Non vi è contraddizione tra l’espressione del consenso all’esame ematico per guida in stato di alterazione e presenza di patologia dissociativa

La Cassazione interviene in tema di guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti affrontando una questione relativa al consenso per gli esami necessari per tale accertamento.

Lo fa con la sentenza n. 24127 depositata il 10 giugno 2016. Guida in stato di alterazione da stupefacenti. In particolare, gli Ermellini ribadiscono l’orientamento pacifico in giurisprudenza in base al quale la mancanza di consenso dell’imputato al prelievo del campione ematico per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza non costituisce una causa di inutilizzabilità patologica degli esami compiuti presso una struttura ospedaliera, posto che la specifica disciplina dettata dall’art. 186 del nuovo codice della strada non prevede alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo dei campioni. Al contrario, l’obbligo di documentazione del consenso del sottoposto al trattamento ad opera degli agenti di PG verbalizzanti ricorre solo nelle ipotesi in cui la stessa Polizia Stradale ad eseguire l’accertamento e non quando la stessa proceda alla richiesta alle strutture sanitarie di cui all’art. 186 comma 5 del codice della strada, visto che in tale ipotesi, si verte nella applicazione di protocolli diagnostici e terapeutici previsti per il trattamento del paziente vittima del sinistro stradale. Patologia non influenza consenso rilasciato. Nel caso di specie il ricorrente era stato giudicato con le forme del rito abbreviato per il reato di guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti e condannato alla pena di otto mesi di arresto e di € 2000 di ammenda. In sede di ricorso per cassazione, la difesa del ricorrente deduceva vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice, dopo aver dato conto delle evidenze che avevano giustificato l’iniziativa dei verbalizzanti di fare sottoporre il ricorrente ad esami ematochimici, diretti ad individuare lo stato di alterazione psicofisica, aveva d’altro canto evidenziato che la disciplina propria dell’art. 187 commi 2- bis e 3 del codice della strada consentiva una tale indagine pur in mancanza di un consenso espresso dal conducente, che nel caso era stato prestato, non considerando che tra gli elementi sintomatici del controllo era stata indicata una condizione di dissociazione dalla realtà del conducente che avrebbe dovuto di fatto impedire la manifestazione di un qualsiasi valido e cosciente consenso o rifiuto di trattamento. La questione, dunque, nasce dalla espressa piena adesione da parte del ricorrente agli accertamenti ematochimici e la situazione patologica in cui versava lo stesso che, in una condizione di dissociazione della realtà, non poteva esprimere validamente il proprio consenso. Orientamento Giudice di legittimità. Al riguardo, con un corposo ed espresso richiamo alla giurisprudenza di legittimità sul punto, i Giudici di Piazza Cavour ribadiscono che in presenza dei presupposti di fatto l’accertamento del tasso alcol emico è utilizzabile ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato all’effettuazione dell’accertamento stesso. Il primo presupposto di fatto, e cioè il coinvolgimento in un incidente stradale, è un dato oggettivo, non rilevando se esso abbia o meno coinvolto solo il veicolo dell’interessato o anche di altri, in quanto il pericolo che rileva è quello causato alla circolazione stradale. Per la sussistenza del presupposto della sottoposizione a cure mediche risulta necessario che il prelievo ematico venga eseguito da personale sanitario della struttura, presso cui è condotto l’interessato, nell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso. A questo fine – precisano i Giudici della Corte di Cassazione – la valutazione se si debba o meno sottoporre il medesimo a cure mediche e procedere anche al prelievo ematico, onde predisporre adeguate cure farmacologiche, è rimessa agli stessi sanitari. Nell’ambito di questo tipo di cure, gli organi della Polizia Giudiziaria sono legittimati a richiedere l’accertamento del tasso alcol emico, i cui risultati possono essere utilizzati ai fini penali, indipendentemente dal consenso prestato o meno in tal senso dal guidatore. Nel caso di specie il ricorrente, una volta bloccato dagli agenti di Polizia, dopo aver provocato una serie di incidenti e tentato di darsi alla fuga, aveva accettato di buon grado di sottoporsi agli accertamenti relativi allo stato di eventuale alterazione psicofisica determinata dall’assunzione di sostanze stupefacenti. Il consenso veniva espressamente riportato nel verbale e ciò non può essere ritenuto contraddittorio anche in presenza di elementi sintomatici di una condizione menomata quali i profili di disorientamento e dissociazione, pur verbalizzati, ma confinando il rilievo di tali stati soggettivi al momento dell’accertamento della condizione di alterazione. Da ciò, infatti, non è possibile ricavare un atteggiamento di resistenza o di opposizione da parte del ricorrente al trattamento medico richiamato. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 marzo – 10 giugno 2016, numero 24127 Presidente Blaiotta – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1 La Corte di Appello di Palermo con sentenza in data 24.4.2015 confermava la sentenza dei Tribunale di Palermo che aveva giudicato N.G. con le forme del rito abbreviato in relazione al reato contravvenzionale di cui all'articolo 187 comma I C.d.S. per guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti, per il quale era stato condannato alla pena di mesi otto di arresto ed € 2.000 di ammenda 2. avverso la suddetta pronuncia proponeva ricorso per Cassazione la difesa del N. deducendo vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice, dopo avere dato conto delle evidenze che avevano giustificato l'iniziativa dei verbalizzanti di fare sottoporre il N. ad esami ematochimici, volti a individuare lo stato di alterazione psicofisica, aveva d'altro canto evidenziato che la disciplina propria dell'articolo 187 commi II bis e III C.d.S. consentiva una tale indagine pur in mancanza dì un consenso espresso dei conducente, che nel caso era stato prestato, salva la facoltà di rifiutare i suddetti esami peraltro incorrendo nella violazione di cui al successivo comma VIII, non considerando che tra gli elementi sintomatici dei controllo era stata indicata una condizione di dissociazione dalla realtà del conducente che avrebbe dovuto di fatto impedire la manifestazione di un qualsiasi valido e cosciente consenso o rifiuto ai trattamento. Sul punto chiedeva pertanto pronuncia di annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1.In relazione al motivo di ricorso sopra indicato va in primo luogo evidenziato come il giudice territoriale abbia riportato nella propria motivazione che il N. aveva espresso piena adesione agli accertamenti ematochimici che erano stati compiuti su delega della polizia giudiziaria al fine di riscontrare la presenza di eventuali anomale percentuali di alcool o di sostanze tossiche nel sangue, attesi gli elementi evidenziati dai verbalizzanti quali sintomi di una possibile guida in stato di alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti, anche in ragione degli oggetti rinvenuti all'interno dell'autoveicolo. Su questo specifico profilo costante è l'insegnamento di questa corte che, sulla base di una interpretazione sistematica delle disposizioni dell'articolo 186 C.d.S. commi 5-6 e 7 C.d.S. ha concluso che, a fronte degli accertamenti diagnostici delegati alla struttura sanitaria che ha in cura il paziente a seguito di sinistro stradale in relazione al quale si pone la esigenza di verificare i valori nel sangue, non è necessaria l'esplicitazione di un consenso dei paziente ma che, a fronte della somministrazione di cure che non necessitano dei prelievo di campioni di sangue, viene sempre fatta salva la possibilità dei paziente di rifiutare di sottoporsi all'esame, in ciò incorrendo nella violazione di cui all'articolo 186 comma 7 C.d.S. 2. Ha affermato invero il giudice di legittimità che in presenza dei presupposti di fatto indicati coinvolgimento del conducente in un incidente stradale, sua sotto posizione a cure mediche da parte della struttura sanitaria l'accertamento del tasso alcoolemico, richiesto ai sanitari da organi della Polizia Giudiziaria, è utilizzabile ai fini dell'affermazione di responsabilità dell'interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato all'effettuazione dell'accertamento stesso. Il primo presupposto di fatto, e cioè il coinvolgimento in un incidente stradale, è un dato oggettivo, non rilevando se esso abbia o meno coinvolto solo il veicolo dell'interessato o anche di altri, quel che importa, infatti, è il pericolo causato alla circolazione stradale per la sussistenza del secondo presupposto è necessario che il prelievo ematico sia stato eseguito dal personale sanitario della struttura, presso cui è stato condotto l'interessato, nell'ambito di un protocollo medico di pronto soccorso a tal fine, ovviamente, la valutazione se si debba o meno sottoporre il medesimo a cure mediche e procedere anche al prelievo ematico, onde predisporre adeguate cure farmacologiche, è rimessa agli stessi sanitari. Nell'ambito delle cure che vengono in tal modo prestate, con il prelievo ematico, gli organi di P. G. sono legittimati a richiedere l'accertamento del tasso alcoolemico, i cui risultati possono essere utilizzati ai fini penali, indipendentemente dal consenso prestato o meno in