L’attività di prostituzione in luogo pubblico non costituisce di per sé indice di pericolosità

È illegittimo il foglio di via obbligatorio emesso dal questore se fondato essenzialmente sul mero esercizio della prostituzione, in sé insufficiente per ritenere integrato il presupposto di appartenenza alla categoria di persone pericolose.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5679, depositata il 6 febbraio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale di Fermo, che aveva dichiarato l’imputata colpevole della contravvenzione di cui all’art. 2 della l. n. 1423/1956, per avere contravvenuto al foglio di via obbligatorio emesso a suo carico dal Questore della provincia di Ascoli Piceno. La Corte riteneva che il foglio di via obbligatorio era stato emesso in presenza dei requisiti di legge e motivatamente all’esito dei controlli operati a carico della stessa, dai quali risultava che ella esercitava la prostituzione con atteggiamenti adescatori e scandalosi sulla via pubblica, ricompresa in un tratto urbano frequentabile anche da minori, con alta probabilità di commissione di reati, rimanendo integrata la sua pericolosità . Contro tale decisione l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento, non avendo la Corte d’appello indicato le fattispecie di reato che consentissero di annoverarla tra le persone pericolose per la sicurezza, la moralità e la tranquillità pubblica. Il controllo di legittimità del provvedimento. Il Collegio ricorda, in primo luogo che, in tema di contravvenzione al provvedimento del questore, è consentito al Giudice sindacare la legittimità di tale provvedimento, verificando la sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto. Pertanto, nel caso in cui il provvedimento del questore sia sufficientemente motivato, esso può essere disapplicato solo se in punto di fatto si accerti che gli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità siano insussistenti. Persone pericolose. Detto ciò, per il Collegio, la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione di tali principi. Il provvedimento del questore, costituente il presupposto della condotta contravvenzionale contestata, ha, infatti, considerato la ricorrente pericolosa ai sensi dell’art. 1, n. 3, della l. n. 1423/1956. A norma di tale articolo, però, tra le categorie delle persone pericolose, soggette alle misure di prevenzione, sono compresi coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica . Ne consegue che l’offesa o la messa in pericolo di detti beni devono discendere da reati, e non da condotte non aventi rilevanza penale, e lo svolgimento dell’attività di prostituzione in luogo pubblico non costituisce di per sé indice di pericolosità. Nella sentenza impugnata, la possibile commissione di reati è solo ipotizzata, non è stato indicato alcun elemento fattuale, concreto e apprezzabile, tratto da riferimenti specifici contenuti nel provvedimento del Questore. È pacifico nella giurisprudenza di legittimità, ricorda il Collegio che la pericolosità può essere determinata anche solo su indizi e dunque su elementi di fatto ritenuti sintomatici e concludenti , non necessitando vere e proprie prove, ma non su illazioni o congetture, o meri sospetti, tanto meno tratti da ipotizzate categorie di presunta appartenenza . Provvedimento illegittimo. Da queste considerazioni consegue che il provvedimento emesso dal questore ai sensi dell’art. 2 della l. n. 1423/1956 è fondato essenzialmente sul mero esercizio della prostituzione, in sé insufficiente per ritenere integrato il presupposto di appartenenza della ricorrente alla ritenuta categoria di persone pericolose, è illegittimo per difetto di motivazione e per sviamento del potere discrezionale e deve, pertanto, incidentalmente, essere disapplicato dal giudice penale. Pertanto, restando priva di rilevanza penale l’inosservanza del foglio di via obbligatorio, la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio dalla S.C., perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 luglio 2014 – 6 febbraio 2015, n. 5679 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 luglio 2013 la Corte di appello di Ancona ha confermato la sentenza del 15 maggio 2012 del Tribunale di Fermo - sezione distaccata di Sant'Elpidio a Mare, che aveva dichiarato O.V.D. colpevole della contravvenzione di cui all'art. 2 legge n. 1423 del 1956, accertata il 16 giugno 2010, per avere contravvenuto al foglio di via obbligatorio emesso a suo carico dal Questore della provincia di Ascoli Piceno il 31 luglio 2009, notificato il 6 agosto 2009, con il quale le si era ordinato di non fare ritorno nel comune di Porto Sant'Elpidio per la durata di due anni, e l'aveva condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena sospesa di giorni venti di arresto. La Corte riteneva che il foglio di via obbligatorio, presupposto del reato ascritto, la cui legittimità era contestata dall'appellante, era stato emesso in presenza dei requisiti di legge e motivatamente all'esito dei controlli operati a carico della stessa, che esercitava la prostituzione con atteggiamenti adescatori e scandalosi sulla pubblica via, ricompresa in tessuto urbano frequentabile anche dai minori, con alta probabilità di commissione dei reati di cui agli artt. 726 e 527 cod. pen., rimanendo integrata la sua pericolosità ai sensi dell'art. 1 n. 3 legge n. 1423 del 1956. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata per mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento sulla base di due motivi. 2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge per mancanza degli elementi specifici previsti dall'art. 1 legge n. 1423 del 1956. Secondo la ricorrente, la Corte di appello, che l'ha ritenuta socialmente pericolosa in ragione dell'esercizio della prostituzione, non ha indicato le fattispecie di reato che consentissero di annoverarla tra le persone pericolose per la sicurezza, la moralità e la tranquillità pubblica, avuto riguardo ai richiamati presupposti per l'emissione del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio che rimandano alla provata, o quanto meno ipotizzata, commissione di atti che integrino condotte penalmente rilevanti, e in mancanza di norme che prevedano la prostituzione come fattispecie di reato. Né l'esercizio della prostituzione, spesso in situazioni di sfruttamento e violenza può mettere in gioco l'integrità morale dei minorenni, sottoposti a plurime diverse sollecitazioni, mentre l'attentato alla loro integrità deve essere determinato da chi è dedito alla commissione di reati. Le modalità usuali dell'abbigliamento solitamente succinto non consentono neppure di configurare il reato di cui all'art. 527 cod. pen., il riferimento agli atteggiamenti adescatori e scandalosi non è supportato da elementi specifici circa le modalità dell'adescamento, e il ritenuto pericolo di commissione di atti osceni in luogo pubblico è meramente congetturale. 2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto alla verifica della legittimità del provvedimento amministrativo, costituente il presupposto di fatto della fattispecie incriminatrice e viziato da eccesso di potere per non avere indicato quali fattispecie di reato essa ricorrente abbia commesso esercitando la prostituzione di strada, che non costituisce reato e non è neppure presupposto per l'applicazione delle misure di prevenzione. 3. In data odierna è stata depositata nell'interesse della ricorrente memoria, con la quale il difensore, riportandosi integralmente ai motivi del ricorso e insistendo per il loro accoglimento, ulteriormente rappresenta l'orientamento di questa Corte, alla cui stregua rileva la dedotta violazione di legge, essendo illegittimo il provvedimento amministrativo presupposto, non motivato correttamente in ordine alla ritenuta pericolosità sociale della ricorrente. Considerato in diritto 2. Si rileva in diritto che, secondo i condivisi principi affermati da questa Corte, la conformità a legge del provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio deve essere accertata dal giudice penale alla luce dei parametri dell'incompetenza, della violazione di legge e dell'eccesso di potere, e quest'ultimo, in particolare, è suscettibile di cognizione da parte del giudice ordinario non solo nella classica configurazione dello sviamento di potere, ma anche nelle varie figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa tra le altre, Sez. 1, n. 916 del 11/02/1997, dep. 19/04/1997, P.M. in proc. Allegrini, Rv. 207345 Sez. 1, n. 23034 del 20/04/2001, dep. 07/06/2001, Minierò, Rv. 219289 Sez. 1, n. 28549 del 18/06/2008, dep. 10/07/2008, Girala e altro, Rv. 241084 . Si è anche puntualizzato che, in tema di contravvenzione al provvedimento del questore previsto dall'art. 2 legge n. 1423 del 1956, il giudice non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull'atto amministrativo, mentre gli è consentito soltanto il sindacato di legittimità sul provvedimento, consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l'obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto, se non vi è evidenza di abuso del potere discrezionale tra le altre, Sez. 1, n. 664 del 09/12/1999, dep. 19/01/2000 Cozzolino A., Rv. 215243 Sez. 1, n. 248 del 13/12/2007, dep. 07/01/2008, Luciani, Rv. 238767 . Ciò comporta che il provvedimento di rimpatrio emesso dal questore deve fare riferimento agli elementi di fatto sui quali si basa il giudizio di appartenenza del prevenuto a una delle categorie indicate nell'art. 1 legge n. 1423 del 1956 e deve indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra l'appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. 1 e la pericolosità sociale del soggetto e dovendosi tale elemento desumere da ulteriori circostanze, delle quali si deve dare atto nel provvedimento tra le altre, Sez. 1, n. 121 del 12/01/1996, dep. 21/02/1996, P.G. in proc. Tortorella, Rv. 203817 Sez. 1, n. 43031 del 09/10/2012, dep. 07/11/2012, Picano, Rv. 253615 . Pertanto, nel caso in cui il provvedimento del questore sia sufficientemente motivato, esso può essere disapplicato solo se in punto di fatto si accerti che gli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità siano insussistenti Sez. 1, n. 664 del 09/12/1999, citata . 3. Di detti principi la Corte di appello non ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione. 3.1. Il provvedimento del Questore di Ascoli Piceno, costituente il presupposto della condotta contravvenzionale contestata e ritenuta, ha considerato la ricorrente pericolosa ai sensi dell'art. 1 n. 3 legge n. 1423 del 1956, citando, così come rappresentato nella stessa sentenza impugnata, circostanze desunte dalla nota del 27 luglio 2009 dei Carabinieri di Fermo. Con tale nota si era riferito che la ricorrente era stata controllata più volte nel Comune di omissis , sulla SS omissis zona XXXXXX e vie limitrofe, mentre esercitava la prostituzione in atteggiamenti adescatori e scandalosi , e nella sentenza si è rimarcato che il provvedimento del Questore, procedendo nella sua indagine circa la pericolosità della ricorrente dalla riscontrata sussistenza di adeguati riferimenti personali, riportati nella sua parte motiva, ha collegato l'espresso giudizio di pericolosità all'abituale volontaria dedizione della stessa all'attività di prostituzione esercitata su di una pubblica via ricompresa in un tessuto urbano e, in quanto tale, frequentabile anche da minori . Da detti rilievi la sentenza ha tratto il convincimento dell'alta probabilità di commissione di diversi reati quali quello di cui all'art. 726 cod. pen., ovvero quello di cui all'art. 527 cod. pen. , alla prevenzione della cui commissione è stata diretta la misura applicata. 3.2. Con riferimento all'esercizio della prostituzione in luogo pubblico, deve osservarsi che l'art. 2 legge n. 327 del 1988 ha eliminato la disposizione normativa di cui all'art. 1, comma 1, n. 5, legge n. 1423 del 1956, alla cui stregua potevano essere diffidati dal questore coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume , e tali erano ritenuti, per consolidata giurisprudenza tra le altre, Sez. 1, n. 256 del 16/02/1966, dep. 10/06/1966, Fiorentino, Rv. 101686 Sez. 1, n. 1497 del 24/11/1972, dep. 21/02/1973, Benedetti, Rv. 123276 Sez. 1, n. 8661 del 17/02/1976, dep. 03/09/1976, Fucci, Rv. 134317 , coloro che esercitavano pubblicamente la prostituzione, e che, se pericolosi per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità fuori dai luoghi di residenza, potevano essere destinatari del foglio di via obbligatorio ed essere ritenuti responsabili, in caso di inosservanza, della contravvenzione prevista e punita dall'art. 2 della stessa legge. A norma dell'art. 1 n. 3 legge n. 1423 del 1956, tra le categorie delle persone pericolose, soggette alle misure di prevenzione previste dalla medesima legge, sono compresi coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica . Ne consegue che l'offesa o la messa in pericolo degli indicati beni per essere rilevante, ai fini della formulazione del giudizio di pericolosità, devono discendere da reati, e non da condotte non aventi rilevanza penale, e lo svolgimento dell'attività di prostituzione in luogo pubblico non costituisce di per sé indice di pericolosità. 3.3. Il riferimento ai reati esclude ogni valenza giuridica al rilievo, rimarcato in sentenza, dell'atteggiamento adescatore della ricorrente, poiché la fattispecie contravvenzionale, integrata dall'invito in luogo pubblico o aperto al pubblico al libertinaggio in modo scandaloso o molesto, prevista dall'art. 5, comma 1, legge n. 75 del 1958, è stata depenalizzata dall'art. 81, comma 1, lett. a , d.lgs. n. 507 del 1999. La possibile commissione del delitto di atti osceni in luogo pubblico o aperto al pubblico, di cui all'art. 527 cod. pen., o della contravvenzione di atti contrari alla pubblica decenza, di cui all'art. 726 cod. pen., o di incontri con minorenni di indiscutibile rilievo penale è, inoltre, solo ipotizzata nella sentenza, che enunciandola, non ha indicato alcun elemento fattuale, concreto e apprezzabile, tratto da riferimenti specifici contenuti nel provvedimento del Questore, laddove, invece, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la pericolosità può essere determinata anche solo su indizi e dunque su elementi di fatto ritenuti sintomatici e concludenti , non necessitando vere e proprie prove, ma non su illazioni o congetture, o meri sospetti, tanto meno tratti da ipotizzate categorie di presunta appartenenza Sez. 1, n. 4426 del 05/12/2013, dep. 30/01/2014, P.M. in proc. Tabacu, in motivazione . 3.4. Consegue alle svolte considerazioni che il provvedimento emesso dal Questore ai sensi dell'art. 2 legge n. 1423 del 1956 e fondato essenzialmente sul mero esercizio della prostituzione, in sé insufficiente per ritenere integrato il presupposto di appartenenza della ricorrente alla ritenuta categoria di persone pericolose, è illegittimo per difetto di motivazione e per sviamento del potere discrezionale e deve essere, per l'effetto, incidentalmente, disapplicato dal giudice penale Sez. 1, n. 4426 del 05/12/2013, citata, Rv. 259015 . 4. La sentenza impugnata, restando priva di rilevanza penale l'inosservanza del foglio di via obbligatorio, deve essere, pertanto, annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.