Ragioni di urgenza e arresto in flagranza: obblighi di PG

La polizia giudiziaria, quando non è stata nelle condizioni di procedere ad arresto in flagranza, non è esentata dall’onere di fornire all’autorità giudiziaria la dimostrazione dell’effettivo ricorrere delle condizioni di emergenza e di salvaguardia dell’ordine pubblico.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2633/16, depositata il 22 gennaio. Il caso. Il gip del Tribunale di Roma convalidava, per i reati di cui agli artt. 6- bis e ter l. n. 401/89 e 337 e 339 c.p, nei confronti di un soggetto, l’arresto differito ed eseguito dalla Polizia attraverso l’individuazione dello stesso con l’uso di video riprese, stante l’impossibilità di eseguirlo nell’immediatezza dei fatti. Con ricorso, l’indagato censurava tale provvedimento denunciando violazione dell’art. 8, comma 1- ter , della legge citata, mancando le condizioni legittimanti tale tipo di arresto, avvenuto solo a seguito della visione dei filmati, oltre quarantotto ore dopo i fatti, e violazione dell’art. 13 della Costituzione, in quanto la dilatazione dello stato di flagranza comporta il ridursi della condizione di urgenza, unico presupposto che di fatto legittima l’intervento dell’autorità di polizia, secondo i principi costituzionali . Quindi, la problematica, s’incentra sui limiti della legittimità dell’arresto differito, quando lo stesso non può essere effettuato nell’immediatezza. La l. n. 401/89 disciplina gli Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive . In particolare, l’art. 8 richiamato, al comma 1- ter dispone che Nei casi di cui al comma 1- bis nel caso di reati di cui all'articolo 6- bis , comma 1, all' articolo 6- ter , quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza ai sensi dell' articolo 382 c.p.p. colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica dalla quale emerga inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro quarantotto ore dal fatto”. Arresto in flagranza e urgenza. La Corte, in accoglimento del ricorso, afferma, in primo luogo, che se è vero che l’arresto può essere legittimamente effettuato in un tempo successivo, affinchè possa essere garantito il rispetto dei principi di cui all’art. 13 Cost., il provvedimento restrittivo deve, comunque, essere ancorato ad una verifica delle condizioni di necessità ed urgenza che costituiscono il presupposto della misura coercitiva de qua . Oltre ciò, la legittimità di tale misura oltre il superamento dei termini prescritti impone che l’autorità giudiziaria dimostri l’impossibilità di procedere all’arresto nell’immediatezza per comprovate ragioni di sicurezza o incolumità pubblica e, contemporaneamente, la persistenza di tali condizioni di pericolosità. In definitiva, quindi, se la situazione di pericolo è in corso o, comunque, legata temporalmente in termini di istantaneità ai fatti, allora è evidente che la natura differita dell’intervento rende ancora più imperativa la individuazione del presupposto di necessità ed urgenza dell’atto. Quando l’urgenza” viene meno. Pertanto, afferma la Corte che, in assenza di circostanze fattuali di carattere eccezionale, agevolmente verificabili dall’autorità giudiziaria che convalida l’arresto, non può ritenersi sussistente il presupposto oggettivo che legittima l’intervento urgente della Polizia. In questi casi, dunque, dovrebbe procedersi secondo altre procedure, come quella che prevede la richiesta di emissione di un provvedimento cautelare all’autorità giudiziaria.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 dicembre 2015 – 22 gennaio 2016, n. 2633 Presidente Ippolito – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa il 13 marzo 2015, il Tribunale dei riesame di Torino, in parziale accoglimento dell'appello dei P.M., ha applicato a G.R. la misura cautelare degli arresti domiciliari presso la sua abitazione, senza divieto di comunicare con persone diverse da quelle conviventi o dai difensori, in relazione a due distinti episodi di usura, commessi l'uno in danno D.N. e l'altro in danno di P.A., in entrambi i casi in concorso con altre persone e con condotta perdurante sino al luglio 2014, con esclusivo riferimento al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie di quelli per cui si procede. L'ordinanza del 13 marzo 2015 costituisce l'ultimo provvedimento adottato nel corso di una vicenda procedimentale articolatasi in diverse tappe. Infatti, dopo che il G.i.p. del Tribunale di Vercelli, pur riconoscendo la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, aveva rigettato la richiesta del Pubblico ministero per la ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame di Torino, in parziale accoglimento dell'impugnazione dell'ufficio di Procura, aveva applicato la misura degli arresti domiciliari a salvaguardia delle necessità preventive di cui alle lett. a e c dell'art. 274 cod. proc. pen. successivamente, la Corte di cassazione, in accoglimento dei ricorso dell'indagato, aveva annullato con rinvio il provvedimento del Tribunale di Torino limitatamente alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari ed era stata perciò emessa la decisione oggetto della presente impugnazione. 2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Torino indicata in epigrafe, l'avvocato Alessandro Scheda, quale difensore di fiducia del R Nel ricorso è formulato un unico motivo, con il quale l'impugnante deduce la nullità dell'ordinanza per mancanza di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen. e violazione dell'art. 292 cod. proc. pen. in relazione all'art. 274 cod. proc. pen., nonché per contraddittorietà della motivazione in relazione all'esigenza cautelare di cui alla lett. c dell'art. 274 cod. proc. pen. Precisamente, si censura l'ordinanza del Tribunale dei riesame perché avrebbe fondato il proprio giudizio su di un rischio di recidiva meramente astratto , non indicando elementi idonei a far ritenere concreto il pericolo di reiterazione del reato la prognosi sfavorevole sarebbe stata basata esclusivamente sull'esistenza di rapporti diretti tra il R. e le vittime dei reati di usura mediante interventi telefonici in prima persona. Si aggiunge, inoltre, che l'ordinanza non avrebbe rispettato il vincolo derivante dal precedente annullamento con rinvio, perché l'incensuratezza dell'indagato sarebbe stata considerata solo ai fini della decisione della scelta della misura cautelare disposta, per escludere la necessità della coercizione intramuraria e dei braccialetto elettronico, e non avrebbe tenuto conto dell'assenza di qualunque elemento sopravvenuto alla originaria richiesta di applicazione di provvedimento coercitivo, risalente al 18 luglio 2014, che fosse idoneo a far presumere il rischio di reiterazione nelle condotte illecite. 3. In udienza, il Presidente ha dato atto dell'acquisizione, disposta su segnalazione pervenuta dal Tribunale dì Vercelli, di copia della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale in data 17 dicembre 2015 si tratta di sentenza con la quale è stata applicata a G.R., su conforme richiesta delle parti, ed in relazione ai due reati per il quali il Tribunale del riesame di Torino ha emesso il provvedimento cautelare impugnato, la pena di anni uno e mesi due di reclusione ed Euro 6.000 di multa, con concessione del beneficio della sospensione condizionale. Considerato in diritto 1. L'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio. 2. Come si è precedentemente indicato, il ricorrente è stato condannato a pena sospesa per entrambe le imputazioni per le quali l'ordinanza impugnata ha disposto la misura cautelare. 3. L'art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., nel primo periodo, recita Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domicíliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena . Tale previsione, che preclude l'adozione di provvedimenti coercitivi custodiali in caso di prognosi di concessione della sospensione condizionale della pena, non può non applicarsi anche nel caso in cui la concessione della sospensione condizionale della pena sia stata disposta con sentenza in questa evenienza, infatti, la prognosi, seppure effettuata da un altro giudice, si è addirittura cristallizzata in una statuizione decisoria idonea a passare in giudicato, e modificabile, quindi, solo all'esito di un giudizio di impugnazione sul merito dell'imputazione. Si può aggiungere, ancora, che la pronuncia di sentenza di condanna a pena condizionalmente sospesa, in quanto implica una prognosi favorevole sulla futura condotta del reo, esclude radicalmente il pericolo di recidiva di conseguenza, essa impedisce l'applicazione di qualunque tipo di misura a tale titolo. 3. Una regola di portata ancor più ampia è desumibile dal combinato disposto delle previsioni di cui agli artt. 300, comma 3, e 306 cod. proc. pen. Invero, l'art. 300, comma 3, cod. proc. pen. prevede che quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna, le misure [cautelari] perdono efficacia se la pena irrogata è [ .] condizionalmente sospesa , mentre l'art. 306 cod. proc. pen., statuisce che, nei casi di perdita di efficacia di una misura cautelare, il giudice dispone con ordinanza l'immediata liberazione della persona sottoposta alla misura , o, comunque, adotta con ordinanza i provvedimenti necessari per la immediata cessazione delle misure medesime . Dalle disposizioni in questione, che impongono l'immediata cessazione della misura cautelare custodiale o non custodiale quando per i fatti in contestazione è stata pronunciata sentenza a pena condizionalmente sospesa, può evincersi un principio più generale, secondo cui la condanna a pena condizionalmente sospesa preclude in ogni caso l'applicazione di misure cautelari. Il principio posto a fondamento delle stesse, infatti, è quello di impedire che sia sottoposto a privazione di libertà personale, in forza di un provvedimento cautelare, colui che non potrà subire alcuna limitazione di tal genere in applicazione della sentenza pronunciata sul merito dell'imputazione, pur se non ancora divenuta irrevocabile. 4. Conclusivamente, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio per sopravvenuta insussistenza dei presupposti per l'applicazione di una misura cautelare. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.