Sostituzione di persona: se non si induce in errore …

L’illecito di sostituzione di persona può configurarsi anche nella forma del tentativo, che deve ritenersi sussistente ove l’agente abbia utilizzato uno dei mezzi fraudolenti indicati dall’art. 494 c.p., senza riuscire ad indurre in errore l’altro soggetto. Il delitto di sostituzione di persona è ricompreso tra le falsità personali e risulta assorbito da altra figura criminosa soltanto ove si verifichi un unico fatto, riconducibile, allo stesso tempo, alla previsione di cui all’art. 494 c.p. e ad un’altra norma avente ad oggetto la tutela della fede pubblica.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8278/2016, depositata il 29 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Milano riqualificava il reato ascritto ad un’imputata, ai sensi degli artt. 56 delitto tentato e 494 sostituzione di persona c.p., con conseguente riduzione della pena inflitta. All’imputata veniva contestato di aver esibito, alle autorità competenti, un documento falso e di essersi sostituita illegittimamente ad altra persona, presso la frontiera aerea di un aeroporto. La donna era stata assolta per l’illecito di cui all’art. 497- bis c.p. possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi , sulla base dell’inadeguatezza delle caratteristiche formali del documento a simulare l’originale. La condannata ricorreva per cassazione, lamentando violazione degli artt. 494 e 49 c.p rilevava l’impugnante che se il documento esibito non era idoneo a simulare l’originale, il medesimo doveva parimenti ritenersi inidoneo ad indurre taluno in errore con riferimento alla sostituzione di persona. Fondamentale l’induzione in errore. La Suprema Corte ha affermato l’infondatezza del ricorso. Gli Ermellini hanno, preliminarmente, rilevato come la qualificazione giuridica del fatto, operata dai giudici di merito, sia corretta l’illecito di sostituzione di persona, infatti, può configurarsi anche nella forma del tentativo, che deve ritenersi sussistente ove l’agente abbia utilizzato uno dei mezzi fraudolenti indicati dall’art. 494 c.p., senza riuscire ad indurre in errore l’altro soggetto. Senza l’induzione in errore, che è elemento costitutivo del reato di sostituzione di persona, può pertanto configurarsi il tentativo, a parere del Collegio. I Giudici del Palazzaccio hanno, poi, rilevato come la circostanza che sia stato esibito alle autorità un documento falso non possa incidere sulla configurabilità del comportamento di cui agli artt. 56 e 494 c.p Infatti, ha chiarito il Collegio, il delitto di sostituzione di persona è ricompreso tra le falsità personali e risulta assorbito da altra figura criminosa soltanto ove si verifichi un unico fatto, riconducibile, allo stesso tempo, alla previsione di cui all’art. 494 c.p. e ad un’altra norma avente ad oggetto la tutela della fede pubblica. Diversamente, una pluralità di fatti e di azioni diverse integra un concorso materiale. La Suprema Corte richiama il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di falso documentale, secondo cui, ai fini dell’esclusione della punibilità per inidoneità dell’azione, ex art. 49 c.p., è necessario che la falsificazione del documento e la grossolanità della contraffazione emergano in modo evidente, senza essere giudicate alla stregua delle conoscenze e delle conclusioni di un esperto del settore . Gli Ermellini hanno rilevato che è esclusa la punibilità del fatto ove la grossolanità del falso si manifesti in una inidoneità assoluta del mezzo e elisa la possibilità dell’inganno. Il falso riconoscibile ictu oculi da qualsiasi persona di comune discernimento, pertanto, esclude la punibilità della condotta. Affinché sia applicabile l’art. 49, comma 2, c.p. è necessario, ha chiosato il Collegio, che nel concreto contesto dell’azione, l’attestazione incriminata abbia assunto un significato inidoneo a rappresentare falsamente la realtà non è sufficiente che i controlli e le verifiche abbiano impedito il realizzarsi dell’inganno cui la falsa rappresentazione dei fatti era finalizzata . Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 novembre 2015 – 29 febbraio 2016, n. 8278 Presidente Savani – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5 marzo 2015 la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa città emessa in data 8 febbraio 2012, ha riqualificato il reato ascritto a I.E. ai sensi degli artt. 56 494 cod. pen., di conseguenza riducendo la pena inflitta a mesi due di reclusione. II reato per il quale era stata ritenuta la responsabilità dell'imputata era stato contestato nel capo 1, perché, al fine di procurarsi un vantaggio, dopo essersi presentata alla frontiera aerea dell'aereoporto di Milano Linate con carta d'imbarco per Londra, esibiva la Carta d'identità nr. AII 1246960 e, inducendo in errore gli agenti addetti al controllo, sostituiva illegittimamente la sua persona a quella di D.L.M., nata a Roma l'otto dicembre 1980 . L'imputata, invece, era stata assolta dal reato di cui all'art. 497 bis cod. pen., perché le caratteristiche formali del documento non potevano simulare l'originale, palesandone la natura di riproduzione fotostatica. 