Lo sciopero dell’avvocato è un diritto

A seguito di dichiarazione di astensione la mancata partecipazione del difensore alle udienze non è considerabile un impedimento, ma l’esercizio di un diritto costituzionale che il giudice deve riconoscere e garantire.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2259/16, depositata il 21 gennaio. Il caso. Il ricorrente adisce la Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino che lo ha condannato, nonostante all’udienza in Camera di consiglio mancasse il proprio difensore. Il motivo di ricorso principale, unico dichiarato fondato dalla Corte, riguarda la violazione delle norme di legge che prevedono il rinvio dell’udienza nel caso in cui il difensore presenti alla Cancelleria della Corte d’appello la dichiarazione di astensione dalle udienze. Mancata assistenza. Il Giudice di legittimità, richiamando immediatamente l’orientamento consolidato all’interno della prassi giurisprudenziale della Cassazione Cass. n. 40187/2014 e Cass. n. 15232/2015 , afferma che in relazione alle udienze il giudice del merito è tenuto a disporre il rinvio della trattazione anche in presenza di una dichiarazione di astensione del difensore e a patto che tale astensione sia legittimamente proclamante dagli organismi di categoria. Nel caso in esame, nonostante si tratti dell’udienza in Camera di consiglio, in cui la presenza delle parti non è obbligatoria, il mancato accoglimento della richiesta di rinvio comporta la nullità della sentenza per difetto di assistenza dell’imputato. L’orientamento su cui si basa la Corte di Cassazione è stato improntato dalla Corte Costituzionale. Nello specifico, la Consulta ha qualificato l’astensione forense come l’esercizio - non di una semplice libertà - di diritto costituzionale, infatti, ha affermato che l’esercizio di astensioni collettive sia una scelta tutelata da una serie di diritti costituzionali riguardanti la persona. Successivamente la Cassazione cita, a sostegno di questa tesi, l’adeguamento dell’orientamento di Cassazione intrapreso dalle S.U. con la sentenza n. 26711/2013 , in cui si afferma che l’astensione collettiva degli avvocati costituisce un diritto e non semplicemente un legittimo impedimento partecipativo . Quindi, la mancata partecipazione del difensore a seguito di una dichiarazione di astensione delle udienze non è dovuta ad un impedimento, ma all’esercizio di un diritto costituzionale e, conseguentemente, il giudice deve rispettare le norme del codice di autoregolamentazione e concedere la sospensione. Impedimento a comparire. La Cassazione, infine, ha precisato che il concetto di impedimento a comparire risulta incompatibile con il mancato intervento in udienza per adesione all’astensione, poiché la prima viene imposta da eventi o cause esterne, mentre la seconda è frutto della libera scelta del professionista. Allo stesso tempo, entrambe le condotte fanno scaturire un diritto al rinvio dell’udienza per mancato esercizio della libertà costituzionale di assistenza del difensore. Il fatto che in alcuni procedimenti non sia necessaria la presenza del difensore non può condizionare l’esercizio del diritto di astensione, sempre che questo lo comunichi nei modi e nei tempi stabiliti dal regolamento. Per questi motivi la Corte ha dichiarato fondato il ricorso ed ha annullato la sentenza con rinvio alla Corte d’appello in altra composizione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 10 novembre 2015 – 21 gennaio 2016, n. 2686 Presidente Fiandanese – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 13 gennaio 2014 la Corte d'appello di Torino confermava la sentenza dei tribunale di Novara che il 23 novembre 2012 aveva condannato G.E. per concorso in rapina aggravata e ricettazione. Ricorre per Cassazione l'imputato, a mezzo del difensore, deducendo che la sentenza impugnata è 1. nulla per violazione degli articoli 178, 420 e 97 codice procedura penale nonché 111 Cost. e 6 CEDU per avere il giudice di secondo grado tenuto l'udienza del 13 gennaio 2014 nonostante il difensore di fiducia dell'imputato avesse fatto pervenire tempestivamente alla cancelleria della corte d'appello dichiarazione di astensione dalle udienze. Richiama sul punto giurisprudenza di questa corte in particolare sentenza numero 1820 del 2013 2. vizio della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche e all'entità della pena Il primo motivo di ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate . In data 7.1.2014 il difensore dell'imputato, Avv. F.M., faceva pervenire alla Cancelleria della prima sezione della Corte di Appello di Torino dichiarazione di adesione all'astensione delle udienze proclamata dall'Unione delle Camere Penali per i giorni 13,14 e 15 gennaio 2014. Il Presidente del Collegio giudicante con ordinanza in data 13.1.2014 respingeva la richiesta di rinvio, perché si verteva nell'ipotesi di procedimento da trattarsi in camera di consiglio ai sensi dell'art. 599 c.p.p. in quanto l'appello verteva solo sul trattamento sanzionatorio cui non era applicabile l'istituto dell'impedimento a comparire previsto dall'art. 420 ter c.p.p. La decisione