Niente assegno per la moglie, ma se i soldi non entrano non possono neanche uscire

Per integrare la fattispecie di reato di cui all’art. 570, comma 1, c.p. non basta verificare l’inadempimento all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge, ma bisogna anche accertare gli ulteriori elementi costitutivi del reato l’inadempimento deve infatti essere ricollegabile ad una volontà inadempiente direttamente correlata alla deliberata negazione del vincolo di assistenza ancora sussistente, che per l’effetto possa considerarsi contraria all’ordine o alla morale della famiglia .

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 52393, depositata il 17 dicembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Torino condannava un imputato, riqualificando il fatto ai sensi dell’art. 570, comma 1, c.p. violazione degli obblighi di assistenza familiare , invece che al comma 2, in quanto aveva rilevato il mancato stato di bisogno della beneficiaria la moglie da cui si era separato . L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando la mancata valutazione del suo stato di indigenza, dovuto al licenziamento subito e testimoniato anche dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Erroneamente i giudici di merito avrebbero ritenuto semplicemente non credibile il perdurare per oltre un anno dello stato di impossibilità di adempiere. Volontà di non adempiere. La Corte di Cassazione sottolinea che per integrare la fattispecie di reato di cui all’art. 570, comma 1, c.p. non basta verificare l’inadempimento all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge, ma bisogna anche accertare gli ulteriori elementi costitutivi del reato l’inadempimento deve infatti essere ricollegabile ad una volontà inadempiente direttamente correlata alla deliberata negazione del vincolo di assistenza ancora sussistente, che per l’effetto possa considerarsi contraria all’ordine o alla morale della famiglia . Stato di bisogno. In questi ulteriori elementi consiste la differenza con la fattispecie disciplinata dall’art. 570, comma 2, c.p. in quest’ultimo caso, infatti, lo stato di bisogno del beneficiario esclude la rilevanza della condizione economica dell’obbligato, in quanto la condizione di disagio concreto del creditore esige un obbligo di attivazione superabile solo con la dimostrazione, che grava sull’obbligato, dell’assoluta impossibilità di adempiere . Condizione economica non irrilevante. Nel caso di specie, al contrario, essendo l’elemento costitutivo del reato individuabile nel disconoscimento degli obblighi familiari, è necessario verificare la condizione economica dell’obbligato, in modo tale da accertare se è stata questa, e non il consapevole disconoscimento delle conseguenze giuridiche del vincolo matrimoniale ancora in atto, la causa dell’inadempimento. In tale ipotesi, verrebbe meno la configurazione del reato. Infatti, affermano gli Ermellini, se l’assegno in favore del coniuge separato mira a mantenere lo stesso tenore di vita coniugale ed il beneficiario non versi in stato di bisogno, non si può non esaminare se l’obbligato abbia subito delle variazioni di reddito tali da incidere sul tenore di vita e che sarebbero state rilevanti anche in caso di persistenza del rapporto matrimoniale. Nel caso di specie, i giudici di merito non avevano verificato se la condizione economica dell’interessato potesse consentire l’adempimento, per cui non avrebbero potuto ricondurre con certezza il mancato adempimento alla volontà di disconoscere i vincoli di assistenza sussistenti. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 novembre – 17 dicembre 2014, n. 52393 Presidente Agrò – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 25/02/2014, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Aosta del 31/05/2013, qualificata l'imputazione ai sensi dell'art. 570 comma 1 cod. pen. e concesse le attenuati generiche, ha rideterminato la pena nei confronti di S.A. in mesi uno di reclusione, con i doppi benefici, con conferma della sentenza di primo grado nel resto. 2. S.A. ha proposto ricorso personalmente con il quale si contesta violazione di legge penale e vizio di motivazione, con particolare riguardo al richiamo operato nella sentenza impugnata alla pronuncia di primo grado, che nell'atto di appello era stata denunciata come largamente omissiva sull'analisi delle emergenze dibattimentali. In particolare, non risulta considerato lo stato di indigenza dell'obbligato, conclamato dal licenziamento subito e dalla conseguente sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato, elemento quest'ultimo che non ha costituito oggetto di valutazione da parte del giudice di merito. Si evidenzia l'irragionevolezza della motivazione, che ha ritenuto semplicemente non credibile il perdurare per oltre un anno dello stato di impossibilità di adempiere, anche parziale, deduzione irragionevole, anche in considerazione della crisi economica in corso. In tal senso si ritiene che la Corte abbia argomentato senza verificare la responsabilità, al di là del ragionevole dubbio imposto dalla legge per la condanna. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La pronuncia impugnata ha accertato la responsabilità di S. per il reato di cui all'art. 570 comma 1 cod. pen. nel presupposto dell'insussistenza della fattispecie di cui al comma 2 in precedenza contestata per la verificata assenza dello stato di bisogno della beneficiarla, ed ha così riconosciuto una graduazione tra le violazioni prevista dalla norma, che rapporta in entrambi i casi la condotta all'inadempimento. Tale applicazione si fonda su quanto stabilito dalla Corte di legittimità nella sua più autorevole composizione Sez. U, n. 23866 del 31/01/2013 - dep. 31/05/2013, S., Rv. 255271 in merito alla riconducibilità della sanzione prevista per la violazione di cui all'art. 12 sexies l. 1 dicembre 1970 n. 898, come aggiunto dalla l. 6 marzo 1987 n. 74, alla fattispecie di cui all'art. 570 comma 1 cod. pen. poiché in esso è prevista la violazione di assistenza morale e materiale del coniuge, cui può riconnettersi anche l'omesso adempimento economico. La citata equiparazione però non considera la specificità del reato ritenuto, così come già tratteggiata nella pronuncia richiamata, ove si chiarisce che l'inadempimento all'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato realizza la condotta illecita prevista dall'art. 570 comma 1 cod. pen. ove questo si accompagni agli ulteriori elementi costitutivi della fattispecie, con ciò dovendosi intendere che, per la sussistenza di quel reato, deve potersi accertare che l'inadempimento economico si riconnette ad una volontà inadempiente direttamente correlata alla deliberata negazione del vincolo di assistenza ancora sussistente, che per l'effetto possa considerarsi contraria all'ordine o alla morale della famiglia, secondo quanto richiesto dalla disposizione invocata quale elemento caratterizzante della condotta tipica del reato. In conseguenza di tale caratterizzazione, assente nella fattispecie applicabile in caso di divorzio, la verifica sulle cause dell'inadempimento deve essere più accurata, non potendosi in tal caso applicare i criteri interpretativi stabiliti per il secondo comma dell'art. 570 comma 2 cod. pen. per la diversità dei presupposti. Invero solo in quest'ultimo caso lo stato di bisogno del beneficiario esclude la rilevanza della condizione economica dell'obbligato, in quanto la condizione di disagio concreto del creditore esige un obbligo di attivazione superabile solo con la dimostrazione, che grava sull'obbligato, dell'assoluta impossibilità di adempiere. Nella diversa fattispecie ritenuta nel caso che ci occupa, poiché l'elemento costitutivo del reato è individuabile nel disconoscimento degli obblighi familiari, rileva verificare la condizione economica dell'obbligato, per accertare se questa, e non il consapevole disconoscimento di tali conseguenze giuridiche del vincolo matrimoniale ancora in atto, sia stata causa dell'inadempimento, eventualità che escluderebbe, per quanto illustrato, la configurazione della fattispecie tipica. Del resto, se l'assegno in favore del coniuge separato ha una funzione di mantenimento dello stesso tenore della vita coniugale, nella situazione in cui il beneficiario non versi in stato di bisogno appare del tutto irragionevole non esaminare, al fine dell'accertamento del reato, se l'obbligato abbia subito variazioni di reddito tali da poter incidere su tale tenore di vita, che avrebbero inciso anche in caso di persistenza del rapporto matrimoniale, e pertanto risultano da sole non idonee a ricondurre l'inadempimento ad un difetto di considerazione degli obblighi discendenti dal vincolo, come letteralmente richiesto dalla fattispecie, ma rimandano alla considerazione di una condizione di incapacità di adempiere, suscettibile di escludere l'antigiuridicità del fatto. 3. Lo svolgimento di tale verifica impone l'approfondimento del dato di fatto, che risulta nel corso del giudizio specificamente dedotto dall'interessato, e non esaminato dal giudice di merito, sulla base del presupposto della sua irrilevanza, per quanto detto non condivisibile in relazione alla diversa qualificazione giuridica del reato riconosciuta nel grado di merito. L'accertamento ritenuto rilevante per integrare la fattispecie incriminatrice risulta incompleto, non essendosi verificato che la condizione economica dell'interessato consentisse l'adempimento, condizione necessaria al fine di ricondurre il mancato adempimento alla volontà di disconoscere i vincoli di assistenza materiale e morale sussistenti, sia pure in forma attenuata, durante il periodo di separazione. 4. La mancata valutazione sul punto impone l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Torino, in diversa composizione. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino.