Brutale (e gratuita) violenza in danno di un connazionale: l’indole dell’indagato richiede la custodia in carcere

Le modalità e circostanze del fatto rilevano sia per valutare la gravità del fatto che in ordine all’apprezzamento della capacità a delinquere quando la condotta realizzata in occasione di un reato rappresenti un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell’agente e quindi anche la pericolosità dello stesso. In particolare, nell’individuazione dell’esigenza cautelare ex art. 274, comma 1, lettera c , c.p.p., il giudice può valutare le modalità del fatto da cui emerge la gravità del medesimo anche al fine di valutare la personalità dell’indagato.

Questo è quanto emerso dalla sentenza n. 53165 della Corte di Cassazione, depositata il 22 dicembre 2014. Il caso. La vicenda di cui si è occupata la Corte di Cassazione, quale istanza di legittimità riguardo alla misura limitativa della libertà personale, rappresenta un agghiacciante caso di concorso in lesioni aggravate, in rapina aggravata, in sequestro di persona nonché di violenza sessuale di gruppo, reati perpetrati – stando all’ipotesi accusatoria formulata in quella sede – in danno di un connazionale previamente adescato con l’inganno. Brutale violenza. La prospettazione accusatoria accolta dal Tribunale del Riesame di Palermo delineava un quadro in cui l’indagato avrebbe ideato e eseguito il diabolico programma criminoso. Avvalendosi della collaborazione della moglie, l’indagato avrebbe attirato in una trappola”, da loro ordita, la persona offesa facendola arrivare da Siracusa a Palermo, al fine di dare alla stessa una dura lezione”, così conducendola presso la propria abitazione, dove la vittima veniva sequestrata all’esito di un violento pestaggio. Ivi la vittima era destinataria di una brutale violenza, oggettivamente refertata. La coppia si era poi allontanata dall’abitazione, lasciando la vittima dolorante e prostata per le violenze subite all’interno dell’abitazione chiusa a chiave dall’esterno. La coppia veniva poi riconosciuta dalla persona offesa e, in particolare, l’indagato veniva additato come colui che si era reso responsabile, insieme ad altri cittadini nigeriani, dei brutali atti di pestaggio che avevano caratterizzato l’episodio delittuoso. Fatti riscontrati. Gli elementi di prova raccolti durante le indagini preliminari confermano l’aggressione. Plurimi elementi, tra cui le dichiarazioni rese da un vicino che allertava le forze dell’ordine, gli esiti dei tabulati telefonici, l’annotazione di servizio della polizia giudiziaria, confermano il sequestro della vittima all’interno dell’abitazione che era nella disponibilità esclusiva dell’indagato , chiusa dall’esterno, e le precarie condizioni fisiche in cui la vittima era stata lasciata. Referto e consulenza medica, inoltre, confermavano le pesanti violenze fisiche sopportate dalla persona offesa che era stata trovata a chiedere disperatamente aiuto. Il presunto movente non inficia l’attendibilità. La Corte di legittimità afferma che è irrilevante se l’aggressione sia stata motivata da questioni sentimentali” oppure se da un movente diverso, come sostenuto dalla difesa. Le dichiarazioni della persona offesa, infatti, sono valutate attendibili a prescindere da quale sia il movente. Oltre ai riscontri esterni, la circostanza che l’abitazione dove veniva rinvenuta la vittima fosse nella disponibilità esclusiva degli indagati costituisce elemento decisivo di conferma delle dichiarazioni. Un quadro indiziario adeguatamente valutato Secondo i canoni espressi dalla Corte di legittimità che ha ribadito come la nozione di gravi indizi di colpevolezza non si sovrappone a quella necessaria per qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza. In sede cautelare, infatti, è sufficiente un quadro indiziario idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità. L’art. 272 comma 1 bis c.p.p., infatti, richiama solo in parte l’art. 192 c.p.p. che contiene la regola sugli indizi non è richiamata la norma che richiede che gli indizi siano gravi, precisi e concordanti, sicché queste caratteristiche non sono imperative nel giudizio cautelare. Il pericolo di reiterazione criminosa In sede di giudizio sulla legittimità di misure cautelari deve essere valutato alla luce delle modalità e circostanze del fatto e della personalità dell’imputato. In particolare, il periculum deve essere desunto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’imputato, quest’ultima valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti concreti che una valutazione globale” in cui