Preclusa “in prima battuta” la custodia cautelare in carcere

Anche se l'art. 3 del d.l. n. 152/91 convertito, con modificazioni, dalla l. n. 203/91 , consente di applicare, nei confronti di chi ha posto in essere una condotta di evasione punibile a norma dell'art. 385 c.p., l’applicazione della custodia cautelare in carcere superando i limiti edittali previsti dagli artt. 274 e 280 c.p.p., tale possibilità è esclusa allorquando il Giudice ritenga, con giudizio prognostico, che la pena irrogata all’esito del giudizio non sarà superiore a tre anni di reclusione, stante il divieto legislativo posto dall’art. 275, comma 2-bis, c.p.p

Questo il principio di diritto affermato dal Tribunale della Libertà di Catania che, in accoglimento della richiesta di riesame dell’indagato, riforma l’ordinanza con la quale il gip aveva applicato la custodia cautelare in carcere, sostituendola con gli arresti domiciliari con l’ausilio del c.d. braccialetto elettronico. Il caso concreto. L’indagato veniva tratto in arresto mentre si trovava a Brindisi all’imbarco delle navi per la Grecia, mentre si apprestava in Romania insieme alla fidanzata dopo essere evaso lo stesso giorno dagli arresti domiciliari disposti per altro procedimento. Il gip. presso il Tribunale di Brindisi, dopo aver convalidato l’arresto, applicava all’indagato la misura cautelare della custodia in carcere e, dichiarata la propria incompetenza per territorio, disponeva, ai sensi dell’art. 27 c.p.p., la trasmissione degli atti al pm. presso il Tribunale di Catania. Ciò in quanto l’evasione è reato istantaneo con effetti permanenti da ultimo, Cass., n. 4293/15 che si consuma nel momento stesso in cui l’agente si allontana dal luogo degli arresti domiciliari. L’ufficio della Procura etnea reiterava la richiesta di applicazione della massima misura cautelare, tenuto conto delle esigenze del pericolo di fuga e del pericolo di reiterazione e il gip catanese confermava la misura custodiale. L’indagato proponeva richiesta di riesame, ritenendo la custodia carceraria misura sproporzionata, in quanto le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con gli arresti domiciliari, sia pure con la modalità aggiuntiva del braccialetto elettronico. Il divieto di applicazione della custodia cautelare . Ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, i Giudici del riesame ritengono che non possa applicarsi nel caso di specie la custodia intramuraria, visto che il delitto di evasione contestato ex art. 385 c.p. è punito con la reclusione da uno a tre anni e l’art. 275, comma 2- bis , c.p.p., prevede che non può essere applicata la custodia cautelare in carcere se il Giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni . Tale ultima norma, contenuta all’interno del d.l. n. 92/14 quale misura di riduzione della popolazione carceraria nel dare attuazione alla sentenza Torreggiani della CEDU del 2013 , in sede di conversione ha subito una serie cospicua di deroghe dalla l. n. 117/14, in quanto tale divieto non si applica a tutta una serie di reati di maggiore allarme sociale furto in appartamento, maltrattamenti, stalking , incendio boschivo e reati ex art. 4- bis ord. penit. , ma in nessuna delle quali rientra il caso che ci occupa.

Tribunale di Catania, sez. V Penale, ordinanza 27 aprile 2015 Presidente/Relatore Currò Giova premettere che l'indagato veniva tratto in arresto in data 14/3/2015, mentre si trovava, insieme alla fidanzata, a Brindisi all'imbarco delle navi per la Grecia, a bordo della BMW di colore blu targata , dopo essere evaso intorno alle ore 3.00 dello stesso giorno dagli arresti domiciliari ai quali si trovava ristretto giusta provvedimento del GIP di Enna del 12/3/23015. In sede di interrogatorio l'indagato riferiva che non era a conoscenza del divieto di allontanamento dalla propria abitazione, ritenendo di essere sottoposto solo all'obbligo di dimora nel comune di Catania, ma ammetteva che, allorquando era stato tratto in arresto, si apprestava a recarsi in Romania insieme alla fidanzata, per poi raggiungere altro paese dove un amico gli aveva trovato un lavoro. Il G.I.P. presso il Tribunale di Brindisi, con ordinanza del 17/3/2015, convalidato l'arresto, applicava al predetto la misura cautelare della custodia in carcere e, dichiarata la propria incompetenza per territorio, disponeva ai sensi dell'art. 27 c.p. la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero. L'Ufficio di Procura presso il Tribunale di Catania reiterava richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti dell'indagato, tenuto conto delle esigenze di cui all'art. 274, lett. b e c , c.p.p. Il G.I.P. etneo con ordinanza del 28/3/2015 applicava allo Z. la misura della custodia in carcere, ritenuta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al delitto di evasione ascrittogli nonché del pericolo di reiterazione criminosa e del pericolo di fuga, affermando l'inadeguatezza di qualsivoglia altra misura meno afflittiva di quella inframuraria giacché gli arresti domiciliari gli erano stati applicati in sede di aggravamento della misura dell'obbligo di dimora nel comune di Catania, perché resosi irreperibile . Con ricorso dell'11-4-2015 la difesa dell'indagato proponeva riesame ex art. 309 c.p.p. avverso la detta ordinanza, deducendo in seno alla memoria depositata all'udienza camerale l'adeguatezza a salvaguardare le ritenute esigenze cautelati della misura degli arresti domiciliari con ausilio del c.d. braccialetto elettronico. Insisteva, pertanto, per la riforma dell'ordinanza e la concessione della misura anzidetta. Ritiene il Tribunale che nessun dubbio sussista in ordine alla sussistenza del presupposto della gravità indiziaria nei termini imposti dall'art. 273 c.p.p. in relazione al delitto contestato all'odierno ricorrente, alla luce delle risultanze dei verbale di arresto e di quanto ammesso dallo stesso Z. nel corso dell'interrogatorio dinanzi al G.I.P. presso il Tribunale di Brindisi. Sussistono, ad avviso del Collegio, pure le esigenze cautelati segnalate dal primo giudice, emergendo il pericolo attuale e concreto che l'indagato, ove non sottoposto ad adeguata misura cautelare, ponga in essere delitti della stessa specie di quello per cui è procedimento essendosi sottratto già all'esecuzione della misura cautelare dell'obbligo di dimora, tanto che la misura de qua era stata sostituita con la più afflittiva misura degli arresti domiciliari, anch'essa non rispettata , come pure concreto e attuale appare il rischio che egli possa darsi alla fuga, avuto riguardo alla circostanza per cui risulta essere stato tratto in arresto mentre era in procinto di imbarcarsi per abbandonare il territorio dello Stato. Ciò osservato, non può non evidenziare il Tribunale come nella presente sede venga in rilievo una domanda cautelare che attiene unicamente alla neutralizzazione delle esigenze sopra ritenute in relazione al delitto di evasione di cui all'art. 385 c.p. É noto che il delitto in questione è punito, quanto alla condotta descritta al comma 1 che qui rileva, con la reclusione da uno a tre anni. Ora., la norma dell'art. 275, comma 2-bis c.p.p, nel testo attualmente vigente, prevede che non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ,ferma restando l'applicabilità degli artt. 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni . Orbene, è evidente che proprio in ipotesi di evasione la pena detentiva irroganda all'esito del giudizio di merito non potrà superare il limite edittale dei tre anni di reclusione, tenuto conto del richiamato disposto dell'art. 385 c.p. Non ritiene, peraltro, il Collegio ricorra nel caso di specie alcuna delle ipotesi derogatorie dell'art. 275, comma 2-bis, c.p.p., non risultando il delitto di evasione contemplato nel novero dei reati espressamente esclusi dall'area di operatività della norma de qua né risultando il detto delitto richiamato attraverso il riferimento che la norma in parola effettua agli arti. 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, c.p.p., trattandosi di riferimento comunque circoscritto all'ipotesi di applicazione di misura cautelare maggiormente afflittiva in sede di sub-procedimento volto per l'appunto all'aggravamento della misura già in essere sia questa gli arresti domiciliari o altra misura coercitiva in considerazione dell'accertata sua violazione. È vero che l'art. 391, comma 5, c.p.p. stabilisce che Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche. fuori dai casi di flagranza tra i quali l'evasione ex art. 3 D.L. 152/1991 , l'applicazione della misura è disposta anche al di_ fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c , e 280 . Ciò nondimeno, deve, in primo luogo, osservare il Tribunale come la prognosi sull'entità della pena irrogata all'esito del giudizio, prevista dal nuovo testo dell'art. 275, comma 2-bis, c.p.p., attenendo ai criteri di scelta della misura, trovi certa applicazione anche in sede di udienza per la convalida dell'arresto anche dinanzi al giudice nel rito direttissimo art. 558 comma 4 c.p.p. che richiama l'art. 391 c.p.p. . Vale, inoltre, segnalare come il nuovo divieto legislativo di applicazione della custodia cautelare in carcere si applichi anche quando l'arresto facoltativo in flagranza sia stato eseguito dalla polizia giudiziaria per uno dei delitti previsti dall'art. 381. comma 2, c.p.p. ovvero l'arresto sia stato eseguito per uno dei delitti per i quali esso è consentito anche fuori dai casi di flagranza, vale a dire in tutti i casi in cui una misura cautelare coercitiva e custodiale può essere disposta dal giudice anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lett. c non inferiore nel massimo a cinque anni se si tratta di custodia cautelare in carcere e 280 c.p.p. anche in questo caso non inferiore, nel massimo, a cinque anni, se si tratta di custodia in carcere, fatta salva l'espressa eccezione per il delitto di finanziamento illecito dei partiti . Invero, l'art. 391, comma 5, c.p.p., nonostante l'intervento normativo del D.L. 92/2014, non è stato modificato. Rimane, dunque, la possibilità di applicare la custodia cautelare in carcere al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, comma 1, lett. c e 280 c.p.p., ma tale possibilità è evidentemente esclusa allorquando il giudice ritenga, con giudizio prognostico, che la pena irrogata all'esito del giudizio non sarà superiore a tre anni di reclusione, stante il divieto legislativo posto dall'art. 275, comma 2-bis, c.p.p., che deve ritenersi nella specie operativo. Tale conclusione poggia sul rilievo per cui laddove il legislatore ha voluto stabilire alcune deroghe alla nuova regola lo ha fatto in modo espresso e con una elencazione di ipotesi tassativamente enumerate tra le quali figurano, come anticipato. l'aggravamento sanzionatorio ex art. 276, comma 1-ier ed ex art. 280, comma 3, c.p.p., nonché le fattispecie di reati distintamente ed espressamente indicate e tra queste non è compreso il delitto di evasione nelle quali non operano i limiti previsti dal nuovo testo dell'art. 275, comma 2-bis, c.p.p. Le superiori osservazioni precludono, a parere del Tribunale, l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nell'ipotesi di delitto di evasione, quanto meno con riguardo alla fattispecie di cui al comma 1 dell'art. 385 c.p., in considerazione del limite edittale della pena detentiva ivi prevista, non superiore ai tre anni di reclusione. É evidente che il giudice del procedimento nell'ambito del quale l'originaria misura le cui prescrizioni risultino essere state trasgredite ben potrà, alla luce qui del disposto dell'art. 276, comma 1-ter, c.p.p., fatto salvo dall'art. 275, comma 2-bis, c.p.p., procedere all'aggravamento della misura non rispettata e ad applicare la custodia inframuraria. L'impugnata ordinanza deve, quindi, essere riformata, sostituendo alla misura cautelare della custodia in carcere quella degli arresti domiciliari con l'ausilio del presidio elettronico di cui all'art. 275-bis c.p.p. che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 16 dicembre 2013 n. 146, convertito dalla legge 19 gennaio 2014 n. 4, costituisce modalità ordinaria della cautela domiciliare, nei termini di cui in dispositivo e con le ulteriori prescrizioni ivi indicate. P.Q.M. Riforma l'impugnata ordinanza, sostituendo alla misura cautelare della custodia in carcere, in atto applicata a Z.F. l., quella degli arresti domiciliari presso l'abitazione del predetto, sita in Catania, via Castelluccio n. 10, con divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con persone diverse da quelle con lui conviventi e dal difensore, avvisandolo che in caso di trasgressione la misura potrà essere sostituita con la custodia in carcere. Dispone che a cura della Polizia Giudiziaria venga applicata a Z.F. l. la procedura di controllo del braccialetto elettronico subordinatamente all'acquisizione del consenso dello stesso da parte della Polizia Penitenziaria Avverte l'indagato, ai sensi dell'art. 275-bis c.p.p., che la mancata prestazione del consenso e l'inosservanza dell'obbligo di agevolare le procedure di installazione del mezzo di controllo elettronico comportano il mantenimento della custodia cautelare in carcere. Dispone che la Polizia Penitenziaria acquisisca e trasmetta immediatamente copia della dichiarazione di consenso dell'interessato all'applicazione del braccialetto elettronico a questa Autorità Giudiziaria, all'Autorità Giudiziaria procedente, al Pubblico Ministero e alla Polizia Giudiziaria competente per territorio rispetto al luogo degli arresti domiciliari. Delega la Polizia Giudiziaria competente per territorio rispetto al luogo degli arresti domiciliari per la esecuzione delle attività tecniche necessarie all'applicazione del braccialetto elettronico, disponendo che senza ritardo venga comunicata a questa Autorità Giudiziaria nonché all'Autorità Giudiziaria procedente la positiva verifica delle condizioni per l'installazione ovvero l'eventuale impossibilità di darvi esecuzione per problemi tecnici o per qualsiasi altro motivo. Autorizza l'indagato, una volta adempiute tutte le superiori incombenze, a recarsi senza scorta, per la via più breve e senza soste presso il luogo di esecuzione della misura, dando comunicazione all'Autorità di Polizia Giudiziaria preposta al controllo del suo arrivo in tale luogo. Delega la Polizia Giudiziaria competente dei controlli sull'osservanza della misura. Manda la Cancelleria per la comunicazione del presente provvedimento alle parti, all'Autorità Giudiziaria procedente, alla Casa Circondariale ove è ristretto l'indagato, alla Polizia Giudiziaria delegata per lo svolgimento di tutte le attività necessarie.