Falsità in scrittura privata: serve l’uso della scrittura, non basta la contraffazione

Per la sussistenza del delitto di falsità in scrittura privata non basta la contraffazione della scrittura, ma è necessario che l’autore della falsità o altra persona ne faccia uso.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 48301/15, depositata il 7 dicembre. Il caso. La Corte d’appello territoriale confermava la condanna pronunciata dal Tribunale nei confronti dell’imputato per il reato di ricettazione di un contrassegno assicurativo e del relativo contratto, entrambi falsificati. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’imputato, lamentando che la falsità di un documento assicurativo non può assumere la valenza di reato presupposto del delitto di ricettazione, trattandosi di falsità in scrittura privata penalmente rilevante solo a condizione della sua utilizzazione. Falsità in scrittura privata non basta la contraffazione, serve l’uso. Non corretta, secondo la Suprema Corte, la conclusione cui sono giunti i Giudici di merito, secondo i quali nel caso in esame può configurarsi il delitto di ricettazione in relazione al possesso, da parte dell’imputato, di un contratto e di un certificato di assicurazione contraffatti, perché tale conclusione di fonda su una interpretazione non corretta della fattispecie. In primis , gli Ermellini hanno chiarito che la norma di cui all’art. 485 c.p. prevede che per la sussistenza del delitto di falsità in scrittura privata non basti la contraffazione della scrittura, ma sia necessario che l’autore della falsità o altra persona ne faccia uso. Nel caso di specie, quindi, la condotta dell’imputato – che aveva esposto sul parabrezza della propria autovettura il certificato di assicurazione contraffatto per far apparire adempiuto l’obbligo di assicurazione per la responsabilità civile degli automobilisti - è quella tipica prevista dagli artt. 485 e 489 c.p., anche se l’autore della falsità possa essere persona diversa. Non rileva che il contrassegno assicurativo fosse contraffatto. Né rileva in senso contrario la circostanza che lo stesso supporto cartaceo del contrassegno assicurativo su cui l’imputato aveva annotato le proprie generalità e i dati identificativi della propria autovettura fosse stato contraffatto. Il reato di falsità in scrittura privata ha infatti ad oggetto un documento contenente un atto giuridico o un contratto astrattamente produttivo di conseguenze giuridiche. Il modulo prestampato è quindi solo una riproduzione, più o meno fedele, del prestampato normalmente usato per la stipulazione dei contratti di assicurazione per la RCA dalle società di assicurazione tale riproduzione, non avendo alcuna efficacia giuridica, perché improduttiva della nascita, dell’esercizio o dell’estinzione di diritti soggettivi ovvero di obbligazioni, non rientra tra le scritture private indicate nell’art. 485 c.p. solo con l’apposizione del nome e delle generalità, nonché dei dati dell’autovettura dell’apparente contraente la riproduzione assume la veste di una scrittura privata astrattamente idonea a far sorgere obbligazioni reciproche a carico dei contraenti. A diversa conclusione si dovrebbe giungere, concludono da Piazza Cavour, se il documento, pur contraffatto, provenisse da altri reati, dal momento che in tali casi, sussistendo il reato presupposto, la cessione del modulo del contratto, indipendentemente dalla successiva o contestuale contraffazione mediante l’indicazione del nome e delle generalità dell’apparente assicurato integra gli estremi del delitto di cui all’art. 648 c.p E dato che l’imputazione ex art. 648 c.p. non fa alcun riferimento a reati presupposti diversi da quello di falsità in scrittura privata, il Supremo Collegio ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 novembre – 7 dicembre 2015, n. 48301 Presidente Fiandanese – Relatore Prestipino Ritenuto in fatto 1.Ha proposto ricorso per cassazione F.F., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza. della Corte di Appello di Caltanissetta dei 4.4.2013, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Gela il 25.5.2010 per il reato di ricettazione di un contrassegno assicurativo e del relativo contratto, entrambi falsificati. 2.Deduce il ricorrente il vizio di violazione di legge e l'erronea applicazione dell'art. 648 cod. Pen., rilevando, in sostanza, con il richiamo ad alcuni arresti giurisprudenziali, che la falsità di un documento assicurativo non possa assumere la valenza di reato presupposto dei delitto di ricettazione, trattandosi di falsità in scrittura privata penalmente rilevante solo a condizione della sua utilizzazione. Considerato in diritto II ricorso è fondato. Erroneamente i giudici di appello hanno ritenuto che nel caso in esame possa configurarsi il delitto di ricettazione in relazione al possesso, da parte dell'imputato, di un contratto e di un certificato d'assicurazione contraffatti, perché tale valutazione si fonda su una non corretta interpretazione della fattispecie. La norma dell'art. 485 c.p. prevede infatti che per la sussistenza dei delitto di falsità in scrittura privata non sia sufficiente la contraffazione della scrittura , ma occorre che l'autore della falsità o altra persona ne faccia uso, come emerge dall'espressione normativa è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso . La condotta dell'imputato, che aveva esibito sul parabrezza della propria autovettura il certificato d'assicurazione contraffatto per far apparire adempiuto l'obbligo d'assicurazione per la responsabilità civile degli automobilisti, è, quindi, quella tipica prevista dagli artt. 485 e 489 c.p. anche se l'autore della falsità possa essere persona diversa. Né può diversamente ritenersi nel caso di specie, in ragione della circostanza che lo stesso supporto cartaceo del contrassegno assicurativo su cui l'imputato aveva annotato le proprie generalità e i dati identificativi della propria autovettura fosse stato contraffatto, in quanto certamente non proveniente dalla Compagnia di Assicurazioni interessata mancavano gli ologrammi antifalsificazione e risulta che il contrassegno fosse stato formato mediante scannerizzazione . Il reato di falsità in scrittura privata ha infatti ad oggetto un documento contenente un atto giuridico o un contratto astrattamente produttivo di conseguenze giuridiche. Il modulo prestampato è quindi solo una riproduzione, più o meno fedele, del prestampato normalmente usato per la stipulazione dei contratti di assicurazione per la R.C.A. dalle società di assicurazione tale riproduzione, non avendo alcuna efficacia giuridica, perché improduttiva della nascita, dell'esercizio o dell'estinzione di diritti soggettivi ovvero di obbligazioni, non rientra tra le scritture private indicate nell'art. 485 c.p Solo con l'apposizione dei nome e delle generalità, nonché dei dati dell'autovettura dell'apparente contraente la riproduzione assume la veste di una scrittura privata astrattamente idonea a far sorgere obbligazioni reciproche a carico dei contraenti. Diverso sarebbe il caso se il documento, ancorché contraffatto, provenisse da altri reati, come avviene quando i moduli dei contratti di assicurazione e dei relativi certificati siano stati oggetto di furto, rapina o appropriazione indebita. In tali casi, infatti, sussistendo il reato presupposto, la cessione dei modulo dei contratto, indipendentemente dalla successiva o contestuale contraffazione, mediante l'indicazione del nome e delle generalità dell'apparente assicurato, integra gli estremi del delitto di cui all'art. 648 c.p. su tali principi, Sez. 2, Sentenza n. 16566 dei 17/03/2009, Stasino, dove ampi richiami di giurisprudenza E poiché l'imputazione ex art. 648 cod. pen. non fa alcun riferimento a reati presupposti diversi da quello di falsità in scrittura privata, si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.