La Suprema Corte precisa le regole per ammettere il credito del terzo nei confronti del destinatario di confisca di prevenzione

Solo laddove venga dimostrato, in modo adeguato rispetto al tipo di rapporto in concreto, che il credito del terzo sia strumentale alla attività illecita, quest'ultimo per poter far valere il proprio diritto di credito, deve dimostrare la ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità.

Con la sentenza n. 36690/15, depositata il 10 settembre, la Cassazione si esprime su un istituto – ed una procedura – di frequente oggetto, negli ultimi anni, di interventi della Corte Europea dei diritti dell'uomo, volti ad introdurre tutele in un procedimento che, benché diretto ad irrogare una vera e propria sanzione, risente di una prassi applicativa influenzata dall'approccio amministrativistico. Più in specie, obbliga al rispetto di fondamentali garanzie nell'ambito della confisca di prevenzione, analizzando le regole di onere probatorio e stabilendo parametri valutativi più coerenti con le disposizioni di riferimento. In quest'ottica, l'esegesi accreditata assicura una migliore protezione ai terzi che, in buona fede, vantino un credito da soddisfare su beni e somme oggetto di misure di prevenzione, affinché l'anticipazione della soglia di intervento della misura ablatoria – per comprensibili ragioni di tutela pubblica – non pregiudichi la condizione di chi, incolpevolmente, riponga affidamento nei rapporti giuridici stabiliti con il prevenuto. Il caso. Il procedimento trae origine dalla richiesta di un primario gruppo bancario italiano, che, avendo stipulato nel 2001 un mutuo per l'importo di € 770.000 con una società edile, domandava al Tribunale di Salerno di iscrivere ipoteca su alcuni immobili che, tuttavia, risultavano essere stati confiscati, nel 2013, al marito dell'amministratrice della società. L'Istituto avanzava dunque domanda di ammissione del proprio credito, ai sensi dell'art. 58 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. Il Tribunale, però, rigettava l'istanza, escludendo che il comportamento dell'ente comprovasse la buona fede richiesta della norma, visto che all'atto della sottoscrizione del mutuo il prevenuto era già stato raggiunto da un'ordinanza restrittiva, che imponeva la custodia in carcere per reati gravissimi, integranti l'aggravante mafiosa circostanze che la banca, dotata di appositi strumenti di controllo per gestire la pratica, non avrebbe potuto ignorare. L'ente ricorre per cassazione avverso la decisione, lamentando la violazione di legge – con riguardo alle disposizioni del d. lgs. n. 159 /2011 materialmente applicate – per aver fondato il diniego su una circostanza – l'esecuzione di un provvedimento coercitivo nei confronti del congiunto di una cliente – ritenuta ininfluente e, in ogni caso, non conoscibile dall'altro lato, la Corte di merito avrebbe totalmente ignorato la dettagliata istruttoria che aveva preceduto la concessione del mutuo. La sentenza. La Corte – su parere difforme del procuratore generale, che aveva chiesto che fosse dichiarata l'inammissibilità del ricorso – accoglie l'impugnazione, annullando il decreto impugnato e rinviando al Tribunale di Salerno per una nuova deliberazione. L'Estensore non si fa scrupoli nel criticare pesantemente il Tribunale campano, denunciando, oltre alla violazione di legge esplicitamente devoluta dal ricorrente, la motivazione meramente apparente sui punti essenziali che dovevano essere oggetto di valutazione e, appunto, motivazione . Anche per questa ragione, forse, codifica espressamente i principi di diritto cui dovrà conformarsi il giudizio di rinvio. In altre parole, il giudice di prima istanza avrebbe non solo sbagliato nell'interpretare le norme coinvolte, ma si sarebbe concentrato, in parte motiva, su questioni di poco momento, tralasciando, invece, i punti nodali che avrebbe dovuto affrontare per decidere. L'inversione dell'onere della prova per i terzi creditori. In primis , sotto questo profilo, viene sanzionata l'indebita compressione dei diritti patrimoniali del terzo, determinata da un'interpretazione che, inevitabilmente, genererebbe grave incertezza nei rapporti tra privati. Ed invero, sarebbe legittimo porre l'obbligo di dimostrare l'estraneità dalle condotte criminose del confiscato a carico di chi chieda l'ammissione del credito solo se risultasse un diretto collegamento tra quest'ultimo e l'attività illecita in termini di supporto preventivo o riciclaggio, a posteriori, dei proventi ricavati . Conseguentemente, il Collegio afferma che solo laddove venga dimostrato, in modo adeguato rispetto al tipo di rapporto in concreto, che il credito del terzo sia strumentale alla attività illecita, quest'ultimo per poter far valere il proprio diritto di credito debba dimostrare la ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità . I criteri per vagliare la buona fede. Quanto alla buona fede, nel giudizio a quo era stata illegittimamente pretermessa la valutazione di una serie di parametri, enucleati dalla stessa disciplina speciale tra questi, la VI Sezione valorizza in particolar modo quello dimensionale. Tale canone, infatti, non vincola il creditore – come sembrerebbe suggerire la pronuncia impugnata – ad un'indagine tanto più pervicace quanto più consistenti siano le sue dimensioni, ma, al contrario, in assenza di connotazioni personalistiche” che legano i soggetti in campo, la riduce al semplice” controllo di regolarità delle attività di istruzione della pratica. Il Supremo Collegio, quindi, statuisce come si debba tenere conto del normale svolgimento dei rapporti di obbligazione considerando in particolare la dimensione degli enti interessati, le relative attività ed il rispetto dei comuni obblighi di diligenza. Con riferimento specifico alle operazioni bancarie la buona fede sarà dimostrata dalla regolare gestione del rapporto nel rispetto della normativa bancaria e della normativa antiriciclaggio . Nel processo di rinvio, pertanto, bisognerà anzitutto verificare se risulti la strumentalità del credito all'attività illecita del prevenuto e, successivamente, apprezzare le prove offerte dall'ente creditore in ordine alla regolarità dell'istruttoria condotta per erogare il finanziamento. Conclusioni. La posizione assunta con la sentenza in commento, tanto più solida in quanto fondata su argomento letterale oltre che sistematico, fornisce una visione più equilibrata della ripartizione dell'onere della prova nel procedimento di prevenzione, evitando di mutuare ai rapporti creditizi coinvolti – mediante inammissibili semplificazioni giudiziali – presunzioni che la legge riserva al destinatario diretto della misura. Da questo punto di vista, è certamente auspicabile che un simile orientamento si consolidi, scongiurando violazioni che rischierebbero d'esser fonte di ulteriori condanne in sede europea.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 giugno – 10 settembre 2015, n. 36690 Presidente Paoloni – Relatore Di Stefano Ritenuto in fatto La banca Monte dei Paschi di Siena, avendo stipulato nel 2001 un mutuo con la società CM Edilcostruzioni S.r.l. per Euro 770.000 circa iscrivendo ipoteca su alcuni immobili, essendo gli stessi stati confiscati il 10 giugno 2013 nell'ambito del procedimento di applicazione di misura di prevenzione a carico di C.A. , coniuge di Co.Ma. , amministratrice della società, chiedeva l'ammissione del credito ai sensi dell'art. 58 d.lgs. 159/2011. Il Tribunale di Salerno ha, però, rigettato tale richiesta escludendo la buona fede dell'ente ai sensi dell'art. 52 3 comma d.lgs. 159/2011 in quanto già alla data di sottoscrizione del mutuo il marito della amministratrice era stato colpito da ordinanza di custodia in carcere per gravi reati, anche con riflessi associativi in ragione della contestata aggravante di mafia . Pertanto non vi erano gli estremi di una situazione di oggettiva apparenza che rendesse scusabile l'eventuale ignoranza o difetto di diligenza della banca . A parere del Tribunale, una banca di rilievo nazionale dispone di accurati strumenti di controllo ed istruttoria della pratica da cui doveva nascere una qualche ragione giustificato sospetto sulla reale genesi di quelle ricchezze e sulla natura della complessiva operazione economica, così da desistere dall'erogazione . Ricorre contro tale decisione il Monte dei Paschi di Siena deducendo la violazione di legge in quanto è stata ritenuta determinante una circostanza che non è né influente né conosciuta né conoscibile, quale è la esecuzione di una ordinanza di custodia nei confronti di un congiunto di una cliente, e si è in presenza di una situazione di corretto rispetto delle norme bancarie e della normativa antiriciclaggio. Non vi è stata alcuna considerazione della dettagliata istruttoria alla base dell'affidamento del mutuo. Il procuratore generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato ricorrendo violazioni di legge sia in ordine alla interpretazione del citato articolo 52 d.lgs. 159/2011 che alla motivazione meramente apparente sui punti essenziali che dovevano essere oggetto di valutazione e, appunto, motivazione. 2. Secondo il Tribunale, nella materia in questione sarebbe stata introdotta una presunzione in danno del creditore che in tanto può veder riconosciuto il proprio credito, ancorché anteriore, in quanto dimostri, con elementi concreti, la propria buona fede presupposto per il riconoscimento del credito è pur sempre la buona fede che è onere della parte che agisce dimostrare attraverso l'allegazione di specifici elementi e non solo del dato, di per sé anodino, dell'anteriorità del credito . Una così palese compressione dei diritti patrimoniali del privato nonché l'introduzione di una situazione di grave incertezza nei rapporti commerciali e finanziari, che pur avrebbe dovuto portare a dubitare della conformità ai principi fondamentali di una tale disciplina, in realtà è contraria alla normativa invocata, laddove il Tribunale sembra considerare solo il terzo comma del predetto articolo. 3. La disposizione invocata, titolata diritti dei terzi , al primo comma fissa il principio generale che La confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni . 4. Le condizioni che lasciano impregiudicati i diritti dei terzi creditori attengono principalmente alla certezza del credito, in quanto si è in presenza di una disciplina che tiene conto di come in simili contesti possano risultare sospette le obbligazioni assunte tra privati, possibile manovra di riciclaggio ed occultamento di beni illeciti. 5. Di tali condizioni, qui rileva b che il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentante . 6. La lettera della norma, peraltro in piena conformità alla sua ragione, a logica ed ai principi in tema di libertà fondamentali nell'ambito del diritto di proprietà e diritto d'impresa, significa chiaramente che i diritti dei terzi creditori non sono pregiudicati, salvo che risulti l'eventuale strumentalità del credito alla attività illecita ovvero la sua funzione di mezzo di riciclaggio La regola è, quindi che la confisca non pregiudica il diritto reale di garanzia purché vi sia il requisito negativo che il credito non sia strumentale alla attività illecita etc . . 7. Solo quando tale strumentalità risulti, spetterà al creditore dimostrare la ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità quindi l'eccezione alla regola è se il credito è strumentale, i diritti dei terzi non sono fatti salvi, a meno che il creditore non dimostri la buona fede a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità . 8. Si noti il diverso trattamento del credito che sia frutto o reimpiego , non prevedendosi salvezza in questi casi. 9. La lettura delle altre condizioni ” di cui alle lettere c nel caso di promessa di pagamento o di ricognizione di debito, si richiede che il creditore provi il rapporto fondamentale e d nel caso di titoli di credito, che il portatore provi il rapporto fondamentale e quello che legittima il suo possesso dimostra che, ove si vuole rimettere al creditore la dimostrazione delle condizioni” , la legge lo dice espressamente peraltro, il perché dell'onere della prova del credito di cui alle lettere c e d ben si comprende perché si è in presenza di quei casi particolari in cui, secondo la legge civile, il creditore è esonerato dalla prova del rapporto sottostante che si presume valido si discute, difatti, di obbligazioni cartolari e dei casi di cui all'art. 1988 cc si tratta, quindi, di tipici strumenti di cui si teme l'utilizzo per aggirare le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali. 10. L'errore del provvedimento impugnato nell'applicazione della norma citata, quindi, è consistito innanzitutto nel ritenere a carico del creditore l'onere di dimostrare la non strumentalità della attività e, poi, di fatto a presumere tale strumentalità laddove si tratti di credito nei confronti di un congiunto di soggetto indagato. Si nota, infatti, che la strumentalità viene ritenuto dato pacifico senza esporre alcunché sulle condizioni concrete riguardanti il proposto, la società etc. 11. Peraltro, nella diversa interpretazione fatta propria dal Tribunale, si sarebbe anche dovuto precisare quali debbano essere i mezzi di indagine che, per l'indagine sulla strumentalità, non possono certo essere i semplici accurati strumenti di controllo delle banche bensì gli strumenti di indagine penale, dovendosi conoscere rapporti criminali, composizione delle bande etc. Poiché, certamente, non possono essere messe a disposizione dei creditori polizia giudiziaria, banche dati dell'antimafia etc., oltre alla lettera della disposizione si ha una ulteriore ragione logica per la quale il creditore non può certamente essere onerato dell'accertamento negativo della non strumentalità dei crediti all'esercizio dell'attività criminale. 12. Pur essendo quanto detto già sufficiente a disporre un nuovo giudizio, va considerata anche l'altra violazione di legge perché anche sotto tale profilo il giudice di rinvio si adegui. 13. Si ravvisa, difatti, anche una motivazione meramente apparente quanto alla sussistenza della buona fede, che è stata esclusa sulla base di considerazioni generiche e del tutto illogiche, tali, quindi, da integrare la mera apparenza di motivazione che comporta la nullità ex articolo 125 cod. proc. pen., così non rilevando la regola di non deducibilità del vizio di motivazione nei procedimenti di prevenzione . 14. Il terzo comma della disposizione in questione, pur richiamato nella decisione impugnata, offre indicazioni sostanzialmente ovvie in ordine alle modalità di valutazione della buona fede Nella salutazione della buona fede, il tribunale tiene conto delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con riferimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonché', in caso di enti, alle dimensioni degli stessi , dimostrando, però, nel caso di specie la importanza di simili norme didascaliche. 15. Il Tribunale, difatti, si limita alle affermazioni sopra trascritte, peraltro senza neanche tenere conto di un profilo importante, pur richiamato dalla disposizione, laddove la stessa indica la necessità di tenere conto delle dimensioni degli enti e del tipo di attività svolta. 16. Questa previsione non significa affatto che al creditore che sia un grande ente spetti l'onere di indagare per ottenere le informazioni per essere utili, poi, si ripete, si dovrebbero consentire modalità di indagine decisamente extra ordinem per un privato - come pur sembra ritenere il Tribunale. 17. Nella disposizione, il rinvio ad elementi quali la dimensione ed il tipo di attività, ha la ben diversa funzione di rammentare come, in un rapporto privo di connotazioni personalistiche, la buona fede appaia maggiormente evidente per un grande ente. Va rammentato come la stessa disposizione fa riferimento sia, ad esempio, a ipotesi sospette di mutuo a titolo personale tra soggetti in odor di mafia e loro parenti od amici ovvero ad ipotesi di rapporti tra imprese con capitali mafiosi che, però, esercitano una attività trasparente e regolare e, appunto, banche nazionali, perciò si indicano criteri così vari. 18. È quindi opportuno indicare quale debba essere il tipo di valutazione a farsi in un caso tipico quale quello di specie, proprio alla luce della disposizione sulla buona fede . 19. Innanzitutto è ovviamente insostenibile il principio che si ricava indirettamente dal provvedimento impugnato, ovvero che, emesso un provvedimento cautelare nei confronti di un soggetto, immediatamente scatti un vero e proprio obbligo di chiusura dei rapporti creditizi per tutte le imprese nelle quali siano presenti congiunti del soggetto arrestato, senza alcuna considerazione dell'in sé dell'attività e della possibilità che il congiunto non sia un prestanome. Ed invece, nel caso di un soggetto quale un istituto bancario di rilievo nazionale, la buona fede non può che consistere nella regolarità delle attività di istruzione della pratica secondo le comuni regole e prassi bancarie nonché rispetto della normativa antiriciclaggio La giurisprudenza penale è, da tempo, consolidata sul principio per il quale, in tema di confisca, quale misura di prevenzione patrimoniale, ex art. 2 ter l. n. 575 del 1965, sussiste a carico del terzo - titolare di un diritto reale di garanzia sul bene oggetto del provvedimento di confisca di prevenzione — l'onere di dimostrare di avere positivamente adempiuto con diligenza agli obblighi di informazione e di accertamento e, quindi, di avere maturato un affidamento incolpevole, sulla base di una situazione di oggettiva apparenza, relativamente all'effettiva posizione del soggetto nei cui confronti si acquisisce il diritto di garanzia, sezioni unite civili sentenza, 07-05-2013, n. 10532 . Va da sé che la situazione muta nel caso in cui risulti una diretta conoscenza da parte della dirigenza e non dell'eventuale impiegato o funzionario infedele che agisce nell'interesse del cliente e non della banca della strumentalità e non della sola caratura criminale della persona del credito nel senso detto, ma, in situazioni quale quella oggetto del procedimento, si tratta, ragionevolmente, di una ipotesi residuale. 20. Vanno quindi fissati i seguenti principi l'art. 52 d.lgs. 159/2011 in tema di tutela dei terzi creditori in materia di misure di prevenzione patrimoniali, va interpretato nel senso che solo laddove venga dimostrato, in modo adeguato rispetto al tipo di rapporto in concreto, che il credito del terzo sia strumentale alla attività illecita, quest'ultimo per poter far valere il proprio diritto di credito debba dimostrare la ignoranza in buona fede di tale nesso di strumentalità. Il terzo comma del medesimo articolo, laddove esemplifica i modi di valutare la buona fede, va interpretato nel senso che, al di fuori dei casi di rapporti particolari e diretti tra le parti, si debba tenere conto del normale svolgimento dei rapporti di obbligazione considerando in particolare la dimensione degli enti interessati, le relative attività ed il rispetto dei comuni obblighi di diligenza. Con riferimento specifico alle operazioni bancarie la buona fede sarà dimostrata dalla regolare gestione del rapporto nel rispetto della normativa bancaria e della normativa antiricilaggio . 21. Il giudice di rinvio, quindi, dovrà 22. valutare se sia stata offerta la prova, o comunque risulti già agli atti che il credito in questione fosse direttamente strumentale alla attività illecita di C.A. . 23. In caso positivo, valutare la documentazione e le altre prove offerte dall'ente in ordine alla regolare istruzione della pratica ed erogazione del mutuo da ciò dipendendo la buona fede per un istituto bancario, salvo che emerga in altro modo ed in positivo la conoscenza specifica della predetta strumentalità da parte dei soggetti concorrenti a formare la volontà dell'istituto bancario. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Salerno.