Revoca del sequestro preventivo: da quando decorre il termine per impugnare?

La data da cui decorre il termine per il pubblico ministero per impugnare il provvedimento di revoca della misura cautelare reale è quella della ricezione in segreteria di copia dell’atto, non rilevando che un unico provvedimento contenga sia disposizioni di accoglimento della misura che disposizioni di rigetto né che l’atto sia trasmesso erroneamente ai fini dell’esecuzione.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9147/16, depositata il 4 marzo. Il caso. Il Tribunale del riesame revocava i decreti di sequestro preventivo emessi dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, e a carico degli imputati a cui erano ascritte ipotesi di reati fiscali. Il Procuratore della Repubblica impugnava il provvedimento di revoca ma il Tribunale dichiarava, con ordinanza, l’inammissibilità dell’appello cautelare perché ritenuto tardivo. La sequenza della trasmissione-ricezione. La luce sulla vicenda è offerta dalla Suprema Corte di Cassazione a cui il Procuratore della Repubblica si è rivolto con ricorso. In particolare è stato evidenziato che il provvedimento di revoca dei decreti di sequestro preventivo, con pedissequo ordine di restituzione agli imputati dei beni sottoposti a vincolo reale, era stato trasmesso via fax alla Procura della Repubblica alle ore 20.36, dopo l’orario di chiusura degli uffici. Il timbro pervenuto” attestante il ricevimento e la firma del direttore amministrativo erano posti sulla copia ricevuta con indicata la data del giorno successivo l’invio quello in cui materialmente i funzionari potevano riscontrare la ricezione . La delega all’esecuzione era redatta di pugno e firmata dal pubblico ministero dopo due giorni. Otto giorni dopo e dieci dall’apposizione del timbro pervenuto” il pubblico ministero presentava appello cautelare che, tuttavia, veniva ritenuto tardivo perché successivo rispetto ai dieci giorni che, a dire del Tribunale, decorrevano dalla data di invio del provvedimento trasmesso via fax. L’appello è tardivo? In particolare, il Tribunale riteneva che l’urgenza dell’atto derivasse dalla natura intrinseca dello stesso e dalla correlata necessità di immediata esecuzione, essendo irrilevante l’assenza del personale dipendente e, infine, che ai fini del computo del termine finale occorresse far riferimento alla data del deposito invio del fax e non a quella della trasmissione ricezione . Dalle disposizioni di attuazione le direttive per l’esecuzione delle misure cautelari. La natura cautelare dell’eccezione formulata dal pubblico ministero ricorrente ha consentito alla Suprema Corte di esaminare il fascicolo. Dagli atti è emerso che il provvedimento di revoca della misura era stato trasmesso al pubblico ministero per l’esecuzione e agli ufficiali giudiziari per la notifica agli imputati. Le disposizioni di attuazione al codice di procedura penale disciplinano come deve essere curata l’esecuzione di una misura cautelare e la sua esecuzione e quale sia l’organo competente. Dalla lettura delle norme si ricava che solo per la fase delle indagini preliminari è prevista espressamente la competenza del pubblico ministero per l’esecuzione delle misure. Competenza funzionale in fase di esecuzione. D’altra parte, l’autorità giudiziaria competente a dare esecuzione all’ordinanza di dissequestro emessa dal giudice dell’esecuzione è pur sempre il pubblico ministero presso il giudice competente per gli incidenti di esecuzione, in quanto trattasi di competenza funzionale, ferma restando la distinzione tra competenza a deliberare la restituzione che compete al giudice salvo potere eccezionale del pubblico ministero durante la fase delle indagini preliminari e la competenza ad eseguire la restituzione che spetta al pubblico ministero . La restituzione secondo il Testo Unico spese di giustizia. La Corte di Cassazione, inoltre, richiama le previsioni del T.U. spese di giustizia che prevedono che alla restituzione dei beni sequestrati si debba dare esecuzione mediante comunicazione del provvedimento all’avente diritto e al custode con onere, a carico del primo, del ritiro materiale del bene, pena il pagamento delle spese di custodia e conservazione delle cose decorsi trenta gironi dalla