Il capo d’imputazione è diverso da quello della richiesta di rinvio a giudizio? Mero errore materiale!

Se nell’intestazione della sentenza viene riportato un capo d’imputazione, diverso da quello oggetto della richiesta di rinvio a giudizio e su cui si è formato il consenso per l’applicazione concordata della pena, integra un mero errore materiale nella compilazione del documento della sentenza che è riparabile attraverso la procedura di correzione ex art. 130 c.p.p

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6367/16, depositata il 16 febbraio. Il caso. Il ricorrente adisce la Corte Suprema di Cassazione contro la sentenza del Tribunale di Brescia, che, attraverso l’applicazione concordata della pena, lo condannava ad 1 anno e 4 mesi di reclusione. Motivi del ricorso sono la carenza della sottoscrizione, da parte del funzionario dell’ufficio della Procura, del certificato del casellario giudiziario acquisito agli atti, che risulterebbe inutilizzabile in quanto documento anonimo ai fini del giudizio di bilanciamento della recidiva, e la nullità della sentenza per l’erroneità dell’imputazione, in quanto riferita al reato di guida sotto l’influenza dell’alcool art. 186, comma 2, lett. c , e comma 2– sexies , d.l. n. 285/1992 , mentre nella richiesta di rinvio a giudizio veniva contestato il reato di falsa testimonianza art. 372 c.p.p. . Il certificato del casellario contiene i dati per l’identificazione. I Giudici di legittimità statuiscono che il ricorso, relativamente al primo motivo, appare manifestatamente infondato. Infatti, l’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche di tipo assoluto, con esclusione di quelle attinenti la richiesta al consenso al patteggiamento. Inoltre, gli Ermellini specificano che il certificato del casellario giudiziario viene generato dal Sistema con dati identificativi certi, numero del Registro Notizie di reato e numero di certificato stesso, che permettono la tracciabilità del documento, quindi la mancanza di sottoscrizione del funzionario della Procura non rende l’atto alla stregua di un documento anonimo ex art. 240 c.p.p. . L’erroneità dell’imputazione configura un mero errore materiale. Per quanto concerne l’erroneità dell’imputazione, la Corte di Cassazione ritiene fondata la deduzione difensiva, ma allo stesso tempo sottolinea che non sussiste la nullità della decisione, poiché tale erroneità configura solo un mero errore materiale per il quale è possibile applicare, ad opera del giudice competente, la correzione mediante l’indicazione dell’imputazione riportata nella richiesta di rinvio a giudizio, sulla quale, appunto, si è formato il consenso delle parti alla definizione del procedimento attraverso l’applicazione concordata della pena. Nella motivazione della sentenza si legge che il procedimento di correzione, ex art. 130 c.p.p., può essere adottato per porre rimedio ad errori ed omissioni che non modifichino il contenuto essenziale del provvedimento e che l’integrazione deve pertanto consistere in un’operazione meramente meccanica con la quale si aggiungano elementi che necessariamente dovevano fare parte del provvedimento, con esclusione di qualsiasi modifica che introduca elementi estranei alla ratio decidendi e che comporti l’esercizio di un potere discrezionale . Infatti, in base al dettato normativo dell’art. 546, comma 3, c.p.p. è sanzionata a pena di nullità solo la mancanza o incompletezza del dispositivo e non anche l’incertezza dei dati contenuti nell’intestazione. La Corte, richiamando un precedente orientamento, sostiene che se nell’intestazione della sentenza d’appello non configura il reato addebitato e se l’indicazione non risulta neppure in epigrafe della sentenza di primo grado o dal decreto di citazione per il giudizio di secondo grado, la sentenza d’appello non è viziata da nullità. Conseguentemente, l’aver riportato nell’intestazione della sentenza un capo d’imputazione, diverso da quello oggetto della richiesta di rinvio a giudizio e su cui si è formato il consenso per l’applicazione concordata della pena, integra un mero errore materiale nella compilazione del documento della sentenza che è riparabile attraverso la procedura di correzione ex art. 130 c.p.p. che non comporta una nuova valutazione discrezionale sul merito della decisione giurisdizionale. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Brescia per la correzione dell’errore materiale.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 gennaio – 16 febbraio 2016, n. 6367 Presidente Paoloni – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., veniva applicata a M.N. la pena, sospesa a termini e condizioni di legge, di anni uno e mesi quattro di reclusione. 2. Ricorre per Cassazione il difensore del M. che denunzia i vizi di inosservanza o erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità o inutilizzabilità con riferimento agli artt. 240, comma 1, 125, comma 3, e 546 co. 3 cod. proc. pen e conseguenti vizi di motivazione, con motivi di seguito riportati sinteticamente, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari ai fini della motivazione. Denuncia, in particolare, che il certificato dei casellario giudiziale acquisito agli atti, carente della sottoscrizione dei funzionario dell'ufficio di Procura, è inutilizzabile in quanto documento anonimo ai fini dei giudizio di bilanciamento della recidiva contestata all'udienza preliminare Considerato in diritto 1. II ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso poiché l'applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato Sez. 5, n. 21287 del 25.3.2010, Legaci, Rv. 247539 non senza rilevare che il certificato dei casellario giudiziario, generato dal Sistema con dati identificativi certi sia il numero dei Registro Notizie di reato che quello relativo al certificato stesso non è equiparabile al documento anonimo in quanto documento tracciabile attraverso i dati identificativi sullo stesso impressi. 3. Ritiene il Collegio che, pur essendo fondata in punto di fatto la deduzione difensiva circa l'erroneità dell'imputazione riportata nella sentenza impugnata, non sussista la dedotta nullità della decisione poiché ci si trova in presenza di mero errore materiale per il quale deve procedersi - ad opera del giudice competente di seguito indicato - alla relativa correzione mediante indicazione della imputazione riportata nella richiesta di rinvio a giudizio sulla quale, a seguito di richiesta formulata dal difensore munito di procura speciale, si è formato il consenso delle parti alla definizione dei procedimento mediante applicazione pena. 4. La Corte di legittimità ha ritenuto che il procedimento di correzione previsto dall'art. 130 cod. proc. pen,. può essere adottato per porre rimedio ad errori ovvero omissioni che non modifichino il contenuto essenziale del provvedimento e che l'integrazione deve pertanto consistere in un'operazione meramente meccanica con la quale si aggiungano elementi che necessariamente dovevano fare parte del provvedimento, con esclusione di qualsiasi modifica che introduca elementi estranei alla ratio decidendi e che comporti l'esercizio di un potere discrezionale Sez. 6, n. 18326 del 25/02/2003, Olivieri, Rv. 225898 . Ha, inoltre, rimarcato che l'art. 546, comma 3 cod. proc. pen., sanziona a pena di nullità la sola mancanza o incompletezza dei dispositivo e non anche la incertezza dei dati contenuti nella intestazione e, in fattispecie simile a quella oggetto dell'odierna decisione, ha concluso nel senso che non è viziata da nullità la sentenza di appello, nella cui intestazione non figuri li reato addebitato e sul quale sia intervenuta decisione, allorché l'indicazione di esso risulti dall'epigrafe della sentenza di primo grado o dal decreto di citazione per il giudizio di secondo grado Sez. 6, n. 6978 del 26/04/2000, Vezio, Rv. 220630 . 5. Consegue dall'applicazione di questi principi al caso in esame che l'avere riportato nella intestazione della sentenza un capo di imputazione del tutto diverso da quello oggetto della richiesta di rinvio e sul quale si era formato il consenso alla definizione con applicazione di pena nel corso dell'udienza preliminare - per come si evince dal verbale allegato agli atti - , definizione culminata nel dispositivo letto in udienza dal giudice dato questo non contestato con i motivi di ricorso , integra un mero errore materiale nella compilazione del documento sentenza, errore al quale si può porre rimedio attraverso la procedura di correzione che non integra alcuna abnormità ovvero modifica incidente su aspetto valutativo e, pertanto, discrezionale della decisione giurisdizionale. 6. Manifestamente infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso per la genericità delle deduzioni difensive tenuto conto che dalla sentenza prodotta si evince che il giudice ha effettuato le verifiche devolutegli, sinteticamente riportate nella motivazione, sul punto dei consenso prestato dalla parte che non formulato la richiesta, della corretta qualificazione giuridica del fatto, della applicazione e comparazione delle circostanze e, infine, della insussistenza delle ipotesi di cui all'art. 129 cod. proc. pen., operazioni che sono quelle da compiersi in correlazione alla richiesta di applicazione di pena da parte dell'imputato che, attraverso il rito di cui all'art. 444 cod. proc. pen., rinuncia a difendersi ed esonera la controparte dal provare la fondatezza dell'accusa. 7. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e la trasmissione degli atti al Tribunale di Brescia per la correzione dell'errore materiale presente nella intestazione della sentenza impugnata. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Brescia per la correzione dell'errore materiale presente nell'intestazione della sentenza impugnata.