Le spetterebbe il patrocinio gratuito, ma il ricorso è effettuato con mezzi contrari alla legge

La presentazione dell’impugnazione con mezzi diversi da quelli stabiliti dalla legge in questo caso a mezzo telefax è inammissibile perché effettuata con modalità non consentita dalla stessa.

Con sentenza n. 18823/16 depositata in cancelleria il 5 maggio, la Suprema Corte ha esaminato il seguente caso. Il caso . Avverso il provvedimento del giudice di pace di Campobasso che ha revocato l’ammissione al patrocinio gratuito disposta in favore della ricorrente a seguito di una nota dell’Agenzia delle Entrate, ricorre la stessa per cassazione, deducendo due motivi la violazione dell’art. 606 c.p.p. per inosservanza o erronea applicazione della legge penale violazione dello stesso per contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La ricorrente deduce, infatti, l’esistenza di un macroscopico errore nella valutazione dei redditi 2013 da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’ufficio, a detta della ricorrente, invece di considerare solo il reddito imponibile ai fini Irpef del nucleo familiare, avrebbe considerato anche il reddito percepito dal coniuge a titolo di pensione di invalidità e, pertanto, non rientrante nella base imponibile e non computabile ai fini della sussistenza delle condizioni reddituali per l’ammissione. La ricorrente richiama la giurisprudenza della Corte con la quale si stabilisce che il reddito, cui far riferimento, al fine dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è il reddito imponibile al netto degli oneri deducibili . Chiede pertanto l’annullamento del decreto impugnato. Dies a quo non computatur . Ma la Suprema Corte valuta inammissibile il ricorso perché tardivo. Il ricorso avverso il provvedimento di revoca del gratuito patrocinio va proposto nel termine di 20 giorni Nel caso di specie la ricorrente ha proposto ricorso oltre il suddetto termine. Il computo, infatti, segue la regola generale stabilita dall’art. 172, comma quarto, c.p.p., per il quale dies a quo non computatur in termine, con la conseguenza che il giorno della ricevuta notifica, che è quello iniziale, non si computa. Va rilevato altresì che la ricorrente documenta come, il giorno precedente quello in cui poi ne ha effettuato il deposito presso la cancelleria del giudice procedente dunque quando era ancora in termine , aveva trasmesso ricorso a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo di posta certificata del giudice di pace, con ricevuta di accettazione. Tale forma di inoltro dell’ impugnazione, tuttavia, non produce alcun effetto. Come ha avuto modo di precisare la Corte in materia di impugnazioni, vige il principio di tassatività e inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per la presentazione del ricorso, in quanto si tratta di requisiti la cui osservanza è sanzionata a pena di inammissibilità . La Suprema Corte dichiara pertanto inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 marzo – 5 maggio 2016, n. 18823 Presidente D’Isa – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. II Giudice di Pace di Campobasso, con provvedimento del 9.7.2015, noti ficato il 10.7.2015, revocava l'ammissione al gratuito patrocinio disposta in favo re di M.R., a seguito di nota dell'Agenzia delle Entrate. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione M.R., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessa ri per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. • Violazione dell'art. 606, lett. b cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche violazione e falsa ap plicazione degli artt. 76, 92 e 112 DPR 115/2002 e dell'art. 3 TUIR. • Violazione dell'art. 606, lett. e cod. proc. pen. per contraddittorietà o ma nifesta illogicità della motivazione. La ricorrente deduce l'esistenza di un macroscopico errore nella valutazione dei redditi 2013 da parte dell'Agenzia delle Entrate. L'ufficio, infatti, invece di considerare solo il reddito imponibile ai fini Irpef del nucleo familiare avrebbe considerato anche il reddito percepito dal coniuge a titolo di pensione di invalidità e, pertanto, non rientrante nella base imponibile e non computabile ai fini della sussistenza delle condizioni reddituale per l'ammissione. La ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Sezione con la quale si stabilisce che il reddito, cui far riferimento, al fine dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, è il reddito imponibile al netto degli oneri deducibili. Chiede, pertanto, l'annullamento del decreto impugnato con ogni altro con sequenziale provvedimento. 3. Il P.G. presso questa Corte Suprema ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. le proprie conclusioni scritte rilevando l'inammissibilità del ricorso perché presentato dopo la scadenza del termine, chiedendo, pertanto, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso con condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende. Considerato in diritto 1. II ricorso è inammissibile perché tardivo. 2. Ai sensi dell'art. 113 DPR 155/2002 il ricorso avverso il provvedimento di revoca del gratuito patrocinio va proposto nel termine di 20 giorni. Nel caso di specie, la ricorrente, come dalla stessa dichiarato, ha ricevuto la notifica del decreto in data 10.7.2015 ed ha proposto ricorso in data 31.7.2015, come da timbro di deposito in cancelleria, apposto sul frontespizio del ricorso, ol tre il termine di venti giorni dalla notifica. Il computo, infatti, segue la regola generale stabilita dall'art. 172, comma quarto, cod. proc. pen., per il quale dies a quo non computatur in termine, con la conseguenza che il giorno della ricevuta notifica, che è quello iniziale, non si computa, venendo i venti giorni a scadere il 30.7.2015, che era un giovedì. 3. Va rilevato che la ricorrente documenta come, il giorno precedente quello in cui poi ne ha effettuato il deposito presso la cancelleria dei giudice procedente, 30.7.2015, e quindi quando era ancora nel termine, aveva trasmesso copia del ricorso a mezzo posta elettronica certificata cosiddetta P.E.C. ,dal proprio indi rizzo m.assuntabaranello@pec.it a quello di posta certificata del Giudice di Pace di Campobasso gdp.campobasso@giustizia. cert.it con ricevuta di accettazione alle ore 19.03.41. Tale forma di inoltro dell'impugnazione, tuttavia, non produce alcun effetto. Questa Corte di legittimità ha avuto modo di precisare, ancora di recente, e va qui ribadito che, in materia di impugnazioni, vige il principio di tassatività ed inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per la presentazione del ricorso, in quanto si tratta di requisiti la cui osservanza è sanzionata a pena di inammissibi lità, con la conseguenza che la presentazione dell'impugnazione con mezzi diver si da quelli previsti dalla norma in quel caso a mezzo telefax è inammissibile perché effettuata con modalità non consentita dalla legge così sez. 1, n. 16356 del 20.3.2015, Piras, rv. 263321. In una fattispecie in tema di motivi nuovi rela tivi a ricorso per cassazione . In altra pronuncia è stata ritenuta inammissibile l'impugnazione cautelare proposta dal P.M. mediante l'uso della posta elettronica certificata c.d. PEC , in quanto le modalità di presentazione e di spedizione dell'impugnazione, disciplina te dall'art. 583 cod. proc. pen. - esplicitamente indicato dall'art. 309, comma quarto, a sua volta richiamato dall'art. 310, comma secondo, cod. proc. pen. - e applicabili anche al pubblico ministero sono tassative e non ammettono equipol lenti, stabilendo soltanto la possibilità di spedizione dell'atto mediante lettera raccomandata o telegramma, al fine di garantire l'autenticità della provenienza e la ricezione dell'atto, mentre nessuna norma prevede la trasmissione mediante l'uso della PEC così sez. 5, n. 24332 del 5.3.2015, Pmt in proc. Alamaru e altri, rv. 263900 . 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammis sibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 500,00 in favore della cassa delle ammende.