ricezione della comunicazione. Si desume che qualora le cose siano affidate alla cancelleria il pubblico ministero non ha margine operativo nella sequenza procedimentale dall’adozione del provvedimento da parte del giudice alla sua comunicazione all’avente diritto e al materiale ritiro del bene. Il pubblico ministero non è sempre l’organo competente a curare l’esecuzione. Chiude la disamina delle competenze del pubblico ministero in relazione alle misure cautelari l’analisi delle norme di attuazione al codice di rito. I giudici evidenziano che gli artt. 92 e 104 disp. att. costituiscono la deroga al principio generale secondo cui il pubblico ministero è sempre competente a curare l’esecuzione dei provvedimenti di restituzione delle cose sottoposte a sequestro preventivo. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, dunque, l’organo competente ad eseguire il provvedimento in materia di misure cautelari, personali o reali, è il giudice che ha adottato l’atto. Nessuna ragione d’urgenza giustificava la trasmissione via fax. Ciò premesso, la Suprema Corte afferma che, nel caso concreto, non vi era alcuna ragione di urgenza nella comunicazione del provvedimento via fax perché la tutela insita nell’esecuzione del provvedimento era attratta alla competenza dello stesso giudice e non di altro soggetto. In altri termini, non sussistevano ragioni esecutive legittimanti la trasmissione urgente al pubblico ministero via fax perché alcun compito spettava al pubblico ministero in ordine all’esecuzione dell’ordinanza di revoca del sequestro preventivo. Ragioni d’urgenza diverse non emergevano neppure da disposizioni del giudice in quanto non vi era alcun decreto motivato steso in calce al provvedimento. Sistema innominato” di notificazione. Con una norma aperta” alle possibilità offerte dai nuovi mezzi tecnologici, il codice di rito prevede forme particolari di notificazione disposte dal giudice . Preso atto dell’eterogeneità degli strumenti e delle possibili modificazioni derivanti dallo sviluppo tecnologico, il lungimirante legislatore del codice ha previsto una norma che prefigura un sistema di notificazione innominato” senza prevedere un procedimento standard. È infatti il giudice che dovrà stabilire, caso per caso, con decreto in calce all’atto, natura del mezzo di notificazione da utilizzare nonché modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del destinatario. Nel caso in esame non erano state fornite motivazioni, da stendere in calce all’atto, che ne giustificavano la trasmissione via fax, alle ore 20.36, orario in cui il personale amministrativo non è presente negli uffici giudiziari. Inoltre, come evidenziato, non sussisteva l’urgenza intrinseca di trasmettere l’atto alla Procura della Repubblica perché – nella fattispecie in esame – non competeva al pubblico ministero darvi esecuzione. La trasmissione ai fini dell’esecuzione equivale a quella ai fini di comunicazione? Ci si chiede se il provvedimento, comunque trasmesso, assolvesse il fine di comunicazione al pubblico ministero. Sono rintracciabili due orientamenti che si sono confrontanti su ipotesi in cui un unico provvedimento contenga disposizioni diverse – di accoglimento e di rigetto – nei confronti di distinti soggetti. Per un risalente orientamento, la comunicazione dell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari al pubblico ministero – comprensiva del provvedimento cautelare adottato per alcuni soggetti e del provvedimento di rigetto per altri – non equivale a notizia legale anche dei provvedimenti di rigetto essendo la comunicazione finalizzata esclusivamente all’esecuzione delle misure nei confronti degli indagati ad esse assoggettati in altri termini non vale per portare a conoscenza del pubblico ministero le statuizioni di rigetto della misura cautelare richiesta. Ne deriva che da tale data non decorre il termine per la proposizione dell’appello del pubblico ministero avverso i provvedimenti di rigetto, dovendosi, invece, aver riguardo alla diversa data di comunicazione degli stessi. Secondo un più recente orientamento, il termine per proporre appello decorre dal momento in cui il provvedimento che in parte accolga e in parte respinga viene comunicato per l’esecuzione all’ufficio della Procura