Anche l’atto interno inserito nel procedimento amministrativo va considerato atto pubblico

In tema di falso documentale, rientrano nella nozione di atto pubblico anche gli atti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale ponendosi quale necessario presupposto di momenti procedurali successivi.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 36213/15, depositata l’8 settembre. Il caso. La corte d’appello territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa nei confronti di un uomo responsabile dei reati di falso e truffa in danno del comune per aver redatto false richieste di rimborso per sgravi fiscali inesistenti in quanto non dovuti, dichiarava non doversi procedere perché estinti per prescrizione alcuni dei fatti contestati ai sensi degli artt. 476 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e 479 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici c.p. e rideterminava la pena comminata in relazione ai fatti rimanenti. Avverso tale pronuncia, propone ricorso per cassazione l’uomo, lamentando che la condotta contestata era in realtà idonea a realizzare la fattispecie prevista dall’art. 480 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative c.p., mentre la decisione impugnata era basata sull’erroneo presupposto che l’imputato avesse un potere dispositivo, laddove invece l’autorizzazione al rimborso sarebbe stata da equiparare ad una mera attestazione di rimborso al pagamento di una tassa. Deduceva inoltre il ricorrente che la sentenza impugnata aveva erroneamente equiparato il potere di controllo del pubblico funzionario con quello dispositivo, mentre l’imputato si sarebbe limitato alla verifica delle condizioni che consentivano i rimborsi risultanti da documenti dell’amministrazione. Anche gli atti interni sono atti pubblici. Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso privo di fondamento. Le considerazioni difensive, infatti, secondo la Corte di legittimità non valgono a smentire la qualificazione giuridica del fatto come ritenuto in sentenza, essendo limitate alla negazione del potere attribuito all’imputato nell’esercizio delle sue funzioni amministrative. La giurisprudenza del Supremo Collegio, infatti, ha precisato che al fine di qualificare come certificato amministrativo un atto proveniente da un pubblico ufficiale devono concorrere due condizioni che l’atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate che l’atto, pur quando riproduca informazioni desunte da altri atti già documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell’atto preesistente . Correttamente, pertanto, risultano qualificate come atti pubblici anche le richieste di rimborso, trattandosi di atti prodromici a successive delibere della PA. La decisione impugnata, pertanto, appare conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità in forza della quale in tema di falso documentale, rientrano nella nozione di atto pubblico anche gli atti interni, ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale ponendosi quale necessario presupposto di momenti procedurali successivi. Per tali motivi, quindi, la Corte ha deciso di rigettare il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 aprile – 8 settembre 2015, numero 36213 Presidente Marasca – Relatore De Berardinis Ritenuto in fatto Con sentenza in data 22.4.14 la Corte di Appello di Bologna pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di Ferrara, nei confronti di C. A. G.I. responsabile dei reati di falso e truffa in danno del Comune per aver redatto false richieste di rimborso per sgravi fiscali che risultavano a favore di contribuenti che avevano già adempiuto gli oneri fiscali ,onde si trattava di sgravi inesistenti, in quanto non dovuti ,come si desume dalla contestazione sub A -reato ex articolo 640 CP-acc dal 17 settembre 2001 al dicembre 2007 Il falso sub B era contestato ai sensi dell'articolo 479,in relazione all'articolo 476 CP per aver redatto falsi atti pubblici. Per tali reati la Corte dichiarava non doversi procedere perché estinti per prescrizione i fatti contestati sino al numero 36 episodio accertato il 28.6.2006 In riferimento agli episodi indicati in rubrica dal numero 37-38 sino al numero 53 commesso in data 3.12.2007 la Corte aveva rideterminato la pena in anni due e mesi dieci di reclusione, revocando la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque L'imputato era stato condannato al rimborso delle spese sostenute dalle costituite parti civili Equitalia e Comune di Comacchio ,e Provincia di Ferrara . IN FATTO era emerso dalle indagini che l'imputato-che aveva qualifica di funzionario preposto al servizio Entrate del Comune di Comacchio, responsabile dell'accertamento e riscossione dei tributi-aveva presentato, per conto dell'Amministrazione comunale, alla S., e poi ad Equitalia Ferrara nuovo concessionario richieste di rimborso non dovute, per l'importo totale di cui in sentenza, dal gennaio 2001 alla fine del 2007. Dal testo della sentenza si evince che le disposizioni dei Comune che avevano approvato il discarico e rimborso degli oneri fiscali, erano corredate da elenchi sottoscritti dall'imputato, che non corrispondevano a quelli inviati al concessionario in quanto al concessionario erano indicati gli effettivi beneficiari delle somme oggetto di rimborso, ossia l'imputato o la moglie dei predetto mentre i nominativi indicati al Comune erano fittizi. Nella specie il giudice di appello, innanzi al quale la difesa non aveva contrastato il merito in ordine alla sussistenza dei fatti per i quali l'imputato aveva ammesso gli addebiti, aveva disatteso le censure difensive inerenti alla diversa qualificazione giuridica del delitto di cui al capo B che l'appellante chiedeva di qualificare ai sensi dell'articolo 480 CP. riferito al falso in certificazioni amministrative. La Corte aveva evidenziato a riguardo che l'imputato aveva agito nella qualità di pubblico dipendente del Comune, che aveva il compito di controllare anche d'ufficio la regolarità dei calcoli dell'importo di imposte versate dai cittadini, quali la TARSU, ed altre. In tale funzione il predetto, quale unico responsabile dei procedimento amministrativo aveva falsificato le autorizzazioni per discarico amministrativo, che apparentemente risultavano a favore dei contribuenti ,ed erano indirizzate prima a S. e poi ad EQUITALIA Ferrara s.p.a. Tali autorizzazioni erano peraltro formulate con riferimento agli accertamenti dell'ufficio ,e dunque la Corte aveva escluso che la condotta potesse essere inquadrata nell'ambito della fattispecie del falso in certificazioni amministrative, essendo evidente che gli atti falsificati facevano seguito ad una valutazione dei pubblico ufficiale. In tal senso erano state considerate atti pubblici le richieste di rimborso . Inoltre era stata disattesa la censura inerente al difetto dei presupposti che integrano l'aggravante inerente al delitto di truffa articolo 640 comma secondo numero 1 CP. ,ritenendo il reato commesso in danno di un ente pubblico -sul punto si evidenziava che ai fini della configurabilità di tale aggravante assume rilevanza la natura pubblicistica dei compiti ai quali risulta adibita EQUITALIA S.p.a. al pari di altre società ,pur essendo queste a struttura privatistica in sintonia con i principi sanciti da questa Corte Cass. Sez. II,numero 42408 dei 21.9.12 Sez.V,numero 39837 dei 2.7.2013 . fl.10 della sentenza Quanto al trattamento sanzionatorio la Corte aveva negato il giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche, ed aveva considerato reato più grave il falso, condividendo la valutazione del primo giudice. La pena era stata definita in riferimento al fatto sub numero 37,ritenuto di rilevante gravità v.fl.13 sentenza . -Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo 1-erronea qualificazione del reato di falso enunciato al capo B e vizi di contraddittorietà ed illogicità della motivazione La difesa nel ribadire che la condotta contestata era idonea a realizzare la fattispecie prevista dall'articolo 480 CP falso in certificati o autorizzazioni amministrative ,censurava la decisione evidenziando che la stessa si basa sull'erroneo presupposto che l'imputato avesse un potere dispositivo, laddove invece la autorizzazione al rimborso discarico sarebbe stata da equiparare ad una mera attestazione di rimborso del pagamento di una tassa Censurava inoltre la contraddittorietà della decisione, in quanto veniva equiparato il potere di controllo del pubblico funzionario con quello dispositivo, mentre l'imputato si sarebbe limitato alla verifica delle condizioni che consentivano i rimborsi risultanti da documenti della amministrazione. Infine evidenziava che l'autorizzazione al discarico era da considerare mera attestazione di rimborso delle somme erogate per pagamento tributi. In base a tali rilievi il ricorrente riteneva configurabile l'ipotesi ex articolo 480 CP. ritenendo tali atti dotati di funzione meramente ricognitiva dei diritto del contribuente al rimborso . Rileva in diritto II ricorso è privo di fondamento. In primo luogo va evidenziato che dal testo del provvedimento impugnato si desume l'adeguata motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alla valutazione degli elementi costitutivi dei reati ascritti all'odierno ricorrente, che in fatto non aveva contrastato l'accertamento delle condotte di falso e truffa ascrittegli in danno della PA. Va rilevato pertanto che i motivi di gravame hanno attinenza al tema della qualificazione giuridica della condotta ascritta al capo B ,in riferimento alla quale il giudice di appello ha reso conto del corretto inquadramento normativo della contestazione riferita all'ipotesi contemplata dall'articolo 479 CP. in relazione all'articolo 476 CP, con aggravante ex articolo 61 numero 2-e continuazione ex articolo 81 cpv.CP Va rilevato che le deduzioni della difesa ricorrente non valgono a porre in luce elementi idonei a smentire la qualificazione giuridica del fatto, come ritenuto in sentenza, essendo limitate alla negazione del potere attribuito all'imputato nell'esercizio delle sue funzioni amministrative. Orbene-premesso che la Corte territoriale ha chiarito che le autorizzazioni al discarico amministrativo, che l'imputato aveva formulato, non si limitavano a riprodurre atti preesistenti, bensì contenevano una motivazione che si riferiva ad accertamenti eseguiti - mentre, d'altra parte, l'invio di richieste di rimborso alla S. ed a Equitalia erano la premessa per le delibere in tal senso adottate dalla P. i osserva che la tesi difensiva inerente alla sussistenza della ipotesi prevista dall'articolo 480 CP. è destituita di fondamento, atteso che Certificato amministrativo un atto proveniente da un pubblico ufficiale devono concorrere due condizioni che l'atto non attesti i risultati di un accertamento compiuto dal pubblico ufficiale redigente, ma riproduca attestazioni già documentate che l'atto, pur quando riproduca informazioni desunte da altri atti già documentati, non abbia una propria distinta e autonoma efficacia giuridica, ma si limiti a riprodurre anche gli effetti dell'atto preesistente v. in tal senso Cass.Sez.V,1/6/1999,numero 6912-RV213609- Correttamente risultano qualificate come atti pubblici anche le richieste di rimborso ,trattandosi di atti prodromici a successive delibere della PA. Sul punto appare evidente che la decisione impugnata è conforme all'indirizzo giurisprudenziale ivi annoverato Cass.Sez.V,numero 14486 del 21.2.2011-e Sez.VI,numero 11425 del 20.11.2012-per cui in tema di falso documentale rientrano nella nozione di atto pubblico anche gli atti interni ,ovvero quelli destinati ad inserirsi nel procedimento amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione nonché quelli che si collocano nel contesto di una complessa sequela procedimentale ponendosi quale necessario presupposto di momenti procedurali successivi Tali principi trovano perfetta rispondenza nella vicenda processuale di cui è causa. In conclusione si osserva pertanto che le censure articolate dal difensore sono prive di fondamento ,in quanto non rappresentano elementi idonei a far ritenere l'assenza dei presupposti che impongono l'applicazione dell'ipotesi di falso in atto pubblico addebitata al ricorrente, la cui attività risulta, in riferimento alla condotta ritenuta dal giudice di merito, basata sul potere di accertamento tipico del pubblico ufficio rivestito, e idonea ad attivare le corrispondenti delibere della PA. Va quindi pronunziato il rigetto del ricorso, a cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite Parti civili, che vengono liquidate, per ciascuna di dette parti, in complessivi €1.800,00,oltre accessori dovuti per legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili, spese che liquida in €1.800,00 per ciascuna parte civile Comune di Comacchio e Provincia di Ferrara oltre accessori come per legge.