giocano un pari ruolo i criteri direttivi indicati. Duplice valenza? Secondo la Corte di Cassazione, alle modalità e circostanze del fatto può essere attribuita una duplice valenza sia riguardo alla valutazione della gravità del fatto sia sotto il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere e, quindi per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato, quando la condotta realizzata in occasione di un reato rappresenti un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell’agente. La giurisprudenza di legittimità recente ha, infatti, ammesso che, ai fini del giudizio dell’individuazione dell’esigenza cautelare del rischio di reiterazione, il giudice può porre, quale base di valutazione della personalità dell’indagato, le stesse modalità del fatto commesso da cui emerge anche la gravità del medesimo. Esigenza cautelare sussistente nella specie. Nel caso in esame, il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie sussisteva in quanto la vicenda era caratterizzata da una non comune esplosione di gratuita violenza, come tale espressiva di una personalità negativa dell’indagato, già con un precedente penale, oltre ad essere altresì un fatto grave di per sé. Pregnante l’esigenza special preventiva. Secondo i giudici, infatti, era probabile che l’indagato reiterasse identiche condotte criminose. Il compendio indiziario, insomma, denotava l’indole dell’indagato che era soggetto dedito alla commissione di reati e individuava come necessaria la custodia cautelare in carcere a presidio dell’esigenza special preventiva, tenuto conto che inverosimile era che l’indagato avesse la capacità o volontà di autoconformarsi alle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria. Pericolo per l’acquisizione e la genuinità delle prove. Un serio rischio di inquinamento probatorio era individuato dai giudici del merito cautelare nella circostanza che occorreva ancora individuare gli altri soggetti concorrenti nei reati, vale a dire quegli altri che avevano preso parte all’aggressione. Poiché l’indagato faceva parte della ristretta ed impermeabile comunità nigeriana abitante nel palermitano, secondo i giudici, il rischio di inquinamento probatorio era attuale, potendo egli attivarsi per inquinare le fonti di prova ancora da acquisire. Pericolo di fuga. Inoltre, i giudici ravvisavano anche la sussistenza del pericolo di fuga. Infatti, nell’annotazione dei Carabinieri si dava atto che gli indagati erano soggetti di nazionalità nigeriana e privi di stabili collegamenti sul territorio. Si accertava, inoltre che, in seguito alla commissione dei reati, era stato previsto il trasferimento a Roma e che l’indagato aveva in precedenza rilasciato varie e false generalità agli organi che lo avevano identificato in passato circostanza confermata dall’elenco dei precedenti dattiloscopici . Si riteneva, pertanto, non solo probabile, ma palese la volontà, da parte dell’indagato, di sottrarsi agli accertamenti giudiziari e di polizia. A giudizio della Corte di Cassazione, dunque, è assolutamente da rigettare il ricorso dell’indagato atteso che il Tribunale aveva logicamente e correttamente valutato sia il quadro indiziario che le esigenze cautelari tutte e tre quelle previste in via astratta dall’art. 274 codice di rito! sottese al provvedimento di custodia cautelare dell’indagato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 novembre – 22 dicembre 2014, n. 53165 Presidente Teresi – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Palermo, pronunciando nei confronti dell'odierno ricorrente A.I., con ordinanza del 21.05.2014 rigettava l'istanza di riesame av verso l'ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Palermo in data 4.04.2014, con la quale veniva applicata la misura cautelare della custodia in carcere, per i reati di concorso in lesioni aggravate, concorso in sequestro di per sona aggravato, concorso in rapina aggravata, violenza sessuale di gruppo ag gravata. In Palermo tra 27 e il 28 febbraio 2014. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, A.I., deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 0 Nullità e violazione dell'articolo 606 lett. b ed e cod. proc. pen. in relazione agli artt. 273, 274 e 275 comma 3 cod. proc. pen. Deduce il ricorrente il mancato controllo dei presupposti che legittimano l'applicazione della misura coercitiva. Lamenta il mancato vaglio delle argomentazioni della difesa in ordine all'impossibilità di individuare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a ca rico dell'indagato. La vicenda sarebbe piena di interrogativi ed il racconto della persona offesa risulterebbe illogico e contraddittorio tanto da far ritenere, che la stessa avesse un interesse specifico a celare gli effettivi autori delle violenze subite nonché il movente. Il ricorrente non avrebbe avuto alcun ruolo nella vicenda e il materiale inve stigativo in atti sarebbe in contrasto con quanto dichiarato dalla persona offesa. Il ricorrente descrive tutte quelle che secondo la ricostruzione difensiva sono le contraddizioni nella ricostruzione offerta dalla persona offesa, mettendo in evidenza tutti gli elementi oggettivi dai quali emergerebbe la mancata di veridici tà dì quanto dichiarato dalla vittima del reato. Detti elementi sarebbero stati trascurati dal Tribunale, che avrebbe omesso ogni osservazione e motivazione, conferendo arbitrariamente alla persona offesa un'attendibilità che andava esclusa. Nel caso di specie, non sussisterebbero i gravi indizi di colpevolezza in ordi ne al reato contestato, necessari per l'applicazione della misura. Chiede, pertanto, la cassazione dell'ordinanza impugnata con le conseguenti stA.izioni. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati e pertanto il proposto ricorso va rigettato. 2. Va premesso che questa Corte Suprema è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelare personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibi le soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione dei provvedimento, secondo i ca noni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito sez. 6, n. 11194 dell'8 marzo 2012, Lupo, rv. 252178 . In altra pronuncia, che pure si condivide, si è sottolineato che, allorquan do si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare nA.ra del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito ab bia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle ri sultanze probatorie sez. 4, n. 26992 del 29.5.2013, rv. 255460 conf. Sez. 4, n. 37878 dei 6.7.2007, Cuccaro e altri, rv. 237475 Spetta dunque a questa Corte di legittimità il solo compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno in dotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, control lando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi dei diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provve dimento impugnato. Se, cioè, in quest'ultimo, siano o meno presenti due requisi ti, l'uno di carattere positivo e l'altro negativo, e cioè l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l'assenza di illogicità evidenti, risul tanti cioè prima facce dal testo del provvedimento impugnato. Questa Corte di legittimità, ancora di recente ha peraltro ribadito come la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevo lezza finale sez. 5 n. 36079 del 5.6.2012, Fracassi ed altri, rv. 253511 . Al fine dell'adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l'emersio ne di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitati. In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati se condo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall'articolo 192, comma 2, cod. proc. pen. Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l'articolo 273, comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell'articolo 192, cod. proc. pen., ma non il com ma 2 dei medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi così univocamente questa Corte, ex plurimis Sez. 2, n. 26764 del 15.3.2013, Ruga, rv. 256731 sez. 6 n. 7793 del 5.2.2013, Rossi, rv. 255053 sez. 4 n. 18589 del 14.2.2013, Superbo, rv. 255928 . 3. Se questi sono i canoni ermeneutici cui questa Corte di legittimità è ancorata, va rilevato che nel caso all'odierno esame non risulta essersi verificata né violazione di legge e nemmeno vizio di motivazione rilevante ex articolo 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen. La motivazione del Tribunale del riesame è stata prospettata in concreto e diffusamente in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza. I giudici palermitani, nell'esaminare il provvedimento impugnando, hanno ampiamente motivato in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, citando in maniera esaustiva e completa gli elementi dai quali hanno desunto la veridicità di quanto raccontato dalla vittima del reato. Gli stessi giudici fanno riferimento ad una serie di riscontri quali le dichia razioni rese dal vicino che ha allertato le forze dell'ordine, le dichiarazioni della moglie della vittima, gli esiti dei tabulati telefonici. Ciò ha consentito di individuare un quadro di gravità indiziaria in relazione ai gravissimi fatti dì cui all'incolpazione provvisoria sia a carico del ricorrente che della moglie I. P.O., cioè colei che ha attirato la persona offesa nella trappola ordita per dare alla stessa una dura lezione per ragioni ancora non chiare . I due -come ricorda il tribunale di Palermo nell'impugnata ordinanza so no stati entrambi riconosciuti dalla parte lesa, l'odierno ricorrente come colui che si è reso responsabile, insieme ad altri nigeriani, dei brutali atti di pestaggio compiuti in danno di A.M., compresa l'avvenuta privazione della libertà personale all'interno dell'abitazione di via Scillato 43. Nell'impugnata ordinanza vi è una motivazione logica e congrua -e per tanto immune dai denunciati vizi di legittimità in cui l'odierno ricorrente viene individuato come autore a pieno titolo del programma criminoso effettivamente perpetrato in danno di A.M Il tribunale palermitano evidenzia vari elementi della prospettazione accu satoria atti a dimostrare, non solo in un'ottica di probatio minor, l'ideazione e l'e secuzione degli accadimenti r ovvero 1 l'essersi avvalso dell' opera della moglie per attirare la persona offesa da Siracusa a Palermo. per poi condurla all'interno dell'abitazione di via Scillato n. 43, dove A.M. è stato sequestrato 2 l'avere perpetrato la brutale violenza oggetto dichiara refertazione e denunzia da parte della persona offesa 3 i continui contatti telefonici tra I. e I. A. tra le ore 20.32 dei 27 febbraio e le ore 3.27 del 28 febbraio. quan do cioè la p.o. è stata oggetto della brutale violenza perpetrata da I. e dal gruppo di connazionali 4 il contegno tenuto dalla coppia la mattina dei 28 feb braio, allorquando si è allontanata dalla abitazione di via Scillato. ivi lasciando, dopo aver chiuso la porta a chiave dall'esterno A.M. assai dolorante e prostrato per le violenze subite. Fondato su tali riscontrati elementi il quadro di gravità indiziaria a carico dell'odierno ricorrente, il tribunale siciliano ha risposto alle specifiche deduzioni difensive, volte a contestare l'attendibilità della persona offesa, *evidenziando che la ritenuta esistenza da parte della difesa di un movente dell'aggressione diverso da quello sentimentale, non depotenzierebbe la forza degli elementi di prova raccolti nel corso delle indagini in ordine alla attribuzione della stessa ag gressione agli indagati. Invero, si ricorda nel provvedimento impugnato che è stato accertato, sulla base di plurimi elementi, che A.M. è stato seque strato all'interno dell'abitazione di via Scillato 43 sul punto viene richiamata co me decisivo il contenuto dell'annotazione di servizio del I marzo 2014. in cui si da atto che la p.o. era stata rinchiusa all'interno dell'abitazione in precarie condi zioni fisiche e che stava chiedendo disperatamente aiuto e che è stato vittima di pesanti violenze fisiche cfr. il referto e la consulenza medica . Per il tribunale, in un percorso motivazionale che appare assolutamente logico, la circostanza, dunque, che l'abitazione di via Scillato fosse nella esclusiva disponibilità degli indagati costituisce già da solo un decisivo elemento di con ferma delle dichiarazioni della p.o., che vengono certamente ritenute attendibili quanto alla responsabilità dei due indagati, rimanendo ininfluente che il movente dell'aggressione sia quello sentimentale riferito dalla stessa p.o. ovvero altro che la stessa abbia voluto celare. 4. Va ricordato che nel sistema processuale penalistico vigente, così come non è conferita a questa Corte di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi, non è dato nemmeno alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche dei fatto o di quelle soggettive dell'indagato in relazione all'apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelare e delle misure ritenute adeguate. Si tratta, infatti, di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insin dacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura, nonché, in se de di gravame della stessa, del tribunale dei riesame. E' pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di misure cau telari, il pericolo di reiterazione criminosa vada valutato in ragione delle modalità e circostanze del fatto e della personalità dell'imputato cfr. per tutte questa sez. 3, n. 14846 del 5.3.2009, PM in Proc. Pincheira, rv. 243464, fattispecie di misura cautelare applicata per il delitto di violenza sessuale ai danni di un minore, in cui la Corte ha annullato per illogicità e contraddittorietà della motivazione l'ordinan za del tribunale dei riesame che, nell'attenuare la misura cautelare, aveva soste nuto che essendo la condotta delittuosa collegata ad un solo soggetto passivo, non appariva verosimile che il reo potesse reiterarla in danno di altre persone . Più precisamente, la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione dei reati, di cui all'articolo 274 comma primo lett. c cod. proc. pen., deve essere desun ta sia dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, che dalla personalità dell'imputato, valutata sulla base dei precedenti penali o dei comportamenti con creti, attraverso una valutazione che, in modo globale, tenga conto di entrambi i criteri direttivi indicati Sez. 4, Sentenza n. 37566 del 01/04/2004 Cc. dep. 23/09/2004 Rv. 229141 . E' stato, tuttavia, in più occasioni, anche condivisibiImente sottolineato come nulla impedisca di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell'apprezzamento della capacità a delinquere. In altri termini, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell'indaga to, ove la condotta serbata in occasione di un reato rappresenti un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell'agente cfr., ex piuri mís, sez. 2 n. 35476/07 . Nello specifico, è stato di recente più volte affermato come ai fini dell'in dividuazione dell'esigenza cautelare di cui all'articolo 274, lettera c , cod. proc. pen., il giudice possa porre a base della valutazione della personalità dell'indagato le stesse modalità dei fatto commesso da cui ha dedotto anche la gravità del me desimo sez. 1 n. 8534 del 9.1.2013, Liuzzi, rv. 254928 sez. 5 n. 35265 dei 12.3.2013, Castelliti, rv. 255763 Il Tribunale del Riesame ha motivato in modo più che esauriente il suo provvedimento in ordine alle esigenze cautelare e alla idoneità della misura della custodia in carcere in aderenza ai suddetti principi di diritto laddove, attraverso un percorso logico assolutamente privo di incongruenze o contraddittorietà, I giudici siciliani motivano, in maniera completa ed esaustiva, sulla sussi stenza dei pericolo di fuga , fondato, oltre che sugli elementi valorizzati nell'ordi nanza dei GIP contenuto dell'annotazione del 27 marzo 2014, con cui i Carabi nieri hanno dato atto di un verosimile tentativo di fuga posto in essere da parte degli indagati soggetti di nazionalità nigeriana e privi di stabili collegamenti sul territorio quanto dichiarato da GODWIN Sunday circa il trasferimento degli in dagati a Roma successivamente alla commissione dei reati de quibusJ, sulla ac certata circostanza del precedente rilascio di varie e false generalità agli organi che l'hanno in passato identificato cfr. elenco precedenti dattiloscopici in atti e dunque sulla palese volontà di sottrarsi agli accertamenti giudiziari e di polizia. Quanto al rischio di inquinamento probatorio esso viene ancorato alla ne cessità di svolgere indagini per individuare i restanti soggetti che hanno preso parte all'aggressione e della concreta possibilità che l'indagato, persona facente parte della ristretta e impermeabile comunità nigeriana abitante nel palermitano. possa attivarsi per inquinare le fonti di prova da acquisire. E, in ultimo, quanto al pericolo di OlL reiterazione di reati della stessa spe cie di cui alla lettera c dell'articolo 274 c.p.p. si osserva logicamente nel provvedi mento impugnato che la vicenda in esame, caratterizzata da una non comune esplosione di grA.ita violenza, è espressiva, oltre che di una rilevante gravita del fatto, anche di una negativa personalità dell'indagato, che con il suo vero nome presenta un precedente penale con condanna ad anni 3 di reclusione per detenzione e cessione di sostanza stupefacente. Di talché -secondo i giudici sici liani appare altamente probabile la reiterazione, in futuro, di identiche condotte criminose anche nuovamente a danno del medesimo soggetto. Le suddette circo stanze denotano l'indole dedita alla commissione di reati e rendono particolar mente pregnante l'esigenza special preventiva, che appare salvaguardabile uni camente con la custodia cautelare in carcere, tenuto conto che è inverosimile, in ragione di quanto evidenziato, una capacità o volontà dì autoconformazione dell'indagato alle prescrizioni imposte dall'autorità giudiziaria. Di fronte a tali argomentazioni, logiche e congrue, il ricorso per cassa zione, lungi dal prospettare un vizio nella motivazione nel senso rigoroso sopra inteso, tende unicamente a riproporre alla Corte una diversa valutazione dei fat ti, cioè una attività assolutamente non consentita nel giudizio di legittimità. 5. AI rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione dei presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.