tal senso dal guidatore. In tale caso, poiché l'acquisizione del risultato dell'accertamento ematico è previsto ex lege, non è affatto necessario, a tutela del diritto di difesa, che l'interessato venga avvertito della facoltà di nomina di un difensore. Il conducente potrebbe, però, opporsi ad essere sottoposto alle cure mediche e, quindi, al prelievo di sangue e, sostanzialmente all'accertamento del tasso alcoolemico, disposti dai sanitari nell'ambito di applicazione del protocollo di pronto soccorso cui si è fatto riferimento, ma, in tal caso, atteso il collegamento tra il comma 7 ed il comma 5 dell'articolo 186 C.d.S., egli è punito con le pene previste dal comma 2, lett. c dello stesso articolo, sempre, però, che sia stato informato che, nell'ambito delle cure mediche, era stato richiesto da parte della P. G. ai sanitari il prelievo di sangue per l'accertamento del tasso alcooi emico sez.IV, 6.11.2012 numero 6755 , ed ancora la mancanza di consenso dell'imputato al prelievo del campione ematico per l'accertamento del reato di guida in stato d'ebbrezza non costituisce una causa di inutilizzabilità patologica degli esami compiuti presso una struttura ospedaliera, posto che la specifica disciplina dettata dall'articolo 186 del nuovo codice della strada - nel dare attuazione alla riserva di legge stabilita dall'articolo 13, comma secondo Cost. - non prevede alcun preventivo consenso dell'interessato al prelievo dei campioni sez.IV, 10.12.2013 numero 1522 , mentre l'obbligo di documentazione dei consenso dei sottoposto al trattamento ad opera degli agenti di PG verbalizzanti ricorre solo nella ipotesi in cui sia la stessa Polizia Stradale ad eseguire l'accertamento e non quando la stessa proceda alla richiesta alle strutture sanitarie di cui all'articolo 186 V comma C.d.S. atteso che, in tale ipotesi, si verte nella applicazione dei protocolli diagnostici e terapeutici previsti per il trattamento dei paziente vittima del sinistro stradale, cui accede la istanza della PG di una verifica dei tasso alcolimetrico sul punto Cass. 15.11.2012 numero 10605 e in tal caso si è al di fuori dagli obblighi di legge in punto a documentazione degli accertamenti tecnici irripetibili da svolgere nel corso delle indagini, dal momento che il trattamento dei paziente, e anche le problematiche del consenso afferenti l'attuazione di trattamenti diagnostici e terapeutici, devono essere esaminate nell'ambito della disciplina propria dei rapporto scaturente dal contatto tra la struttura sanitaria pubblica e il privato mentre, come si è detto, solo a seguito di una specifica richiesta di esame alcolimetrico a fronte di paziente non abbisognevole di cure, il prevenuto dovrà essere posto in condizione di esprimere non già il consenso al prelievo ematico funzionale all'esame, ma eventualmente di esercitare il proprio diritto a rifiutare il prelievo, con le conseguenze di cui all'articolo 187 VIII comma C.d.S. 2. Sotto diverso profilo peraltro la stessa decisione della Corte di Appello dava atto che il N., una volta bloccato dagli agenti di P.G. dopo avere provocato una serie di incidenti e tentato di darsi alla fuga, aveva accettato di buon grado di sottoporsi agli esami per l'accertamento dello stato di eventuale alterazione psicofisica determinata dall'assunzione di sostanze stupefacenti, adesione che era stata verbalizzata dagli agenti accertatori e che era stata ricevuta come espressione di volontà liberamente manifestata del tutto coerentemente poi il giudice di secondo grado ha posto rilievo al fatto che nel verbale degli accertamenti urgenti predisposto dall'assistente capo veniva espressamente riportato il consenso espresso dal N. ad essere accompagnato presso i presidi ospedalieri al fine di sottoporsi agli esami richiesti nessun profilo di contraddizione può a tale fine riscontrarsi con gli elementi sintomatici di una condizione menomata quali gli indicati profili di disorientamento e dissociazione pure richiamati a conforto dell'iniziativa assunta dai verbalizzanti, atteso che la corte di appello, con ragionamento assolutamente coerente sotto il profilo logico giuridico, ha confinato il rilievo di tali stati soggettivi al momento dell'accertamento della condizione di alterazione. Da tale accertamento non può per converso arguirsi che al momento in cui venne espresso il consenso e meno ancora quando, in epoca successiva, il N. venne accompagnato presso l'ospedale e sottoposto a prelievo, questi non avesse avuto la possibilità di opporsi espressamente o comunque con un atteggiamento di resistenza, al trattamento medico espressamente indicato come diretto a verificare la presenza di metaboliti di sostanze stupefacenti all'interno dei propri liquidi organici. II ricorso va rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali