Affidamento in prova: valutare la condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del reato

In particolare, quando l’affidamento in prova sia richiesto prima dell’inizio dell’espiazione della pena, è necessario procedere alla considerazione della condotta mantenuta in stato di libertà, dopo la condanna, al fine di stabilire la prognosi favorevole o meno circa l’astensione da parte del soggetto dal compimento in futuro di nuove azioni criminose. Ciò che conta è l’analisi della personalità individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9439, depositata il 4 marzo 2015. Il fatto. La vicenda trae origine dall’ordinanza a del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro con la quale veniva rigettata la richiesta di ammissione del condannato all’affidamento in prova ai servizi sociali. L’interessato, proponendo ricorso per cassazione, ha chiesto l’annullamento o comunque la declaratoria di nullità di tale provvedimento. L’istituto dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Il Collegio premette che l’istituto dell’affidamento in prova ai servizi sociali, disciplinato dall’art. 47 ord. pen., è una misura alternativa alla detenzione, prevista nel caso in cui la pena non superi determinati limiti ed è finalizzata al duplice scopo di contribuire alla rieducazione del responsabile e di prevenire al contempo il pericolo che egli ricada nella commissione di altri delitti. La valutazione della richiesta non può prescindere dalla condotta tenuta dopo la commissione del reato. Per consolidata giurisprudenza, ai fini della concessione di tale misura non possono considerarsi ostativi elementi negativi quali la gravità del reato commesso ed i precedenti penali e non può nemmeno pretendersi la prova che il soggetto sia già pervenuto alla completa revisione critica del proprio passato. In particolare, la valutazione della richiesta di affidamento in prova, pur partendo dalla considerazione della natura e della gravità dei reati per i quali è irrogata la pena, non può mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del reato e dai suoi comportamenti attuali. Quando l’affidamento in prova è chiesto prima dell’inizio dell’espiazione della pena. Pertanto, quando, come nel caso in esame, l’affidamento in prova sia richiesto prima dell’inizio dell’espiazione della pena, è necessario procedere alla considerazione della condotta mantenuta in stato di libertà, dopo la condanna, al fine di stabilire la prognosi favorevole o meno circa l’astensione da parte del soggetto dal compimento in futuro di nuove azioni criminose . Ciò che conta, osserva il Collegio, è l’analisi della personalità individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica, da compiere sulla scorta dei dati conoscitivi forniti dalle osservazioni e valutazioni del servizio sociale, al fine di accertare l’idoneità della misura alternativa a contribuire al reinserimento sociale del condannato. Il Tribunale di sorveglianza, avendo limitato la sua indagine alla considerazione del reato commesso e della sua gravità, ha omesso la considerazione dei presupposti giustificativi della più ampia misura richiesta. Pertanto, tale omessa valutazione ha viziato il provvedimento impugnato che non ha adeguatamente giustificato la decisione presa. Per tali ragioni, la S.C. ha annullato l’ordinanza impugnata e rinviato la causa per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 6 febbraio – 4 marzo 2015, n. 9439 Presidente Chieffi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1.Con ordinanza resa il 5 giugno 2014 il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro rigettava la richiesta di ammissione del condannato A.F. all'affidamento in prova ai servizi sociali e gli applicava la misura alternativa della detenzione domiciliare. Fondava la decisione sul rilievo della non praticabilità della più ampia misura richiesta per l'assenza di condizioni soggettive, capaci di escludere il pericolo di recidivazione, in particolare per la gravità del reato per il quale l'istante stava espiando pena detentiva. 2. Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione l'interessato a mezzo del difensore, il quale ha dedotto a violazione di legge in riferimento al disposto dell'art. 47 ord. pen,. b nullità del provvedimento per la omessa sottoscrizione del giudice estensore e per avere assunto la decisione il giudice monocratico in luogo del collegio con il sospetto della mancanza di obiettività, imparzialità ed indipendenza c mancata valutazione di prove decisive, offerte dalla documentazione sanitaria e relativa al servizio svolto ed erronea applicazione della norma sull'affidamento in prova, negato soltanto in base alla gravità del reato, senza considerare che la concussione era stata commessa in danno di un solo autotrasportatore, non costituitosi parte civile, che era decorso un notevole lasso di tempo, pari a quindici anni dai fatti, e che in seguito egli aveva continuato a svolgere regolarmente il proprio servizio sino al collocamento in quiescenza d vizio di motivazione per avere negato il più ampio beneficio richiesto a fronte della sussistenza dei presupposti per la sua applicazione in particolare, la documentazione prodotta attestava che più volte il ricorrente era stato dispensato dal servizio per gravi ragioni di salute per le quali era ancora in cura presso il Centro di salute mentale di Soverato e che non risultava frequentare pregiudicati o soggetti socialmente pericolosi, avere tenuto condotta regolare, risultanze non considerate in tal modo si era precluso al ricorrente la possibilità di sottoporsi a trattamento terapeutico sotto il controllo delle autorità sanitarie pubbliche in violazione del diritto alla salute, e nullità assoluta del provvedimento per avere presieduto il Tribunale di Sorveglianza magistrato diverso dal suo titolare e che all'epoca ricopriva l'ufficio di magistrato di sorveglianza col conseguente arbitrio della decisione. Ha dunque chiesto l'annullamento e comunque la declaratoria di nullità dell'ordinanza impugnata, previa sospensione della sua provvisoria esecuzione. 3. Con requisitoria scritta depositata il 19 settembre 2014 il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Mario Pinelli, ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata, condividendo i motivi di gravame. 4. Con memoria difensiva sono stati articolati dei motivi nuovi di ricorso, con i quali si è insistito per la declaratoria di nullità assoluta dell'ordinanza impugnata in quanto la composizione dell'organo giudicante aveva sottratto il condannato al giudice naturale precostituito per legge Considerato in diritto Il ricorso è solo parzialmente fondato e va, pertanto, accolto nei limiti in seguito specificati. l.In primo luogo vanno disattesi i motivi secondo ed ultimo con i quali si sono dedotti vizi formali riguardanti il provvedimento impugnato la sottoscrizione da parte del solo magistrato che ha svolto le funzioni di presidente del collegio trova giustificazione nella sua contestuale qualità di relatore e di estensore dell'ordinanza, il che ha reso superflua l'apposizione della firma dell'altro componente togato ed esclude qualsiasi nullità ai sensi dell'art. 546 cod. proc. pen Inoltre, le funzioni presidenziali sono state svolte, non in ragione della titolarità dell'incarico di dirigente dell'ufficio giudiziario, chiamato a pronunciarsi, quanto della qualità di magistrato più anziano del collegio, chiamato a svolgere quel ruolo dall'organizzazione del lavoro e dall'assenza momentanea del presidente titolare. 2.Ciò posto, va premesso in linea generale che l'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale, disciplinato dall'art. 47 ord. pen., costituisce una misura alternativa alla detenzione, prevista nel caso la pena detentiva non superi determinati limiti quantitativi e finalizzata al duplice scopo di contribuire alla rieducazione del responsabile e di prevenire al contempo il pericolo che egli ricada nella commissione di altri reati pertanto, non si tratta di un beneficio da elargirsi quasi pietatis causa , ma in base alla ricorrenza di valide prospettive di realizzazione delle anzidette finalità, funzionali al vantaggio, non del singolo, ma della collettività e rispetto alle quali la sottrazione del soggetto al regime di detenzione carceraria rappresenta soltanto uno strumento Corte cost., 5/12/1997, n. 377 Cass. sez. 1, n. 4137 del 19/10/1992, Gullino, rv. 192368 sez. 1, n. 2061 del 11/05/1992, Menditto, Rv. 190531 sez. 1, n. 2207 del 18/5/1992, Caltagirone, rv. 190628, sez. 1. n. 1704 del 14/4/1994, Gallo, rv. 197463 . Tenuto conto del duplice obiettivo perseguito dall'istituto, la giurisprudenza di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione della misura, non possono considerarsi in sè ostativi elementi negativi, quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna ed i precedenti penali, e che non può nemmeno pretendersi, in senso positivo, la prova che il soggetto sia già pervenuto alla completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che dai risultati dell'osservazione della personalità emerga l'avvio del processo critico e la rimeditazione delle pregresse esperienze Cass., sez. 1, n. 1501 del 12/3/1998, Fatale, rv. 219553 sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, Chifari, rv. 220473 sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, Gobbo, rv. 244322 . 2.1In particolare, basandosi su una lettura sistematica delle varie disposizioni contenute nell'art. 47 o.p., si è affermato che la valutazione della richiesta di affidamento in prova, pur partendo dalla considerazione della natura e della gravità dei reati, per i quali è stata irrogata la pena in espiazione, non può mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione dei reato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della verifica circa l'esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva e circa l'idoneità della misura alternativa pertanto, quando, come nel caso in esame, l'affidamento in prova sia richiesto prima dell'inizio dell'espiazione della pena, è necessario procedere alla considerazione della condotta mantenuta in stato di libertà, dopo la condanna, al fine di stabilire la prognosi favorevole o meno circa l'astensione da parte del soggetto dal compimento in futuro di nuove azioni criminose. Ciò che conta è l'analisi della personalità individuale e la verifica della sua evoluzione psicologica, che dal fatto di reato si deve estendere ai precedenti e alle pendenze penali, agli eventuali progressi compiuti dal condannato nel periodo successivo ed alla condotta di vita precedente e successiva alla condanna Cass. Sez. 1, 29/11/1999 n. 5061 , da condurre sulla scorta dei dati conoscitivi forniti dalla osservazione e dalle valutazioni offerte dal servizio sociale, allo scopo di accertare l'idoneità della misura alternativa a contribuire al reinserimento sociale del condannato ed a contenerne la sua pericolosità sociale, se tuttora esistente. 2.2 Nel caso in esame l'indagine condotta dal Tribunale di Sorveglianza si è arrestata alla considerazione del reato commesso e della sua gravità, ma ha omesso la considerazione dei presupposti giustificativi della più ampia misura richiesta come emergenti dall'interpretazione giurisprudenziale ormai consolidata e si è discostato anche dalle informative di polizia, senza nemmeno avere preso in esame il comportamento successivo al reato, la personalità del condannato, l'assenza di altre condanne e di procedimenti pendenti. Pertanto, pur non potendosi ignorare la gravità delle condotte antigiuridiche commesse, l'omessa valutazione di tali profili fattuali, vizia il provvedimento impugnato per l'illogicità e l'insufficienza della sua motivazione, che non ha giustificato adeguatamente la decisione assunta e valorizzato soltanto un elemento dirimente. L'ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro per nuovo esame sull'istanza da condurre alla luce dei principi di diritto sopra esposti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro.