Due violenze come “gocce nel mare” nel matrimonio: colpevole l’uomo, ma fino ad un certo punto

In due occasioni diverse il marito costringe la moglie a due rapporti sessuali forzati. Tuttavia, questi eventi si inseriscono in un rapporto coniugale caratterizzato, anche dopo le condotte ‘animalesche’ dell’uomo, da un forte legame affettivo da parte della donna. Da ciò, può scattare l’attenuante della minor gravità.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 28421, depositata il 2 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Salerno condannava un imputato per il reato di violenza sessuale continuata ai danni della moglie, la quale, in due occasioni diverse, aveva subito dei rapporti sessuali forzati. Tuttavia, i giudici di merito riconoscevano la circostanza attenuante del fatto di minore gravità, prevista dall’art. 609- bis , ultimo comma, c.p Il Procuratore Generale ricorreva in Cassazione, contestando il riconoscimento dell’attenuante. Gli Ermellini, nell’analisi del ricorso, ricostruiscono la vicenda coniugale, caratterizzata dal disperato tentativo della moglie di impedire all’uomo di continuare a drogarsi. Questo clima portava ad atteggiamenti prevaricatori e violenti da parte di lui, che avevano, infine, portato alle due violenze sessuali. Varie tipologie di violenza. I giudici di merito avevano preso atto del rifiuto della donna ai due rapporti sessuali, giustificato dalle pregresse liti con scambio anche di colpi fisici. Ma la Cassazione ricorda che l’ambito della violenza sessuale ricomprende una serie di comportamenti di diversa entità e lesività per la vittima ed è per questo motivo il codice penale prevede una diminuzione di pena per i fatti di minor gravità, nozione non riconducibile a categorie generali e, quindi, individuata, volta per volta, dal giudice di merito. Valutazione sulla minor gravità. In materia di reati contro la libertà sessuale, tale circostanza è applicabile in quei casi in cui, tenuto conto dei mezzi, delle modalità esecutive e delle circostanze dell’azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera non grave. Questa valutazione viene effettuata sui parametri previsti dall’art. 133, comma 1, numeri da 1 a 3, c.p È necessaria, quindi, una valutazione globale del fatto riferita ai mezzi adoperati, alle modalità esecutive della condotta, al livello di coartazione, alle condizioni psico-fisiche in vista di una verifica del grado di compressione della libertà sessuale e dell’incidenza del danno arrecato. Inoltre, come affermato già nella sentenza n. 10085/2009 della stessa Cassazione, è esclusa, ai fini del riconoscimento di questa attenuante, la rilevanza della natura ed entità dell’abuso, essendo necessario, invece, valutare il fatto nel suo complesso. Lei lo amava ancora. La Corte d’appello aveva valorizzato, oltre alla natura dell’atto, anche altre circostanze, tra cui il rapporto tra i due, da una parte conflittuale, ma dall’altra caratterizzato da una notevole carica affettiva della donna verso il marito. In più, questa, nonostante i litigi, aveva avuto dei rapporti sessuali consenzienti anche a distanza di tempo dai due episodi denunciati, prova dell’esistenza di un suo desiderio sessuale. Perciò, veniva dato atto della limitatezza temporale delle violenze denunciate, che, soprattutto, si inserivano in un rapporto coniugale caratterizzato da frequenti approcci sessuali consenzienti, sia prima che dopo gli eventi in esame. La Cassazione, quindi, concorda nella valutazione dei giudici di merito sulla minor gravità dei fatti, con l’esclusione effettuata della natura dell’atto, della gravità delle conseguenze, senza però trascurare del costringimento subito, che, infatti, ha integrato la fattispecie. Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso del Procuratore Generale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 gennaio – 2 luglio 2014, n. 28421 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 31 gennaio 2013 la Corte di Appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di detta città del 16 ottobre 2007 emessa nei confronti di M.M.A., imputato dei reati di violenza sessuale continuata artt. 81 cpv. 609 bis cod. pen. e maltrattamenti in famiglia art. 572 cod. pen. in danno del coniuge G.P.R. [fatti commessi, rispettivamente, nei mesi di agosto ed ottobre 2001, quanto al delitto di violenza sessuale, e fino al maggio 2003 quanto al delitto di maltrattamenti], dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di maltrattamenti in quanto estinto per prescrizione e, previa concessione della circostanza attenuante del fatto di minore gravità di cui all'ultimo comma dell'art. 609 bis cod. pen. riduceva l'originaria pena in anni due di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale, confermando nel resto. 