impugnata all'epoca in linea con l'opinione di una parte della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, è stata, però, superata dalle decisioni delle Sezioni Unite sentenze n° 40187 del 2014, Lattanzio e n 15232 del 2015, P.O. in proc. Tibo e altro. In particolare in quest'ultima sentenza è stato enunciato il seguente principio di diritto In relazione alle udienze camerali, in cui la partecipazione delle parti non è obbligatoria, il giudice è tenuto a disporre il rinvio della trattazione in presenza di una dichiarazione di astensione del difensore, legittimamente proclamata dagli organismi di categoria ed effettuata o comunicata nelle forme e nei termini previsti dall'art. 3, comma 1, del vigente codice di autoregolamentazione . Trattandosi di una ipotesi in cui l'assistenza del difensore non è obbligatoria, il mancato accoglimento della richiesta di rinvio comporta una nullità della sentenza per mancata assistenza dell'imputato ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c , e 180, cod. proc. pen. nullità da considerarsi a regime intermedio e non assoluta ex art. 179, primo comma, cod. proc. pen., dal momento che l'assistenza del difensore non è prevista come obbligatoria. Le Sezioni Unite nelle sentenze indicate hanno motivatamente condiviso l'orientamento della Corte costituzionale e della quasi unanime dottrina, che qualificano l'astensione forense come esercizio di un vero e proprio diritto costituzionale, e non di una mera libertà, ricordando anche l'osservazione dottrinale secondo cui in tanto il legislatore ha potuto contemperare l'esercizio di determinate astensioni collettive con una serie di diritti costituzionalmente garantiti della persona, in quanto è partito dal necessario presupposto logico e giuridico che anche le prime configurino situazioni giuridiche comparabili con i secondi. Ed hanno fermamente sottolineato che, anche se si aderisse alle ricostruzioni dottrinali che individuano il fondamento costituzionale dell'astensione in disposizioni della Costituzione ulteriori rispetto all'art. 18, resta comunque ferma la qualificazione dell'astensione forense non già come una mera libertà, bensì come esercizio di un vero e proprio diritto avente un sicuro fondamento costituzionale . Hanno quindi pienamente confermato il principio, già enunciato dalla sentenza Ucciero SSUU n. 26711 del 2013 , che l'astensione collettiva degli avvocati dall'attività giudiziaria costituisce un diritto, e non semplicemente un legittimo impedimento partecipativo . La mancata partecipazione del difensore a seguito di dichiarazione di astensione dalle udienze non è quindi dovuta ad un impedimento, ma all'esercizio di un diritto costituzionale, che il giudice deve riconoscere e garantire, purché avvenga nel rispetto delle condizioni e dei presupposti previsti dalle specifiche norme che lo regolano. Le Sezioni Unite di questa Corte nelle sentenze richiamate hanno ritenuto che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, ritenuto idoneo dalla Commissione di garanzia nel 2007, pubblicato sulla G.U. nel 2008 contiene una normativa di valore secondario, o regolamentare, che ha efficacia obbligatoria per tutti i soggetti dell'ordinamento, ed in primo luogo, quindi, nei confronti del giudice, il quale è tenuto a rispettarla ed applicarla. In sintesi è stato affermato che il concetto di impedimento a comparire risulta chiaramente incompatibile con una condotta quella di non intervenire all'udienza in forza dell'adesione alla proclamata astensione dalle udienze non imposta da eventi o cause esterne ma frutto della libera volontà di scelta del professionista interessato che rende così privo di assistenza l'imputato e che, per altro verso, non appare priva di significato la riconducibilità dell'adesione in oggetto all'interno del diritto di associazione che determina un vero e proprio diritto al rinvio quale immediata conseguenza dell'esercizio del diritto costituzionale di libertà di associazione dei difensore. Di conseguenza, il fatto che in alcuni procedimenti non sia prevista come obbligatoria la presenza del difensore non può condizionare l'esercizio del diritto di astensione, la quale, se ricorrono le condizioni di legge, dà diritto al rinvio dell'udienza, purché il difensore comunichi, nelle forme e nei termini stabiliti dal medesimo art. 3, comma 1, la volontà di astensione, manifestando in questo modo anche la sua volontà di essere presente all'udienza a partecipazione facoltativa. La norma si riferisce a tutti gli atti o procedimenti in cui è prevista la presenza del difensore, ancorché non obbligatoria, E', quindi, sufficiente che il difensore comunichi, nelle forme e nei termini stabiliti dal medesimo art. 3, comma 1, la volontà di astensione, perché l'udienza sia rinviata, in quanto con la suddetta comunicazione il difensore, sia pure implicitamente, manifesta anche la sua volontà di essere presente all'udienza a partecipazione facoltativa . L'impugnazione deve pertanto ritenersi fondata e la sentenza annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Torino. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Torino.