2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso l'imputata, deducendo con un unico motivo violazione di legge in relazione agli artt. 494 e 49 cpv cod. pen. Sostiene la ricorrente che, essendo stato riconosciuto dal Tribunale che il documento utilizzato era inidoneo a simulare l'originale, si deve pure ritenere l'inidoneità dello stesso a indurre taluno in errore sulla sostituzione della persona. 3. Con memoria depositata in data 30 ottobre 2015 il difensore dell'imputata ha richiesto il riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Considerato in diritto Il ricorso è destituito di fondamento. 1. Corretta è la qualificazione giuridica del fatto come ricostruito dai giudici di merito, giacché il delitto di sostituzione di persona è configurabile anche nella forma del tentativo, che sussiste quando l'agente abbia usato uno dei mezzi fraudolenti indicati nell'art. 494 cod. pen. senza riuscire ad indurre in errore taluno Sez. 5, n. 10381 del 17/11/2014, Cosmi, Rv. 263899 Infatti, l'induzione in errore è elemento costitutivo del reato di sostituzione di persona, sicché, in mancanza di essa, può configurarsi il tentativo Sez. 5, n. 35091 del 22/04/2010, Adegoke, Rv. 248397 . 2. La difesa ha però chiesto l'assoluzione anche dal reato come riqualificato, giacché il mezzo utilizzato dalla ricorrente per indurre in errore, ovvero il documento riportante le generalità di altra persona, era stato già riconosciuto dal Tribunale inidoneo a simulare l'originale, per cui ne dovrebbe derivare anche l'inidoneità dello stesso a indurre taluno in errore sulla sostituzione della persona. 3. L'assunto non è fondato. Invero, nessuna incidenza può avere sulla configurabilità della condotta di cui al reato ex artt. 56 494 cod. pen. il fatto che sia stato esibito un documento la cui falsità sia stata facilmente riconosciuta. Proprio tale riconoscimento dall'occhio esperto della polizia di frontiera ha inciso sulla mancata consumazione del reato di sostituzione di persona, ma questo non influisce sulla ricorrenza della idoneità ed inequivocità degli atti posti in essere dall'imputata al fine di indurre in errore sulla propria identità. Non va dimenticato, infatti, che il delitto di sostituzione di persona, contemplato tra le falsità personali , può ritenersi assorbito in altra figura criminosa solo quando ci si trovi in presenza di un unico fatto, contemporaneamente riconducibile sia alla previsione di cui all'art. 494 cod. pen., sia a quella di altra norma posta a tutela della fede pubblica per contro, si ha concorso materiale di reati quando ci si trovi in presenza di una pluralità di fatti e quindi di azioni diverse e separate Sez. 6, n. 13328 del 17/02/2015, Scarano, Rv. 263076 . Correttamente, quindi, nel caso in esame erano state contestate originariamente sia il reato il reato di sostituzione di persona sia quello di possesso di documento falso valido per l'espatrio. L'autonoma condotta contestata all'imputata di esibizione di quel documento falso rileva per la configurabilità degli atti idonei e diretti in modo non equivoco per indurre in errore sulla propria identità, non potendo venire in considerazione la facile riconoscibilità della falsità dei documento. Peraltro la Corte territoriale ha escluso la ricorrenza nel caso in esame della grossolanità del falso e tale apprezzamento costituisce valutazione di merito, in relazione alla quale, se adeguatamente motivata, non è possibile il vaglio di legittimità. Nella sentenza si legge che un semplice esame del documento acquisito in atti rende evidente come non si possa parlare di inidoneità dell'azione criminosa, in quanto la falsità dei documento non era certo immediatamente rilevabile da un osservatore non esperto, pur non essendo tale da indurre in errore gli operanti, in virtù della loro specifica competenza professionale . Ha osservato la giurisprudenza di questa Corte in tema di falso documentale che, ai fini dell'esclusione della punibilità per inidoneità dell'azione ai sensi dell'art. 49 cod.pen., occorre che appaia in maniera evidente la falsificazione dell'atto e la grossolanità della contraffazione non va giudicata alla stregua delle conoscenze e delle conclusioni di un esperto del settore. Infatti, la grossolanità del falso esclude la punibilità del fatto solo quando si risolva in una inidoneità assoluta del mezzo, quando cioè resti esclusa non la semplice probabilità, ma addirittura la possibilità dell'inganno e, quindi, del nocumento alla pubblica fede Sez. 2, n. 122 del 22/01/1969, Lucerti, Rv. 112165 Invero la punibilità può escludersi solo quando il falso sia ictu oculi riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento ed avvedutezza e non si deve far riferimento ne' alle particolari cognizioni ed alla competenza specifica di soggetti qualificati, ne' alla straordinaria diligenza di cui alcune persone possono esser dotate in tal senso, Sez. 5, Sentenza n. 4254 del 09/03/1999, Rv. 213094, imp. Moggia . Nel caso in esame -come si è detto i giudici di merito, con motivazione esaustiva ed incensurabile sul piano logico, hanno dato compiuto conto degli elementi in base ai quali hanno ritenuto che la falsità dei