mediante consegna in segreteria. Quest’ultimo è l’orientamento cui la Corte adita nel caso in scrutinio aderisce è stata valorizzata la circostanza che la trasmissione del provvedimento per la sua esecuzione costituisce una forma di comunicazione” dell’atto. Si è così affermato che la trasmissione al pubblico ministero dell’ordinanza cautelare ai fini dell’esecuzione equivale, ad ogni effetto, alla sua comunicazione che deve essere eseguita mediante consegna di copia dell’atto nella segreteria della Procura della Repubblica. Qual è il dies a quo per l’appello? Il termine per la presentazione dell’appello nell’incidente cautelare decorre – per il pubblico ministero – dalla data di comunicazione all’ufficio del provvedimento da impugnare, non rilevando che la comunicazione non sia effettuata personalmente al magistrato titolare del procedimento. Nel caso di specie tale termine è quello in cui la segreteria aveva apposto il timbro di pervenuto sicché l’appello proposto nel caso concreto era tempestivo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 ottobre 2015 – 4 marzo 2016, n. 9147 Presidente Squassoni – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa ricorre per l’annullamento dell’ordinanza del 28/04/2015 che ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, l’appello cautelare da lui proposto avverso il provvedimento del 27/02/2015 con il quale quello stesso Tribunale aveva revocato i decreti di sequestro preventivo emessi dal G.i.p. di Siracusa lo 08/03/2012 ed il 04/06/2012 nei confronti degli odierni imputati a carico dei quali il PM ipotizza vari reati fiscali. 1.1. Con il primo motivo eccepisce la violazione, o comunque l’erronea applicazione, degli artt. 153, cod. proc. pen., e 64, comma 3, disp. att. cod. proc. pen., in relazione alla sussistenza del motivo d’urgenza che legittima la comunicazione a mezzo telefax. Sulla premessa che la comunicazione di atti e provvedimenti del giudice al pubblico ministero può essere eseguita con il mezzo più celere nelle forme previste dagli artt. 149 e 150, c.p.p. solo nei casi espressamente previsti dall’art. 63, comma 3, disp. att. c.p.p., lamenta che il Tribunale cautelare ha erroneamente ritenuto valida, ai fini della comunicazione e dunque della decorrenza del termine per l’impugnazione , la trasmissione via fax del provvedimento di revoca del sequestro preventivo al fine della sua esecuzione, nonostante 1 il silenzio del legislatore circa la natura di provvedimento urgente del decreto di revoca del sequestro preventivo 2 il PM non sia competente a curarne l’esecuzione, trattandosi di incombenza che spetta direttamente al giudice della cautela 3 non sussistesse, nel caso specifico, alcuna urgenza concreta. 1.2. Con il secondo ed il terzo motivo eccepisce la violazione, o comunque l’erronea applicazione degli artt. 153, cod. proc. pen., e 64, comma 3, disp. att. cod. proc. pen., in relazione al mancato rispetto delle forme prescritte dagli artt. 150, cod. proc. pen. e 64, comma 4, disp. att. c.p.p Deduce, al riguardo, che in ogni caso la trasmissione del provvedimento è stata effettuata via fax in assenza di decreto motivato del giudice in calce all’atto circa le ragioni dell’urgenza e della attestazione del funzionario di aver trasmesso il testo originale. 1.3. Con il quarto motivo eccepisce la violazione, o comunque l’erronea applicazione degli artt. 128, 153, 309, 310, 322-bis, cod. proc. pen., in relazione alla decorrenza del termine per impugnare il provvedimento cautelare, non potendosi prescindere, a tal fine, dal principio di effettiva conoscenza dell’atto prevenuto presso la Segreteria della Procura della Repubblica di Siracusa in orario serale e comunque di chiusura degli uffici, fisicamente inaccessibili perché chiusi a chiave . Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato. 3. Come anticipato nella premessa, il Tribunale di Siracusa, con provvedimento del 27/02/2015, aveva revocato i decreti di sequestro preventivo emessi dal G.i.p. di quello stesso Tribunale l’8 marzo ed il 4 giugno 2012 ordinando la restituzione agli imputati dei beni sottoposti al vincolo reale. Il provvedimento era stato trasmesso via fax alla Procura della Repubblica alle ore 20,36 di quello stesso giorno. Sul frontespizio della copia ricevuta risulta apposto il timbro del pervenuto datato 28/02/2015 e la firma del direttore amministrativo, nonché la delega all’esecuzione redatta di pugno e firmata dal Pubblico Ministero il successivo 02/03/2015. Il 09/03/2015 il Pubblico Ministero aveva trasmesso via fax l’appello cautelare, depositato presso la cancelleria del giudice ad quem il successivo 10/03/2015. Il Giudice dell’appello cautelare ha ritenuto tardiva l’impugnazione sul rilievo che alla data del 10/03/2015 erano ormai decorsi dieci giorni dalla data di comunicazione del provvedimento via fax. A tal fine ha argomentato che a non si può tener conto della data del pervenuto apposta il 28/02/2015 dalla Segreteria della Procura della Repubblica, dovendosi tener conto di quella del rapporto di trasmissione via fax del provvedimento, trattandosi di atto la cui urgenza deriva dalla sua natura, dal suo contenuto e dalla necessità della sua immediata esecuzione b la mancanza di attestazione in calce all’atto della trasmissione dell’originale costituisce una mera irregolarità che non inficia la validità della trasmissione c l’assenza di personale dipendente non ha alcuna rilevanza ai fini della idoneità della comunicazione a far decorrere il termine per impugnare d ai fini del computo del termine finale occorre aver riguardo alla data del deposito del fax e non a quella della sua trasmissione. 4. Dall’esame del fascicolo ammesso in questa fase di legittimità, in considerazione della natura processuale dell’eccezione proposta risulta che il provvedimento di revoca del sequestro, emesso in fase pre-dibattimentale dal Tribunale, era stato trasmesso al PM per l’esecuzione ed agli ufficiali giudiziari per la notifica agli imputati. 4.1. Ai sensi dell’art. 92, disp. att. c.p.p., l’ordinanza che dispone la misura cautelare è immediatamente trasmessa . all’organo che deve provvedere all’esecuzione ovvero, nel corso delle indagini preliminari, al pubblico ministero che ne ha fatto richiesta, il quale ne cura l’esecuzione . La regola si applica anche al sequestro preventivo in virtù dell’espresso richiamo ad essa operato dall’art. 104, comma 2, disp. att. c.p.p La norma opera dunque una chiara distinzione tra la fase delle indagini preliminari e quella successiva alla loro chiusura, espressamente indicando solo per la fase delle indagini preliminari il pubblico ministero quale deputato all’esecuzione del provvedimenti cautelari. Ne deriva che se il pubblico ministero non è competente a eseguire le misure cautelari adottate dopo la chiusura delle indagini preliminari, a maggior ragione non lo è in sede di revoca. Del resto, è solo nella fase delle indagini preliminari che, secondo quanto dispone l’art. 321, comma 3, cod. proc. pen., il pubblico ministero provvede direttamente alla revoca del decreto di sequestro preventivo, mediante decreto motivato, notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. 4.2.Non ignora il Collegio gli argomenti utilizzati da Sez. 3, n. 20380 del 25/02/2004, Di Meglio, Rv. 229290 richiamata anche nell’ordinanza impugnata , che afferma il principio secondo cui l’autorità giudiziaria competente a dare esecuzione all’ordinanza di dissequestro emessa dal giudice dell’esecuzione, è il pubblico ministero presso il giudice competente per gli incidenti di esecuzione, in quanto tale competenza è espressamente stabilita dall’art. 665, comma 1 cod. proc. pen. . Tali argomenti possono essere così sintetizzati a l’ordinamento giudiziario attribuisce al pubblico ministero il compito di far eseguire i giudicati e ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge art. 73 R.D. 30.1.1941 n. 12 b si tratta di competenza funzionale riaffermata in via generale dall’art. 655, comma 1, c.p.p., secondo cui il pubblico ministero presso il giudice competente per gli incidenti di esecuzione ex art. 665 c.p.p. cura d’ufficio l’esecuzione dei provvedimenti salvo che sia diversamente disposto c la norma codicistica posteriore come tale prevalente su quella anteriore assegna al pubblico ministero detta competenza in via generale, salvo eccezioni positive, a differenza della vecchia norma dell’ordinamento giudiziario, che si limitava a rinviare alle ipotesi specifiche previste dalla legge d il principio trova infine riscontro positivo nell’art. 28 del regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale D.M. 30.9.1989 n. 334 , il quale stabilisce che, quando un provvedimento del giudice diviene esecutivo sia per mancanza di impugnazione, sia perché l’impugnazione non sospende l’esecuzione , la cancelleria dello stesso giudice trasmette senza ritardo l’estratto del provvedimento al pubblico ministero anzidetto, il quale a sua volta promuove senza ritardo l’esecuzione del provvedimento e per la restituzione delle cose sottoposte a sequestro preventivo l’ordinamento processuale vigente non prevede una competenza esecutiva diversa da quella attribuita in via generale al pubblico ministero f non bisogna confondere la competenza a deliberare la restituzione, che appartiene al giudice ai sensi degli artt. 321, comma 3, e 323 c.p.p. salvo il potere eccezionale che spetta al pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari ex art. 321, comma 3, secondo periodo con la competenza a eseguire la restituzione già disposta, che continua a spettare al pubblico ministero in forza della norma generale già menzionata di cui all’art. 655 c.p.p Parimenti non si deve confondere la competenza del giudice dell’esecuzione ex art. 676 c.p.p. a decidere in ordine alla restituzione delle cose sequestrate, con la competenza esecutiva intestata al pubblico ministero la prima infatti è attribuita al giudice per risolvere un contenzioso c.d. incidente di esecuzione , su richiesta del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore la seconda, invece, è riservata al pubblico ministero come organo generale della esecuzione in materia penale g non è pertinente richiamare il combinato disposto degli artt. 102 e 84 disp. att. del cod. proc. pen. quest’ultimo ora abrogato, ma sostituito con l’art. 150 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato con D.P.R. 30.5.2002 n. 115 , giacché anche queste norme si riferiscono alla competenza a disporre , cioè a deliberare, la restituzione, e non già alla competenza a eseguirla. Per queste ragioni non può essere condivisa la sentenza di Cass. Sez. 1^, n. 02204 del 5.6.1991, conft., comp. Proc. Rep. Pret. Napoli e Pret. Capri in proc. Capriglione, rv. 187397, laddove statuisce che ai fini dell’individuazione dell’autorità giudiziaria competente a dare esecuzione ad una ordinanza di dissequestro, emessa a seguito di dichiarazione di nullità di un sequestro preventivo, bisogna far riferimento al combinato disposto degli artt. 665 nuovo cod. proc. pen., 84 norme di attuazione D.Lgs. n. 271/89. Nella specie giudice competente è stato ritenuto il pretore che aveva emesso l’ordinanza di dissequestro e non il P.M., cui era stato trasmesso il provvedimento per l’esecuzione, facendo riferimento agli artt. 92 e 104 delle norme di attuazione h si può ben riconoscere come immanente al sistema processuale il principio invocato dal p.m. ricorrente secondo cui ogni autorità giudiziaria provvede alla gestione amministrativa dei propri atti e provvedimenti attraverso gli uffici ausiliari dipendenti, a patto di chiarire però che questa competenza gestionale cessa laddove comincia una competenza che la legge positivamente assegna ad altra autorità giudiziaria. Ciò significa che quando la legge assegna in via generale o specifica al pubblico ministero la competenza ad eseguire un provvedimento del giudice, la cancelleria di quest’ultimo curerà soltanto gli adempimenti amministrativi necessari per mettere in grado il pubblico ministero di dar corso alla esecuzione. 4.3.La debolezza degli argomenti utilizzati a sostegno del principio sta nella loro incoerenza logica con la regola derivante dall’applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 104 e 92, disp. att. c.p.p. norma quest’ultima non considerata , nella specialità di queste due norme, e nel trascurare le modalità con cui il provvedimento di restituzione deve essere materialmente eseguito. 4.4.L’art. 150, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia , dispone che alla restituzione dei beni sequestrati si deve normalmente dare esecuzione mediante comunicazione del relativo provvedimento all’avente diritto e al custode, con onere a carico del primo del materiale ritiro del bene, pena il pagamento delle spese di custodia e conservazione delle cose decorsi trenta giorni dalla ricezione della comunicazione. Sicché, soprattutto nel caso in cui le cose sequestrate siano affidate in custodia alla cancelleria art. 259, cod. proc. pen. , non si vede quale margine di concreta operatività possa avere il pubblico ministero nella sequenza procedimentale che va dall’adozione del provvedimento da parte del giudice, alla sua comunicazione all’avente diritto e al materiale ritiro del bene da parte di questi. Né si spiegherebbe perché, seguendo la logica della sentenza appena citata, gli artt. 150 e segg., d.P.R. n. 115 del 2002, cit., nel disciplinare la fasi esecutive relative alla restituzione dei beni sequestrati, o alla loro vendita in caso di mancato ritiro o di loro deterioramento, facciano indistintamente riferimento al magistrato , definito dall’art. 3, lett. a , stessa legge, come il giudice o il pubblico ministero, anche onorario, preposto alla funzione giurisdizionale sulla base di norme di legge e delle disposizioni dei codici di procedura penale e civile , piuttosto che al pubblico ministero direttamente. 4.5. Gli artt. 92 e 104, disp. att. c.p.p., forniscono, dunque, una regola che costituisce eccezione al principio generale secondo il quale il pubblico ministero è sempre e comunque competente a curare l’esecuzione dei provvedimenti di restituzione delle cose sottoposte a sequestro preventivo. 4.6. Va invece affermato il principio di diritto secondo il quale in materia di misure cautelari, personali e reali, competente a eseguire il relativo provvedimento è, dopo la chiusura delle indagini preliminari, il giudice che l’ha adottato . 4.7.Ne consegue che non v’era alcuna ragione di urgenza che giustificava la trasmissione via fax del provvedimento di revoca del sequestro preventivo al pubblico ministero. 4.8. L’assenza delle ragioni dell’urgenza non legittimava dunque il ricorso al fax quale mezzo di comunicazione al PM del provvedimento adottato, con le conseguenze che più avanti saranno indicate. 5. Il PM ricorrente eccepisce la nullità della notificazione per la mancanza, in calce al provvedimento di revoca, del decreto motivato di cui all’art. 150, cod. proc. pen 5.1. Come già spiegato da questa Corte, la disposizione di cui all’art. 150 cod. proc. pen. forme particolari di notificazione disposte dal giudice costituisce una norma aperta , dettata dall’opportunità di avvalersi anche per le notificazioni dei nuovi mezzi tecnici quali il telefax ed altri ancora da scoprire. Attese l’eterogeneità di detti strumenti e le possibili modificazioni derivanti dal processo tecnologico, la norma in esame delinea un sistema innominato di notificazione senza prevedere un procedimento standard, sicché è necessario che sia il giudice a stabilire, con decreto in calce all’atto, non solo la natura del mezzo, ma anche le modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del destinatario Sez. 3, n. 3234 del 01/12/1994, Bossalini, Rv. 200943 . Nel caso di specie, non solo, come visto, non sussistevano le ragioni esecutive che legittimassero la trasmissione urgente del provvedimento al PM via fax, ma non è stata nemmeno fornita alcuna indicazione in calce all’atto delle motivazioni che ne giustificavano la sua comunicazione alle ore 20,36 del venerdì 27/02/2015, quando è notorio che a quell’ora negli uffici giudiziari non è presente personale amministrativo al di là delle attestazioni pur presentate dalla Procura della Repubblica in sede di appello cautelare . 5.2. Tuttavia ciò non comporta, come conseguenza, la nullità della comunicazione la cui legittimità non è condizionata dalla mancanza del decreto in calce quel che rileva è se l’urgenza sussistesse oppure no perché solo in caso positivo la conoscenza dell’atto può essere fatta risalire al momento della trasmissione del provvedimento, altrimenti occorre far riferimento al criterio di effettività. 5.3. I Giudici dell’appello cautelare citano la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in base all’art. 64 comma quarto e quinto disp. att. cod. proc. pen. relativo alla comunicazione degli atti, quando l’atto contiene disposizioni concernenti la libertà personale la comunicazione è eseguita con il mezzo più celere ed anche con mezzi tecnici idonei quali il telefax, dovendosi aver riguardo, per quanto attiene al giudizio di tempestività, alla data ed all’ora della trasmissione e non già a quella di ricezione, senza che possa assumere rilievo la circostanza che, trattandosi di giorno festivo, non fosse presente alcun funzionario di cancelleria in grado di attestare di aver trasmesso il testo originale Sez. 3, n. 5873 del 22/01/2004, Spyridakis, Rv. 228526 . La pronuncia, però, riguardava il ben diverso caso della richiesta di convalida dell’arresto effettuata via fax in giorno festivo. L’accostamento che l’art. 64, comma 3, disp. att. c.p.p., fa dei casi di urgenza con quelli nei quali l’atto da comunicare contiene disposizioni concernenti la libertà personale, rende evidente l’esigenza di una simile forma di comunicazione tra uffici, ordinariamente regolata dall’art. 153, cod. proc. pen In questi casi le ragioni dell’urgenza sottendono la necessità di adempimenti procedurali indifferibili che comportano risposte organizzative adeguate a farvi fronte anche in giorni ed orari di chiusura degli uffici. 5.4. Nel caso di specie, come detto, non sussisteva l’urgenza di trasmettere l’atto alla Procura della Repubblica cui non competeva porlo in esecuzione. 5.5. L’ordinanza del Tribunale recava nel dispositivo il mandato alla Cancelleria per la comunicazione del provvedimento anche al P.M Occorre, sul punto, dare atto dell’esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla equipollenza della trasmissione del provvedimento cautelare per l’esecuzione alla trasmissione per la comunicazione. 5.6. Secondo un primo e meno recente orientamento, questa Corte aveva affermato il principio per il quale la comunicazione al P.M. dell’ordinanza del G.i.p., comprensiva sia del provvedimento cautelare adottato per alcuni sia del provvedimento di rigetto per gli altri, ai fini della esecuzione delle misure nei confronti degli indagati ad esse assoggettati, non equivale a notizia legale anche dei provvedimenti di rigetto, essendo la comunicazione finalizzata esclusivamente allo scopo anzidetto e non anche a quello di portare a conoscenza del P.M. le statuizioni di rigetto. Ne consegue che non decorre da tale data il termine per la proposizione dell’appello del P.M. avverso i provvedimenti di reiezione, bensì dalla data di comunicazione degli stessi Sez. 6, n. 287 del 18/01/2000, Rosmini, Rv. 215593 Sez. 1, n. 22705 del 21/04/2005, Deriu, Rv. 231766 . Se ne sarebbe potuta trarre la conseguenza che, non essendo mai stato il provvedimento di revoca formalmente comunicato al PM e comunque sussistendo il dubbio circa le finalità della trasmissione via fax, dubbio ingenerato dalla mancanza del decreto di cui all’art. 150, cod. proc. pen., il termine per impugnare non è mai decorso. 5.7. Secondo un più recente orientamento, invece, il termine per la proposizione da parte del P.M. dell’appello ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza del G.i.p. che, con un unico provvedimento, accolga parzialmente la richiesta di misura cautelare personale, rigettandola per alcuni indagati o per alcune imputazioni, decorre dal momento in cui il provvedimento medesimo viene comunicato per l’esecuzione all’Ufficio di Procura mediante consegna in segreteria Sez. 1, n. 19203 del 31/01/2012, Cacciapuoti, Rv. 252777 Sez. 6, n. 28843 del 20/06/2013, Galluccio, Rv. 255861 . Tale orientamento estende anche alle misure cautelari personali l’insegnamento di Sez. U, n. 27777 del 11/07/2006, Marseglia, Rv. 234213, secondo il quale in tema di misure cautelari reali, il difensore dell’indagato, pur essendo legittimato ad impugnare il provvedimento che dispone il sequestro conservativo o quello preventivo, non ha diritto alla notificazione dell’avviso di deposito. Conseguentemente, ai fini della decorrenza del termine per la presentazione della richiesta di riesame che è unico per il difensore e per l’indagato occorre fare riferimento al momento dell’esecuzione del sequestro o della sua effettiva conoscenza, e non al dato formale della notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento . In realtà le Sezioni Unite si erano occupate esclusivamente della decorrenza del termine per impugnare le misure cautelari reali da parte del difensore, non del PM, ed avevano affermato a tal fine che manca, nell’art. 324, cod. proc. pen., una previsione analoga a quella prevista dall’art. 309, comma 3, cod. proc. pen. che si giustifica oltre che per la diversa rilevanza degli interessi in gioco, per le maggiori difficoltà che la persona raggiunta da misura cautelare personale, in particolare di natura detentiva, può incontrare per la scelta del difensore e per l’instaurazione del rapporto di patrocinio difensivo. Si aggiunga che l’avviso di deposito al difensore ha anche la finalità di consentirgli di esaminare la documentazione presentata dal p.m. al giudice con la richiesta di misura art. 293 comma 3 c.p.p. prima dell’eventuale richiesta di riesame mentre, nel caso delle misure cautelari reali, la possibilità di esame degli atti è posposta alla richiesta di riesame art. 324 comma 6 c.p.p. . È appena il caso di notare che, ai fini dell’appello cautelare reale, l’art. 322-bis, comma 2, cod. proc. pen., richiama, per quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 310, stesso codice il quale richiama a sua volta l’art. 309, comma 3, cod. proc. pen., secondo il quale il difensore dell’imputato può proporre impugnazione entro dieci giorni dall’avviso di deposito dell’ordinanza cautelare. Si potrebbe obiettare che la norma riguarda il difensore ed il PM che sia in altro modo venuto a conoscenza del provvedimento, magari proprio a fini esecutivi. È altrettanto vero però, che l’art. 128, cod. proc. pen., norma di carattere generale, prescrive che dei provvedimenti emessi in camera di consiglio sia data formale comunicazione anche al PM, anche al fine della impugnazione. 5.8. Ritiene tuttavia il Collegio di dover aderire all’orientamento più recente e ciò non tanto in base ad un principio di effettività della conoscenza dell’atto, principio elaborato più con riferimento all’imputato che al PM, quanto in considerazione del fatto che la trasmissione dell’atto per la sua esecuzione costituisce una forma di comunicazione dell’atto. Nei rapporti tra Giudice e Pubblico Ministero, il codice usa il termine comunicazione artt. 153 e 128, cod. proc. pen., 64, disp. att. cod. proc. pen. , che evoca adempimenti sostanziali molto meno impegnativi e formalistici della notificazione . Tanto più che la trasmissione dell’atto ai fini della sua esecuzione deve avvenire proprio nei modi prescritti per la sua comunicazione, sicché sarebbe un fuor d’opera pretendere una seconda comunicazione formale. 5.9. Si può dunque ribadire il seguente principio di diritto la trasmissione al PM dell’ordinanza cautelare ai fini della sua esecuzione equivale, ad ogni effetto, anche alla sua comunicazione . 5.10. Quel che va chiarito è se la comunicazione debba essere fatta nei confronti del PM personalmente, come ritiene il Procuratore della Repubblica ricorrente, o dell’ufficio di appartenenza. Al riguardo è agevole evidenziare che, coerentemente alla natura impersonale dell’ufficio del PM, le comunicazioni sono eseguite mediante consegna di copia dell’atto nella segreteria art. 153 cod. proc. pen, e 64, disp. att. c.p.p. . 5.11. Sicché, come affermato anche da Sez. 1, n. 11484 del 25/02/2011, Soriano, Rv. 250431, deve essere ribadito che il termine per la presentazione dell’appello nell’incidente cautelare decorre per il pubblico ministero dalla data di comunicazione all’ufficio del provvedimento da impugnare, a nulla rilevando, in virtù del principio di unitarietà ed impersonalità del pubblico ministero, che tale comunicazione non sia stata specificamente effettuata al magistrato titolare del procedimento nello stesso senso anche Sez. 1, n. 19203 del 31/01/2012, cit. Sez. 6, n. 28843 del 20/06/2013, Galluccio, Rv. 255861 . 5.12. Nel caso di specie, dunque, rileva il momento nel quale l’atto è stato portato a conoscenza effettiva del pubblico ministero mediante la comunicazione alla segreteria, che ha apposto il timbro di pervenuto il giorno 28 febbraio 2015. Il termine iniziale è dunque proprio quest’ultimo, sicché l’appello cautelare è stato tempestivamente depositato il successivo 10 marzo. 5.13. Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Siracusa affinché esamini nel merito l’appello del P.M P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Siracusa.