. 4933 del 08/01/2004, Catanzaro, Rv. 229514 3. Colgono di contro nel segno le censure mosse nel ricorso, con le quali si contesta - sotto il duplice profilo della violazione di legge e dei vizio di motivazione - la ricorrenza dei presupposti del reato di maltrattamenti con specifico riguardo alla mancanza dei requisito oggettivo dell'abitualità delle condotte. 3.1. Costituisce principio di diritto acquisito quello secondo il quale, ai fini della sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia punito dall'art. 572 cod. pen., è necessario che gli atti di vessazione fisica o morale siano ripetuti nel tempo e connotati dal requisito della abitualità. Si tratta infatti di una fattispecie necessariamente abituale che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, i quali isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili atti di infedeltà, di umiliazione generica, etc. ovvero non perseguibili ingiurie, percosse o minacce lievi, procedibili solo a querela , i quali acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo Sez. 6, n. 4636 del 28/02/1995, Cassani, Rv. 201148 Sez. 6, n. 43221 del 25/09/2013, B., Rv. 257461 . Ancora, si è affermato che integra gli estremi del reato di cui all'articolo 572 cod. pen. la sottoposizione dei familiari, ancorché non conviventi, ad atti di vessazione continui e tali da cagionare agli stessi sofferenze, privazioni, umiliazioni, che costituiscano fonte di uno stato di disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di esistenza. Ed invero, comportamenti abituali caratterizzati da una serie indeterminata di atti di molestia, di ingiuria, di minaccia e di danneggiamento, manifestano l'esistenza di un programma criminoso di cui i singoli episodi, da valutare unitariamente, costituiscono l'espressione ed in cui il dolo si configura come volontà comprendente il complesso dei fatti e coincidente con il fine di rendere disagevole in sommo grado e per quanto possibile penosa l'esistenza dei familiari. Sez. 6, n. 3570 del 01/02/1999 - dep. 18/03/1999, Valente E, Rv. 213516 3.2. A tale pacifico principio di diritto non si conforma la pronuncia in verifica là dove - secondo la ricostruzione dei fatti compiuta dai Giudici della cognizione di primo e di secondo grado, ma anche a tenore di contestazione - le condotte maltrattanti, consistite in pesanti offese a sfondo sessuale all'indirizzo della moglie e madre delle figlie in presenza di queste ultime, venivano poste in essere durante il periodo nel quale la ex moglie e le minori erano ospitate in una Comunità, in un arco temporale brevissimo dal 12 dicembre 2009 al 7 gennaio 2010 e, per quanto più rileva, in sole tre occasioni, segnatamente nel corso della telefonata del 20 dicembre 2009 e degli incontri presso la comunità del 7 e del 10 gennaio 2010. Ritiene il Collegio che, avendo riguardo al contesto storico ed ambientale delle condotte durante una telefonata e gli incontri in comunità e, soprattutto, al fatto che le offese - .indubbiamente gravi - venivano formulate in tali sporadiche occasioni, non possa ritenersi sussistente il requisito dell'abitualità che - come sopra chiarito - presuppone la ripetizione nel tempo delle condotte vessatorie, fonte di uno stato di disagio continuo e di sofferenza nelle persone offese nonché causa di un regime di vita penoso, situazione che non pare potersi ravvisare nel caso in oggetto, in presenza di tre soli episodi di aggressione verbale, seppure connotate da un elevato grado di offensività e tali da creare un rilevante perturbamento emotivo nelle minori. 3.3. D'altra parte, l'argomentare della Corte territoriale sul punto - là dove ha valorizzato le condotte ripetute frequentemente sia pur in un arco di tempo breve ed ha evidenziato che la condotta denigratoria della figura materna veniva perseguita con costanza e, come provato in atti, comportava conseguenze significative sulle piccole, in costante ansia al momento di uscire con il padre - si appalesa meramente assertivo ed apodittico, dal momento che non riempie di contenuti l'asserita reiterazione delle condotte denigratorie poste in essere dall'imputato, precisazione nella specie tanto più necessaria a fronte della contestazione formale, e della stessa ricostruzione storico fattuale, di soli tre episodi ingiuriosi. 4. Giusta la rilevata mancanza del requisito dell'abitualità delle condotte maltrattanti, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio quanto alla condanna per il delitto di cui all'art. 572 cod. pen. perché il fatto non sussiste. Come questa Corte ha chiarito, pronunciandosi anche nel suo più ampio consesso, nel giudizio di cassazione l'annullamento della sentenza di condanna va disposto senza rinvio allorché un eventuale giudizio di rinvio, per la puntuale e completa disamina dei materiale acquisito e utilizzato nei pregressi giudizi di merito, non potrebbe pervenire ad un esito diverso Sez. U, n. 45276 dei 30/10/2003 - dep. 24/11/2003, P.G., Andreotti e altro, Rv. 226100 Sez. 6, n. 37098 del 19/07/2012 - dep. 26/09/2012, Conti, Rv. 253380 . 5. Come anticipato, la decisione in verifica deve essere annullata senza rinvio anche con riguardo alla contestazione di cui al capo 1 . Ed invero, con d.lgs del 15 gennaio 1016, n. 7, il reato di ingiuria è stato abrogato - in quanto trasformato in illecito civile sottoposto a sanzione pecuniaria -, di tal che la sentenza deve essere cassata sul punto, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.