L’accordo tra P.M. e imputato costituisce una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile? La parola alle Sezioni Unite

Il contrasto giurisprudenziale sorto sulla natura revocabile od irrevocabile dell’accordo tra le parti per l’applicazione della pena richiede l’intervento delle Sezioni Unite, al fine di chiarire se la presentazione di richiesta da parte dell’imputato od il consenso alla richiesta avanzata dal P.M. costituiscano una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile.

La Seconda Sezione Penale della Suprema Corte con la sentenza 48711/2015, dinanzi ad un caso di prescrizione maturata dopo il raggiungimento dell’accordo sulla pena da applicare ex articolo 444 c.p.p. tra le parti, ha deciso di rimettere la questione giuridica sottesa alla risoluzione delle Sezioni Unite. Il caso di specie. I dubbi sorgono a seguito del ricorso per Cassazione proposto da una donna, imputata del reato di cui all’articolo 81 e 640 c.p., avverso la sentenza pronunciata ex articolo 444 c.p.p. dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Velletri. Viene chiesto l’annullamento di siffatto provvedimento, recante la pena di anni uno e mesi quattro di reclusione oltre Euro 400,00 di multa, per mancanza di motivazione ex articolo 129 c.p.p., evidenziando l‘intervenuta prescrizione di alcuni dei fatti di reato contestati già alla data di emissione della richiesta di rinvio a giudizio. Il Procuratore Generale chiede di dichiarare l’inammissibilità del ricorso, facendo rilevare che la prescrizione, ancorché maturata in data antecedente alla sentenza di patteggiamento, non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in quanto l’accordo tra le parti rappresenta una rinuncia espressa e non più revocabile a tale causa estintiva del reato. I diversi orientamenti giurisprudenziali. Innanzitutto, la Seconda Sezione della Suprema Corte dà atto che, effettivamente, per alcuni degli episodi criminosi contestati all’imputata, alla data di emissione della sentenza impugnata era già decorso il termine prescrizionale di cui agli articolo 157 e ss. c.p. Tanto premesso, sulla questione sollevata dal procuratore Generale deve rilevarsi un contrasto di giurisprudenza sinora mai risolto. Secondo i Giudici della Quarta Sezione, come emerge da una recente pronuncia numero 51792/2014 , la prescrizione non può ma essere fatta valere in sede impugnatoria, poiché l’accordo tra le parti di applicazione della pena costituisce, ad ogni effetto, una dichiarazione di rinuncia tipica ed espressa, oltre che irrevocabile, alla causa estintiva. Tale orientamento, inserito nel solco di precedenti arresti conformi della Seconda, Terza e Quinta Sezione, trae origine dall’idea che il perfezionamento del procedimento speciale consensuale, diretto all’applicazione della pena, costituisca una dichiarazione di rinuncia legale tipica alla prescrizione. Tuttavia, esiste una diversa posizione, adottata dalle stesse Sezioni Terza e Quinta, a tenore del quale il giudice, ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., deve dichiarare d’ufficio la prescrizione, negando che l’accordo tra le parti sull’applicazione della pena abbia natura di accordo irrevocabile e che funga da dichiarazione di rinuncia alla causa estintiva. Questo punto di vista, a parere dello scrivente più aderente ai principi normativi, risponde al dettato di cui all’articolo 157 c.p., in base al quale la rinuncia alla prescrizione impone, in quanto diritto personalissimo dell’imputato, una volontà espressa e specifica che non lasci spazio a margini di dubbio. In tal senso, si sono già espresse le Sezioni Unite del Palazzaccio nell’ambito di un caso analogo ma relativo all’impugnazione contro una sentenza di proscioglimento emessa dal giudice per le indagini preliminari investito di richiesta di decreto penale di condanna SS.UU. numero 43055/2010 . Tuttavia, la particolarità della quaestio impone una disamina specifica e la risoluzione di tali divergenze ermeneutiche mediante un ulteriore intervento dirimente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 1 – 10 dicembre 2015, n. 48711 Presidente Esposito – Relatore Carrelli Palombi di Montrone Ritenuto in fatto 1. P.L. ricorre avverso la sentenza, in data 4/3/2015, del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Velletri, con la quale, le è stata applicata la pena, concordata tra le parti, ex art. 444 cod. proc. pen., di anni uno e mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81 640 comma 1 cod. pen., chiedendone l'annullamento per il seguente motivo mancanza di motivazione in ordine all'insussistenza delle ipotesi di cui all'art. 129 cod. proc. pen., evidenziando che, in relazione ad alcuni episodi di truffa contestati, il termine di prescrizione era decorso già alla data di emissione della richiesta di rinvio a giudizio. 2. Il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile, facendo rilevare che la prescrizione, ancorché maturata antecedentemente alla sentenza di patteggiamento non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in quanto l'adesione all'accordo fra le parti rappresenta una forma di rinuncia espressa e non più revocabile alla causa estintiva. Considerato in diritto 3. Deve in via preliminare evidenziarsi che effettivamente, sulla base della formulazione del caso di imputazione, per alcuni degli episodi contestati, alla data di emissione della sentenza impugnata, era già decorso il termine massimo di prescrizione di cui agli artt. 157 e ss cod. proc. pen, facendosi riferimento a condotte commesse dal 20 novembre 2007 fino al mese di aprile 2012, sia pure avvinte dal vincolo della continuazione ai sensi dell'art. 81 cod. pen. Detto ciò, sulla questione posta dal Procuratore Generale alla base della richiesta di inammissibilità del ricorso si registra un contrasto di giurisprudenza finora mai risolto. Difatti da un lato la quarta sezione, con decisione assunta recentemente Sez. 4, n. 51792 del 30/9/2014, Rv. 261570 e richiamata adesivamente dal Procuratore Generale, ha affermato che la prescrizione, ancorché maturata antecedentemente alla sentenza di patteggiamento, non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in quanto l'adesione all'accordo tra le parti rappresenta una forma di rinuncia espressa e non più revocabile alla causa estintiva. La sentenza si inscrive nell'ambito delle conformi decisioni secondo le quali, con la richiesta di patteggiamento e con il consenso del pubblico ministero, si realizza un accordo che non è più revocabile dalle parti, implicando necessariamente la rinuncia alla prescrizione, che è insita nell'intesa sul computo della pena da comminare sez. 5 n. 1409 del 28/10/1999, Rv. 215799 sez. 2 n. 2900 del 20/11/2003, Rv. 227887 sez. 5 n. 7021 del 25/11/2009, Rv. 246151 sez. 2 n. 47940 del 6/12/2011, Rv. 252052 sez. 3 n. 207 del 5/7/2012, Rv. 254144 . Si è ritenuto, in sostanza, nell'ambito delle citate decisioni che il perfezionamento dei procedimento speciale consensuale, volto all'applicazione della pena, costituisce una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla causa estintiva del reato, evidenziandosi anche che la possibilità di consentire alla parte richiedente di porre nel nulla l'accordo raggiunto con il pubblico ministero e ratificato dal giudice, attraverso il meccanismo impugnatorio, equivarrebbe a riconoscere un potere di revoca della proposta ovvero del consenso , che è escluso dal vigente sistema processuale. Ma nella giurisprudenza della Corte esiste anche una diversa posizione, secondo la quale il giudice, a norma dell'art. 129 c.p.p., deve dichiarare d'ufficio anche l'intervenuta causa estintiva della prescrizione. In questo senso si è espressa la terza sezione Sez. 3 n. 14331 del 4/3/2010, Rv. 246608 , che ha negato che la richiesta di applicazione della pena possa costituire rinuncia alla prescrizione, presupponendo, quest'ultima, una dichiarazione di volontà espressa e specifica, che non ammette equipollenti. Alle medesime conclusioni è pervenuta anche la quinta sezione Sez. 5 n. 45023 del 12/10/2010, Rv. 249077 , la quale ha ribadito che la richiesta di applicazione concordata della pena non costituisce una ipotesi di rinuncia alla prescrizione non più revocabile. Ed ancora la quinta e la prima Sezione Sez. 5 n. 3548 del 26/11/2009, Rv. 245841 e Sez. 1 n. 18391 del 13/3/2007, Rv. 236576 hanno giustificato tale diverso orientamento con la peculiare disciplina della rinuncia alla prescrizione, prevista dall'art. 157 c.p., introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, che richiede una volontà espressa e specifica, che non ammette equipollenti. Pertanto, alla richiesta di applicazione di pena concordata non potrebbe attribuirsi contenuto ed effetto della rinuncia alla prescrizione già maturata, in quanto difetterebbe il requisito di legge della forma espressa. Ed ancora recentemente si è affermato che la rinuncia alla prescrizione costituisce un diritto personalissimo riservato all'imputato che non rientra nel novero degli atti processuali che possono essere compiuti dal difensore a norma dell'art. 99 cod. proc. pen. sez. 1 n. 21666 del 14/12/2012, Rv. 256076 . Deve poi rilevare che le Sezioni Unite di questa Corte, affrontando il tema della impugnazione proponibile avverso sentenza di proscioglimento, emessa dal giudice per le indagini preliminari, investito della richiesta di decreto penale di condanna Sez. U, n. 43055 del 30/09/2010, Rv. 248379 al punto 5 della motivazione hanno affermato che la rinuncia alla prescrizione, secondo il testuale dettato dell'art. 157 comma 7 cod. pen., così come novellato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, art. 6, richiede una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti, per cui, essa non si può desumere implicitamente dalla mera proposizione del ricorso per cassazione. Da ultimo rileva il Collegio che la medesima questione è stata già sottoposta al vaglio delle sezioni unite sez. F ordinanza n. 25 del 6/8/2013 , ma nell'occasione il Supremo Collegio rilevava l'irrilevanza della stessa, in quanto per nessuno reato la prescrizione era maturata alla data della sentenza di patteggiamento. 5. Alla stregua delle considerazioni fin qui esposte, rilevato che la tematica esaminata ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale, appare necessario rimettere alle Sezioni Unite Penali di questa Corte, a norma dell'art. 618 c.p.p., la seguente questione Se la presentazione della richiesta di applicazione della pena da parte dell'imputato o il consenso a quella proposta dal pubblico ministero P.Q.M. rimette il ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte.