Possibile invalidare l’accertamento, ma tocca all’imputato provare i difetti

In tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolico nel sangue mediante prelievo eseguito in conformità alla previsione normativa, grava sull'imputato l'onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27155, depositata il 30 giugno 2015. Il caso. La Corte d’appello di Napoli condannava un imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza. L’uomo ricorreva in Cassazione, deducendo che il prelievo ematico era stato effettuato a circa 40 minuti di distanza dal momento in cui era stato fermato, per cui non era possibile accertare l’entità effettiva dell’intossicazione alcolica in cui versava l’uomo nel momento in cui si era posto alla guida del veicolo. Possibile mettere in dubbio gli accertamenti. La Corte di Cassazione riconosce la possibilità teorica dell’esistenza di fattori in grado di sottrarre forza dimostrativa all’accertamento del tasso alcolico presente nell’organismo umano condotto attraverso l’etilometro o mediante analisi del sangue. Ci potrebbero essere, infatti, difetti della strumentazione, oppure fattori che mettono in dubbio la correlazione tra la guida e lo stato di alterazione psico-fisica. Distribuzione dell’onere probatorio. Tuttavia, sottolineano i giudici di legittimità, l’accusa è tenuta a dare dimostrazione dell’avvenuta integrazione del reato, provando tutti gli elementi essenziali dell’illecito una prova che viene data dall’esito di un accertamento strumentale che replichi le cadenze e le modalità previste dal codice della strada e dal relativo regolamento. La presenza di fattori in grado di compromettere la valenza dimostrativa di quell’accertamento deve invece essere dimostrata dall’imputato ad esempio, provando di aver assunto bevande alcoliche dopo la cessazione della guida, oppure che ci fosse un difetto degli strumenti di misurazione. Nel caso di specie, inoltre, oltre al valore alcolemico individuato, bisognava considerare anche le osservazioni degli agenti, che avevano notato evidenti segnali di assunzione di alcool da parte del ricorrente. Infine, la distanza temporale tra il prelievo ed il fermo, tenendo presente che il tasso alcolemico decade con il passare del tempo, si risolve in realtà in un dato favorevole all’imputato. Perciò, rigettando il ricorso, la Corte di Cassazione ribadisce il principio di diritto, secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolico nel sangue mediante prelievo eseguito in conformità alla previsione normativa, grava sull'imputato l'onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato a tale riguardo non è sufficiente il solo lasso temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e il momento dell'accertamento .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 marzo – 30 giugno 2015, n. 27155 Presidente Romis – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. B.G. ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Noia, che lo ha giudicato colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica [articolo 186, comma 2 lett. c Cod. str. commesso il 28 dicembre 2009]. Deduce l'esponente violazione di legge e vizio motivazionale per aver la Corte di appello ritenuto la responsabilità dell'imputato nonostante il prelievo ematico sulla persona dei medesimo sia stato effettuato a circa 40 minuti di distanza dall'momento in cui il ricorrente era stato fermato e quindi nonostante non sia stato possibile accertare l'entità effettiva dell'intossicazione alcolica in cui versava il B. nel momento in cui si era posto alla guida del veicolo. La motivazione data al riguardo dalla Corte di appello si presenta illogica e in violazione di legge perché colloca il momento del prelievo ematico nella fase discendente dei valori, senza indicare da quali elementi abbia desunto tale conclusione e soprattutto senza aver conoscenza del valore di determinazione della velocità di incremento e di decremento del metabolismo dell'alcol, dal quale desumere che all'atto del prelievo il tasso alcolico si trovasse già nella curva discendente. Vizio motivazionale si ravvisa anche laddove la Corte d'appello ha ritenuto la guida in stato di ebbrezza anche sulla base di quanto riferito dal teste verbalizzante circa gli evidenti segnali di recente assunzione di sostanze alcoliche mostrati dall'imputato all'atto dell'accertamento. Infatti la Corte distrettuale ha indicato in maniera del tutto generica tale dato, da solo insufficiente a dimostrare con certezza il reato. Considerato in diritto 2. In primo luogo va rilevato che risulta decorso il termine di prescrizione del reato, che, commesso il 28.12.2009, conosce un termine prescrizionale massimo pari a cinque anni, dei quale non risultano sospensioni. Tuttavia non è possibile addivenire all'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per estinzione dei reato conseguente a prescrizione, perché il ricorso è inammissibile. 3. Infatti, il ricorso è manifestamente infondato. 3.1. In via di principio non può essere aprioristicamente esclusa la rilevanza di fattori in grado di sottrarre forza dimostrativa all'accertamento del tasso alcolico presente nell'organismo umano condotto attraverso l'apparecchio denominato etilometro o mediante analisi del sangue. Da un canto possono darsi difetti della strumentazione per la loro incidenza cfr. , dall'altro, occorrendo la correlazione tra la guida di veicolo e stato di alterazione psico-fisica dovuta all'assunzione di sostanze alcoliche, possono darsi fattori in grado di porre in dubbio tale correlazione. Di ciò é avvertita la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha formulato il principio di diritto secondo cui il decorso di un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolemico rende necessario, verificare, ai fini della sussunzione dei fatto in una delle due ipotesi di cui all'art. 186, comma secondo, lett. b e c C.d.s., la presenza di altri elementi indiziari Sez. 4, n. 47298 del 11/11/2014 - dep. 17/11/2014, Ciminari, Rv. 261573 . Va comunque escluso che valga una sorta di aritmetica delle prove come se, dato un accertamento strumentale a distanza di un tempo non breve dall'atto di guida durata invero difficile da determinare una volta per tutte , fosse necessario aggiungere elementi indiziari per ottenere il risultato di 'prova sufficiente' dell'accusa. Occorre tener conto anche della distribuzione degli oneri probatori. Non v'è alcun dubbio che l'accusa sia tenuta a dare dimostrazione della avvenuta integrazione dei reato, offrendo la prova di ciascuno e tutti gli elementi essenziali dell'illecito fermo restando che nella realtà della dialettica processuale, oggetto di prova è solo ciò che risulta controverso . Ma tale prova, per espressa indicazione normativa e per radicata interpretazione giurisprudenziale , è già data dall'esito di un accertamento strumentale che replichi le cadenze e le modalità previste dal Codice della strada e dal relativo regolamento. La presenza di fattori in grado di compromettere la valenza dimostrativa di quell'accertamento non può che concretizzarsi ad opera dell'imputato, al quale compete di dare dimostrazione, ad esempio, di aver assunto bevande alcoliche successivamente alla cessazione della guida di essere portatore di patologie che alterano il metabolismo dell'alcol di un difetto degli strumenti di misurazione utilizzati dagli accertatori e così seguitando. Anche l'incidenza della cd. curva alcolimetrica - prescindendo dalla valutazione dei suoi fondamenti scientifici - non può essere predicata in astratto, perché va concretamente dimostrato che, per aver assunto la sostanza alcolica in assoluta prossimità al momento dell'accertamento o per altra ragione, il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita a distanza di tempo non rappresenta la condizione organica del momento in cui si era ancora alla guida. Ne risulta il seguente principio di diritto in tema di guida in stato di ebbrezza, in presenza di un accertamento del tasso alcolico nel sangue mediante prelievo eseguito in conformità alla previsione normativa, grava sull'imputato l'onere di dare dimostrazione di circostanze in grado di privare quell'accertamento di valenza dimostrativa della sussistenza del reato a tale riguardo non è sufficiente il solo lasso temporale intercorrente tra l'ultimo atto di guida e il momento dell'accertamento . 3.2. Ne consegue la genericità delle doglianze, non rappresentative di concrete evenienze in grado di privare di valenza dimostrativa l'accertamento strumentale. Nel caso di specie la Corte di appello ha accertato che il test ematico - con prelievo eseguito dopo 36 minuti dal fermo del B. - aveva individuato un valore pari a 2,05 g/I ed ha fondato il proprio convincimento, espresso tenendo conto dei rilievo operato dall'appellante in relazione al lasso temporale intercorso tra il prelievo ed il fermo, evidenziando che tale periodo, in considerazione del fatto che il tasso alcolemico viene a decadere con il passare delle ore, si risolve in un dato favorevole all'imputato e che il dato dei test era corroborato dall'osservazione compiuta dalla polizia giudiziaria, la quale aveva avuto modo di notare, nel corso dell'accertamento, che l'imputato presentava evidenti segnali di recente assunzione di sostanze alcoliche. Motivazione puntuale e non manifestamente illogica, che pone in risalto l'esistenza di un indizio della conduzione del veicolo in stato di ebbrezza alcolica e la robusta conferma che di quello é venuta dall'esame del reperto biologico. A fronte di ciò generica é la critica rivolta alla valorizzazione della testimonianza della p.g. e mancante nel processo di merito é la dimostrazione da parte dell'imputato che egli aveva assunto sostanze alcoliche in un tempo tanto prossimo al fermo da rendere concretamente possibile che solo a quaranta minuti da tal momento i valori fossero ascesi alla soglia rilevante ai sensi dell'art. 186, co. 2 lett. c Cod. str. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in € 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.