Oltre venti mesi in galera, nessun mantenimento per i figli minori: niente condanna per il genitore

Respinta la tesi difensiva della cosiddetta causa di forza maggiore. Però, allo stesso tempo, la condizione di detenuto fa vacillare l’ipotesi del dolo, ossia la consapevolezza dell’uomo di sottrarsi all’obbligo fissato dal giudice civile in sede di procedimento di separazione dalla moglie.

Ben ventuno mesi trascorsi in galera. Difficile per l’uomo, da quel contesto, riuscire a recuperare le risorse per rispettare gli obblighi fissati in sede di separazione, ossia, più precisamente, il mantenimento previsto per i figli minori. Tale situazione di difficoltà non è valutabile come ‘giustificazione’, però, allo stesso tempo, fa venire meno il dolo per il mancato versamento dell’assegno di mantenimento. Ciò conduce, quindi, a far cadere le accuse nei confronti dell’uomo Cassazione, sentenza n. 4960, sez. VI Penale, depositata oggi . Mantenimento. Per i giudici di merito, però, nessun ‘alleggerimento’ è possibile nelle contestazioni mosse nei confronti dell’uomo egli è colpevole, in maniera evidente, del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare , avendo fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, omettendo di versare l’assegno mensile di 500 euro stabilito dal giudice civile in sede di separazione dalla moglie . Inevitabile la condanna per l’uomo, destinato a scontare un anno di reclusione e a pagare 1.000 euro di multa . Irrilevante lo stato di detenzione dell’uomo – in carcere da marzo 2007 a gennaio 2009 – tale situazione non può avere, secondo i giudici di merito, alcuna valenza esimente, trattandosi di un caso di impossibilità colpevole . Dolo. E la linea di pensiero tracciata tra Tribunale e Corte d’Appello viene condivisa anche dai giudici della Cassazione, però solo in parte Per esser chiari, lo stato detentivo – a per un lungo periodo – dell’uomo non può essere catalogato come causa di forza maggiore , ribadiscono i giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, però, aggiungono che va ripresa in esame la concretezza del dolo nel mancato versamento dell’ assegno di mantenimento . Su questo punto, in particolare, proprio in Appello è stata riconosciuta l’impossibilità per l’uomo di adempiere, a causa del suo stato detentivo . Di conseguenza, chiariscono ora i giudici, pur escludendo la sussistenza della causa di forza maggiore , è valutabile l’ipotesi della mancanza dell’elemento soggettivo . Ebbene, proprio ragionando su questo fronte, cioè sul fronte del dolo , è evidente, per i giudici, la mancanza di consapevolezza dell’uomo – alla luce della sua condizione di detenuto – di sottrarsi all’obbligo messo ‘nero su bianco’ dal giudice civile. Per questo, decade definitivamente l’accusa di violazione degli obblighi di assistenza familiare , con l’azzeramento della condanna emessa in secondo grado.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 ottobre 2014 – 3 febbraio 2015, n. 4960 Presidente Conti – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto e in diritto Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d'appello di Genova ha confermato parzialmente la sentenza dei 13 gennaio 2012 con cui il Tribunale di Chiavari aveva condannato P. U. S. alla pena di un anno di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in ordine al reato di cui all'art. 570 c.p., revocando le statuizioni civili a seguito della rinuncia della parte civile. La Corte territoriale ha ritenuto provata l'accusa di avere fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori, S. e V., omettendo di versare l'assegno mensile di mantenimento di euro 500,00 stabilito dal giudice civile in sede di separazione dalla moglie, L.R. P., ritenendo che lo stato di detenzione del S. non possa avere alcuna valenza esimente, trattandosi di una caso di impossibilità colpevole. L'imputato ha presentato personalmente ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo in cui contesta la decisione della Corte d'appello che ha negato ogni rilievo alla sua condizione di detenuto. In sostanza, il ricorrente assume di essersi trovato in una situazione di oggettiva impossibilità ad adempiere le obbligazioni di mantenimento a causa della sua detenzione protrattasi dal 29.3.2007 al 9.1.2009 peraltro, sostiene che la Corte d'appello avrebbe comunque dovuto compiere un accertamento più approfondito al fine di stabilire la effettiva incidenza della detenzione sulla possibilità di provvedere alla corresponsione dei mezzi di sussistenza. In data 2 ottobre 2014 l'avvocato G. G., difensore d'ufficio dell'imputato, ha depositato una memoria in cui, oltre a ribadire il motivo proposto nel ricorso sulla sussistenza di una causa di forza maggiore, costituita dallo stato detentivo, ha dedotto la mancanza di motivazione sul punto, sottolineando inoltre che i giudici di appello non hanno dato alcun rilievo alla intervenuta revoca della costituzione della parte civile, dovuta proprio alla constatata impossibilità dell'imputato di poter adempiere alle sue obbligazioni. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati. Deve ritenersi che la Corte d'appello abbia, correttamente, escluso la sussistenza dell'esimente della forza maggiore consistita, secondo la prospettazione difensiva, nel fatto che l'imputato non ha potuto adempiere all'obbligo del mantenimento dei figli minori perché in stato di detenzione per un lungo periodo di tempo. Proprio con riferimento al reato previsto dall'art. 570 c.p. si è ritenuto che la responsabilità per omessa prestazione dei mezzi di sussistenza non è esclusa dall'indisponibilità dei mezzi necessari, quando questa sia dovuta, anche parzialmente, a colpa dell'obbligato Sez. VI, 3 marzo 2011, n. 11696, F. Sez. V, 22 aprile 2004, n. 36450, Communara Sez. VI, 8 luglio 1997, n. 8419, Carabellese . Nel caso in esame, i giudici hanno sostenuto che l'impossibilità di adempiere è da ascrivere a colpa dell'imputato, che ha posto in essere comportamenti contrari a norme penali, sicché si tratta di una colpevole impossibilità che, come tale, non può avere valore esimente. Deve osservarsi che sebbene la situazione di detenzione prolungata non può considerarsi quale causa giustificativa dell'inadempimento, tuttavia può essere valutata ai fini della verifica sulla sussistenza dell'elemento soggettivo. Nel caso in esame la Corte d'appello ha ammesso l'impossibilità di adempiere da parte dell'imputato a causa del suo stato detentivo, sicché i giudici pur escludendo la sussistenza della forza maggiore, avrebbero dovuto riconoscere la mancanza dell'elemento soggettivo. Come è noto il dolo del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, nella ipotesi di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, non richiede la qualificazione specifica espressa dal preciso fine di far mancare quei mezzi all'avente diritto, in quanto è sufficiente il dolo generico consistente nella volontà cosciente e libera di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità e nella consapevolezza del bisogno in cui versa il soggetto passivo. Nel caso di specie, ciò che è mancato è proprio la consapevolezza di sottrarsi all'obbligo. Ne consegue che la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.