Lui assedia la prostituta perché vuole redimerla: condannato per stalking

Irrilevante l’obiettivo prefissato dall’uomo, propostosi come buon samaritano. Decisiva, invece, la reazione della donna, che si è sentita in pericolo, e in un’occasione si è rifugiata in un bar, chiedendo l’intervento della Polizia.

Giusto compiere la propria buona azione quotidiana. Legittimo provare ad imitare il buon samaritano. Ma attenti a non esagerare c’è il rischio che la persona destinataria del comportamento compassionevole possa prenderla male, molto male Esemplare la vicenda vissuta da un uomo in Emilia Romagna. Lui si era ripromesso di redimere una prostituta. La donna non era assolutamente d’accordo, e l’ha fatto condannare per stalking Cassazione, sentenza n. 20711/16, sezione Quinta Penale, depositata il 18 maggio . Molesto. Inequivocabili le parole dell’uomo additato come stalker. Lui ha dichiarato di avere fatto effettivamente pressione sulla donna – una prostituta – perché intenzionato a redimerla , a riportarla sulla retta via. Inequivocabile, però, anche la reazione della donna, che si è sentita in pericolo, tanto da rifugiarsi in un bar e chiedere l’aiuto della Polizia. Tutto ciò è sufficiente, secondo i giudici, per parlare di atti persecutori in piena regola. Visione completamente erronea, questa, secondo il difensore dell’uomo. Come trascurare, si domanda il legale, il fatto che l’obiettivo era esclusivamente quello di redimere la donna ? Osservazione irrilevante, ribattono i Magistrati della Cassazione. La ragione che ha spinto l’uomo ad agire, e cioè convincere la donna a smettere di prostituirsi , non azzera la gravità del suo comportamento. Detto in maniera chiara, resta decisiva la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e di molestia nei confronti della ‘lucciola’. Consequenziale, quindi, la conferma della condanna per stalking .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 marzo – 18 maggio 2016, numero 20711 Presidente Vessichelli – Relatore Morelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 17.2.15 che condannava D.L.A. in ordine al reato di atti persecutori in danno di S.M.C 1.1. La Corte d'Appello, richiamate interamente le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, evidenzia l'attendibilità della parte offesa e l'esistenza di elementi di riscontro, costituiti dalla deposizione di un agente di PG che intervenne in un bar, su richiesta della S., trovandola in grave agitazione e motivo delle condotte del D.L., nonché delle stesse ammissioni da parte dell'imputato, il quale ha dichiarato di avere effettivamente fatto pressione sulla donna perché voleva redimerla, trattandosi di una prostituta. 2. Propone ricorso l'imputato personalmente deducendo violazione e falsa applicazione degli articolo 42 e 612 bis c.p. e assenza di motivazione. Si evidenzia che i fatti ascritti all'imputato risalgono ad un breve periodo, fra il luglio 2014 e il 12 settembre 2014, che la parte lesa non aveva mutato abitudini di vita, tanto è vero che le ulteriori condotte in suo danno oggetto di un distinto processo sempre a carico si sono verificate nei medesimi luoghi, ed infine che difetta l'elemento soggettivo del reato, in quanto il Di Lorenzo era mosso esclusivamente dall'intento di redimere la donna. Eventuali condotte aggressive in danno della parte lesa potranno essere diversamente rubricate come ingiuria o minaccia. Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile in quanto reitera censure in fatto già oggetto dell'appello e in ordine alle quali la sentenza impugnata replica con adeguate argomentazioni, rispetto alle quali difetta, nel ricorso, una critica puntuale. 1.1. In tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che si limitano a riprodurre le censure dedotte in appello, anche se con l'aggiunta di frasi incidentali di censura alla sentenza impugnata meramente assertive ed apodittiche, laddove difettino di una critica argomentata avverso il provvedimento 'attaccatò e l'indicazione delle ragioni della loro decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice di merito. Sez. 6, numero 8700 del 21/01/2013 Rv. 254584 1.2. Pur denunciando formalmente violazione di legge, il ricorso costituisce, con tutta evidenza, reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai Giudici di appello, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, attività che rientrano nel potere discrezionale dei giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici. sez.2 n°42595 del 27.10.09, Errico Sez. 2, numero 9242 del 08/02/2013 Rv. 254988 . 1.3. Quanto ai rilievi svolti circa l'elemento soggettivo del reato, va evidenziato che nel delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di evento, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte, elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa, potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne preseti l'occasione Sez.5 numero 43085 del 24.9.15 Rv.265230 . Irrilevante, quindi, che il ricorrente abbia agito, a suo dire, con l'intento di convincere la parte offesa a smettere di prostituirsi. 2. La natura dei reati impone particolari cautele nella diffusione del presente provvedimento, per il cui caso si dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. lgs. 196/03. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende. Dispone che in caso di diffusione dei presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. Igs. 196/03.