Volontà della persona offesa nella querela: la Cassazione antepone la sostanza alla forma

La volontà querelatoria della persona offesa si desume da qualsiasi dichiarazione o comportamento concludente, anche in assenza di formule sacramentali.

Il caso. Il Giudice di Pace di Bari emetteva sentenza di non doversi procedere in un giudizio vertente sul reato di ingiuria, ritenendo improcedibile l’azione penale a causa della mancanza di querela. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello proponeva riscorso, lamentando violazione di legge e carenza di motivazione nello specifico, la Procura riteneva espressa nella denuncia in atti la volontà della persona offesa di proseguire l’azione penale nei confronti dei soggetti denunciati. Il principio del favor querelae. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso e disponendo l’annullamento con rinvio della sentenza, si è uniformata al proprio orientamento costante secondo cui la querela è valida se dalla stessa emerge inequivocabilmente la volontà della persona offesa di perseguire penalmente il soggetto. Tale volontà può emergere tanto da dichiarazioni quanto da comportamenti concludenti della persona offesa, in ossequio ad un principio di favor querelae elaborato dalla giurisprudenza tradizionale della Corte e consistente nel privilegiare, in casi dubbi, la volontà querelatoria del soggetto. Gli Ermellini individuano una base normativa per tale principio nella lettera degli artt. 120 e 122 c.p. ed escludono che ai fini della validità della querela siano necessarie specifiche formule sacramentali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 settembre – 6 ottobre 2015, n. 40148 Presidente Palla – Relatore Miccoli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 9 maggio 2014 il Giudice di Pace di Bari ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C. A. e G. V. in ordine al reato di ingiurie loro ascritto in concorso. Il giudice rilevava che l'azione penale doveva ritenersi improcedibile per mancanza di querela, risultando agli atti solo una denunzia. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari, il quale ha dedotto violazione di legge processuale e vizio di motivazione, avendo il giudice di Pace errato nel ritenere non espressa nella denunzia in atti la volontà della persona offesa di perseguire penalmente i soggetti denunziati. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e va accolto, disponendo l'annullamento con rinvio al giudice di pace di Bari per il giudizio. Va premesso che questa Corte può procedere nel caso di specie a consultare gli atti dei giudizio, essendo stata proposta una questione di violazione di legge processuale. Risulta dagli atti che in data 20 novembre 2009 A. D’A. ha presentato una denunzia, in premessa chiedendo che vengano perseguiti i reati ravvisati per quanto accaduto . Quindi nell'atto è espressa in maniera inequivocabile la volontà di perseguire penalmente i soggetti denunziati. In proposito giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte è unanime nel ritenere che, ai fini della validità della querela, non sono richieste formule sacramentali, essendo sufficiente la inequivoca manifestazione di volontà di perseguire penalmente il soggetto indicato, tanto che sono state ritenute sufficienti espressioni quali si faccia giustizia Sez. 5 n. 44968, 16 novembre 2012 , chiedo che si proceda nei confronti di mio cognato per il reato di furto e per tutti i reati che l'Autorità giudiziaria vorrà ravvisare nell'esposizione dei succitati fatti Sez. 4 n. 46994, 20 dicembre 2011 , denuncio ad ogni effetto di legge Sez. 6 n. 40770, 14 dicembre 2006 , ovvero la richiesta di perseguire la persona alla quale venivano attribuiti i fatti per tutti i reati che voi riterrete giusto convalidargli Sez. 1 n. 864, 27 gennaio 1996 . Si è altresì specificato che la volontà di punizione può essere desunta anche da fatti concludenti non contenenti la sua esplicita manifestazione, quali la costituzione di parte civile Sez. 2 n. 19077, 16 maggio 2011 Sez. 5 n. 43478, 3 dicembre 2001 Sez. 6 n. 10585, 3 novembre 1992. Esclude, tuttavia, ogni efficacia alla mera riserva di costituzione di parte civile, Sez. Fer. 36001, 20 settembre 2012. Contra Sez. 3 n. 3155, 11 aprile 1984 , il complessivo comportamento della persona offesa Sez. 6 n. 11386, 11 marzo 2003 Sez. 5 n. 11726, 16 dicembre 1997 . In effetti, la tradizionale giurisprudenza di questa Corte ha elaborato il principio del favor querelae Sez. 4, n. 46994 del 15/11/2011, Bozzetto, Rv. 251439 Sez. 2, n. 49379 del 30/11/2012, B.D., non massimata Sez. 5, n. 23010 del 06/02/2013, L.S., non massimata , fatto proprio anche dal legislatore artt. 120 e 122 cod. pen. , in base al quale qualsiasi situazione di incertezza va risolta in favore del querelante costituisce applicazione di questo principio la costante affermazione di questa Corte, che privilegia la volontà querelatoria in qualsiasi forma espressa, al di là dell'uso di formule sacramentali. Poiché la querela è una manifestazione di volontà di punizione dell'autore del reato espressa dalla persona offesa che non richiede formule particolari, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti come la denuncia, che non contengono espressamente una dichiarazione di querela Sez. 3, n. 3155 dell'11/01/1984, Accogli, RV. 163559 si veda anche Sez. 6, n. 10585 del 21/09/1992, Porcellana, Rv. 192135 Sez. 5, n. 43478 del 19/10/2001, Cosenza, Rv. 220259 . Inoltre, la verifica circa la volontà di querelarsi o meno costituisce giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità, sempreché l'interpretazione di tale volontà, in tutti i suoi elementi, sia compiuta in conformità ai canoni logico-giuridici dì ermeneutica Sez. 5 n. 8034, 18 giugno 1999 Sez. 3 n. 14035, 13 dicembre 1986 . Alla stregua di quanto precede, si ribadisce che la dichiarazione con la quale la persona offesa ha chiesto che vengano perseguiti i reati ravvisati va qualificata come valida manifestazione del diritto di querela e si deve conclusivamente rilevare che il Giudice di Pace, nel ritenere non adeguatamente manifestata la volontà di querelarsi della persona offesa, ha omesso di valutare proprio quanto dichiarato dalla D’A. nella premessa dell'atto di denunzia presentato. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Giudice di Pace di Bari.