1.2 La Corte di appello, nel richiamare la sentenza di primo grado che condivideva sul piano argomentativo per quanto riguardava il profilo della colpevolezza per entrambi i reati, ribadiva il positivo giudizio di attendibilità intrinseca della parte offesa, sottolineandone l'assenza di intenti calunniatori, tenuto conto di quanto dichiarato dalla donna in merito al profondo affetto che, nonostante tutto, ella provava per il coniuge vittima dell'assunzione di sostanze stupefacenti circostanza, questa, che aveva negativamente condizionato il loro rapporto coniugale e che era alla base degli atteggiamenti prevaricatori e/o violenti dell'uomo sin dai primi anni di matrimonio. Riconosceva la minore gravità del fatto ritenendo applicabili nella specie i parametri di valutazione di cui comma 1° dell'art. 133 cod. pen. 1.3 Ricorrono avverso la detta sentenza il Procuratore Generale della Repubblica con riferimento alla violazione di legge e travisamento della prova in punto di avvenuto riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'ultimo comma dell'art. 609 bis cod. pen. e l'imputato, a mezzo del difensore, con unico motivo con il quale censura la decisione impugnata per manifesta illogicità in punto di valutazione dell'attendibilità intrinseca della persona offesa nonostante le rilevanti contraddizioni emerse nel corso della sua deposizione ed anche rispetto a quanto esposto nella querela. Considerato in diritto 1. Nessuno dei due ricorsi è fondato. La vicenda, così come ricostruita dalla Corte territoriale, vede protagonista una coppia di coniugi il cui rapporto sentimentale risulta pacificamente caratterizzato da aperta conflittualità alla radice, però, non il consueto clichè della progressiva incompatibilità di carattere, ma una contrapposizione tra la donna, disperatamente in cerca di recuperare il giovane coniuge ad una vita più sana ed immune dal consumo di stupefacenti e il M., ostinato nel percorrere - nonostante i reiterati tentativi della moglie di condurlo sulla retta via - la strada della droga. Il clima conflittuale, ben descritto dalla Corte territoriale ed ancor meglio dal Tribunale era all'origine degli atteggiamenti spesso prevaricatori e violenti, oltre che gratuitamente offensivi, del M. verso la G., trasmodato anche in ripetute violenze sessuali che la donna ha collocato nella seconda metà del 2001 in due distinte occasioni nelle quali, con violenza, l'odierno imputato aveva costretto la moglie a soggiacere a due rapporti sessuali preternaturali da lei non voluti. 1.1 Iniziando ad esaminare il ricorso del Procuratore Generale, senz'altro articolato, ed in un certo senso dotato di una non trascurabile carica di suggestione, osserva il Collegio che la Corte Suprema è pervenuta al riconoscimento della contestata circostanza attenuante speciale in linea con le linee-guida elaborate in sede di legittimità. 1.2 Si sostiene da parte del ricorrente Procuratore Generale che la Corte territoriale sarebbe incorsa in un vero e proprio travisamento della prova nella misura in cui ha menzionato solo una parte della deposizione della G. circa le modalità del suo dissenso e le relative ragioni al compimento di atti sessuali contro natura anali ed orali , laddove la seconda parte della deposizione non menzionata dal giudice dell'appello parla di un diniego preconcetto e totale a tale genere di rapporti. 1.3 Rileva questo Collegio che tale travisamento - nonostante le non chiare espressioni pronunciate dalla G. come si deduce dal testo del ricorso del Procuratore Generale - non sussiste la Corte ha preso atto del rifiuto della donna ad intrattenere rapporti sessuali anomali da lei giustificato anche per via di pregresse liti con scambio di colpi fisici che avevano preceduto i due amplessi, ma ha orientato la scelta verso la mitigazione della pena attraverso il riconoscimento della attenuante speciale, facendo leva su elementi che il ricorrente Procuratore Generale mostra di non tenere in particolare conto. 1.4 L'ambito della violenza sessuale comprende, come è noto, un coacervo di comportamenti antigiuridici di diversificata entità e lesività per la vittima e, proprio per tale ragione, la norma penale prevede una diminuzione della pena per i fatti di minore gravità. Questa nozione non è aprioristicamente riconducibile in una o più categorie generali e, pertanto, la sua individuazione è rimessa, di volta in volta, al prudente apprezzamento del Giudice di merito. 1.5 Dal punto di vista generale va osservato che, in materia di reati contro la libertà sessuale, la circostanza de qua deve considerarsi applicabile in tutte quelle fattispecie in cui, tenuto conto dei mezzi, delle modalità esecutive e delle circostanze dell'azione, sia possibile ritenere che la libertà sessuale della vittima sia stata compressa in maniera non grave Sez. 3^ 8.5.2000 n. 9528, Nitti C., Rv. 217708 più di recente Sez. 4^ 12.4.2013 n. 18662, A., Rv. 255930 . I parametri, infatti, dei quali occorre tenere conto ai fini della concedibilità di tale attenuante sono quelli previsti dall'art. 133 comma 10 del codice penale sub nn. 1 , 2 e 3 e non quelli indicati nel comma successivo in termini Sez. 3^ 26.10.2011 n. 45692, B., Rv. 251611 . Rientra nel compito del Giudice quello di individuare gli elementi considerati rilevanti per la soluzione adottata e di rendere una motivazione puntuale che, se corretta, non è sindacabile in sede di legittimità. Quel che rileva in materia è, dunque, una valutazione globale del fatto riferita ai mezzi adoperati, alle modalità esecutive della condotta, al livello di coartazione esercitato sulla vittima, alle sue condizioni psico-fisiche in vista di una verifica del grado di compressione più o meno rilevante della libertà sessuale e della incidenza del danno arrecato anche in termini psichici V. Sez. 3^ 13.11.2007 n. 45604 . Ed in ogni caso è stata esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte, ai fini del riconoscimento o meno dell'attenuante in parola, la rilevanza della natura ed entità dell'abuso, essendo necessario invece valutare il fatto nel suo complesso secondo quegli indici sopra enunciati Sez. 3^ 5.2 2009 n. 10085 . 1.6 La Corte salernitana si è ispirata ai detti criteri, indipendentemente, quindi, dalla natura dell'atto dando atto anche - contrariamente all'assunto del ricorrente Procuratore Generale - del rifiuto della donna a soggiacere ad atti sessuali la cui tipologia non era gradita , valorizzando altre circostanze che nell'economia dell'intera vicenda hanno avuto una incidenza specifica. Anzitutto si è dato atto di un rapporto, sì conflittuale ed in cui la donna spesso risultava soccombente, ma anche di una rilevante carica affettiva della donna verso il marito dal quale si sentiva attratta la Corte non a caso ha parlato di una donna innamoratissima, per sua esplicita ammissione, del M. ancora, si è dato atto di un comportamento altalenante della donna anche dal punto di vista sessuale verso il coniuge, nonostante i litigi, che la portava spesso ad avere rapporti con lui anche consenzienti a notevole distanza di tempo rispetto ai due episodi da lei denunciati segno quindi che questi ultimi, sebbene sgraditi, non avevano fatto cessare né il desiderio sessuale della G. verso il M., né la sua volontà di averli . Inoltre è stato, in un certo senso, dato atto della limitatezza temporale delle violenze sessuali denunciate, verificatosi in un breve periodo e quale parentesi di un rapporto coniugale contrassegnato da frequenti approcci sessuali reciproci graditi ad entrambi sia prima delle subite violenze che dopo. Elementi, quindi, che a ragione, hanno convinto la Corte territoriale a sposare la tesi della minore gravità del fatto, escludendo quale elemento negativo di valutazione sia la natura dell'atto, sia la gravità delle conseguenze, pur dando atto di una violenza intesa quale costringimento della donna a subire la violenza sessuale, valutata quale elemento integrativo della fattispecie. 2. Quanto al ricorso del M. lo stesso, nella sua estrema schematicità, è infondato in quanto fa leva su una asserita non attendibilità della persona offesa derivante dalle contraddizioni ed imprecisioni nel suo racconto ed anche dalla progressività delle accuse rispetto ai contenuti limitati della denuncia iniziale con la quale era stata segnalata ai Carabinieri la situazione conflittuale familiare. 2.1 Ma la Corte di Appello non si è di certo sottratta al compito di valutare anche le incertezze della G. che sono state giustificate proprio con quel suo ambivalente sentimento di amore-odio verso una persona che amava profondamente e che però la aveva altrettanto profondamente delusa, fino a neutralizzare ogni tentativo di recupero della serenità coniugale. Muovendo da tali premesse la Corte, facendo buon governo delle regole interpretative elaborate in sede di legittimità in tema di criteri di valutazione della prova costituita dalla testimonianza della persona offesa vittima di reati sessuali, ha sostanzialmente riconosciuto che quelle esitazioni non erano frutto di una originaria insicurezza sui fatti e sulla effettiva loro verificazione, ma il risultato di un conflitto interiore che rendeva esitante la donna nell'accusare il marito di fatti assai gravi, ben consapevole della irretrattabilítà della querela, delle conseguenze negative sul piano dei rapporti sentimentali oltre che sulla situazione personale del coniuge, ed in cuor suo convinta o speranzosa fino all'ultimo di poter recuperare la situazione. 2.2 La Corte salernitana ha, quindi, preso atto di tali incertezze così come è stata valutata approfonditamente la tardività della querela peraltro non necessaria essendo la violenza sessuale connessa con altro reato - i maltrattamenti - perseguibile di ufficio ancorchè successivamente dichiarato prescritto . L'elemento del consenso o dissenso da parte della donna è stato anch'esso sottoposto a rigorosa analisi che ha convinto la Corte sulla colpevolezza del M., senza il percorso argomentativo venisse caratterizzato da manifeste illogicità. 3. Il ricorso del M. va, conseguentemente, rigettato segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile che si liquidano in € 3.000,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso del P.G. Rigetta il ricorso del M. che condanna al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile che liquida in € 3.000,00 oltre accessori. Così deciso in Roma il 23 gennaio 2014.