La banca creditrice salta l’ostacolo della confisca

La confisca non pregiudica l’ammissione al credito dei terzi qualora l’autorità giudiziaria accerti che il credito non sia strumentale all’attività illecita, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 46431, depositata l’11 novembre 2014. Il fatto. Una società ha proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza con la quale il Tribunale di Roma aveva respinto la richiesta di ammissione al credito avanzata nell’interesse della stessa società. La domanda di ammissione del credito non vuole il doppio grado di merito, ma è ricorribile solo per cassazione. Preliminarmente, il Collegio ha esaminato alcuni problemi di rito” sollevati dal Procuratore Generale, secondo il quale la presente impugnazione dovrebbe qualificarsi come opposizione con trasmissione degli atti al Giudice dell’esecuzione perché provveda su di essa. Si tratta, quindi, di stabilire se il provvedimento decisorio sulla domanda di ammissione del credito esiga un doppio grado di merito o sia ricorribile solo per cassazione. La Corte, discostandosi dalle conclusioni dell’accusa, ha chiarito che contro l’ordinanza del Tribunale che ha deciso sulla richiesta di ammissione al credito l’impugnazione non consiste in un nuovo giudizio di merito da svolgere davanti al Giudice dell’esecuzione, ma è corretto procedere al ricorso in Cassazione. Infatti, il procedimento di esecuzione non ha natura di impugnazione, ma è un rimedio finalizzato all’esame delle questioni concernenti l’eseguibilità del titolo esecutivo e non la sua legittimità. Verifica del nesso di strumentalità tra attività illecita e credito e della buona fede del creditore. Proseguendo con l’analisi del ricorso, la Corte ricorda che l’art. 52 del d.lgs. n. 159/2011 prevede che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi qualora il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità . Nel caso in esame, quindi, il Tribunale di Roma era tenuto a valutare i presupposti per l’ammissione del credito mediante la verifica della sussistenza o meno del rapporto di strumentalità tra l’attività illecita ed il credito in questione e la verifica della buona fede dell’istante, il quale deve avere dimostrato di avere ignorato in buona fede tale nesso. I giudici di merito, sul punto, non hanno adeguatamente valutato un precedente del Giudice dell’esecuzione, in procedimento inerente ad analoga operazione, che aveva attestato la buona fede della banca per l’esercizio del suo diritto di credito nei confronti dell’Agenzia del demanio. Pertanto, osserva la Corte, non avendo il Tribunale di Roma argomentato circa la sussistenza del nesso di strumentalità quale fattore pregiudizievole rispetto all’esame della buona fede del terzo, ha lasciato lacune motivazionali di tale spessore che rendono mancante la motivazione dell’ordinanza censurata, sfociando in violazione di legge. Pertanto, il provvedimento impugnato è stato annullato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 ottobre – 11 novembre 2014, n. 46431 Presidente Garribba – Relatore Rotundo Fatto e diritto 1.-. Il difensore di Trevi Finance 2 S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Roma, sezione 4 penale, ha respinto la richiesta di ammissione del credito ai sensi degli artt. 1, comma 199, Legge n. 228 del 2012 e 58, comma 2, D. Lgs. n. 159 del 2011, avanzata nell'interesse della predetta società. Il ricorrente deduce 1. Violazione di legge e vizio di motivazione. La società istante aveva rappresentato al Giudice dell'Esecuzione che già con precedente provvedimento, assunto nell'ambito della medesima procedura di prevenzione, la buona fede di Banca di Roma S.p.A. dante causa di Capitalia S.p.A., a sua volta dante causa di Trevi Finance 2 S.p.A. era stata accertata dal Tribunale in base ad approfondite indagini compendiate in un rapporto della Guardia di Finanza. Ciò nonostante, nel provvedimento impugnato il Tribunale di Roma, senza spendere una parola sull'argomento e senza indicare elementi ulteriori rispetto a quelli riferiti in detto rapporto, ha concluso apoditticamente in senso contrario. 2. Violazione dell'art. 52 D.Lgs. n. 159 del 2011, in quanto -nonostante detta norma preveda che la confisca non pregiudica i diritti di credito qualora il credito non sia strumentale all'attività illecita o in quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità - il Tribunale avrebbe in sostanza rigettato l'istanza sulla base della sola ritenuta assenza di affidamento incolpevole da parte della Banca di Roma. 3. Mancanza assoluta di motivazione in ordine al nesso di strumentalità tra il finanziamento e l'attività illecita addebitata alla prevenuta C. . 4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta assenza di buona fede da parte dell'Istituto bancario istante per l'ammissione al pagamento. Segnatamente il Tribunale avrebbe affermato che poiché la Trevi S.p.A. aveva acquistato il credito in questione dopo che erano stati iscritti i provvedimenti di sequestro e di confisca, detta società sarebbe stata patentemente in mala fede per avere volontariamente omesso qualsiasi forma di controllo. Si tratterebbe di conclusione errata ed illegittima, in quanto la posizione alla quale dovrebbe farsi riferimento sarebbe quella del creditore al momento del sorgere del credito stesso. 2.-. Preliminarmente devono essere esaminati i problemi di rito prospettati dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte. Il P.G. premette che in base al comma 200 dell'art. 1 della Legge n. 258 del 2012 alla procedura di trattazione della domanda di ammissione del credito di cui all'art. 58 D. Lgs. n. 159 del 2011 sulla quale decide il Giudice dell'Esecuzione presso il Tribunale che ha disposto la confisca si applicano le disposizioni di cui all'art. 666, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9, c.p.p Ne discenderebbe un dubbio interpretativo in riferimento al regime impugnatorio del provvedimento emesso a termini della norma suindicata, dovendosi stabilire se il richiamo al solo art. 666 c.p.p. escluda l'operatività dell'art. 672 rectius 676 c.p.p., disposizione che, occupandosi della competenza del Giudice dell'Esecuzione in ordine alla confisca, fa espresso riferimento al comma 4 dell'art. 667 c.p.p., prevedendo contro l'ordinanza che ha deciso de plano in ordine all'istanza di ammissione del credito la possibilità di proporre opposizione davanti allo stesso Giudice. In definitiva si tratterebbe di stabilire se il provvedimento decisorio sulla domanda di ammissione del credito di cui ai commi 194-200 dell'art. 1 della Legge di Stabilità esiga un doppio grado di merito ovvero sia ricorribile solo per cassazione. Secondo il P.G. il richiamo del comma 200 della Legge di Stabilità all'art. 666 c.p.p. contemplerebbe pure il richiamo alla procedura del combinato-disposto di cui agli arti 676 e 667, comma 4, c.p.p. Ne discenderebbe che avverso i relativi provvedimenti gli interessati potrebbero proporre opposizione davanti allo stesso Giudice, il quale procederà nelle forme dell'incidente di esecuzione di cui all'art. 666 c.p.p., previa fissazione dell'udienza. Conseguentemente la presente impugnazione dovrebbe, secondo il P.G., qualificarsi come opposizione con trasmissione degli atti al Giudice dell'Esecuzione perché provveda su di essa. 3.-. Il Collegio non condivide le conclusioni del P.G. I commi 199-201 dell'art. 1 della Legge n. 258 del 2012 disciplinano espressamente la procedura di trattazione della domanda di ammissione del credito di cui all'art. 58 D. Lgs. n. 159 del 2011 sulla quale decide il Giudice dell'Esecuzione presso il Tribunale che ha disposto la confisca , fissando il principio che a tale procedura si applicano le disposizioni di cui all'art. 666, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9, c.p.p Nessun richiamo il legislatore ha fatto, nel dettare la disciplina del procedimento, all'art. 676 c.p.p., norma che non è pertanto applicabile al caso di specie. D'altra parte i commi 199-201 dell'art. 1 della Legge n. 258 del 2012 prevedono, come si è visto, l'applicazione alla procedura di trattazione della domanda di ammissione del credito di cui al citato art. 58 del procedimento di esecuzione nella sua duplice forma de plano ovvero con regolare udienza camerale al ricorrere delle condizioni rispettivamente previste dalla legge. Ne deriva che allorché, come nel caso in esame, si è proceduto alla fissazione dell'udienza in camera di consiglio, dandone avviso alle parti ed ai difensori, e tale udienza si è regolarmente svolta, l'ordinanza con cui viene decisa la richiesta è ricorribile in cassazione. Prevedere, come vorrebbe il P.G., che l'impugnazione avverso tale ordinanza debba essere qualificata come opposizione e trasmessa al Giudice dell'Esecuzione, il quale procederà nelle forme dell'incidente di esecuzione di cui all'art. 666 c.p.p., previa fissazione di nuova udienza, sarebbe una inutile duplicazione di procedure, posto che nel caso in esame il contraddittorio è già stato rispettato. Queste conclusioni sono corroborate dal consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte che ha chiarito che il Giudice dell'Esecuzione di regola procede con le forme di cui all'art. 666 c.p.p., salvo che la procedura de plano sia prevista da norme specifiche quale fase preliminare dell'ordinario procedimento di esecuzione Sez. 1, Sentenza n. 4685 del 20/12/1990, Rv. 186618 Sez. 1, Sentenza n. 36 del 13/01/1992, Rv. 189432 . D'altra parte il procedimento di esecuzione non ha natura di impugnazione ma è un rimedio finalizzato all'esame delle questioni concernenti non la legittimità del titolo esecutivo, bensì la sua eseguibilità e, a tal fine, la sua decisione costituisce un accertamento giudiziale a contenuto limitato nel quale non si ha mai un giudizio di merito sul fatto. Ne discende che è quanto meno improprio prospettare nel caso di specie la necessità di un doppio grado di merito, come sembra fare il P.G 4.-. Ciò posto, il ricorso è fondato. L'art. 52 D. Lgs. n. 159 del 2011 prevede che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi qualora il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità . Il Tribunale di Roma era quindi tenuto nella fattispecie in esame a valutare i presupposti per l'ammissione del credito potiore rispetto al provvedimento ablatorio di prevenzione mediante una duplice verifica quella relativa alla sussistenza o meno del rapporto di strumentalità tra l'attività illecita ed il credito in questione e quella concernente la buona fede dell'istante, che deve appunto avere dimostrato di avere ignorato in buona fede tale nesso. Il Tribunale, invece, non ha sostanzialmente argomentato in ordine alla sussistenza del nesso di strumentalità quale fattore pregiudiziale rispetto all'esame della buona fede del terzo. Solo l'avvenuto accertamento dell'impiego delle somme mutuate a fini illeciti comporta la verifica successiva in ordine alla buona fede del terzo finanziatore. È in effetti mancato da parte del Tribunale il necessario approfondimento circa l'impiego del denaro originariamente mutuato e/o il possibile reimpiego di capitali illeciti nell'acquisto degli immobili ipotecati. E tale accertamento era tanto più importante proprio in relazione alle cessioni pro soluto del credito che, avvenute successivamente alla iscrizione del sequestro di prevenzione, non potevano ritenersi assistite dalla garanzia ipotecaria Sez. 1, Sentenza n. 8015 del 06/02/2007, Rv. 236364, Servizi Immobiliari Banche S.i.b. S.p.a. . In questa prospettiva deve altresì evidenziarsi il dato pure ricordato in ricorso e non adeguatamente valutato nel provvedimento impugnato della precedente ordinanza emessa in data 8-10-2007 dal Giudice dell'Esecuzione, che aveva attestato la buona fede di Banca di Roma, dante causa di Capitalia S.p.A., a sua volta dante causa di Trevi Finance 2 S.p.A., ai fini dell'esercizio del suo diritto di credito nei confronti dell'Agenzia del Demanio, sulla base di accertamenti del GICO della Guardia di Finanza in procedimento inerente ad analoga operazione. Si tratta di lacune motivazionali di tale spessore che rendono sostanzialmente mancante la motivazione dell'ordinanza censurata, sfociando in violazione di legge. Il provvedimento impugnato va, quindi, annullato, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma, che provvederà a colmare le suindicate radicali carenze motivazionali. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.