Conviene ancora al guidatore rifiutare l’alcoltest quando cagiona un incidente stradale, il lavoro di pubblica utilità lo può salvare

Estinguendo il reato, al suo compimento. Le Sezioni Unite statuiscono l’aggravante dell’aver procurato un sinistro stradale non si applica al guidatore renitente ex art. 186, comma 7, c.d.s

Così la Cassazione, Sezioni Unite, n. 46625/2015, depositata il 24 novembre. Il fatto processuale. Giudice per le indagini preliminari emetteva sentenza di patteggiamento ex artt. 444 e ss. c.p.p. nei confronti di conducente di veicolo che, pur provocando un sinistro stradale, si era rifiutato di sottoporsi a test alcolemico, integrando reato ai sensi dell’art. 186, comma 7, c.d.s. La pena fu poi sostituita dal lavoro di pubblica utilità, ai sensi del comma 9- bis dell’art. 186 cit. e dell’invocato art. 54, d.lgs. n. 274/2000. Ricorre il procuratore generale contestando l’operazione giudiziale di applicazione della misura sostituiva, in quanto la sostituzione ai sensi del comma 9 bis dell’art. 186 cit. sarebbe stata impedita dall’integrazione dell’aggravante dell’aver cagionato un sinistro, ai sensi del comma 2 bis dell’art. 186 cit., applicabile anche al caso de quo. Le Sezioni Unite invocate risolvono il dubbio giurisprudenziale sull’applicazione dell’aggravante cit. al reato di rifiuto ex art. 186, comma 7, cit. La soluzione positiva impedirebbe al giudice di poter consentire al reo il beneficio della misura sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. I giudici propendono per quella negativa e chiariscono nei termini che seguono. Premessa. In caso di integrazione dell’aggravante cit., questa verrebbe applicata ad ogni effetto giuridico, al di là dell’eventuale assorbimento nel giudizio di comparazione delle circostanze ai sensi dell’art. 69 c.p Va premesso che l’aggravante in questione, quando integrata, in ogni caso previsto ai sensi dell’art. 186 c.d.s. - dunque anche quando fosse stata accertata l’ebbrezza del conducente -, avrebbe valore ad ogni effetto giuridico, permanendo la configurazione giuridica del reato aggravato, pur se il giudizio di comparazione fra circostanze avesse in concreto annullato l’aggravamento sanzionatorio previsto. Dunque, quando è integrata in siffatti termini l’aggravante dell’aver cagionato un sinistro, questa impedisce l’applicazione del beneficio della misura sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, in ogni caso. Sul dubbio delle Sezioni Unite. La soluzione sconfessata l’aggravante cit. è applicabile al rifiuto ex art. 186, comma 7, c.d.s. Viene smentita l’opinione già minoritaria, più punitiva nei confronti del reo. Il gioco sistematico è infatti già precario in particolare il richiamo dell’art. 186, settimo comma, cit. alle pene di cui alla lett. c del comma 2 dell’art. 186 cit. dovrebbe necessariamente comprendere l’aggravante, siccome il medesimo comma è richiamato anche dal comma 2 bis dell’art. 186 cit., che per l’appunto prevede l’aggravante de qua . La soluzione vincente, favorevole al reo. Non si applica l’aggravante cit. al reato di rifiuto di sottoporsi al test alcolemico ex art. 186, comma 7, c.d.s. Integrato il reato, sarà sempre possibile sostituire la pena con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi del comma 9 bis dell’art. 186 cit. e del d.lgs. n. 274/2000. L’argomento è in primis genuinamente sistematico. Il settimo comma cit., che prevede il reato, non fa alcun rinvio al comma 2-bis, che prevede l’aggravante. Non è un caso. Gli interventi riformatori della disciplina non hanno infatti proceduto nella medesima direzione, di fatto divaricando i destini delle due previsioni penali previste nella norma – la guida in stato di ebbrezza ed il rifiuto cit. -. La novella della legge n. 120 del 2010 ha infatti depenalizzato parte delle condotte sussumibili sotto la guida in stato di ebbrezza – in caso di accertamento alcolemico fra 0.5 e 0.8 g/l – mentre la legge n. 125 del 2008 ha configurato come reato il rifiuto di sottoporsi a test alcolemico di fatto impedendo di qualificare il mancato riferimento all’aggravante cit. come un mero difetto di coordinamento. Il legislatore, quindi, ha sempre diversificato i trattamenti sanzionatori delle disposizioni cit. Vi sono altri argomenti, più intuibili, di natura sostanziale. Il reato di rifiuto cit. è ontologicamente distinto da quello di guida in stato di ebbrezza. La condotta di rifiuto non ne costituisce né la sintomatologia né l’evoluzione. Invece, si concretizza come una condotta penalmente illecita di diniego alla disponibilità di sottoporsi a test alcolemico, che nulla ha a che fare l’accertamento dello stato di ebbrezza e la conseguente applicazione del sistema sanzionatorio dedicato, nonché dell’aggravante cit. Ne segue che, pur cagionato un incidente stradale da parte di chi s’è rifiutato di accertare il proprio stato di ebbrezza, il giudice potrà proporre l’applicazione del lavoro di pubblica utilità, come già previsto dall’art. 54, d.lgs. n. 274/2000.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 29 ottobre – 24 novembre 2015, numero 46625 Presidente Agrò – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto 1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata, con sentenza in data 4 novembre 2014, resa ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. penumero , applicava la pena concordata dalle parti nei confronti di Z.A. , chiamato a rispondere del reato di cui all'articolo 186, comma 7, d.lgs 30 aprile 1992, numero 285 cod. strada , con le aggravanti di cui al comma 2-sexies e 2-bis dello stesso articolo. La pena irrogata veniva dal giudicante sostituita con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'articolo 186, comma 9-bis, cod. strada. Il Giudice, nel dare atto della corretta qualificazione giuridica del fatto e della congruità della pena indicata dalle parti, osservava che non era applicabile al caso di specie il divieto di sostituzione di cui al comma 9-bis dell'articolo 186 cod. strada, sul duplice rilievo che non era compiutamente dimostrato lo stato di ebbrezza del conducente che aveva procurato il sinistro stradale e che il rinvio effettuato dal comma 7 al comma 2, lett. c , deve ritenersi solo quoad poenam. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Macerata, che, con un unico motivo, ha denunciato la violazione di legge ed il vizio motivazionale. Il ricorrente osserva che il giudice ha disposto la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità, nonostante la sussistenza della condizione ostativa data dall'aggravante di aver provocato un incidente stradale ex articolo 186, comma 2-bis, cod. strada. La norma di cui all'articolo 186, comma 9-bis, esclude l'ammissione al beneficio nel caso in cui sussista l'aggravante di aver provocato l'incidente stradale e, ad avviso dell'Ufficio ricorrente, il responsabile del reato ex articolo 186, comma 7, cod. strada, è da considerarsi conducente in stato di ebbrezza ex lege, tanto che è assoggettato alle pene previste dal comma 2, lett. c , dell'articolo 186 citato. Erroneamente, pertanto, il giudice aveva considerato che non risultasse dimostrata la sussistenza dello stato di ebbrezza in cui versava lo Z. , al momento del fatto, poiché il prevenuto si era rifiutato di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza. 3. La Quarta Sezione penale, assegnataria del ricorso, con ordinanza in data 9 aprile 2015, depositata il 15 aprile, lo ha rimesso alle Sezioni Unite, a norma dell'articolo 618 cod. proc. penumero , sulla base di un ravvisato contrasto di giurisprudenza. 3.1. Preliminarmente, nella citata ordinanza, il Collegio, ribadendo precedente giurisprudenza conforme, afferma che il giudizio di comparazione tra circostanze opera solo ai fini della quantificazione della pena e che detto bilanciamento non consente di escludere la rilevanza della circostanza oggetto di valutazione, qualora la legge riconnetta all'esistenza della stessa determinati effetti. Al riguardo si è osservato che il giudizio di comparazione tra le circostanze, che conduca alla esclusione di una aggravante sul piano sanzionatorio, non fa venire meno la configurazione giuridica del reato aggravato e, di conseguenza, la procedibilità di ufficio eventualmente prevista per lo stesso Sez. 2, numero 24862 del 29/05/09, Randazzo, Rv.244340 . Con riferimento alla questione in rilievo è stato così affermato che, in tema di guida sotto l'influenza dell'alcool, non è applicabile la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità quando sussiste l'aggravante di aver provocato un incidente stradale, anche se la stessa è ritenuta subvalente rispetto alle attenuanti eventualmente sussistenti, perché il giudizio di comparazione tra le circostanze che conduce all'esclusione dell'operatività dell'aggravante sul piano sanzionatorio non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato e, di conseguenza, gli effetti che la legge ricollega alla singola circostanza, pur se sfavorevoli per l'imputato Sez. 4, numero 30254 del 26/06/2013, Colin, Rv. 257742 . 3.2. Ciò premesso, sulla questione dell'astratta configurabilità della citata aggravante nell'ipotesi di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, prevista dall'articolo 186, comma 7 cod. strada, il Collegio evidenzia sussistere un contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Da un lato, l'orientamento che sostiene la configurabilità di tale aggravante anche in ipotesi di rifiuto, valorizzando il rinvio che il comma 7 effettua al comma 2, lett. c , che, a sua volta, è richiamato dal comma 2-bis dell'articolo 186, che prevede il raddoppio delle sanzioni di cui al comma 2 dello stesso articolo. Dall'altro, l'orientamento opposto, che limita la configurabilità dell'aggravante al solo reato di guida in stato di ebbrezza, escludendo la sua applicabilità all'ipotesi del mero rifiuto, in assenza di espresso richiamo dell'ipotesi aggravata nella previsione del comma 7 dell'articolo 186, circostanza che si ritiene non attribuibile a mera svista del legislatore o ad una mancanza di coordinamento tra le disposizioni. 4. Il Procuratore Generale, in data 7 luglio 2015, ha concluso per l'accoglimento del ricorso, riportandosi agli argomenti sostenuti dal ricorrente Procuratore della Repubblica e così osservando come l'applicabilità dell'aggravante del procurato incidente stradale anche all'ipotesi di rifiuto di sottoporsi all'alcoltest, risponda ad una logica di chiusura del sistema ad una improvvida premialità per l'atteggiamento di resistenza del conducente all'accertamento dello stato di ebbrezza”, premialità che, ingiustamente, verrebbe riconosciuta all'autore del fatto, ove si accedesse a diversa soluzione interpretativa. 5. Con decreto in data 20 febbraio 2015, il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali, fissando per la trattazione l'odierna udienza in camera di consiglio. Considerato in diritto 1. La questione della quale sono investite le Sezioni Unite è enunciabile nei seguenti termini Se la circostanza aggravante prevista dall'articolo 186, comma 2-bis, cod. strada in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, sia applicabile anche al rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza di cui all'articolo 186, comma 7, cod. strada . 2. Sul tema, come esposto nell'ordinanza di rimessione, appare effettivamente sussistere un contrasto nell'ambito della giurisprudenza di legittimità. 2.1 Secondo una prima linea interpretativa, la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza. A sostegno dell'assunto vengono valorizzate ragioni di ordine sia sistematico sia testuale Sez. 4, numero 22687 del 09/05/2014, Caldarelli, Rv. 259242 . Sotto il primo profilo, si evidenzia che l'articolo 186, comma 7, cod. strada, ai fini del trattamento sanzionatorio, richiama espressamente il solo comma 2, lett. c , dello stesso articolo 186, e precisamente solo le pene di cui al comma 2, lett. c ”, e non anche il comma 2-bis. Si rileva, inoltre, che a diverso avviso non può condurre il fatto che il comma 2 sia a sua volta richiamato anche dal comma 2-bis, disciplinante l'aggravante in oggetto, atteso che solo un richiamo in senso inverso ovvero dal comma 2 al comma 2-bis avrebbe potuto costituire argomento per postulare un indiretto collegamento sequenziale tra il comma 7 e il comma 2-bis, mentre tale collegamento non è predicabile per il solo fatto che entrambe queste ultime norme richiamano il comma 2 ciascuna, peraltro, per finalità evidentemente diverse il primo per fissare le pene - non anche le sanzioni accessorie - da applicare alla diversa e autonoma fattispecie di reato che viene qui in considerazione il secondo per disciplinare gli effetti della circostanza aggravante predetta sulle ipotesi di reato previste dal comma 2 . Nella stessa prospettiva, si attribuisce rilievo al collocamento sistematico della norma relativa all'aggravante subito dopo il comma 2 e si esclude che il mancato esplicito richiamo dell'articolo 186, comma 7, cod. strada, alla circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale sia il portato di un difetto di coordinamento tra le diverse modifiche normative che hanno interessato le fattispecie di guida in stato di ebbrezza e di rifiuto, posto che entrambe le contravvenzioni sono state oggetto di reiterati e contestuali interventi riformatori. Dal confronto tra le norme richiamate emerge, invece, in maniera evidente, la diversità ontologica tra il concetto di conducente in stato di ebbrezza , che è elemento costitutivo dell'aggravante, e quello di conducente che si rifiuti di sottoporsi all'accertamento di tale stato . In quest'ultimo caso, infatti, è implicita la mancanza almeno nel momento perfezionativo del reato di un accertamento dello stato di ebbrezza e, dunque, del presupposto necessario perché possa definirsi il soggetto attivo del reato come conducente in stato di ebbrezza come tale al contempo passibile di incorrere nell'aggravante descritta ove abbia provocato un incidente , essendo per l'appunto sanzionata la condotta di colui che si rifiuta di sottoporsi ad un tale accertamento. Alle stesse conclusioni è pervenuta Sez. 4, numero 51731 del 10/07/2014, Crisopulli, Rv. 261568, che ha richiamato i principi sopra indicati. 2.2. Secondo un diverso indirizzo interpretativo, coevo a quello contrapposto, la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale è configurabile anche rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, in quanto il richiamo dell'articolo 186, comma 7, cod. strada, alle pene di cui al comma 2, lett. c , dello stesso articolo, deve necessariamente comprendere anche l'aggravante de qua perché il citato comma 2-bis che prevede appunto tale aggravante richiama a sua volta le sanzioni del comma 2 del medesimo articolo prevedendo il raddoppio delle stesse Sez. 4, numero 43845 del 26/09/2014, Lambiase, Rv. 260602 Sez. 4, numero 9318 del 14/11/2013, dep. 2014, Stagnaro, rv. 258215 . 3. Tanto premesso, il quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 186, commi 2-bis, 7 e 9-bis, cod. strada. L'articolo 186, comma 2-bis, così recita Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le sanzioni di cui al comma 2 del presente articolo ed al comma 3 dell'articolo 186-bis sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea all'illecito”. L'articolo 186, comma 7, prevede Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto dell'accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5, il conducente è punito con le pene di cui al comma 2, lettera c ”. L'articolo 186, comma 9-bis stabilisce Al di fuori dei casi previsti dal comma 1-bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, numero 274”. 4. Va in primo luogo precisato che sia il comma 1-bis che il comma 7 sono stati entrambi oggetto di reiterati e contestuali interventi riformatori nel tentativo posto in essere dal legislatore di contrastare comportamenti alla guida pericolosi e sempre più diffusi, con gravi conseguenze sulla sicurezza delle strade. E va certamente rimarcato che il susseguirsi degli interventi legislativi in materia, caratterizzati spesso da scarsa chiarezza, ha determinato una persistente incertezza nella prassi applicativa, generando dubbi interpretativi, che hanno dato impulso ad una copiosa giurisprudenza di legittimità e di merito. Limitando il richiamo alle norme rilevanti ai fini della soluzione del presente quesito, deve, in primo luogo, farsi riferimento al d.l. 3 agosto 2007, numero 117, contenente Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza della circolazione , convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, numero 160, la cui finalità era quella di ridurre i rischi connessi alla circolazione stradale attraverso un complessivo inasprimento delle sanzioni e la previsione di interventi volti a garantire i limiti di velocità. Per quanto concerne, in particolare, la guida in stato di ebbrezza, la citata riforma ha elevato il blando trattamento sanzionatorio previgente, diversificando altresì le pene in tre distinte fasce di gravità, sulla base del tasso alcolemico rilevato nel conducente. Il decreto-legge sopra indicato ha, altresì, introdotto il nuovo comma 1-bis dell'articolo 186, per il caso in cui il conducente in stato di ebbrezza provochi un incidente stradale. Le pene di cui al comma 2 sono in questo caso raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per centoottanta giorni, salvo che appartenga a persona estranea all'illecito. Lo stesso decreto, tuttavia, contemporaneamente depenalizzava la condotta di rifiuto di sottoporsi alla verifica dello stato di ebbrezza, trasformandola in illecito amministrativo, soggetto alla sanzione pecuniaria da Euro 2.500 ad Euro 10.000. Se la violazione era commessa in occasione di un incidente stradale la sanzione pecuniaria prevista era da Euro 3.000 ad Euro 12.000. Successivamente, il d.l. 23 maggio 2008, numero 92, contenente Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, numero 125, a fronte del rilevante incremento del fenomeno degli incidenti stradali causati dall'abuso di alcool e stupefacenti, ha aggravato le pene per i reati di omicidio e lesioni personali colpose commessi per violazione della disciplina stradale ed ha ulteriormente inasprito le sanzioni dei reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, prevedendo, per le più gravi ipotesi previste dalla lettera b e c del comma 2 dell'articolo 186, la confisca del veicolo a seguito di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti. La stessa riforma, all'articolo 4, lett. d , ha, invece, nuovamente configurato come reato l'ipotesi di cui al comma 186, comma 7, ed ha parificato nella risposta sanzionatoria il rifiuto dell'accertamento alla violazione del divieto di guidare in stato di ebbrezza, prevenendo in tal modo potenziali sacche di impunità nei confronti del conducente, al quale, nel caso di rifiuto di sottoporsi all'accertamento di tale stato, sarà applicata la sanzione penale più elevata, perdendo l'opportunità di veder eventualmente dimostrato che il suo tasso alcolemico è inferiore agli 1,5 grammi per litro, con la conseguente irrogazione delle più miti pene previste dalle lett. a e b dell'articolo 186, comma 2. È da osservare che il nuovo testo dell'articolo 186, comma 7, non prevede alcun riferimento all'ipotesi dell'incidente stradale. Di rilievo, ai fini della presente decisione, è l'intervento riformatore della legge 29 luglio 2010, numero 120, che, ha depenalizzato la violazione meno grave articolo 186, comma 2, lett. a tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro e non superiore a 0,8 , sostituendo la sanzione penale con quella amministrativa del pagamento di una somma da 500 a 2.000 Euro e prevedendo la sanzione accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi. Con l'articolo 33 la legge citata ha, altresì, introdotto nell'articolo 186 anche un nuovo comma, il 9-bis, che attribuisce al giudice il potere di sostituire per non più di una volta la pena sia detentiva che pecuniaria applicata per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilità, salvo nel caso in cui il conducente abbia provocato un incidente. 5. Proprio tali contestuali modifiche normative inducono ad escludere che il mancato esplicito riferimento del comma 7 al comma 2-bis sia il risultato di un mero difetto di coordinamento e conducono a far ritenere che la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza. In tal senso depone innanzitutto il dato testuale, certamente significativo, che può trarsi dal raffronto tra la definizione normativa dell'aggravante di cui al comma 2-bis Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale [ ]” e quella del reato di cui al comma 7 Salvo che il fatto costituisca più grave reato, in caso di rifiuto all'accertamento di cui ai commi 3, 4, 5, il conducente è punito [ ]” . Dalla lettera delle norme citate emerge con evidenza la diversità ontologica tra il concetto di conducente in stato di ebbrezza , che costituisce elemento costitutivo dell'aggravante e quello di conducente che si rifiuti di sottoporsi all'accertamento , che presuppone la mancanza di accertamento dello stato di ebbrezza, perfezionandosi il reato, di natura istantanea, con il mero rifiuto di sottoporsi all'accertamento di tale stato, mentre risulta estraneo ogni accertamento dello stato di ebbrezza. 5.1. Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte v. Sez. 4, numero 5909 del 08/01/2013, Giacone, Rv. 254792 integra un reato di natura istantanea che si perfeziona con la manifestazione di indisponibilità da parte dell'agente, non rilevando il successivo atteggiamento collaborativo di volersi sottoporre agli accertamenti medesimi. Il reato, infatti, si perfeziona con il rifiuto dell'interessato e dunque nel momento in cui l'agente ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all'accertamento. Perché il rifiuto possa integrare il reato di cui al comma 7, deve trattarsi di accertamento legittimamente richiesto in presenza di alcune delle condizioni previste dai commi 3, 4, 5, dell'articolo 186 cod. strada. L'articolo 186, cod. strada, disciplina, ai citati commi 3 e 4, i presupposti e le modalità dell'esercizio del potere conferito agli organi di polizia. In difetto di tali presupposti, l'indagato può legittimamente rifiutarsi di sottoporsi all'accertamento e tale rifiuto non integrerà quindi reato, ma non perché scriminato dall'esercizio di un diritto, bensì perché quella condotta non potrà considerarsi integrare la fattispecie penalmente sanzionata cfr. Sez. 4, numero 21192 del 14/03/2012, Bellencin, Rv. 252736 . Laddove invece quei presupposti sussistano, non è previsto dalla norma, né è ipotizzarle, un diritto di opporsi all'accertamento, idoneo a scriminare il reato che quel rifiuto di per sé integra ex articolo 186, comma 7, cod. strada. La norma di cui all'articolo 186, comma 4, cod. strada, in particolare, prevede Quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo, in ogni caso di incidente ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall'influenza di alcool, gli organi di Polizia stradale di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, [ ] hanno la facoltà di effettuare l'accertamento con strumenti e procedure determinati dal regolamento”. In presenza, dunque, delle dette condizioni esito positivo degli accertamenti qualitativi di cui al comma 3, in caso di incidente, ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall'influenza dell'alcool , la richiesta degli operanti di sottoporre il conducente ad alcoltest è legittima, mentre, per contro, integra illecito penale ex articolo 186, comma 7, cod. strada, il rifiuto oppostovi da quest'ultimo. È stato, pertanto, ritenuto che integra il reato di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcolimetrici la condotta di colui che, pur essendosi sottoposto a più accertamenti preliminari per la verifica dello stato di alterazione psicofisica derivante dall'influenza dell'alcool, ricusi di procedere all'alcoltest nonostante che l'ultimo di essi abbia dato esito positivo, in quanto l'articolo 186, comma 3, cod. strada, non prevede limiti alla ripetizione delle prove preliminari, né pone condizioni alla facoltà degli agenti di procedervi, trattandosi di accertamenti qualitativi non invasivi Sez. 4, numero 51773 del 26/11/ 2014, Sculco, Rv. 261546 . Occorre rimarcare che proprio dal dato testuale del richiamato articolo 186, comma 4, cod. strada in ogni caso di incidente può trarsi un ulteriore argomento a favore della esclusione della possibilità di configurare come circostanza aggravante un elemento di fatto che costituisce il presupposto del reato semplice. Dunque, può arrivarsi alla logica conclusione che il responsabile del reato di cui all'articolo 186, comma 7, cod. strada, non è da considerarsi conducente in stato di ebbrezza ex lege, concetto che costituisce elemento costitutivo dell'aggravante de qua. 5.2 In questo contesto appare opportuno evidenziare, al fine di ulteriormente giustificare la diversità ontologica delle due fattispecie incriminatrici, che la guida in stato di ebbrezza è costruita sulla base di tre ipotesi distinte, tutte qualificate dal quantum della condizione alterata dall'abuso dell'alcool. È infatti pacifico che le ipotesi di guida in stato di ebbrezza previste rispettivamente dalle lettere a , b e c del comma 2 dell'articolo 186 cod. strada, integrano fattispecie autonome, delle quali l'ipotesi meno grave di cui alla lettera a tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro è stata depenalizzata con l'articolo 33, comma 4, della legge 29 luglio 2010, numero 120 si tratta di disposizioni in ordine crescente di gravità, modellate sul tasso alcolemico accertato, che sono caratterizzate, tra loro, da un rapporto di reciproca alternatività e, quindi, di incompatibilità. Sono, in tutta evidenza, ipotesi che, quale che ne sia la rilevanza amministrativa o penale , si distinguono nettamente dal proprium della contravvenzione di rifiuto, laddove è punita solo la condotta omissiva del soggetto che ricusa l'accertamento, prescindendo dalla condizione, anche in ipotesi alterata, in cui tale soggetto si trovi. Il reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento alcolemico si sostanzia, infatti, nella manifestazione di indisponibilità da parte dell'agente a sottoporsi all'accertamento a tal fine, peraltro, non occorre che la condotta si concretizzi in un rifiuto verbale, essendo sufficiente anche una condotta indirettamente espressiva del rifiuto, quale quella di chi, pur edotto delle modalità di esecuzione del test e avvisato delle conseguenze del rifiuto, vi si sottoponga in modo strumentalmente inidoneo a consentire l'effettiva misurazione v. Sez. 4, numero 5409 del 27/01/2015, Avondo, Rv. 262162 nella specie, era risultato accertato che l'imputato, sottoposto a più tentativi di misurazione, anziché soffiare nell'apparecchio, aspirava dallo stesso e secondo la Corte, correttamente, essendo stato ripetuto tale comportamento per quattro o cinque volte, la sua condotta doveva considerarsi elusiva . 6. Proprio tale situazione conferma la diversità ontologica delle due fattispecie, che trova, del resto, ulteriore conforto dal quadro giurisprudenziale assolutamente conforme, che, coerentemente, ha sempre affermato l'autonomia delle fattispecie incriminatrici di cui al comma 2 e quella di cui al comma 7, con la conseguente possibilità di configurare l'eventuale concorso materiale tra le stesse v., da ultimo, Sez. 4, numero 13851 del 12/11/2014, dep. 2015, Fattizzo, Rv. 262870 . Detta autonomia è confermata dalla diversa ratio dei due precetti, integrata nell'ipotesi del reato di rifiuto, rispetto a quella dell'articolo 186, comma 2, cod. strada, anche dall'ulteriore intento di impedire - attraverso la sanzione del rifiuto - il frapponimento di ostacoli nell'attività di controllo per la sicurezza stradale in questo senso, oltre alla sentenza sopra indicata, anche Sez. 4, numero 6355 del 08/05/1997, Mela, Rv. 208222 . 7. Or bene, proprio la possibilità di configurare l'eventuale concorso materiale tra il rifiuto e la guida in stato di ebbrezza, sia pure, il più delle volte sub specie di rilievo amministrativo ex articolo 186, comma 2, lett. a , consente di ritenere infondate le preoccupazioni formulate dal Procuratore Generale requirente, che, mostrando di aderire all'orientamento fatto proprio dal ricorrente, ha concluso per l'accoglimento del ricorso in una la logica di chiusura del sistema ad una improvvida premialità” per l'atteggiamento di resistenza del conducente all'accertamento dello stato di ebbrezza. 8. Non è poi priva di valore ermeneutico la già evidenziata circostanza che con l'intervento di nuova penalizzazione del rifiuto, la fattispecie incriminatrice in esame non prevede più alcun riferimento all'ipotesi dell'incidente stradale, come invece nel testo normativo quando era costruita come illecito solo amministrativo, laddove, infatti, il coinvolgimento del conducente che rifiutava l'accertamento a seguito di un incidente stradale importava un aumento della sanzione amministrativa. 9. Non merita condivisione, pertanto, la linea giurisprudenziale secondo la quale la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale è configurabile anche rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza. L'unico argomento adottato, fondato sul richiamo operato dall'articolo 186, comma 1-bis, cod. strada, che prevede tale aggravante, alle sanzioni del comma 2 del medesimo articolo, delle quali è stabilito il raddoppio nel caso in cui il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, appare del tutto insufficiente a fondare il diverso ed opposto orientamento. La norma incriminatrice ossia l'articolo 186, comma 7, cod. strada richiama, infatti, il comma 2, lett. c , e non il comma 2-bis, dello stesso articolo, per fissare le pene - non anche le sanzioni accessorie - applicabili alla contravvenzione in esame, autonoma rispetto a quella della guida in stato di ebbrezza. Il comma 2-bis richiama, invece, il comma 2, per disciplinare gli effetti della circostanza aggravante predetta sulle autonome ipotesi di reato previste dal comma 2 dello stesso articolo oltre che su quelle di cui al comma 3 dell'articolo 186-bis . Nessun elemento consente di apprezzare una reciproca interferenza tra le predette norme. 10. Possono a tal punto raccogliersi le file del discorso giustificativo sin qui svolto e trarsi la conclusione che deve essere affermato il seguente principio di diritto ai sensi dell'articolo 173, disp att. cod. proc. penumero La circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza . 11. Nel caso di specie la sentenza impugnata, nell'applicare la pena concordata dalle parti, per il reato di cui al comma 7 dell'articolo 186, con l'originaria contestazione dell'aggravante specifica di cui al comma 1-bis del medesimo articolo, ha correttamente disposto la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'186, comma 9-bis, cod. strada. Il principio di diritto, al quale si è conformato la sentenza impugnata, muove infatti, dalla non configurabilità della circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, di cui al comma 2-bis, dell'articolo 186, cod. strada, rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, previsto dall'articolo 186, comma 7, cod. strada. Il ricorso proposto dal Pubblico ministero va, pertanto, rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.