Esclusa un’aggravante, ma il giudice può comunque dire “pari e patta”

Il giudice d’appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius , confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27595, depositata il 25 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Genova confermava la sentenza di condanna di primo grado nei confronti di un’imputata per il delitto furto di una carta bancomat ed il successivo plurimo utilizzo per abusivi prelievi, agevolata dalla funzione di badante presso la famiglia della vittima. I giudici d’appello escludevano l’aggravante della destrezza e riducevano la pena a 1 anno e 2 mesi di reclusione, oltre a 400 € di multa. L’imputata ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione del divieto di reformatio in peius , in quanto, esclusa l’aggravante, la Corte d’appello avrebbe dovuto fissare la pena base del furto in misura inferiore a quella di primo grado. Calcoli effettuati. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che i giudici di primo grado avevano fissato la pena in 1 anno e 6 mesi di reclusione e 600 € di multa, calcolata sulla pena base di 1 anno e 400 €, con le attenuanti generiche equivalenti, aumentata ex art. 81 c.p. reato continuato alla pena indicata. La Corte d’appello, esclusa la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625, numero 4, c.p. destrezza , determinava la pena in 1 anno e 2 mesi di reclusione e 400 € di multa, partendo dalla stessa pena base del primo grado e diminuendo l’aumento della sanzione ai sensi dell’art. 81 c.p Nonostante l’esclusione dell’aggravante della destrezza, il delitto era comunque aggravato dalla circostanza prevista dall’art. 61, numero 11, c.p. abuso della prestazione d’opera di badante , per cui legittimamente la Corte d’appello aveva lasciato inalterata la pena base. Poteri del giudice d’appello. I giudici di legittimità ricordavano che il giudice d’appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius , confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché accompagnato da un’adeguata motivazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 marzo – 25 giugno 2014, n. 27595 Presidente Romis – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6/7/2011, la Corte d'Appello di Genova confermava la pronuncia di condanna di L.D. per il delitto di furto di una carta bancomat ed il successivo plurimo utilizzo per abusivi prelievi acc. in omissis . L'imputata aveva commesso il fatto agevolata dalla funzione di badante presso la famiglia della vittima. La Corte di merito, esclusa l'aggravante della destrezza, riduceva la pena ad anni 1 e mesi 2 di reclusione ed Euro 400 di multa. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato lamentando 2.1. la violazione del divieto di reformatio in peius . Invero, avendo la corte distrettuale escluso le aggravanti doveva fissare la pena base del furto in misura inferiore a quella del primo grado. 2.2. Il difetto di motivazione sul diniego del beneficio della non menzione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. Il giudice di primo grado ha fissato la pena in anni 1 e mesi 6 di reclusione ed Euro 600 sulla base del seguente calcolo p.b. anni 1 ed Euro 400, con le attenuanti generiche equivalenti aumentata ex art. 81 c.p. alla pena sopra indicata. La corte di appello, esclusa la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 625 n. 4 c.p., ha determinato la pena in anni 1 e mesi 2 di reclusione ed Euro 400 di multa, partendo dalla stessa pena base del primo grado, diminuendo l'aumento della sanzione ex art. 81 c.p Ciò premesso va osservato che sebbene la corte di appello abbia escluso l'aggravante della destrezza, pur sempre il delitto commesso è rimasto aggravato dalla circostanza di cui all'art. 61 n. 11 c.p. abuso della prestazione d'opera di badante , legittimamente pertanto ha lasciato inalterata la pena base, peraltro diminuendo il complessivo trattamento sanzionatorio. Va rammentato che questa Corte di legittimità ha di recente statuito che Il giudice di appello, dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un'ulteriore circostanza attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall'imputato, può, senza incorrere nel divieto di reformatio in peius, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché questo sia accompagnato da adeguata motivazione Cass. Sez. U, Sentenza n. 33752 del 18/04/2013 Ud. dep. 02/08/2013 , Rv. 255660 Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10176 del 17/01/2013 Ud. dep. 04/03/2013 , Rv. 254262 . Nel caso di specie la corte genovese, con coerenti argomentazioni, ha rimarcato la particolare gravità della condotta dell'imputata, la quale aveva abusato della fiducia accordatale dai datori di lavoro, sottraendo la carta bancomat, finalizzando poi tale condotta a ben 25 abusivi prelievi, per la complessiva somma di Euro 5.826,27. Sulla base di tali valutazioni, pertanto, senza incorrere in alcuna violazione di legge, correttamente la corte ha lasciato inalterata la pena base della condanna ed il giudizio di comparazione come formulato in primo grado. 1.2. Infondata è anche la seconda doglianza formulata. Invero il giudice di merito ha inteso negare il beneficio della non menzione a tutela dell'interesse conoscitivo, da parte di eventuali nuovi datori di lavoro, della personalità dell'imputata. La coerenza e logicità della motivazione rendono la sentenza incensurabile sul punto. Segue al rigetto del ricorso, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.