documento esibito dalla imputata non fosse riconoscibile da chiunque. Peraltro, deve condividersi la tesi interpretativa secondo la quale la verifica della idoneità alla falsa rappresentazione della realtà deve ritenersi sufficiente alla configurabilità del reato, anche quando non si sia accertato come nel caso in esame che l'inganno non si è in concreto realizzato, trattandosi di fattispecie di pericolo Sez. 5, 11 dicembre 1970, Seminara -non massimata- Sez. 5, 8 ottobre 1986, Pennica non massimata- . Si è condivisibilmente affermato, infatti, che perché si renda applicabile l'art. 49, comma 2, cod. pen. è necessario che, nel concreto contesto dell'azione, l'attestazione incriminata abbia assunto un significato inidoneo a rappresentare falsamente la realtà non è sufficiente che i controlli e le verifiche abbiano impedito il realizzarsi dell'inganno cui la falsa rappresentazione dei fatti era finalizzato si veda in tal senso in motivazione, Sez. 5, n. 9934 del 22/10/1993, Amalfi, Rv. 196439 . 4. Va, infine, valutata la richiesta avanzata con la memoria depositata in data 30 ottobre 2015 dalla difesa in ordine all'applicazione dell'art. 131 bis cod. pen. 4.1. In primo luogo va precisato che la suddetta memoria è stata tardivamente presentata a questa Corte, sicchè essa non può essere presa in considerazione in ossequio al disposto di cui all'art. 611, comma 1 u.p., cod. proc. pen. Peraltro, si deve osservare che la richiesta è stata fatta solo dal difensore, non munito di procura speciale, e ciò comporta dei profili di inammissibilità, ove si consideri che l'applicazione della disciplina di cui all'art. 131 bis cod. pen. ha comunque degli effetti che richiedono una chiara e diretta manifestazione di volontà dell'imputato nel formulare l'istanza. Si tratta di causa di non punibilità da qualificarsi come atipica, giacché nel caso regolamentato dall'art. 131 bis cod. pen. il fatto viene pur sempre qualificato come reato , sicché la declaratoria di particolare tenuità del fatto lascia intatta l'esistenza del reato, tanto che è stata prevista l'annotazione della relativa pronunzia nel certificato penale. Infatti, per effetto delle modifiche apportate dall'art. 4 del d.lgs. n. 28/2015 al T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 , l'art. 3 prevede nell'elenco dei provvedimenti iscrivibili comma 1, lett. f anche quelli che hanno dichiarato la non punibilità si sensi dell'articolo 131-bis del codice penale . Proprio valutando gli effetti limitati dell'applicazione della causa atipica di non punibilità in questione, altra sezione di questa Corte ha ritenuto più favorevole la declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Si è infatti, rilevato che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale in ogni caso su una declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, sia in relazione alle diverse conseguenze scaturenti dalle due pronunce, sia in relazione al fatto che con la declaratoria di prescrizione il reato si estingue, laddove la declaratoria di non punibilità per la particolare tenuità del fatto lascia del tutto intatto il reato nella sua esistenza sia storica che giuridica così in motivazione Sez. 3, n. 27055 del 26/05/2015, P.C. in proc. Sorbara, Rv. 263885 . 4.2. Sotto altro profilo ed anche a voler ritenere -come fatto in altre pronunzie di questa Corte proponibile nel giudizio di legittimità la questione della particolare tenuità del fatto, a norma dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen. non potendo essa essere stata proposta in appello , va condivisa l'affermazione per cui il giudice di legittimità non può certo limitarsi ad un indiscriminato annullamento della sentenza con rinvio al giudice di merito, ma deve rigettare la richiesta quando non ricorrano le condizioni per l'applicabilità del nuovo istituto. Con la sentenza citata nella memoria a firma del difensore dell'imputata questa Corte Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308 ha enunciato il principio di diritto che in difetto di alcuna norma di diritto intertemporale la disposizione della novella, la quale ha introdotto la speciale causa di non punibilità, è suscettibile di applicazione anche nel giudizio di legittimità, in relazione ai fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore della legge de qua, ai sensi degli articoli 2, quarto comma, cod. pen., 129, comma i, e 609, comma 2, cod. proc. pen. Nella specie, tuttavia, la richiesta di annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata ai sensi dell'articolo 131-bis cod. pen. risulta manifestamente infondata, ove solo si consideri la valutazione fatta dai giudici di merito, con motivazione giuridicamente corretta e affatto immune dai denunziati vizi di inosservanza o erronea applicazione della legge penale, sulla sussistenza del reato ascritto e sulla determinazione della pena al di sopra del minimo edittale. Peraltro, è da considerarsi sul piano oggettivo che non può ritenersi di particolare tenuità la condotta dell'imputata, posta in essere nell'attuale contesto storico caratterizzato da forti criticità dei flussi migratori. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.